15. "Tu la ami?"
[Billy]
Mi sveglio con la sensazione che qualcosa sia cambiato nell’aria.
Un piccolo brivido.
Apro gli occhi e vedo T/n.
Mi sta guardando.
Non mi ero accorto che fosse sveglia, ma il suo sguardo è fisso su di me.
C'è qualcosa di diverso nel suo viso, come se stesse cercando di capire qualcosa.
Per un attimo, rimaniamo entrambi immobili, come se il tempo si fosse fermato.
Le sue mani si avvicinano ai miei capelli, e la sento sistemarmeli delicatamente.
Quello che un attimo prima sembrava un gesto normale ora è carico di un significato che non riesco a decifrare.
Mi lascio fare, i suoi tocchi sono così dolci, così familiari, che non voglio interromperli.
Poi, quando si accorge che la sto guardando anch’io, il suo viso cambia.
Arrossisce.
Non solo le sue guance, ma anche il modo in cui abbassa lo sguardo, come se fosse presa in un momento di imbarazzo.
Mi sorride timidamente, e il suo sorriso è così genuino che mi fa sentire un senso di tenerezza che mi coglie impreparato.
"Buongiorno" dico, la mia voce è ancora un po' roca dal sonno.
Le do un bacio sulla fronte, un gesto naturale, come se non fosse mai successo nulla di strano tra noi.
Non c'è bisogno di parole, solo di quel gesto, di quella carezza silenziosa che sembra voler dire tutto.
"Buongiorno" mi risponde lei, con un sorriso che si fa più grande.
Restiamo lì, in silenzio, a guardarci.
Non so perché, ma non voglio muovermi.
Non voglio rompere questo momento, anche se non è nemmeno un vero momento, un istante fugace che potrebbe svanire in qualsiasi secondo.
Poi, finalmente, rompe il silenzio.
La sua voce è calma, ma c'è una domanda nascosta tra le sue parole.
"Tu la ami?"
Capisco subito chi intende.
Sidney.
Non c'è bisogno che lo dica esplicitamente.
So che lo sta chiedendo a me, e in qualche modo, il peso della domanda mi schiaccia.
Mi sembra di sentire un nodo alla gola, di provare un’irritazione che non riesco a nascondere.
La risposta è ovvia, ma allo stesso tempo, non lo è.
Non rispondo subito, perché non voglio dire qualcosa di stupido.
Non voglio mentire, ma nemmeno affrontare la verità che c'è nel suo sguardo.
So che lo sa.
Anche lei lo sa, o almeno lo intuisce.
Non posso mentire a me stesso, e tanto meno a lei.
La verità è che non amo Sidney.
Non è mai stato amore, non per come intendeva essere, non per come avrei dovuto sentirlo.
Mi giro verso di lei, ma non parlo.
Ho bisogno di tempo, e mi rendo conto che, a quanto pare, anche T/n sta aspettando.
Ma è difficile.
Le sue parole sono come un richiamo, un’ancora che mi trattiene nel posto dove non voglio stare.
Non posso rispondere, non subito.
"Perché se la ami, sei qui?" continua, ma la domanda non è più la stessa.
Adesso è più diretta, più carica di emozioni, e io posso percepire il dolore che si nasconde dietro la sua voce "Perché sei venuto ieri sera?"
La sua voce si spezza mentre dice queste parole.
So che la feriscono.
E so anche che la mia risposta non potrà risolvere nulla, perché la verità è che non avevo una risposta.
Non lo so nemmeno io perché sono venuto.
Cosa volevo davvero?
Smaltire la botta di adrenalina data dall' omicidio?
Non ho la risposta, e in quel momento, sento un peso enorme che mi schiaccia.
Mi alzo lentamente.
Mi vesto in silenzio, e la sento.
Posso sentire il suo sguardo su di me, il suo silenzio carico di domande.
So che la sua mente sta correndo veloce, cercando di mettere insieme i pezzi del puzzle.
Ma non sono pronto a dar loro una forma.
"Non puoi venire qui e andartene come se io non contassi nulla" dice infine, e le sue parole mi colpiscono come una pugnalata.
Non me lo aspettavo, ma ha ragione.
Ha ragione.
Non posso trattarla così.
Non posso venire, prenderla, lasciarla nel bel mezzo di qualcosa che non capisco nemmeno io, e poi andarmene come se non fosse niente.
Non può essere così.
Mi fermo, respiro un attimo e mi volto verso di lei.
È arrabbiata, lo vedo nei suoi occhi, ma c'è anche un dolore che non posso ignorare.
Non posso essere un estraneo per lei, non dopo tutto quello che è successo.
Non voglio essere l'ennesima persona che si allontana, che la lascia sola con i suoi pensieri.
Non posso.
"Tu conti per me più di chiunque altro, T/n" dico con voce bassa, ma ferma.
La guardo negli occhi, cercando di farle capire, anche se non so come farlo.
"Credimi, tu conti. Non voglio farti del male, non voglio che pensi che io..."
Non trovo le parole giuste, ma vedo che mi sta guardando.
Lo sguardo che mi rivolge è diverso da prima.
C'è una certa accettazione, ma anche una sorta di rassegnazione.
Forse non si fida completamente, ma non c’è rabbia.
Solo una tristezza che non riesco a ignorare.
Mi avvicino a lei, ma non voglio fare un passo falso.
La guardo ancora, aspettando che sia lei a decidere, a fare il prossimo movimento.
Non so cosa stia cercando, ma so che non posso risolvere tutto in un solo momento.
Non posso sistemare il caos che abbiamo creato, ma voglio esserci.
Voglio esserci davvero per lei, anche se non so come fare.
Non sono perfetto, e non ho tutte le risposte, ma so che voglio provarci.
Voglio provarci con lei.
"Ti amo, T/n" la mia voce è incerta, ma ferma.
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