Capitolo 8 - L'INCONTRO NELLA VILLA


<<Non avevi detto che la villa era tua? E ora stai dicendo che avevi un appuntamento? Che gioco stai facendo?>> Chino ormai aveva capito.

<<Al gioco "Freghiamo questi tre stronzi", vero?>> lo Svedese premeva la canna, della sua arma, sul collo di Tanzi.

Leo si guardava intorno, aveva il timore che da un momento all'altro, sbucassero, dal nulla, le auto della polizia.

<<Io ve l'avevo detto, razza di coglioni, lo sentivo che sto stronzo ci avrebbe ingannato>> continuò lo Svedese.

<<E' vero...è vero, vi ho mentito, non è la mia villa ma per il resto era la verità, ve lo posso garantire>> Tanzi cercava in tutti i modi di riparare al danno.

<<Tu che usi la parola "garantire"? >> disse Chino in maniera sarcastica.

<<Facciamolo fuori, prendiamo l'auto e proseguiamo per la nostra strada>> lo Svedese non vedeva l'ora di ucciderlo, bramava dal desiderio di riempirlo di piombo.

<<Fatelo pure>> aggiunse con un tono di autorità Tanzi << fatelo, ammazzatemi, prendetevi l'auto ma poi come uscirete da questo luogo? Eh? Lo conoscete? Non credo, è un labirinto, ci sono tante strade ramificate tra loro, vi perderete immediatamente. Certo potete ritornare indietro e riprendere la strada, ma troverete la polizia>> respirò e aggiunge <<Il mio patto è ancora valido>>.

Chino si sorprese da quest'atteggiamento di Tanzi, comunque aveva ragione: loro non erano del posto e si sarebbe persi. Aveva dannatamente ragione.

Silenzio, tutti si guardavano uno con l'altro; Chino guardò Leo, i due si capirono al volo.

<<Abbassa l'arma>> disse Leo allo Svedese, che non capiva per quale motivo, seguivano ancora quella specie di finto patto, un patto che lui prevedeva un esito negativo.

<<Ho detto abbassa>> ripeté Leo. Lo svedese malvolentieri abbassò l'arma.

<<Stiamo facendo una cazzata, ve lo ripeto>> proseguì lo Svedese.

<<Vai>> concluse Chino.

Tanzi mise la marcia e proseguì verso il lungo viale che conduceva alla villa.

Il grigiore del cielo rendeva impossibile distinguere se fosse ancora giorno e se stesse iniziando la sera; gli alberi secchi, lunghi e di color pallido, sembravano dipinti da qualche artista folle e rendeva l'ambiente circostante, un luogo al di fuori del mondo, un luogo, dove di buono c'era solo quell'auto dei malviventi.

Vista dall'alto, quel bosco, quella zona, sembrava un teschio la cui bocca stava inghiottendo altre vittime. Ciò che faceva ribrezzo era che aveva gli stessi lineamenti del signor Maurice.

Più avanza e più s'innalzava davanti ai loro occhi, la maestosa e inquietante villa.

L'auto si fermò sul lato sinistro, in direzione della maestosa vetrata, la frenata è stata udita dal sig. Maurice, che era nella stanza dello scantinato, chiuse immediatamente l'armadio di legno e con passo veloce si avviò verso una piccola finestra rettangolare dove, vide la parte anteriore dell'auto e rimase a fissarlo, sembrava che avesse percepito qualcosa di strano.

<<Entriamo noi due con l'autista>> disse Chino a Leo << tu rimani qui e aspetta un mio segnale per entrare>>.

<<Va bene>> rispose Leo.

<<Porta il borsone con te>> proseguì Chino rivolgendosi allo Svedese. Uscirono dall'auto.

