10. "Hai mai pensato che a volte le cose succedono perché devono succedere?"

Sono in camera mia da un po’, abbastanza per essermi ormai immersa nella lettura di un libro che mi ha catturata completamente.

Il frastuono inizia pian piano a salire dal piano di sotto: voci, risate, il battito costante di una cassa che fa vibrare anche le pareti.

Stu ha dato il via alla sua famigerata festa, e il soggiorno di casa Macher si è trasformato in un ritrovo caotico e affollato.

Io però resto in camera.

Non ho alcuna voglia di scendere e ritrovarmi in mezzo a quella confusione, e mi rintano ancora di più nel libro.

Sto leggendo Cime tempestose di Emily Brontë, e mi immergo nelle parole di Catherine, che dice: 'Qualunque siano fatte le nostre anime, la sua e la mia sono identiche'

Le parole mi trasportano in un mondo tutto mio, lontano dai bicchieri di plastica rossi e dalle conversazioni ad alto volume che esplodono ogni tanto da sotto.

D’un tratto, la porta si spalanca, e Stu fa capolino.

Ha un sorriso stampato in faccia che riesco a vedere persino nell’oscurità del corridoio.

“Ehi! Ma vieni giù o cosa?” mi chiede, spalancando la porta come se avesse il diritto divino di fare irruzione in camera mia “Vieni a divertirti!”

Alzo gli occhi dal libro e lo guardo “Non ci penso nemmeno”

Stu sospira, alzando gli occhi al cielo, ma lascia correre.

Sa che sono testarda almeno quanto lui è insistente, quindi evita di perdere tempo a convincermi.

“Va bene, come vuoi. Ma almeno, se ti annoi, scendi a prendere qualcosa da bere” Fa spallucce, si gira e si allontana.

Dopo qualche secondo, riesco a sentire di nuovo la sua risata allegra fondersi con le altre voci di sotto.

Ritorno al mio libro, contenta che non abbia insistito oltre.

Passa qualche minuto e perdo nuovamente la cognizione del tempo.

È strano, ma in questo mondo di pagine e parole mi sento al sicuro, come se potessi dimenticare tutto.

Poi, all’improvviso, sento qualcuno alla porta.

Questa volta non è Stu.

È Randy.

“Posso entrare?” domanda, con un’espressione che sembra quasi… esitante?

Mi fa sorridere.

Lui, l’enciclopedia del cinema, che chiede permesso per entrare mentre, di sotto, la gente ha già invaso ogni angolo della casa.

“Certo, entra” dico, mettendo giù il libro.

Si avvicina lentamente, osservando la stanza.

Alla fine si appoggia al bordo del letto, rimanendo in piedi.

Non so bene perché sia venuto qui, ma Randy ha questo modo di essere che mi fa sentire sempre a mio agio.

“Non ti diverti?” mi chiede, con un sorrisetto ironico.

Faccio spallucce “Mi diverto benissimo… con Heathcliff e Catherine” Indico il libro, e lui scuote la testa, divertito.

“Ah, certo, loro sono dei veri festaioli” dice, con una risata sottile.

Si siede accanto a me, e per un attimo restiamo in silenzio.

Mi aspetto che dica qualcosa di divertente o faccia qualche battuta sarcastica, ma noto che il suo sguardo cambia, diventa più serio.

Lui si avvicina di qualche centimetro, lentamente, e capisco cosa sta per fare.

Mi si stringe lo stomaco.

Randy è lì, con quegli occhi gentili e quel sorriso che mette chiunque a proprio agio, e per un secondo esito, domandandomi cosa fare.

Ma non posso, non posso proprio.

Mi scosto leggermente, un gesto appena percettibile, e lui si ferma subito.

Arrossisco, e per un attimo ci fissiamo, entrambi leggermente a disagio.

“Scusa…” mormoro, abbassando lo sguardo.

