Capitolo 6

"Ti spacco la faccia se non te ne vai, hai capito?"

"Ma non mi far ridere, specie di pecoraio!"

Dio, in mezzo a che casino mi sono trovata: come si fermano due bestioni cui prudono le mani dalla voglia di suonarsele?

Qualche ora prima...

Alle 8,30 ero pronta, vestita comoda, zainetto con bloc-notes, penna, cappello e borraccia con acqua e munita di galosce, ma la mia guida ancora non si vedeva, per cui andai da Gianna per vedere come se la passasse.

"Buongiorno Gianna, tutto ok?"

"Buongiorno Stefania, sì tutto bene, ma non dovevi essere in giro con Matteo?"

"Infatti, ma ancora non si vede."

"Beh non posso dirti che sia strano, del resto avrai capito anche tu la puntualità non è il suo forte."

Stavo per rispondere quando lui apparve sotto l'arco della porta, vestito più o meno come me:"Non sono un tipo puntuale, ma sai bene che ho altre qualità, Gianna, non è vero?"

Eeeeeh?

"Lo stai chiedendo alla persona sbagliata, ora vai a fare il tuo dovere di analista e di insegnante, che il giro è lungo. Ciao Stefania, ci vediamo dopo."

Così ci congedò Gianna, con il disappunto che trasudava da ogni parola, sfumature comprese; d'altronde la sfacciataggine di Matteo era incommentabile, se mi avesse apostrofato così lo avrei preso a calci in culo.

Quel bellissimo culo che si ritrovava. Vabbè.

"Ci sposteremo su una sorta di golf kart per le strade che costeggiano i campi, il boss sta cercando di dare una svolta green all'azienda per arrivare addirittura al Rifiuto Zero: non sono kart veloci e potenti, per cui impiegheremo tutto il giorno per giungere sui posti che ci interessano. Arrivati a destinazione, lasceremo il mezzo sulla strada e ci inoltreremo a piedi: imparerai come prelevare dei campioni da analizzare e come conservarli per farli arrivare in laboratorio idoneo alle analisi. Oggi vedremo di che pasta sei fatta e ti avviso che tornerai a casa distrutta. Andiamo!"

Salimmo su un piccolo mezzo elettrico e partimmo. L'azienda aveva una sorta di rete stradale propria, sterrata e parecchio dissestata in certi punti: mentre guidava, Matteo mi spiegò che quel giorno avremmo visto i campi di alcuni ortaggi, osservando le piante e dando un'occhiata ai sistemi di irrigazione, poi saremmo andati a controllare i filari d'uva per verificare che tutto fosse a posto, visto che il periodo della raccolta si avvicinava. Per strada incontrammo parecchi lavoratori che andavano via dai campi con cassette piene di prodotti della terra, li riponevano su altri veicoli elettrici più grandi del nostro e poi ritornavano a raccogliere: erano uomini e donne che lavoravano sin dalle prime luci dell'alba per poter finire prima che facesse un caldo infernale, avevano i visi stanchi e abbronzati, sentivo alcuni lamentarsi per il mal di schiena o per il peso delle cassette, ma tutti quanti quando ci videro, ci salutarono con gentilezza e fui presentata ai Caposquadra, persone che lavoravano in azienda da decenni e che mi accolsero dicendo che li facevo sentire vecchi e vecchie col mio viso da ragazzina.

Lo ammetto, gongolai come una scema e arrossii.

Entrambi venimmo chiamati col titolo accademico e non per nome, ma non lèssi nessuna forma di invidia o di scherno nel tono che usarono, solo rispetto.

Alcuni di loro iniziarono a dire che in alcuni punti il terreno aveva patito molto il caldo estivi, che i frutti di fine stagione non erano cresciuti molto; altri, avevano saputo che nelle proprietà vicine avevano trovato dei parassiti non locali, che stavano avendo dei problemi e temevano che la cosa avrebbe potuto riguardare anche noi.

Matteo li rassicurò dicendo che si sarebbe informato e avrebbe elaborato una strategia con loro e l'azienda per evitare danni e chiese a tutti di tenere alta l'attenzione e di chiamarlo subito se avessero notato qualcosa di strano.