Il signor Maurice notò che l'autista era in compagnia, preoccupato si precipitò a uscire dalla stanza, la rinchiuse con i lucchetti; proseguì col passo veloce, attraversò il lungo corridoio semi illuminato, la sua mente andava più veloce dei suoi passi, mille pensieri, mille ipotesi che scavavano nella sua testa: chi sono? Che ruolo aveva l'uomo che doveva consegnare il pacco? Come risolvere questa situazione?

Tutte domande che avevano una sola risposta: Nessuno doveva uscirne vivo da quella villa. Nessuno lo deve sapere.

Lo agitava questa situazione perché era riuscito a tenere in segreto la sua località, la sua attività e ora era tutto messo a rischio, un grosso rischio, che farebbe cadere un mondo segreto.

Usci dallo scantinato, chiuse la porta del sottoscala e si avviò verso il soggiorno dove, si ritrovò puntate contro due armi impugnate da estranei.

<<Spero di non averla disturbata>> disse sarcasticamente Chino.

Non ricevette nessuna risposta, solo uno sguardo glaciale, indifferente come se fosse abituato a ricevere armi puntate contro.

Questo particolare fu notato da Chino.

Totalmente opposto, invece, era Tanzi, con la sua fronte sembra umida, con la sua bocca secca che faceva fatica ad articolare qualsiasi parola. <<C'è un'altra persona in auto>> disse con un filo di voce, indicando col dito tremante l'auto ferma fuori.

<<Già siamo un bel terzetto>> continuò Chino a usare l'ironia, l'arma più pericola e saggia allo stesso tempo.

Lo sguardo pungente del signor Maurice non si spostò su Chino e rimase in silenzio.

Nel frattempo Lo Svedese ammirava con stupore il design della villa ed era come se fosse folgorato da un lusso che non aveva mai visto nella sua vita, abituato a vivere in una situazione di degrado, tra spacciatori e stupratori che popolano il quartiere dove abitava, per non parlare della casa, piccola con pochi mobili marciti e rovinati dagli animali domestici: i topi. Viveva con un padre alcolizzato e spacciatore e con una madre che faceva il mestiere più antico del mondo.

Passava più tempo per la strada, la sua casa, la sua scuola.

Vedere quella villa era come se avesse visitato una reggia, sbalordito lanciò un fischio << Wow, bella casa>>.

L'entusiasmo fu interrotto da Chino << Beh se ti piace perché non la visiti bene, controlla che non ci sia nessun altro>> si rivolge al signor Maurice, con l'arma ancora puntata contro di esso << sa per me la fiducia è importante, senza saremmo come bestie affamate che trovano solo un pezzo di cibo>>.

Maurice ebbe una piccola e invisibile reazione: avrebbero scoperto l'uomo vestito di nero.

<<Volentieri>> disse Lo Svedese che getto il borsone sul divano e si avviò al piano superiore sotto lo sguardo del signor Maurice.

<<Noi ci possiamo accomodare >> disse Chino.

Tutti e tre si sedettero, Chino e Tanzi, uno affianco all'altro e il Signor Maurice di fronte, sull'altro divano.

<<Com'è successo?>> disse, con voce sicura, il signor. Maurice.

<<Erano in mezzo alla strada, mi hanno colto alla sprovvista, non potevo investirlo...>> Tanzi fu interrotto.

<<Dovevi>>

Chino scoppiò a ridere <<Certo che sei un bel tipo, comunque si hai ragione mi doveva investire, io l'avrei fatto>>.

Tanzi proseguì <<Ho cercato di non mandare tutto a rotoli>>.

<<E hai pensato di portarmeli qui, ottima mossa>> Maurice si tolse gli occhiali.

<<Beh non se la prenda con lui>> s'intromise, in maniera sempre sarcastica, Chino <<dopotutto o si fermava o era morto e devo dire che la mos-->

<<Preferivo che fosse morto>> concluse il signor Maurice che rivolse lo sguardo verso il soffitto, al piano di sopra. Sembrava che potesse vedere attraverso le pareti.