Lui sembra voler dire qualcosa, ma poi mi guarda e sorride “Nessun problema... Scusa tu” dice con una naturalezza che mi solleva "Credevo... Lascia stare"

È una brava persona, penso tra me e me, mentre mi lascio andare contro il cuscino.

"Mi raccomando non bere troppo" sorrido.

Con Randy ci si sente al sicuro, è un po' come un fratello maggiore che capisce e non giudica.

Ma non provo quello che probabilmente lui avrebbe sperato.

"Non preoccuparti, per domani mattina avrò già smaltito tutto... Tu sei di turno domani?"

Annuisco.

Ritorno al mio libro dopo che lui mi saluta e torna di sotto.

Dopo qualche pagina mi ritrovo a pensare a tutt’altro.

Il mio cervello vaga senza permesso verso Billy, e un sorriso involontario mi si stampa sul viso.

So che non dovrei pensarci.

Quel momento nel magazzino è stato così intenso, così inaspettato.

Passa quasi un’ora e la musica di sotto non accenna a diminuire.

La festa deve essere al culmine, ma io sono troppo assorbita dalla mia lettura e dai miei pensieri per farci caso.

Poi, all’improvviso, un movimento in corridoio mi fa alzare lo sguardo.

Non mi sono nemmeno accorta della sua presenza, ma lui è lì, in piedi davanti alla mia porta, in penombra.

Billy.

Lo guardo, sorpresa, e senza pensarci alzo la mano per salutarlo, un gesto casuale, più d’istinto che altro.

Ma lui evidentemente lo prende come un invito ad entrare.

Si avvicina con la sua solita calma, entra nella stanza e chiude la porta dietro di sé senza una parola.

Poi, senza chiedere permesso, si siede sul letto accanto a me.

Il cuore inizia a battermi un po’ più forte.

Non so cosa fare, cosa dire.

Mi sembra di essere stata colta in flagrante a pensare a lui, come se potesse leggere i pensieri che mi hanno attraversato fino a poco fa.

Lui mi guarda, senza smettere, con quello sguardo intenso e enigmatico che riesce sempre a spiazzarmi.

“Ti nascondi, eh?” chiede, il tono basso, quasi divertito.

Rido nervosamente “Più o meno. Sto solo cercando un po’ di pace in mezzo alla tempesta che il tuo compare ha scatenato giù.”

Lui annuisce, come se trovasse la cosa perfettamente sensata, e poi sorride leggermente “Immaginavo.”

Si guarda intorno, osservando la mia stanza, come se stesse cercando di decifrare qualcosa di più su di me.

Poi il suo sguardo torna su di me, e c’è una scintilla nei suoi occhi, qualcosa che mi fa sentire una lieve scarica elettrica.

Passano alcuni secondi in silenzio, e io mi sforzo di concentrarmi sul libro tra le mani, come se potesse servire a smorzare la tensione.

Ma Billy allunga una mano e fa scivolare via il libro dalle mie dita, posandolo sul comodino.

"Non sei stanca di leggere?" chiede, alzando un sopracciglio.

“N-no” rispondo, tentando di sembrare sicura, ma sento che la mia voce tradisce una leggera incertezza.

E lui la coglie al volo.

Non ci mettiamo a parlare, non ce n’è bisogno.

Lui si avvicina di qualche centimetro, spostando una ciocca di capelli dal mio viso.

Sento il calore della sua mano sfiorarmi la pelle, e quel semplice gesto sembra accendere una tempesta di emozioni dentro di me.

“Billy, non dovremmo…” mormoro, cercando di ricordarmi di Sidney, della nostra amicizia e del fatto che lui è già impegnato.

Ma non riesco a convincere neanche me stessa mentre lo dico.

Lui mi guarda negli occhi, e riesco a vedere qualcosa di diverso, qualcosa di vulnerabile “Hai mai pensato che a volte le cose succedono perché devono succedere?”

Non rispondo, perché non so cosa dire, non so cosa significhi davvero quello che sta dicendo.

Ma sento il peso di ogni parola, come se fosse un invito a non pensare, a lasciarmi semplicemente andare.

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