Prologo


Nei miei diciotto anni di vita ho avuto più patrigni e matrigne di quanto uno si possa mai immaginare. Sul serio, credo che i miei genitori facciano a gara a questo punto.

Mia madre è al terzo matrimonio. Mio padre al quarto. Se però contiamo anche la non molta duratura relazione che la mia genitrice ha avuto quando avevo appena sei anni, li possiamo considerare pari.

Non ricordo il periodo nel quale vivevamo ancora tutti insieme (si sono lasciati quando avevo appena tre mesi), ma è meglio così. Davvero. E' già tanto se li sopporto separati.

Quando si sono conosciuti lei aveva diciannove anni e lui trentotto. Una ballerina francese dal brillante futuro sui palchi di tutto il mondo e un regista italiano di fama mondiale. A mia nonna piace dire che si sono rovinati a vicenda.

Note drammatiche a parte: lei è rimasta incinta e lui era a quanto pare sposato da undici anni. Il mio ormai defunto nonno ha obbligato a divorziare quella fonte di fedeltà d'un uomo perché potesse sposare mia madre, ed evitare lo scandalo per entrambi.

Sono diventati marito e moglie senza mai amarsi davvero e solo per avere dei profitti: reputazione e soldi. Davvero molto emozionante.

La prima moglie del genitore della sottoscritta non l'ha presa molto bene diciamo. Non solo era stata tradita con una ragazzina, ma quella ragazzina aveva pure avuto una figlia da suo marito. Mi obbliga anche oggi a chiamarla "zia", anche se molto probabilmente mi odia profondamente.

Comunque, fino all'età di dodici anni ho vissuto in Francia con mia madre, fino a quando lei ha deciso che alla veneranda età di trent'un anni era tempo di spedirmi dal suo caro vecchio ex. Non che mi dispiacesse molto, dato che al suo nuovo maritino piace lanciarmi occhiatine languide quando sono in costume sul bordo piscina, e quindi non è ci tenessi molto alle sue tendenze molto poco affini al codice penale. Me ne sono andata quasi volentieri.

A quel tempo mio padre si era già trasferito da Verona a Milano e aveva appena conosciuto una deliziosa donna della sua età che avrebbe sposato da lì a poco.
- Vediamo il pas de deux di Viarengo e Giordano. Come abbiamo fatto ieri, su!-

Sobbalzo sul posto quando una mano calda si posa sulla mia spalla scoperta. Alzo lo sguardo, trovando l'espressione ferma del ragazzo, che mi fa segno di staccarmi dalla sbarra. I miei muscoli si irrigidiscono, stringo la mascella.

- Giordano, non abbiamo tutto il giorno!-, la professoressa si siede impaziente sullo sgabello lanciandomi un'occhiata velenosa. Forzo una specie di sorriso e mi trascino verso il centro dell'aula.

L'insegnante fa un cenno al pianista. Io chiudo gli occhi. Come cominciava già? Ah già. Con un croisé devant. Trattengo il respiro. Le forcine mi pungono il cuoio capelluto e le dita dei piedi sono schiacciate dolorosamente contro le punte.

La stessa mano di prima si posa delicatamente sul mio fianco sinistro. Mi chiedo se senta quando io stia tremando di rabbia e ansia.Vorrei solo morire.

La prima nota si leva nell'aria, la musica invade la stanza e prima che io possa realizzare rimango da sola nel centro, con il ragazzo che è già partito con una serie di passi allontanandosi da me.

Costringo le mie palpebre ad alzarsi, e alle mie gambe a muoversi. Adagio, a tempo di musica. Faccio un glissade, scivolando dall'altra parte della stanza. Un passo, due. Saltello.

E poi mi dimentico tutto.

La melodia mi vortica attorno, mentre vorrei sprofondare. Alcune mie compagne mi guardano ridacchiando.

Mordo l'interno della guancia, portandomi in avanti con tutto il corpo. Faccio un jeté in extremis senza alcun contesto, forse il peggiore che io abbia mai fatto in tutta la mia vita. Durante il salto penso di poter cadere.

Ma prima che io possa crollare rovinosamente a terra, le braccia di lui mi afferrano saldamente, trattenendomi in aria per un millesimo di secondo. Mi porta a terra con grazia, non battendo neanche un ciglio, facendo sembrare tutto questo studiato e pianificato da un pezzo.

Il suo tocco mi guida, mentre io cerco di non sembrare una che ha un buco di memoria abbastanza grave su un balletto che avrebbe dovuto studiare per oggi. Il ragazzo non sorride nemmeno, guardando dritto di fronte a sé quando mi solleva di nuovo, prima che le note si dissolvano completamente, e io mi accorgo che effettivamente tutto è finito.

La professoressa incrocia la braccia al petto. Sto per gridare, ma la presa ferrea della mano di Davide sulla mia spalla mi ricorda che sono ancora in aula e non ho la faccia schiacciata contro un cuscino cercando di soffocare la mia voce.

- Viarengo, eccellente-, lo sguardo della donna scivola su di me, -devi lavorare di più, Giordano-

Annuisco. Mi sforzo ad annuire.

