Capitolo 29: il fu Mizukage Shinso (prima parte)
https://youtu.be/_S3AWqjkzUQ
Il vuoto. Il rumore senza suono di lampioni spenti. L'ascolto di strade senza persone, del cemento immobile. Il cielo senza uccelli, riempiti della mancanza del loro cinguettare. Un sipario chiuso in faccia agli spettatori, dopo un finale brutale e irriconoscibile nel suo volto.
I pokémon in piazza erano diventati come questa immobilità narrata, con il solo sguardo rivolto verso la ranocchia maledetta, tenuta in alto come una strega da immolare, con il volto affogato in un misto di mare salato e bruciante, e una notte fredda e senza stelle.
La morsa di Sobek che lo teneva era dura e stritolante, quasi come se al posto della mano vi fosse la stessa bocca a reggerlo. Il braccio rotto stava cominciando a gonfiarsi, formando un livido nero dal diametro di ventotto centimetri, come se non fosse già abbastanza la macchia oscura che aveva sull'occhio destro.
Eppure, dalla viscida Schiumorana, non si sentiva un rumore. Nessun gemito, nessun pianto. Le lacrime erano immobili sul suo viso, come se avessero perso la forza di cadere.
- Ha detto... Shinikage? - Si chiese Bishop, senza rivolgere specificatamente la domanda a qualcuno.
Davanti a quel nome, Dingo non ebbe alcuna emozione. Non che quel nome non ne fosse degna. La realtà dei fatti, era che il terrore di quella rana viveva ancora in lui, impedendo al suo cervello di elaborare altre informazioni.
Benji, invece, aveva perso ogni ragione per respirare. Tutto quello che aveva visto, tutto quello che aveva provato nei confronti del Frogadier, dalla pietà al rispetto. Ogni singola cosa si perse in quell'occhio giallo dalla sclera nera, che ancora viveva nei suoi ricordi come il più feroce degli incubi.
Gli abitanti di Crillaropoli erano immersi in una uguale paura: tra i semplici cittadini che conoscevano per sentito dire, e i Mizukage sopravvissuti alla tragedia, sensazioni come puro terrore e leggera rabbia aleggiavano tra di loro.
Ma la paura era il fattore principale: troppi stimoli, sia dai ricordi che dalla presenza della ranocchia stessa e del Kurokiba, stavano ricevendo per poter provare l'emozione attiva dell'ira. Il silenzio della piazza fu rotto dai rifugiati più anziani: non riuscendo a reggere tutto quello che stava succedendo, le loro gambe cedettero, costringendoli a sbattere per terra come se avessero ricevuto un forte colpo alla testa.
- S... sh.... s-shi...
- S...shini...kage...
Persino lo spirito forte di Kazumi ebbe un duro colpo: i suoi occhi stavano tremolando come una diga pericolante, pronta ad infrangersi e liberare il fiume che stava bloccando, travolgendo con sé ogni cosa sul proprio cammino. Brina era pietrificata: voleva dimenticarsi della sua esistenza, della sua persona, del fatto che fosse sdraiata sulla terra, e che stesse venendo bagnata dalla luce del tramonto.
- Anni... e anni... - disse Sobek, continuando a stringere la Schiumorana, - anni e anni... con un incendio nel mio corpo...
Elliot ebbe un altro shock mentale. Dopo aver abbandonato come realtà ciò che aveva visto, ora questa si ripresentava ai suoi occhi accarezzandolo con mani raggrinzite e unghie taglienti. "Non sono stato io!" "No scherzo, sono stato io" "Ma va! Come posso essere stato io! "Non ti fidi di me?" " Fai bene, perché sono stato io!". Sembrava di essere preso in giro da una bambina di otto anni, che si divertiva a perculare l'amica credulona.
- Ed ora... - continuò l'enorme coccodrillo, - ti ho tra le mani...
- Tu... hai combattuto contro di lui? - Chiese il Bisharp, rivolgendosi all'altro tenente.
Questo non era nella condizione psicologica per dare una risposta esaustiva.
- N-no... l-lo hanno fatto... i nostri scagnozzi... - Rispose, tremando, - i-io... l'ho solo... provocato...
- L'avevo immaginato... Sei fortunato, ad essere ancora vivo.
