Capitolo 19

La sera dopo il lavoro io e Marisa chiamammo Gianna:

- Pronto, Gianna? Sono Stefania, come stai? -

- Ehi Stefania! Immagino ti abbiano raccontato cosa è successo... -

- Sì, ho saputo stamattina quando sono tornata al lavoro. C'è Marisa vicino a me che ti saluta. Allora com'è la situazione? - chiesi.

- Il bambino sta bene e io sto discretamente, il medico mi ha messo a riposo, ma mi annoio tantissimo. Oltretutto, sto ingrassando e non va bene, perché poi rischio che mi si alzi troppo la pressione... Insomma, mi sto tirando coi denti la fine della gravidanza, è diventato un problema fare qualsiasi cosa. -

- Immagino che non tornerai al lavoro allora. -

- No, non è proprio il caso. Ma parliamo di cose belle, com'era Londra? -

- Londra è bellissima! - si intromise Marisa, strappandomi il telefono di mano e parlando direttamente con Gianna, lasciandomi lì come una deficiente.

Una conversazione normale, magari col vivavoce, no eh?

Per fortuna, Marisa ci arrivò senza che le dicessi nulla e iniziammo a parlare tutte insieme:

- Ho visto che vi siete date alla pazza gioia, avete fatto bene, le ferie sono sacre e ve le siete guadagnate tutte! Chi era quel bel tipo con cui vi siete accompagnate? - chiese Gianna.

- E' mio fratello gemello Massimiliano. - le risposi.

- Non sapevo avessi un gemello, però in effetti vi somigliate molto, deve essere un tipo spassoso, vero Marisa? -

- Perché lo chiedi a me? -

- Beh, dalle foto sembra che ci fosse una bella complicità, anche ai danni della povera Stefania, ma potrei sbagliarmi, certo... Reazioni al lavoro? -

- In che senso? - chiesi.

- Mi aspettavo che qualche collega facesse qualche commento acido. -

- Se ti riferisci a Matteo, in realtà proprio perché ce lo aspettavamo anche noi, abbiamo cercato di evitarlo il più possibile, il che è stato facile, visto che c'era una montagna di lavoro da smaltire, ne avremo entrambe per parecchi giorni. - disse Marisa.

- Francamente – continuai – può dire quello che vuole, mi ha davvero stancato con le sue manie di grandezza, come se ci dovesse importare qualcosa del suo giudizio... Pensasse un po' ai fatti suoi, una volta tanto! -

- Brave ragazze, tenetegli testa, non dategli soddisfazione e non lasciatevi infastidire! Aggiornatemi di tutte le novità, ok? Ora vi saluto, vado a fare una breve passeggiata, è il solo movimento che mi è stato concesso. A presto! -

- Ciao Gianna, riguardati! - la salutammo all'unisono.

Arrivate sotto al palazzo di Marisa, ci salutammo dandoci appuntamento per l'indomani al lavoro. Non appena avviai l'auto, vidi Marisa dallo specchietto retrovisore afferrare il suo cellulare e alzare gli occhi al cielo prima di rispondere con stizza.

Non presagivo nulla di buono.

A casa, i miei genitori mi chiesero qualche informazione in più su Max e Marisa.

- Stefania, che ci dici di quei due? -

- Mamma, che ti devo dire... Max non è tipo da impegnarsi a distanza, Marisa neppure... al più sono stati "amici con benefici" durante la nostra permanenza lì. -

- Quindi tu dici che è stato solo sesso? -

- Papà, ti prego, è già abbastanza imbarazzante parlare delle cose intime di mio fratello, senza che tu sia così esplicito! -

- Da quando sei bacchettona? - mi chiese mia madre.

- Non sono bacchettona, è che faccio fatica a parlare dei fatti degli altri! Chiedetelo direttamente a lui, no? -

- Ci ho provato – disse mio padre – ma ha glissato dicendo che quello che succede a Londra, resta a Londra. -

- Beh – ripresi – allora dire che è stato esaustivo, no? -

- Non vorremmo che uno dei due si facesse male, solo quello. - disse mamma.

- Non credo che corrano questo rischio, sono adulti entrambi e, se pure fosse, la distanza aiuterebbe a stemperare il problema. Non preoccupatevi, ok? Ora, vogliamo vedere un film tutti insieme? -

Non mi andava di parlare dei fatti di Marisa e di Max, se voleva farlo lui era liberissimo.

Dopo aver visto un bel thriller, andai a dormire o meglio ci provai nonostante il fuso orario, senza successo, per cui feci la cosa più sbagliata del mondo, ovvero presi il cellulare, pensando di stancarmi velocemente. Trovai alcuni messaggi di Roberto, in cui mi chiedeva di nuovo scusa dandomi ragione sul fatto che era stato uno sciocco a dare credito alle parole velenose di Matteo.

