Capitolo 13
Eren ci mise fin troppo tempo per tornare. Si stava annoiando e innervosendo, tanto che aveva iniziato a picchiettare le dita sul vetro dello sportello e quello stesso picchiettio lo stava innervosendo di più. Tanto che si costrinse da solo a smetterla. Fece uno sbuffo e controllò l'ora: erano quasi passate tre ore da quando Eren era entrato e sembrava passata una vita invece.
Poi, quelle guardie che erano appostate fuori ai cancelli lo stavano innervosendo ancora di più. Lo guardavano come se fosse una probabile minaccia, come se da un momento all'altro avrebbe potuto tirare fuori un mitra e fare fuoco sulla struttura, andando a portare via le loro vite. Ma Levi non era bravo in queste cose così come lo era Eren, non aveva mai imbracciato un'arma ne tantomeno avrebbe mai voluto inimicarsi gente del genere. Fece un altro sbuffo, a quel punto si allentò la maglietta, avrebbe voluto togliersela del tutto perché stava sentendo molti caldo.
Ma non voleva dare nemmeno spettacolo davanti a loro, sennò sarebbero stati proprio quei soggetti a fare fuoco su di lui.
Il tempo continuava a scorrere con una lentezza estenuante ed erano arrivate a tre le ore in cui era chiuso in macchina. Non aveva nemmeno lasciato le chiavi cosicché avrebbe potuto abbassare uno dei due finestrini.
Si lasciò andare con la schiena contro il sedile ma fu a quel punto che vide finalmente il castano sbucare dal cancello, passarlo e dirigersi verso l'auto. Il petto in fuori come sempre, aveva sciolto un paio di bottoni della camicia, e alcuni ciuffi scuri erano sparati disordinati, andandogli a contornare il volto.
Prese il telecomando dell'auto e la aprì. Allo scatto che fece, il corvino sussultò e girò la testa di lato, mentre sentì la portiera aprirsi.
Il castano si mise sul sedile, infilò le chiavi dell'auto e partí in silenzio, sfrecciando nel buio.
Quel silenzio, nonostante ci fosse il ragazzo li presente con lui, lo stava rendendo ancora più nervoso. Voleva ritornare a casa.
Sentiva il cuore stringergli nella gola, aveva paura di parlare ma doveva sapere cosa fosse successo durante quelle tre ore in cui era rimasto chiuso in macchina. Lasciò quel grosso macigno invisibile che lo andava ad appesantire e parlò:
"Cos'è successo?"
Decidendo di mettere da parte le ansie e le paure, gli pose quella domanda. Non poteva rimanere zitto per sempre e un giorno, prima o poi, avrebbe trovato il coraggio di parlare e buttare tutte quelle emozioni fuori che stava reprimendo con tanti sforzi; ma non era quello il giorno.
"Mh ?"
Inizialmente il ragazzo fece finta di lui, lo sguardo ancora incollato sull'asfalto della strada che si stava sostituendo a qualcosa di più morbido; era un bosco. Strane idee iniziarono a farsi spazio nella testa del corvino quando intravide una sfilza di alberi messi in fila gli uni dietro agli altri. Aveva parlato troppo e il castano voleva farlo fuori. Stava vedendo un buon posto dove avrebbe potuto ucciderlo con un colpo alla testa, senza che nessuno avrebbe sentito. Poi, non c'erano nemmeno persone che avrebbero potuto reclamare il suo corpo ai telegiornali. Perché Levi era solo, lo era sempre stato.
Oppure erano solo una serie di paranoie che si stava facendo.
"Cosa è successo lì dentro ? Ci hai messo fin troppo tempo per tornare."
Cercava di tenere a freno la lingua, di ripetersi di starsi zitto ma non riusciva. Ormai le sue parole stavano uscendo dalla sua bocca come un fiume in piena.
"Sono crepato di calore qui dentro."
Fece uno sbuffo; sentiva che la maglietta si fosse attaccata al corpo a causa del sudore. Infatti, decise si toglierla, sfilandosela dalla testa e gettandola sui sedili posteriori. Fu così che rimase a petto nudo. Il ragazzo, ancora con lo sguardo concentato sulla strada che stava percorrendo, si fermò al centro della foresta, frenando bruscamente e girandosi verso di lui. Forse era la prima volta che vedeva negli occhi di Eren qualcosa di diverso che non fosse l'apatia più totale: il suo sguardo era iniettato di rabbia. Ma non nei suoi confronti.
"Scendi dall'auto."
Il corvino venne attraversato da un brivido he gli percosse lungo la schiena. Ed ecco che i suoi peggiori pensieri si stavano avverando, avrebbe dovuto starsi zitto. Stava per morire.
Deglutì a vuoto, ma eseguì l'ordine.
Riprese la maglietta, se la infilò.
Almeno sarebbe morto ancora con tutti gli indumenti addosso. Si aggrappò allo sportello e lo fece scattare. Aprì la portiera e scese. Al contempo, anche Eren fece lo stesso. Subito lo raggiunse; aveva il petto in fuori e lo sguardo che trasmetteva tutta la sicurezza del mondo.
"Seguimi."
Con un paio di falcate, le mani infilate nelle tasche, lo sorpassò e si inoltrò nella fitta foresta. Nonostante fosse tardi, c'era ancora uno spicchio di sole che illuminava la strada davanti a loro e il calore gli fece muovere i piedi lentamente.
Lo seguì, rimanendo in silenzio e accettando la sua fine.
Stette dietro ad Eren. Contava i suoi passi, con lo sguardo rivolto verso il terreno, almeno se avesse avuto l'opportunità di scappare sapeva dove andare e non si sarebbe fatto trovare facilmente.
Continuò a camminare, poi sentì il castano fermarsi. A quel punto, alzò lo sguardo. Alle spalle di Eren c'era una casetta fatta in legno, interamente costruita di quel materiale. Sembrava una baita di montagna. Piccola ma capiente di tutto.
"Io..."
Non riusciva a capire.
"Alloggerai qui. D'ora in avanti."
"Non capisco."
Gli occhi del castano si fissarono seri in quelli acciaio del corvino.
"Non c'è nulla da capire." Allungò la mano verso la sua direzione, vide qualcosa brillare sotto i raggi lucenti del sole: un mazzo di chiavi. "Dentro c'è tutto. Verrò qui un paio di volte a settimana."
Fece cadere le chiavi nel palmo della mano del corvino e rimise le mani nelle tasche. Senza aggiungere nulla, se ne andò. Lo rimase lì solo, con i suoi pensieri: stava cercando di capire cosa fosse appena successo e più ci provava più andava nella confusione.
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