Normalmente, il Krookodile avrebbe inveito contro l'odiato Fildilama, dopo quell'affermazione. Ma l'agnello travestito da lupo, in quel momento, era stato deturpato del suo costume, rendendolo a tutti gli effetti una delle tante anime sperdute là in mezzo.
Tra queste, anche Chikatomo era lì presente. Come Cesare pugnalato alle spalle da Bruto, tutta quella situazione stava avendo un brutto effetto sul suo cuore, lasciandosi ricoprire da liane spinate e dilanianti. Lui aveva creduto nel legame tra di loro, aveva riconosciuto la stretta amicizia che legava la ranocchia ai due suoi compagni, per poi essere stato sbugiardato da una vecchia videocassetta, nascosta nell'angolo più buio dell'armadio.
Si girò alla sua destra, guardando il compagno del Frogadier. Egli era seduto in ginocchio, con le mani sanguinanti sulle sbarre, con il volto rivolto verso il basso e completamente perso.
- Tu... lo sapevi? - Chiese con voce malinconica lo Scimpanzé.
Gli occhi vitrei e le parole non dette furono più che una conferma per lui, lasciandogli la possibilità di tornare con lo sguardo in avanti.
- Vorrei farti a pezzi, - disse il pokémon Mascellone, trattenendosi dallo stritolare il ninja, ma mantenendo la forza opprimente, - ma sarebbe troppo facile... tu... devi soffrire.
Non si erano mai incontrati: il Feraligatr non conosceva il Frogadier, così il dritto, così il contrario, ma non per questo il "Cannibale", così soprannominato il bandito, ebbe meno rabbia nei suoi confronti.
- Uh?
Il coccodrillo abbassò lo sguardo, rivolgendolo al corpo della Schiumorana. Le mani della ranocchia erano lungo i suoi fianchi, senza alcuna contrazione. Si accorse che il braccio destro del suo prigioniero era viola, che quindi era rotto, ma non quello sinistro, con la quale il Frogadier avrebbe potuto opporre resistenza. Si accorse di non stare tenendo un pokémon, ma un guscio vuoto che, ormai, non avrebbe più potuto combattere.
La realizzazione di questo gli fece tremare la pupilla destra, mentre una rabbia infuocata cominciò a cavalcargli la bocca, battendo sui suoi denti. I bulbi oculari si spostarono sulla sua mano, sul dito indice. Su di esso, lacrime salate bagnavano la sua pelle fredda. Guardò di nuovo il suo prigioniero, con gli occhi più sprezzanti possibili, iniettati di sangue.
- Stai... piangendo?
Come un albero accettato, egli scagliò Shinso sul pavimento con una forza dirompente, creando delle crepe sul suolo. La sua pelle delicata si riempì di graffi, schizzando il suolo di rosso porpora, aprendo persino il livido sul bicipite rotto. Nonostante riuscì a fargli molto male, l'unico suono che uscì dalla sua bocca fu quello del sangue vomitato, un impulso che non riuscì a trattenere.
- BLEARGH!
Eppure, nessun grido di dolore uscì da lui, come se fosse stata una semplice caduta. Tremava tutto: era come se l'oggetto di terrore provasse un'emozione ancora più grande di essa, come tristezza o disperazione.
- E' strano... - commentò il Fildilama, - chiunque, in quello stato, avrebbe gridato. E' una copia, Dingo?
Il secondo tenente distolse lo sguardo, rifiutandosi di rendersi partecipe ancora di quel momento.
- E' interessante vederti così terrorizzato... Ma, per quanto divertente, mi fa un po' arrabbiare che qualcuno con cui lavoro si rifiuti di collaborare.
- E' lui...
La risposta arrivò con un piccolo fil di voce, senza tornare indietro con il volto.
- Questo odore... ormai non me lo posso più scordare. Non c'è nessuna copia in giro: quello laggiù è... è quella... cosa.
Il Frogadier stava stramazzando al suolo, inerme di fronte a quel mostro di sette metri. Gli esploratori, suoi compagni d'avventura, non emisero nemmeno un grido per lui, nonostante i loro occhi avessero sincera preoccupazione per lui, soprattutto il Grovyle. Era riconosciuto come Shinso, la ranocchia ferita, ma nessuno di loro la sentiva completamente loro.
- Alzati, - disse il coccodrillo, - se puoi piangere, puoi anche lottare.
