11. Solo qui

[Billy]

Rimango a fissarla, mentre l’oscurità nella stanza sembra stringerci, creare un mondo solo nostro, lontano dalla confusione che risuona dalla festa di sotto.

Non riesco a toglierle gli occhi di dosso.

Ogni suo piccolo respiro sembra spingermi sempre più vicino, e quel silenzio tra di noi – è quasi incredibile quanto mi faccia sentire... vivo.

Seduto sul bordo del suo letto, i pensieri mi si aggrovigliano nella testa, quasi fosse una tempesta.

La guardo e mi viene in mente che potrei semplicemente baciarla ora.

Sì, non ci sarebbe niente di più semplice, niente di più naturale.

Siamo qui, soli, e nessuno lo verrebbe mai a sapere.

Il mondo là fuori non c’è più, e in questa stanza la mia vita è quella di un ragazzo normale.

Nessuna maschera, nessun piano, nessuna regola.

Non so come sia possibile, ma con lei, in qualche modo, mi sembra tutto normale.

Mi avvicino ancora di qualche centimetro, quasi senza accorgermene.

Non so spiegare perché, ma c’è qualcosa di irresistibile nel modo in cui mi guarda, senza sapere nulla di me, del vero me.

E proprio questo mi spinge a continuare a giocare questa parte, il ragazzo misterioso che la attrae, il volto che vuole conoscere senza mai scoprire cosa c’è dietro.

Sento il suo sguardo su di me, mentre le faccio scivolo il pollice sulle labbra.

Le sfioro piano, cercando di cogliere ogni dettaglio della sua espressione.

Non si scosta, non mi respinge, e questo mi fa quasi sorridere.

Sa che non dovrebbe essere qui, sa che non dovrebbe permettere a me – a me, più ditutti – di toccarla così, ma non si allontana.

Chissà cosa direbbe se solo conoscesse davvero quello che passa per la mia testa in questo momento.

Le labbra che premo con il pollice, mi domando per un attimo che effetto farebbe baciarle sul serio, sentire quel sapore che fino a ora ho solo immaginato.

Ma mentre mi lascio sfuggire il pensiero, la vedo corrugare la fronte.

I suoi occhi si stringono leggermente, come se stesse cercando una risposta che, però, non posso darle.

"Perché?" mi chiede, con la voce appena un sussurro.

In fondo, il suo è un legittimo dubbio.

Il suo "perché" è un gancio, una linea che potrei semplicemente seguire per raccontarle qualunque cosa, per dirle tutto ciò che vuole sentirsi dire.

Perché, forse, lei vuole proprio questo, un ragazzo che risponda con dolcezza, che le dica esattamente quello che cerca.

"Perché?" ripeto, e le sorrido con una nota d’ironia, quasi divertito.

Mi piacerebbe risponderle con la verità, darle un assaggio della mia mente.

Ma come potrebbe mai capire?

Non potrebbe.

Nessuno potrebbe.

E così mi limito a una risposta leggera, vuota, che serve a tenerla tranquilla, a continuare questo piccolo gioco.

"Perché ti trovo interessante" le dico come l'altro giorno, in negozio, accennando un sorriso.

È la verità, in fondo, o almeno una sua parte.

Di tutte le persone che conosco, lei è l'unica che riesca a farmi dimenticare il resto, almeno per un attimo.

Forse è proprio questo a incuriosirmi – il fatto che, con lei, posso lasciare la mia maschera sospesa nel vuoto per qualche istante, restare solo qui, ora.

Si sistema meglio accanto a me, il viso ancora leggermente accigliato, mentre riprende a parlare.

Mi racconta dei libri che le piacciono, di come ami leggere gialli e risolvere enigmi.

La guardo, divertito, perché questa cosa ha un che di ironico che mi fa sorridere – lei che si diverte a scoprire il colpevole tra le pagine dei libri, mentre io siedo proprio accanto a lei, l’unico enigma che non potrà mai risolvere.