- Non avrei dovuto ascoltare e, in ogni caso, avrei dovuto chiedere a te. Finché non ho visto il tag, sono stato incazzato come poche volte nella mia vita... Forse non avrei dovuto dirtelo, ma a questo punto penso di avere ben poco da perdere, spero almeno di convincerti del fatto che tengo veramente a te. Buonanotte. -

Non gli risposi, non mi era passata la rabbia e nemmeno volevo dargli corda ulteriormente, forse lo avevo sopravvalutato... O forse anche io ci tenevo, altrimenti non mi avrebbe fatto così male.

Mi addormentai con un mal di testa esplosivo ed ebbi un sonno agitato: sognai che Matteo e Roberto litigavano in azienda davanti a tutti e che io provavo a dividerli senza riuscirci. A un certo punto, non ricordo cosa disse Matteo rivolgendosi a me, ma era una cosa talmente sgradevole e acida che in sonno gli tirai un ceffone così forte da farlo ruzzolare a terra, tra le risate di quelli che ci guardavano. Purtroppo, era solo un regalo di Morfeo, ma ricordo nitidamente la soddisfazione provata nel suonargliele di santa ragione, tanto che mi svegliai di buon umore, sempre col mal di testa, ma meno infastidita del giorno prima.

Al lavoro, passai a salutare Sergio che mi salutò distrattamente per cui mi diressi in automatico alla scrivania di Gianna per completare le consegne del giorno prima. Subito sulla soglia comparve Marisa, che mi fece cenno di seguirla in silenzio alla macchinetta del caffè, evidentemente voleva parlarmi: entrammo nella saletta e, dopo essersi assicurata che nelle vicinanze non ci fosse nessuno che potesse ascoltare, partì a raccontare:

- Sergio è uno stronzo! -

- Shhhh e buongiorno a lei, Contessa! Stamattina abbiamo messo la bocca nel pulito? -

- Guarda, mi sono limitata a descriverlo fedelmente, appena saprai cosa è successo, dirai che sono stata gentile. -

- Cosa ha fatto? -

- Ieri sera mi ha chiamato e mi ha fatto una scenata di gelosia, ti rendi conto? Già appena giunte a Londra aveva iniziato a mandarmi messaggi con frecciatine e battute stupide a cui non avevo risposto per non dargli corda; poi, vedendo che non reagivo, ha iniziato a commentare sui social alzando il tiro e io sempre zitta per non rovinarci le ferie. Ieri, sono passata a salutarlo formalmente, senza dirgli nulla e lì deve essergli proprio partito un embolo, perché è stato nervoso tutto il giorno e la sera mi ha chiamato dicendo che non potevo ignorarlo ancora, che non avevo fatto una bella figura a sbronzarmi in quel modo, che ero stata troppo disinvolta con tuo fratello e altri deliri molto maschilisti. A quel punto, mi sono imbestialita io e gli ho detto che non gli dovevo spiegazioni di sorta e che qualsiasi cosa ci fosse stata tra di noi, era morta non per il mio comportamento a Londra, ma perché lui non ha avuto il coraggio di renderla ufficiale, anzi lasciandola in un limbo l'ha resa sordida. Personalmente, non ritengo di essere meno importante del lavoro che svolgiamo e se Sergio non ne è convinto, peggio per lui: io non posso che guadagnarci a stare lontano da uno che si comporta in questo modo assurdo! - mi raccontò Marisa giustamente agitata.

- Hai perfettamente ragione, ma una domanda te la devo fare: come stai? Pensi di farcela a lavorare gomito a gomito con lui? - le chiesi.

- Come sto... uno schifo, come posso stare... Ho passato metà della nottata a piangere di rabbia e l'altra metà a darmi della stupida perché sto male a causa di un tipo del genere, manco fossimo due ragazzini. Da stamattina non l'ho visto, ma so che non posso evitarlo per sempre, devo solo aspettare e vedere come va, giorno dopo giorno. -

La abbracciai forte e poi la esortai a tornare alla postazione, più tardi le avrei raccontato dei messaggi di Bisonte 2:

- Non dargliela vinta e non dargli corda, finché siamo al lavoro non può trattarti in quel modo, per cui credo che qui dovresti essere "al sicuro", per così dire. Ora, però, torniamo in laboratorio, non dobbiamo dargli nessun appiglio per infastidirti o rimproverarti. -

- Sì, andiamo. -

Appena tornate in reparto, incrociammo Vincenzo che ci cercava:

- Mari, vai subito da Sergio per piacere, ti sta cercando con una certa urgenza e sembra molto nervoso. -

Ci salutammo e, alzando gli occhi al cielo, Mari si diresse dal capo, sperando di non litigarci.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top