Nessuno degli abitanti di Crillaropoli batté le ciglia, di fronte a quel massacro.
- Questa è la punizione. Lotterai... o fuggirai. Cancellerò, in ogni caso, ogni tua speranza.
Silenzio. Lo Shinikage non diede cenno di muoversi, nemmeno di un millimetro. Rimase immobile sul pavimento, sul fianco destro. Il Feraligatr attese risposta per dieci secondi, lasciando che l'immobile aria assuefacesse l'ambiente circostante.
Credette che, tra le due scelte, la Schiumorana avesse scelto di scappare, aspettando il momento giusto per fuggire. Si tenne pronto. Di solito, quando qualcuno ha paura, l'istinto comincia a muovere il corpo di propria volontà, quando si trova davanti ad un ingente pericolo.
Visto che Shinso non lo stava guardando, silenziosamente manifestò un Dragartigli. Una volta completato, emise di getto il suo Meisoku. Era nero, sporco: era talmente scuro che, per un attimo, i pokémon credettero che fosse diventato buio all'improvviso, temendo di essere talmente spaventati da aver dimenticato di rendersi conto dell'esistenza del sole.
Fece uno scatto in avanti per attaccare, ma si fermò subito: da parte della ranocchia, non ci fu il minimo accenno di movimento. Il suo volto si cavalcò di nuovo di furia dirompente: gli occhi iniettati di sangue divennero così spaventosi che sembrava dovessero esplodere da un momento all'altro.
- Mi... prendi in giro?
Non si mosse nemmeno a quell'insulto, nemmeno un tremore. Ma la sua voce, finalmente, uscì flebile dalla sua bocca.
- Non... voglio...
Il Feraligatr si bloccò, non convinto di quello che aveva appena sentito.
- Non voglio... combattere.
Dopo la certezza, il Frogadier fu di nuovo strappato al suolo, vicino al muso del Cannibale.
- In molti mi fanno perdere la pazienza... ma tu... li batti tutti.
Era come un ramo secco, caduto al suolo: non si sentiva alcuna vita da esso.
- Conosco altri mille modi, per farti del male. Viscidi vermi che uccidono come respirare. Non vi nutrite. Uccidete e basta, come giustizia.
Aumentò la stretta sulla ranocchia, facendo quasi scoppiettare la pelle. Il volto del Bisharp si rivolse verso destra, attirato da un particolare non comprensibile.
- I miei scagnozzi... sono morti. Abbi la faccia di riconoscere il tuo peccato e di guardarmi, orgoglioso. Un qualcosa con un significato, non un'azione quotidiana.
Le ossa della ranocchia stavano cedendo: ancora un ultimo sforzo, e per lui sarebbe stata la fine. Il pokémon Fildilama si avvicinò a Paride, uno dei sottotenenti, che era a terra dal lato della pancia, piegandosi verso di lui. Non sentiva alcuna vita provenire da lui, nemmeno un po' di Meisoku. O, almeno, questa era la sensazione che percepiva da lui.
- Non hai idea... - continuò il Feraligatr, - di quanto vorrei farti a pezzi, di quanto mi stia trattenendo.
Lo spadaccino di tipo Buio notò qualcosa nel corpo del suo sottoposto, qualcosa che gli fece sbattere le palpebre, per poi fargli spalancare gli occhi, sorpreso.
- Non la passerai liscia!
Avrebbe aumentato la presa, per poi sbatterlo di nuovo verso il suolo. Un fermo commento lo bloccò nell'atto, rendendo immobile la sua presa.
- Aspetti, boss.
Colui che aveva parlato era Bishop, il tenente più fidato del gigantesco coccodrillo. Alla sua chiamata, nemmeno lui poté fare a meno di tendersi all'ascolto. Si girò verso di lui, senza aver perso la rabbia.
- Spero sia importante.
- Credo... lo sia. Venga qui.
Il suo passo lento fece tremare tutta la piazza. Portò con sé la Schiumorana, facendo arretrare il Krookodile per la vicinanza con questo.
- Ti ascolto. Fai in fretta.
- Guardi... qui.
Indicò alla sinistra di Paride, lontano dal suo corpo. Era talmente piccola che, all'inizio, il Kurokiba fece fatica a vederla. Ma poi, quando la notò, persino il mostruoso e crudele Sobek non poté fare a meno di mostrarsi stupito, da tale irregolarità. Sospesa in aria, di fianco al corpo del Pawniard, stava una goccia di sangue.
