Capitolo 25
Rimasi come una cretina, col telefono attaccato al viso e lo sguardo perso nel vuoto. Fu così che mi trovò Vincenzo, ero talmente imbambolata che mi per attirare la mia attenzione fu costretto a schioccare le dita davanti ai miei occhi lucidi.
-Che succede? Perchè quella faccia?-
-Credo che con Roberto sia appena finito tutto...-
-Shhh non dire nulla, c'è Matteo in corridoio che parla con Sergio. Facciamo così, oggi stai con me in Micro, così mi racconti lontano da orecchie indiscrete, ok? Andiamo che, in effetti, ho bisogno di una mano.-
Mi ricomposi velocemente e, cercando di mascherare il mio turbamento, salutai i colleghi che per fortuna erano troppo assorti nella loro conversazione per notarlo e seguii Vinci nel suo regno, tra piastre, terreni e pittogrammi del rischio biologico. Mentre lo aiutavo, gli raccontai tutta la parte della storia che non conosceva e nel contempo lo guardavo lavorare: non avevo frequentato molto quel laboratorio per cui poche volte avevo visto Vincenzo all'opera e rimasi colpita da come passasse da un banco all'altro senza mai perdere nè il filo del lavoro nè quello del discorso, anche se apparentemente sembrava non mi ascoltasse, impegnato com'era tra conteggi e preparazioni.
-Allora, che ne pensi?- gli chiesi.
-Non è una questione semplice, non mi sento di dare pienamente torto a nessuno di voi, però una cosa devo dirtela: Roberto non è tipo da sbilanciarsi senza aver pensato prima, magari stava elaborando una strategia per venire a capo del problema, ma non lo hai fatto parlare.-
-Dopo aver visto il doppiopesismo applicato qui, non credo ci fosse una via d'uscita semplice: non so Roberto cosa avesse architettato, se l'avesse effettivamente fatto, ma dubito sarebbe stato utile... E poi il suo atteggiamento mi è sembrato molto egoista "tentiamo e poi vediamo come va", manco a pensare alle conseguenze per me.-
-Mah, non so... Lungi da me voler stroncare le tue speranze, ma non è mai successo che confermassero qualcuno dopo una "sostituzione maternità".-
Queste parole mi intristirono ancor di più e pensai di aver combinato un casino. Vincenzo continuò:
-Purtroppo, qui il pettegolezzo esce fuori dalla dimensione di diceria e diventa un problema per chi ne è vittima soprattutto su temi che sono molto delicati.-
-Che intendi?-
-Hai presente l'atteggiamento di Matteo con Marisa? Non è niente rispetto a cosa ha subìto in precedenza quella poveretta: quando è arrivata qui, tutti la prendevano in giro, perchè ha sempre avuto uno stile e un atteggiamento sopra le righe e lei, all'inizio, non controbatteva, mica è stata sempre così combattiva come ora. Una volta la trovai in laboratorio che aveva appena smesso di piangere: le avevano detto non ricordo quale cattiveria e ci era rimasta malissimo. Poi, per fortuna, ha iniziato a farsi valere a parole e la situazione si è calmata, ma chi sai tu non ha smesso con le frecciatine del cavolo.-
-Ma è assurdo!-
-Lo è ancora di più se pensi che nessuno fece niente, perciò diciamo di avere l'Ufficio Contro il Personale... ne abbiamo viste di cose qui, che credi?-
-Sono un po' schifata.-
-Non sei la sola: da queste parti il diverso non viene visto di buon occhio, l'hai capito penso.-
A quelle parole, ricordai la conversazione che avevo origliato per caso e ne parlai con Vinci:
-A tal proposito, qualche tempo fa sentii due ragazze qui supporre che Roberto fosse dell'altra sponda perchè non cedeva alle avance sfacciate di una delle due!-
Vincenzo scoppiò a ridere e arrivò alle lacrime prima di riaversi:
-Scusa, ma questa cosa rasenta troppo l'assurdo! Certo che voi donne quando venite respinte o ignorate diventate delle vipere! Roberto è fin troppo mascolino, come si può pensare che sia omosessuale, non lo riesco a ipotizzare. Un tuo intervento sarebbe stato provvidenziale in effetti!-
-Già.- risposi mestamente.
-Scusa, ho esagerato... Mannaggia alla mia boccaccia... Vedrai che le cose si aggiustano, non preoccuparti!- mi disse incrociando le dita.
-Speriamo... ah una delle due continuò il discorso dicendo che non sarebbe stato il primo gay in azienda ma, quando l'altra le ha chiesto spiegazioni, lei ha sviato il discorso. Chissà se era un'illazione anche quella...-
Vincenzo si strinse nelle spalle e non commentò oltre, riportando l'attenzione sul lavoro: lo interpretai come un segnale che la conversazione si fosse chiusa, evidentemente non voleva essere partecipe di pericolosi pettegolezzi.
Durante una pausa riuscii a telefonare a Gianna, informandola della festa di Natale, credendo che non avrebbe avuto modo di aprire la mail aziendale. Mi ringraziò del pensiero, perché in effetti era da parecchio che non controllava la posta, e lo fece in diretta mentre parlava con me.
-Non c'è la mail, che strano! La dottoressa Russo si sarà dimenticata probabilmente, ma tanto ora sono giusto un poco concentrata su altro.-
-Come state?- le chiesi.
-Meglio, ma mi sento una mongolfiera, non ne posso più di stare ferma a letto senza fare nulla, ho male dappertutto e la gravidanza sta diventando un supplizio, non vedo l'ora che Alberto nasca!-
-Hai ragione, ma tieni duro, manca poco!-
-Tu invece? Che mi racconti? Tutto bene?-
Per un attimo pensai di sfogarmi anche con Gianna, ma mi dissi che sarebbe stato inutile, anzi rimuginare più di quello che già facevo mi avrebbe fatto andare in cervello in pappa.
-Tutto ok, ovviamente la festa è diventata l'argomento del giorno, immagino che appena la incontrerò, Marisa mi dirà che sono stata precettata per andare a fare shopping!-
Gianna scoppiò a ridere:
-Sì, sicuramente andrà così! Sono stata a qualcuna di queste feste, non sono male, basta evitar di parlare solo di lavoro. Mi piacerebbe tanto venire, ma chissà in che condizioni pietose sarò quel giorno, probabilmente insonne e con un diavolo per capello!-
-Saresti perfetta anche così.-
-Mmm, credo che quei giorni siano finiti in standby per un po'.- mi rispose ridendo.
-Vedremo! Ora devo andare, ci sentiamo presto, un bacio a entrambi!-
-Salutami tutti!- e chiudemmo la conversazione.
A mensa, guardai la porta tutto il tempo: speravo che Roberto avrebbe cambiato idea e si sarebbe seduto insieme a noi, magari ignorandomi, ma almeno avrei avuto ancora qualche possibilità di parlarci; forse, Vinci aveva ragione e avemmo parlato di una soluzione che lui aveva trovato...
Invece, lui non comparve sulla soglia e io ingoiai pane, veleno e lacrime: anche gli altri tavoli avevano notato la sua assenza e le vipere mi guardavano e facevano dei risolini soddisfatti.
Beh, almeno sapevo che non ero più nella condizione di infrangere il regolamento aziendale.
Purtroppo.
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