Ci inoltrammo nei campi per controllare da vicino, mi fece toccare la terra spiegandomi alcune caratteristiche del suolo locale, mi indicò i punti più secchi e le piante che erano rimaste piccole: alcune erano "soffocate" perché le vicine erano troppo alte e le avevano private della giusta luce, altre invece non erano raggiunte da una giusta quantità di acqua ed erano macchiate. Alcuni tubi del sistema di irrigazione erano stati spostati e non più rimessi a posto, altri erano semplicemente invecchiati e si erano rovinati per cui c'erano delle perdite lungo il percorso: piccole cose, ma che avevano il loro peso. Si avvicinarono alcune braccianti per salutare Matteo che mi presentò anche a loro, le quali mi squadrarono per bene, sembrava volessero farmi una Tac, probabilmente volevano "sondare il terreno". Una soprattutto, che poi ho scoperto chiamarsi Erica, ammiccava e scherzava con Matteo che si divertiva molto a fare "il simpatico" con lei e anche con le altre che erano più discrete, ma che mi sembravano comunque le ragazze del villaggio di Belle ne " La bella e la bestia" che si sdilinquivano davanti a Gaston. Almeno Matteo non era un idiota, credo.

Salutammo le ragazze e ci dirigemmo verso le viti.

"Allora, che te ne pare fino ad ora?" mi chiese Matteo.

"Mi devo procurare una cartina, un gps, questo posto è immenso! Considerato che ho il senso dell'orientamento di un ubriaco immagino che se uscirò da sola mi perderò sicuramente..."

"Bla bla bla... Hai finito con la retorica?"

"Senti ma dove è finito il cavaliere di qualche giorno fa? Era una finta o sei il gemello stronzo?"

"E tu per essere una principessa hai fin troppe palle sul blasone."

"Colpa tua, me le hai fatte crescere e precipitare a terra in un attimo!"

Iniziò a ridere così forte che il kart sbandò sulla strada e per poco non finimmo in un canale laterale:"Finalmente qualcuna che mi tiene testa con intelligenza! Non sai quanto mi eccita questa cosa!"

"Toh guarda una macchia di Matricaria chamomilla, fa proprio al caso tuo!" gli dissi.

"Naaaaa, dopo passato l'effetto sarebbe peggio... per te!"

"Non se ci tieni alla tua integrità fisica."

"E chi la comprometterebbe? Max forse?"

"Forse... o forse un bel calcio da parte mia, stai attento."

Arrivammo alle vigne e mi si parò davanti uno degli spettacoli più belli che avessi mai visto: filari e filari di viti a perdita d'occhio, che sembravano brillare sotto il sole, che seguivano il paesaggio in ogni sua curva, una geometria compatibile con la terra e che insieme a essa creava un'armonia non spiegabile a parole per me, tanto che tacqui all'improvviso. C'era un che di stupefacente in quella veduta è un po' mi sentivo in colpa ad entrare in quel quadro naturalmente perfetto.

"Anche io la prima volta che sono stato qui ho avuto la tua stessa reazione, ancora oggi se non fosse che sono al lavoro, sarei restio a condividere con altri questo posto, ha un che di sacrale. Forza andiamo, controlliamo anche qui."

Mi stupì molto essere sulla stessa lunghezza d'onda di quello zotico, non poteva essere così male se riusciva a percepire la magia di quel posto.

"Attenta a non cadere, altrimenti potrei essere costretto a portarti in braccio al kart e mi faresti venire un'ernia da sforzo." Disse lui sogghignando.

Alzai gli occhi al Cielo chiedendo la forza di non picchiarlo e mi rimangiai mentalmente quello che avevo pensato di positivo su di lui.

Non so quante volte facemmo su e giù per i filari, andavamo a zigzag per il campo, non so se per caso o per un motivo preciso, so solo che tornammo al kart senza aver visto tutto quanto preventivato e che io zoppicavo vistosamente. Mi sedetti avvertendo dapprima sollievo e poi dolori in ogni dove (chissà cosa avrei sentito levando le scarpe più tardi), ma non proferii parola per non dargli adito a stuzzicarmi ulteriormente, desideravo solo tornare a casa e togliere quelle infernali galosce.

