Capitolo 5

Il giorno dopo ero curiosa di sapere cosa mi aspettasse.

Gianna, dopo aver terminato il lavoro del giorno prima, mi iniziò alla parte analitica: quando mi portò nella sala degli strumenti mi parlò in dettaglio di quelli che avrei usato per svolgere il suo lavoro, mi mostrò dove erano i faldoni con le metodiche analitiche elaborate in azienda o prese dai testi di riferimento internazionali, mi fece vedere dove erano i DPI e mi condusse alla sua ex postazione di rete, che era stata già provvista di un mio account su cui dovevano essere caricati i files di uso comune.

Gianna mi insegnò i primi rudimenti del programma in cui inserire i risultati analitici  e come si creava un certificato, che doveva essere completo dei risultati di tutte le analisi da svolgere obbligatoriamente, prima di poter essere firmato da Sergio e rendere la materia prima disponibile per la produzione. Per i profani, era la chiusura del cerchio, se così si può dire.

Poco prima di pranzo Gianna mi lasciò con Marisa che mi accolse fregandosi le mani: "Ah finalmente sei tutta mia!"

Io strabuzzai gli occhi: "Come prego?????" Dio, quanto era strana!

"Sto scherzando, Stefi! Posso chiamarti così, vero?"

"Beh, in real..."

"Ok, da oggi sarai Stefi con la i! Sapessi come sono contenta che tu sia qui, anche se a pensarci perdo il primato di tecnico più giovane... vabbè! Senti non badare troppo alla mia esuberanza, non sono sempre così pazza, è che sono un po' in difficoltà a relazionarmi con persone che non conosco, mi prende la timidezza e sparo scemenze a raffica al punto da sembrare inquietante.... Almeno così mi hanno detto qui." disse abbassando la testa.

Su quest'ultima frase mi intristii per lei, non sono cose che si dicono: Marisa sembrava strana, ma strana forte, però definirla inquietante addirittura! Cioè ce ne voleva secondo me!

"Ehi Mari con la i (e mi partì l'occhiolino) non ti preoccupare, ognuno di noi ha le sue stranezze, magari tra un poco scopriamo che anche io sono fuori come un citofono e siamo pari e patta!" ridemmo insieme delle nostre "peculiarità" e iniziammo a lavorare.

Marisa era tanto strana quanto sicura sul lavoro: si muoveva tra i banchi e gli strumenti come se danzasse, anzi come se riuscisse a coordinare tutti gli oggetti di cui aveva bisogno e a guardarla sembrava tutto semplice, pareva quasi che le apparecchiature le obbedissero docili: mi sarebbe avere metà della sua dimestichezza, speravo che l'avrei conquistata col tempo.

In un momento di pausa ritornai sulle stranezze caratteriali, volevo rassicurarla perché mi era parsa troppo imbarazzata:
"Anche a me dicono che sono strana, ma non ci bado più di tanto e non  dovresti farlo neanche tu. Chi è stato questo simpatico personaggio che ti ha detto così?"

" No sai, voci che girano, brandelli di conversazioni che ho recepito qui e là, alcune occhiate derisorie... hai ragione, non dovrei stare a sentire nessuno, ma mi sento fuori posto a volte..."

"Sergio ha mai avuto da dire nulla sulla tua eccentricità?" le chiesi.

"Sergio? Noooooo, mai. Per lui la cattiva condotta sul luogo di lavoro passa per altro, per fortuna." Mi rispose arrossendo.

Arrossendo??? Ah.

"E allora che ti importa? Lascia parlare, chiunque sia, al più rispondi che potrebbe pure pensare ai fatti suoi, tipo lavorare invece di perdere tempo!"

"Siiiiii hai ragione, farò così! Sai le facce!" e scoppiammo a ridere di nuovo.

A quanto pare non ero solo io a non volermi sbottonare più di tanto, c'era una certa omertà di fondo relativa a certi personaggi, anche se non ne avevo certezza in quel momento.

Difficilmente dimenticherò le giornate passate insieme a Marisa: da quella volta, ogni occasione in cui abbiamo lavorato insieme ci siamo anche divertite tanto, perché al di là del suo essere sopra le righe Marisa era molto preparata (lo ribadisco) e simpaticissima, era piacevole lavorare con lei, in certi momenti addirittura comico.

Per esempio, un giorno che c'era penuria di vetreria pulita in laboratorio, arrivammo davanti all'armadio in cui erano custoditi gli attrezzi del mestiere e lei afferrò un cilindro da 500 ml giusto un attimo prima che lo prendesse Vincenzo: si girò verso di lui e nascondendo il cilindro dentro al camice gli disse "È mio!!!! È il mio tessssssoro!!" sibilando e parafrasando il Signore degli Anelli.

La faccia di Vincenzo fu impagabile, a metà tra lo sbigottito e lo spaventato e, mentre noi due ridevamo a crepapelle , lui andò a controllare se la lavastoviglie con la vetreria pulita fosse terminata, ciondolando la testa mentre sussurrava "Queste due sono matte!".

Quel pomeriggio, prima di congedarci prendemmo un caffè tutti insieme nella saletta apposita, invece di stare nell'ufficio di Sergio: Matteo volle fare realmente il cavaliere e offrì a tutti, servendo per prima Gianna ovviamente e poi noialtri. Fu un momento piacevole, Gianna era l'unica seduta e parlava con Vincenzo che era accovacciato accanto a lei, io e Marisa scambiavamo opinioni con gli altri sull'ennesimo, insulso reality show da poco sbarcato in Italia e poi suonó la campana che segnava la fine della giornata lavorativa.

Salutai gli altri e quando ero sulla soglia della saletta Sergio mi fermò: "Stefania, domani vorrei iniziassi a fare un ciclo di sopralluoghi nei campi, approfittando che è bel tempo, credo sia un bene che tu veda dove e come lavorano i nostri contadini. Ovviamente non andrai da sola, ti accompagnerà Matteo che deve fare alcuni sopralluoghi di controllo, ok?"

Ok un corno avrei voluto dire, ma non potevo, per cui risposi che per me andava bene, in fondo mica sarebbe dovuto per forza accadere qualcosa di spiacevole?

"Bene signori e signore vado a casa, buona serata a tutti e tu Stefania preparati che domani sarà una giornata intensa..." disse ammiccando.

Ecco la risposta.

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