17. Stu
C’è da dire che, nonostante tutto, stare con Stu ha i suoi vantaggi.
Mi fa ridere come nessun altro, anche quando ho passato giornate pessime, come oggi.
Non importa quanto sia pesante il giorno, lui trova sempre una battuta o uno sguardo buffo che mi fa scoppiare a ridere.
Abbiamo ricostruito quel legame che avevamo da bambini, quando i nostri pomeriggi si consumavano tra battaglie di cuscini e gare di bici, e per quanto mi costi ammetterlo, averlo qui è come avere una famiglia costante, una base sicura su cui contare anche nei momenti più strani.
Questa sera, dopo la giornata pesante che ho avuto, avevo deciso di chiudermi in camera e dimenticare tutto il casino di oggi.
Ma Stu, come al solito, ha altri piani “T/n! Pizza per cena, e non accetto scuse!” grida dal salotto, con quel tono che non lascia spazio a repliche.
Quando dice "pizza", so già che intende serata stravaccati sul divano, musica a palla e discorsi che spaziano dal profondo al ridicolo.
E per una volta, non posso farci niente: mi tocca cedere.
Anche perché, in fondo, ho bisogno di qualcosa di familiare per calmarmi.
Scendo le scale e lo trovo già sul divano, circondato dalle scatole di pizza ancora chiuse, con lo sguardo soddisfatto di chi sa di aver fatto una mossa vincente “Finalmente! Stavo per iniziare a parlare da solo!” esclama quando mi vede, spalancando le braccia.
Mi siedo accanto a lui, cercando di sembrare disinteressata “Scommetto che hai preso la solita” dico, aprendo una scatola e vedendo la pizza margherita con l’aggiunta extra di mozzarella che lui considera sacra “E certo. Ma ne ho presa anche una quattro stagioni per te, anche se i carciofi mi disgustano.”
Rido “Grazie per il sacrificio, Stu. Non so proprio come fai a essere così altruista”
Lui alza le spalle, facendo l’espressione di uno che sa di essere una leggenda.
“Sono fatto così, che ci vuoi fare?”
Poi fa partire Don’t Stop Me Now dei Queen dalla radio e inizia a cantare a squarciagola, imitando una chitarra con un pezzo di crosta di pizza.
Non posso fare a meno di ridere “Hai mai pensato di partecipare a uno di quei programmi di karaoke per incapaci?”
“E tu? Hai mai pensato di fare da giudice severa e spietata?” mi risponde, dandomi una pacca sulla spalla.
Mentre ci perdiamo nelle risate e nella pizza, mi rendo conto di quanto mi sento a mio agio.
Stu è l’unica persona con cui riesco a lasciarmi andare senza avere il timore di sembrare strana.
Stu sembra accorgersene.
A un certo punto, abbassa il volume e mi guarda con quell’aria da detective che mi mette sempre un po’ in allarme “Allora, cos’è che ti rende così strana oggi?” chiede, senza mezzi termini.
Sospiro, guardando il cartone della pizza “Niente di particolare. È solo… che a volte le cose si complicano senza motivo.”
“Tradotto: problemi di cuore” Mi dà una gomitata e sorride in modo esagerato “Chi è l’incauto?”
Rido, ma sento un leggero brivido che mi attraversa: 'Beh sai, Billy, il tuo migliore amico e ragazzo di Sidney... Beh si ecco, é piombato qui ieri sera e abbiamo passato la notte insieme poi stamattina ha detto che mi ama e se n'è andato... Che ne pensi? Ho qualche chance?'
Sarebbe assurdo.
Non voglio che Stu sappia quanto tutto questo mi stia complicando la vita “Sei ridicolo. È solo… uno di quei giorni, tutto qua”
Stu mi guarda per un attimo, quasi come se stesse cercando di leggermi dentro, poi mi sorride in quel modo familiare “Va bene, come vuoi. Ma sappi che sono sempre qui, nel caso dovessi picchiare qualcuno per te.”
Scoppio a ridere “Sei così eroico, Stu. Come farei senza di te?”
Mi stringe le spalle e sorride, con quello sguardo da amico sincero che, per una volta, non sembra uno scherzo “Lo so bene. Adesso però mangia. E smettila di fare la melodrammatica, altrimenti ti obbligo a guardare un film trash con me!”
Dopo un po’, mettiamo da parte la pizza e finiamo abbracciati sul divano a commentare le assurdità delle nostre vite.
Parliamo di quando eravamo piccoli, di quella volta in cui ci eravamo messi a costruire un fortino di cuscini nel giardino di sua nonna, e di come lui si fosse arrampicato su un albero per scattarmi una 'foto epica' da una prospettiva superiore.
Parliamo dei nostri progetti, delle cose che vogliamo fare, anche se metà delle sue sono così assurde che non posso fare a meno di ridere ogni volta che prova a parlarne con serietà.
A un certo punto, inizia Wonderwall degli Oasis, e Stu sorride, con quell’aria nostalgica che in lui fa sempre un po’ strano.
“Stu” dico, quasi senza pensarci “grazie per esserci. Davvero.”