Nonostante la sua natura da criminale, Chino si sentiva un po' a disagio, era una sensazione che non aveva mai provato, quell'uomo provocava in lui un certo timore, forse per il suo aspetto fisico, quella faccia, quei occhi o erano per quelle frasi corte ma decise.

Lo Svedese era nel corridoio del piano di sopra, è fu disorientato per via della differenza tra piano di sotto arredato e illuminato rispetto al piano superiore che era immerso in una quasi-oscurità, arredamenti inesistenti, un lungo corridoio con tre porte bianche: due sulla sinistra e una sulla destra con dei lucchetti.

La prima cosa che notò era che proprio quella porta e pensò che li dentro ci fosse nascosto qualcosa di valore, così cercò di forzarla dando un paio di spallate.

Il suono si poteva udire anche nel salone e il signor Maurice si alzò immediatamente.

<<Ehi fermo lì, nessuno ti ha detto di alzare>> Chino aveva puntato nuovamente la pistola contro. <<Siediti>>.

Tanzi controllava se nell'auto ci fosse qualche movimento strano.

"Dovrebbe essere questione di minuti..." la sua mente iniziò, nuovamente, a ragionare per conto suo.

Maurice era fermo in piedi con gli occhi puntati in direzione del suono, lo Svedese faceva a fatica ad aprire la porta.

<<Cazzo di lucchetti sono questi?!?>> stava per partire con un'altra spallata quando sentì, da dietro la porta, un piccolo lamento; si avvicinò, appoggiò l'orecchio...silenzio.

Provocò un piccolo rumore con il dito sulla porta e risentì quel lamento animalesco un po' più forte e più lungo di prima.

<<Che cazzo di animale ha questo?>> si chiese confuso. Cercò di capire di cosa si trattasse, di che animale fosse guardando attraverso la fessura della porta: era una stanza abbastanza buia e riuscì a intravedere un'ombra, alta, che prima barcollava sul posto e dopo iniziò a muoversi lentamente scomparendo dal suo campo visuale.

Lo Svedese incerto, ricontrollò ma la non vide più, niente, solo oscurità.

Proseguì al controllo delle altre stanze: uno era vuota, senza arredamento, senza finestre mentre l'altra sembra era una semplice stanza da letto.

Non c'era nessun altro in quella villa, oltre a loro.

Ritornò nel salone, con il desiderio di capire cosa si nasconde dietro a quella porta chiuse con dei lucchetti.

***

Nello stesso momento, in auto, Leo in attesa del segnale, sentì uno strano rumore, un bisbiglio, provenire dal bagagliaio.

Lo Svedese scese le scale, stava percorrendo il lungo corridoio per raggiungere il salone, quando notò la porta che si trovava nel sottoscala e anch'essa aveva dei lucchetti. I suoi passi furono uditi da Chino <<Allora? Qualche sorpresa?>> chiese.

<<No, anche se c'era una stanza, anzi, due stanze chiuse con dei lucchetti, ho provato ad aprire quella di sopra ma non ci sono riuscito anche se ho sentito qualcosa e ho visto una strana ombra, forse è un animale>>.

Chino si rivolse al signor Maurice <<Che cosa nascondi lì di tanto prezioso, eh?>>.

Nessuna risposta, lo fissava come se stesse cercando di captare qualche segnale.

Niente.

<<Ti ha fatto una domanda cazzone!>> intervenne lo Svedese, che si stava avvicinando con fare minaccioso, forse l'unico in quella stanza che non vedeva l'ora di usare un po' di violenza.

Maurice rispose in una maniera singolare, non usò le parole nemmeno dei gesti, sul suo, mefistofelico, viso comparse un sorriso che era più un ghigno davvero ostile da farli cambiare i lineamenti del viso. Era un'immagine che farebbe raggelare il sangue al diavolo in persona.

"Si starà svegliando in questo momento...cazzo" pensò Tanzi.

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