Purtroppo, sul kart mi addormentai di schianto, appoggiandomi alla sua spalla, insomma porsi letteralmente il fianco a Matteo.

Mi risvegliai distesa all'ombra di una grossa costruzione che capii essere una stalla dall'inconfondibile tanfo: mi ero ridestata a causa di due uomini che gridavano ... e uno era Matteo! Mi alzai di scatto, ma ricaddi al suolo come un sacco di patate, ero troppo stanca e le gambe non mi reggevano, per cui carponi mi avvicinai al posto da cui sentivo provenire le urla e sporsi la testa oltre l'angolo della stalla.

"Che ci fai qui alle stalle? Che sei venuto a fare?"chi era a parlare?

"Ho riportato un kart alla postazione di ricarica qui dietro, peccato averti incrociato, speravo non succedesse."

"Non ti trattengo allora, vai a fare danni altrove."

"Beh se me lo dici così mi fai venire voglia di restare solo per darti fastidio Roberto."

"Matte' stai cercando rogne? Perché credimi ti accontenterei più che volentieri."

Credendo di evitare il precipitare degli eventi, cercai di infilarmi nella conversazione: "Ehi che succede?Matteo forse è il caso di rientrare, non pensi?"

Il tizio si girò di scatto nella mia direzione: ma in questo posto se non erano dei figaccioni non li assumevano??? Questo tizio pure era messo davvero bene fisicamente in più aveva dei tatuaggi, cosa che mi attirava molto,

"E tu chi sei? Da dove spunta questa? Chi cazzo ti sei portato qui Matte'? Ah magari è la volta buona che ti faccio passare un guaio!"

"Ti piacerebbe eh?"

"Ti spacco la faccia se non te ne vai, hai capito Matte'?"

"Ma non mi far ridere, specie di pecoraio!"

Insomma questi due titani se le volevano dare per forza e io non ero fisicamente in grado di separarli se avessero iniziato a picchiarsi, per cui feci la sola cosa che pensavo avrebbe potuto fermarli, ovvero cercai di spiazzarli.

"Oh, ma qui se non sono cafoni non li prendono a lavorare, eh? Io me ne vado, voi scannatevi pure, non sono fatti miei, anzi se magari vi cacciano ho maggiori possibilità di essere assunta... ecco, da bravi spaccatevi la faccia su!"

Me ne andai lasciandoli che mi guardavano interdetti, ma subito dopo Matteo mi superó, dando ragione al mio piano.

Tornai nel corpo principale dell'azienda stanca ed affamata, ma ero troppo curiosa di capire cosa fosse successo tra quei due "Alfa";la curiosità però mi aiutava a non pensare alla stanchezza e alla fame tremenda che avvertivo: purtroppo il panino veloce che avevo preparato quel mattino non era stato sufficiente a soddisfarmi. Rientrata, mi trovai davanti Marisa che aveva già incrociato Matteo: "Ehi che è successo? Avete discusso?"

"Non noi, ma lui e uno scorbutico al pari di lui, lo abbiamo incontrato alle stalle, ma non ricordo il nome... Matteo lo ha chiamato pecoraio con un certo disprezzo "

"Roberto? Matteo si è scontrato con Roberto???"

"Esatto."

Marisa sbiancò.

"Marisa ma che è questa faccia?"

"Niente niente, piuttosto Sergio vi aspetta per avere un resoconto. Io esco prima oggi, ciao a domani!"

Così Marisa andò via alla velocità della luce.

Arrivai da Sergio proprio mentre Matteo se ne andava con una faccia scurissima, entrai e raccontai la giornata al mio capo, che alla fine mi chiese se fosse successo qualcosa perché Matteo era stato molto strano: io gli dissi cosa era accaduto con Roberto e Sergio reagì togliendosi gli occhiali e stringendosi la base del naso, evidentemente la situazione era seria.

"Si può sapere..."

"No, preferirei che fossero gli interessati a parlartene. Ok Stefania, grazie per oggi hai finito."

Onestamente, ero infastidita da tutta questa omertà, ma ero realmente esausta, per cui me ne andai senza battere ciglio, tanto avrei saputo tutto prima o poi.

Che giornata!

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