Capitolo 5 - L'UOMO DELLA VILLA
Se gli occhi sono lo specchio dell'anima, la sua era nera come le profondità di un oceano inesplorato, dietro a quelle lenti rotonde c'erano occhi, freddi, spietati, privi di qualsiasi emozione, come quelli di uno squalo.
Non si sapeva nulla sul suo passato, lo chiamavano Maurice o Sig. Maurice, sempre se il nome fosse vero, ed era francese.
Maurice era a capo di una società segreta che offriva, ai suoi facoltosi e importanti clienti, dei servizi peculiari e per questo aveva un'immunità di agire come voleva, senza ripercussioni anche perché lui aveva, di nascosto, acquisito delle prove di ogni singolo cliente per evitare qualsiasi ricatto.
Si sentiva potente come un Dio sulla terra e proprio come l'onnipotente decideva le sorti di ogni persona, ma era, anche, spietato come il Diavolo.
Sapeva come aggirare le persone, indossava sempre abiti alla moda, era come uno scudo, una protezione per non rilevare la sua indole malefica, distruttiva e disumana.
La villa, di cui nessuno ne sapeva l'esistenza e nessuno doveva esserne a conoscenza, era la sua roccaforte, e la scelta di costruirla in quel tipo di luogo, in una foresta con la perenne foschia aveva uno scopo preciso: nessuno poteva sentire le tue urla, nessuno sarebbe giunto in tuo aiuto.
I suoi clienti non l'hanno mai incontrato di persona, era una delle tante regole poste da Maurice, se c'era qualche problema, preferivano parlare al cellullare tramite un canale "sicuro". Una volta al mese ricevevano un messaggio con un numero, la data e un indirizzo.
Loro accettavano volentieri questo tipo di trattamento, il motivo era più ovvio il servizio che offriva Maurice era di una natura talmente orrenda, disgustosa che non volevano che, in primis, le loro famiglie, i vari soci ma soprattutto l'opinione pubblica sapessero di questo particolare "benessere".
Col passare degli anni è riuscito ad aumentare il numero dei clienti e di rafforzare il suo status d'imprenditore.
Maurice sapeva far uscire la vera personalità di ogni persona, quella più profonda, quella più sporca. Lui viveva solo di questo.
La disperazione che proveniva dal piano di sopra non era cessata, Maurice stava attraversando il lungo e stretto corridoio dove, erano appesi i famosi dipinti di Francis Bacon come Head IV e Head II, salì le scale e percorse un oscuro corridoio e si fermò davanti a una porta chiusa con un lucchetto. Da dietro la porta si poteva sentire anche il rumore delle catene che strisciavano, quando la porta si aprì il grido, disumano, cessò.
La stanza aveva una piccola finestra, posta in alto con inferriata dove, di giorno entrava poco luce che illuminava solo una parte della stanza; c'era un letto con un materasso sottile, strappato, le molle che sbucavano fuori ed era sporco, con chiazze di color ruggine; all'angolo destro, mimetizzato nell'oscurità, si sentiva lo strascichio della catena e un'ombra che oscillava lentamente. Le grida si trasformarono in un ringhio animalesco.
Maurice era immobile sulla soglia della porta, rimase per qualche secondo a fissarlo senza dire una parola, c'era un silenzio angosciante, e con gli occhi seguiva la sagoma che camminava vicino al muro.
<<Devi avere pazienza>> intervenne Maurice.
Ricevette, come risposta, un gemito animalesco.
<<Calmati ora, vieni da me>> ordinò il francese.
Dalla parete si staccò un'ombra alta due metri, il suo corpo era così magro che uno scheletro a confronto era in carne, faceva fatica a camminare per la catena che aveva sulla caviglia, indossava un costume e una maschera di lattice nero, era il classico costume usato nelle pratiche di sodomia.
Doveva essere stata una persona, come tutti noi, prima che il sig. Maurice lo riducesse in quello stato, doveva avere un nome, una famiglia, degli amici, ecco che tipo di persona era il francese, era uno che masticava le anime della povera gente e buttava quello che rimaneva, l'uomo vestito di nero era uno dei tanti esempi della sua perfidia.
<<Vieni ...>> il timbro di voce di Maurice era dolce ma i suoi occhi erano come lame.
L'uomo vestito di nero zoppicando si avvicinò e il francese gli diede un forte pugno che lo fece cadere per terra, dolorante tra le urla, e fu colpito da una raffica di calci che trasformarono quei lamenti in un pianto.
Inerme sul pavimento, sembrava una formica gigante, Maurice respirò profondamente e continuava a guardarlo con disprezzo ma allo stesso tempo aveva compassione per quel povero essere umano, era la sua opera d'arte, non poteva distruggerla ma allo stesso tempo doveva far capire che bisognava sempre rispettare i ruoli. Così era e così sarà, per sempre.
<<Perché devo sempre usare la forza con te?>> stava ansimando. <<Vedi come mi riduci? Dopo tutto quello che ho fatto per te, questo è il tuo ringrazi--->> iniziava a boccheggiare, dalla tasca prese l'inalatore e succhiò l'aria dal beccuccio che gli diede di nuova la forza.
Il pianto dell'uomo vestito di nero non era cessato.
<<Lo so, lo so>> continuò Maurice, s'inginocchiò, prese la testa dell'uomo e l'appoggiò sulla sua spalla e iniziò ad accarezzare il capo viscido coperto dalla maschera << Shhhh, lo so devi avere pazienza, tra poco avrai il tuo giocattolo e potrai divertirti, ora calmati >>.
<<Ioc-c-c-a—ffolo>> aveva difficoltà a parlare l'uomo vestito di nero, anche perché aveva la lingua tagliata.
Maurice lo calmava come fa un padre con suo figlio.
<<Ti slego, ma promettimi di non fare più rumore, non voglio sentirti, sono stato chiaro?>>.
<<Fi>> la risposta sembrava data da un bambino.
Maurice tolse la catena dalla caviglia e lo lasciò ancora disteso, in posizione fetale, sul pavimento, poi richiuse la porta con il lucchetto, lasciandolo di nuovo nell'oscurità.
Scese immediatamente le scale, ritornò nel salone, riprese il cellullare e ricompose il numero.
Nessuna risposta, guardò l'orologio era oltre all'orario prestabilito, infastidito andò verso la porta che si trovava nel sottoscala, l'aprì, scese le scale e proseguì per un lungo e stretto corridoio fatto di mattoni e illuminato da una sola lampada che conduceva a una strana porta bianca sulla quale c'erano tre chiavistelli, Maurice lì aprì tutti e tre ed entrò in una stanza raccapricciante....
***
Tanzi svoltò sulla destra, verso una strada non asfaltata e circondata da lungi e sottili alberi, erano quasi vicini alla villa.
Il fato stava per eseguire la sua mossa fatale.
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