Lui mi dà un altro colpetto amichevole sulla testa “Grazie a te, T/n. Ricorda solo una cosa: chiunque ti faccia soffrire, non ha idea di quanto sei speciale. E tu, non devi fare altro che restare come sei”
Oh... Se solo sapesse che sta parlando del suo migliore amico.
Stu, come sempre, non riesce a stare fermo per più di qualche minuto.
Appena parte Heroes di David Bowie — una delle poche canzoni romantiche che non mi dà il voltastomaco — lui salta su, afferra un cuscino come fosse un microfono e inizia a improvvisare una coreografia.
Gli occhi chiusi, l’espressione intensa, sembra uno di quei cantanti che, sotto i riflettori, trasmettono tutta la passione del momento.
“We could be heroes…” canta a squarciagola, lasciandosi cadere su un ginocchio e indicando me come se fossi l’unico pubblico a un concerto di quelli memorabili.
È ridicolo, eppure c’è qualcosa di adorabile nel modo in cui si butta senza preoccuparsi di sembrare sciocco.
Io rido, tenendomi la pancia e fingendo di scappare sul divano mentre lui fa un passo drammatico verso di me, tendendo il braccio come se volesse dichiarare il suo amore eterno.
“Oh, Stu, non credevo mi amassi così!” scherzo, alzando le mani in segno di resa.
Lui si ferma, con un sorriso complice, e continua a cantare, ballando con gesti esagerati e svolazzando la manica della sua camicia come fosse un mantello da supereroe.
Mi lancia un’occhiata mentre volteggia, come a sfidarmi a partecipare alla sua esibizione.
Per un attimo mi lascio trasportare dalla leggerezza del momento, dimenticando il caos interiore di oggi, e mi godo la scena.
Ma proprio mentre lui si esibisce, la mia mente — traditrice — inizia a vagare.
Mi fa venire in mente Billy.
Non è giusto, e me ne rendo conto, che io pensi a lui proprio ora.
Eppure, ogni volta che sento questa canzone, mi immagino una scena assurda, da film, dove lui e io siamo gli unici in piedi nel bel mezzo di una sala vuota, o magari su una spiaggia deserta.
La musica di Bowie ci circonda, come una colonna sonora pensata apposta per noi, e Billy mi guarda con quegli occhi che sembrano sempre voler nascondere qualcosa.
Nella mia fantasia, mi afferra per le spalle e mi attira verso di sé, il mondo scompare, e per una volta, tutte le complicazioni che sembrano separarci svaniscono.
Lo so, è ridicolo.
So che è solo un pensiero.
Mi accorgo che sto sorridendo senza motivo, e mi riprendo proprio mentre
Stu si accorge del mio momento di distrazione.
Si avvicina, con uno sguardo indagatore, alzando un sopracciglio.
“Oh oh, a cosa pensi, eh?” chiede, interrompendo la sua 'performance' e osservandomi con l’aria di uno che sa di aver colto qualcosa di interessante.
Cerco di mascherare il mio imbarazzo “Niente di particolare. La tua voce angelica mi aveva ipnotizzata, tutto qui.”
Stu ride e mi dà una pacca sulla testa “Sì, certo. Mi stai dicendo che non stavi pensando a un certo qualcuno?”
Lo guardo con finta indignazione “Oh, per favore, Stu, non tutto è una storia romantica nella mia testa.”
“Ma certo, continua pure a negare. E ricorda, posso sempre usare le mie doti investigative per scoprire chi è il fortunato,” ribatte, facendomi l’occhiolino.
Rido e gli tiro un cuscino addosso.
Mi alzo dal divano, afferro un cuscino come fosse un microfono e comincio a cantare con lui, a squarciagola, lasciando andare ogni riserva.
“We could be heroes, just for one day!” urlo, la voce un po' stonata ma piena di entusiasmo.
Stu scoppia a ridere e mi segue con una nota ancora più fuori tono della mia.
Ridiamo come pazzi, dimenticando tutto il resto.
Per un attimo siamo solo due cugini che si divertono senza preoccuparsi di nient’altro, con la musica che rimbomba in salotto e Bowie che canta di essere eroi.
“I, I will be king, and you, you will be queen!” continuiamo a urlare insieme, puntandoci il "microfono" cuscino a vicenda.
Stu balla intorno a me con movimenti da rockstar improvvisata, il suo sguardo scintillante, mentre io cerco di non scoppiare a ridere e canto senza pensare a quanto la mia voce sia tutt'altro che melodiosa.
Mi sento libera e leggera, come se tutta la tensione della giornata si sciogliesse con ogni verso.
Per un attimo dimentico Billy, dimentico tutto il casino emotivo, e mi lascio andare.
Alzo le mani al cielo, chiudo gli occhi e continuo a cantare, lasciandomi trasportare dalla musica.
Mi accorgo che sto sorridendo come una bambina, quella gioia istintiva che avevo perso da tanto tempo.
Stu si avvicina e mi passa un braccio attorno alle spalle, urlando l’ultimo verso con tutta l’enfasi possibile "We can be heroes... just for one day!”
Scoppio a ridere mentre le ultime note svaniscono “Dio, siamo davvero terribili!”
Stu ride con me, alzando un pugno trionfante in aria “Terribili? Siamo stati grandiosi, altro che!”
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