Non potrà mai scoprire, davvero.

“E quale preferisci?” chiedo, come se fossi realmente interessato, come se queste cose potessero avere un peso in questa stanza.

Le sue risposte sono proprio quelle che mi aspettavo.

I titoli classici: Dieci piccoli indiani, Il mastino dei Baskerville.

È così prevedibile, e questo la rende ancora più interessante.

Annuisco, ascoltando la passione con cui racconta ogni dettaglio, ogni piccolo indizio che si diverte a cogliere in queste storie.

E mentre lei parla, io continuo a osservarla, a registrare ogni espressione, ogni sorriso accennato, ogni luce nei suoi occhi.

Passiamo a parlare di scuola, di quanto sia noiosa, di quanto sembri tutto già scritto, già fatto.

In fondo ha ragione, ma non immagina quanto il mondo reale, quello che lei non vede, sia molto diverso.

Se solo sapesse cosa c’è dietro la facciata di sicurezza e tranquillità che tutti si ostinano a costruire.

Ma io non dico nulla; la lascio parlare, mentre il mio sguardo si posa sulle sue mani, sui gesti lenti e naturali con cui si aggiusta i capelli o tamburella con le dita sulle coperte.

A un certo punto, noto che il suo respiro cambia.

Si fa più lento, regolare, come se si stesse rilassando, come se si stesse lasciando andare.

La osservo chiudere gli occhi, il viso che si ammorbidisce, e mi rendo conto che sta per addormentarsi.

La guardo, incredulo per un attimo.

Non ha proprio idea di chi sono, non ha idea che proprio io, la persona a cui si sta abbandonando in questo momento, sono colui di cui dovrebbe aver paura.

Eppure… eccola qui, a lasciarsi andare, a fidarsi come se fosse una cosa naturale, come se fossi qualcuno di cui fidarsi.

Sento una sorta di soddisfazione crescere dentro di me.

È ironico, lo so, eppure mi diverto all’idea che stia riposando proprio accanto a quello che il mondo là fuori chiama "mostro".

Se sapesse la verità, sarebbe ancora qui?

O scapperebbe?

Scostarle una ciocca di capelli dalla guancia è fin troppo semplice, e mi ritrovo ad accarezzarle piano il viso, seguendo i contorni della sua pelle, come se volessi memorizzare ogni dettaglio.

Chissà se questa fiducia durerà ancora a lungo…

Chiudo gli occhi per un istante, mentre i pensieri vagano oltre, seguendo il filo della fantasia.

So bene che non dovrei, eppure inizio a immaginare cosa potrebbe succedere, cosa potrei fare.

Sono idee rapide, lampi fugaci che attraversano la mente, lasciandomi un brivido.

Ma alla fine mi limito a guardarla, a godermi il momento, come se stessi osservando una scena perfetta, dipinta solo per me.

Dopo un po', noto che ha tra le mani il bordo del mio giubbotto di pelle, stretto come se fosse una coperta.

È un gesto che mi lascia quasi divertito.

La mia giacca, quella che indosso ogni giorno, quella che sa nascondere ogni segreto, ora è lì, stretta nelle sue dita, come se le appartenesse.

Mi chino piano, sollevando il suo braccio per sfilargliela senza svegliarla.

Lei sospira nel sonno, si gira leggermente dall’altro lato, e io mi alzo, lasciandola addormentata, tranquilla, come se niente fosse successo.

Esco dalla stanza in silenzio, chiudendo piano la porta dietro di me.

Cammino nel corridoio mentre torno verso le scale, e il suono della musica si fa più forte, più vivo.

Al piano di sotto la festa continua, con le luci, le voci e quel caos che sembra appartenere a un altro mondo.

E mentre scendo gli ultimi gradini, un pensiero mi attraversa la mente, uno di quelli che non mi lasciano più, uno di quelli che so di dover tenere sotto controllo: come sarebbe farle scoprire, un po' alla volta, chi sono davvero?

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