La lezione finisce così, e io quasi non me ne accorgo nemmeno. Fuori è buio, non sono nemmeno le sei di sera e io sto per crollare.

- Neanche un grazie?-, mi volto trovando il mio partner di danza fissarmi sotto le ciglia lunghe. Allunga verso di me una bottiglietta d'acqua e quando realizza che non la prenderò, scuote la testa rassegnato nascondendo un sorrisetto, per poi girarmi le spalle e allontanarsi verso le sbarre.

- Dovrei dirti grazie?-, borbotto.

- Mi sembra il minimo, dopo aver letteralmente salvato il tuo bel culetto-, sbotta inarcando un sopracciglio. Si asciuga il sudore dalla fronte e getta l'asciugamano sulla sedia affianco allo specchio.

Mi mordo l'interno della guancia, trattenendo una risatina: -Il mio bel culetto? Sul serio, Davide?-

Scrolla le spalle.

- Mai stato più serio-

E guardandolo dritto negli occhi, per un attimo, ho l'impressione che non stia affatto scherzando. Ma poi scoppia a ridere, facendomi scuotere la testa.

Slaccio i nastri delle mie punte e un'ondata di sollievo mi investe appena tolgo le scarpe, rimanendo con i piedi nudi contro il parquet freddo. Davide mi lancia un' altra occhiata scivolando sulla sedia. Distende le gambe e non dice niente.

Io sbuffo, cercando di ignorare il mio riflesso nell'enorme specchio che ricopre tutto il muro laterale della stanza. Oggi è l'ultimo giorno, mi ripeto. Domani mattina me ne andrò via per le vacanze di Natale. Stringo le scarpette, il cuore che non smette di martellarmi nella gabbia toracica. Potrei vomitare.

Faccio un passo verso la porta, con la testa che scoppia.

- Elle?-, la voce del mio amico mi richiama e penso già sapere che molto probabilmente mi chiederà se voglio uscire più tardi, magari andare in un pub in centro oppure semplicemente girare un po' da qualche parte.

- Sì?-

- Se...se non...-, si blocca e per un attimo lo vedo esitare. E Davide Viarengo non esita mai. -Chiamami okay?-

Annuisco. Vorrei dire anche qualcosa, ma non lo faccio. Fa tutto troppo male.

Scompaio nel corridoio, incespicando mentre corro, scalza, verso la mia stanza.

Tutti sono già usciti per festeggiare la fine del trimestre. Anche io sono entusiasta per le vacanze, talmente entusiasta che non vorrei mai più tornare qui.

Faccio scattare la serratura. La camera è vuota, il letto di Matilde è sfatto come sempre e la valigia è chiusa ai piedi del comodino. Chiudo a chiave la porta, tranquillizzandomi al pensiero che la mia migliore amica e compagna di stanza non tornerà prima delle due di notte.

I battiti sono sempre più forti e la vista si appanna. L'istinto di accasciarmi a terra è tanto, fin troppo.

Mollo le punte a terra e spalanco le ante del mio armadio. Apro con forza la cerniera del borsone sul fondo, e con le mani tremanti afferro il barattolino di plastica arancione. Svito il tappo e faccio scivolare due pastiglie in bocca. Trovo una bottiglietta d'acqua e butto giù il contenuto tutto di un colpo.

Il cuore si calma e io chiudo gli occhi. I muscoli si rilassano quando crollo sul letto. Ho ancora body e scaldamuscoli addosso, sudata da testa a piedi, ma non ho le minime forze di cambiarmi. Le palpebre sono pesanti anche se serrate, mentre nella mia mente tutto si fa confuso. La testa non smette di pulsare, ricordandomi che devo dormire. Devo addormentarmi, ma non riesco a farlo. Da domani sarò lontana da Milano per ben due settimane. Sorrido. Niente danza per due settimane.

Sembra quasi un sogno.

Merde, forse dovrei chiamare Davide. O forse no.

Il telefono squilla, ma sono troppo stanca per alzarmi e rispondere. Il corpo intorpidito mi impedisce di muovermi. Guarderò domani, sì, domani guarderò il telefono e tutto. Cosa non darei per far passare queste ore più velocemente, mon Dieu.

Vorrei pensare ancora a qualcos'altro ma non ci riesco. Finalmente mi addormento.



Inizio molto soft e rassicurante, vero? Attacchi di panico e barbiturici a parte.

Finalmente lo spin-off di "Dove le parole diventano fumo" è uscito! Ci ho messo davvero un po' a mettere in chiaro alcune cose sulla storia, ma ora ci siamo. 

La narratrice è Noelle, la stessa che abbiamo incontrato nell'epilogo, quindi nipote del nostro amato Donatello lo psicologo. Tranquilli, our love Simone ci sarà sempre e comunque e anzi...ARRIVA PRESTO.

E' una storia d'amore questa? Sni, ma non è il tema principale del romanzo. Noelle come avrete visto ha i suoi problemi, e la cosa verrà esplorata man mano. Avremo in mezzo anche l'argomento FRIENDSHIP. Avremo un triangolo amoroso? MHM CHI LO SA.

Come vi sembra questo Davide? E' un bravo ragazzo dai. Non odiatelo solo perchè Simo è il nostro beniamino. 


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