Non ci fu cambiamento di espressione da parte del ninja, nel notare anche lui quel particolare, se non l'accenno ad un sorriso. Anzi: fu solo la conferma di ciò che aveva ricordato un momento prima, mentre stava lottando con il Feraligatr per difendersi l'occhio destro.
- Cos'è... quella? - Chiese l'enorme capo banda.
- Se non fosse per l'insolita posizione... - disse il Fildilama, - direi... che è sangue.
Il Bisharp mosse lo sguardo lungo il corpo, cercando qualcosa che potesse dargli un'altra risposta. Quando vide quel secondo particolare, non poté fare a meno di bloccarsi.
- Q-questo...
Il boss e il Krookodile guardarono con sgomento ciò che aveva scoperto il loro compare: da una ferita del Lamaffilata, il sangue stava uscendo dalla ferita, ma era bloccato in un arco tra essa e il pavimento, come una specie di spennellata di cioccolato fondente. Il tenente d'Acciaio, senza esitazione, prese il corpo del suo sottoposto e lo sollevò in aria, di getto. Quello che vide, esposto anche agli altri spettatori, fu motivo di incredibile shock: assieme alla carcassa, tutto il sangue di quello, come un pezzo di legno, seguì nel viaggio aereo il suo proprietario, come se questo fosse una statua di cera, un pezzo unico con il suo rosso versato.
Persino le gocce rimaste da sole erano in quel valzer di vento, rendendo la visione quanto più inquietante possibile. Davanti a quello, Dingo non poté fare a meno di tornare a parlare.
- GRAH! C-CHE COS'E' QUESTO?!
- Non ne ho idea... - disse il Bisharp, - ma sembra... come se sia congelato.
Provò a staccare del sangue incrostato dal defunto sottoposto, ma non ci fu verso. Nemmeno per le piccole gocce, che rimasero così dove erano rimaste. Elliot guardava tutto quello con sguardo incredulo.
A differenza degli altri, quella era una visione comune a lui. Così come Chikatomo, che divenne più esplicito del compagno, sedendosi di getto, di fronte ad un qualcosa che gli riportava vecchi ricordi.
- Sniff... s-sento... brutti ricordi...
Dingo si girò verso l'Empoleon, puntandogli la mano destra.
- E-EHI TU!
Il pinguino non rispose, in stato di shock per ciò che stava vedendo.
- T-TU LO SAI COS'E, VERO?! LO SENTO DA QUI! DICCELO SUBITO!
Sobek si girò verso di lui, incuriosito. Gli bastò uno sguardo per capire che non era un pokémon comune.
- Parla.
Una sola parola, una minaccia di morte sottintesa. Non avrebbe cambiato niente, però, tensione o non tensione.
- I-il tempo...
Una parola comune e non, una parola che da sola non avrebbe mosso niente se non lo scorrere delle lancette.
- Il tempo... cosa?
- E' il tempo... il tempo intorno a lui... è fermo.
Gli occhi dei presenti si spalancarono increduli, davanti a quell'affermazione. Secondo l'eroe di Borgo Tesoro, era questo ciò che stava succedendo al Pawniard. Le Kuroi Kiba controllarono gli altri scagnozzi a terra. Confermarono tutti quanti di trovarsi di fronte a pokémon dal tempo paralizzato. Il Bisharp, invece, controllò più attentamente il corpo di Paride.
Tra tutte le sue ferite, una balzò all'occhio più delle altre: era una cicatrice seghettata, che invece di essere ricolma del colore del sangue, era completamente viola, scura ma lucente. Preso dalla curiosità, toccò quella ferita. Improvvisamente, un misto di emozioni ed energia cavalcò il suo Meisoku, inondandosi di nuove certezze e nuove rivelazioni.
- E' vivo...
Sobek e Dingo si girarono verso di lui, non comprendendo la frase detta da Bishop.
- Sono... tutti vivi.
- C-che stai dicendo?! - Disse il Krookodile.
- Sto dicendo... che sono ancora vivi.
- M-ma... non è possibile! Hai detto prima che non percepivi vita da loro. E-e io non sento alcun odore da loro! T-ti sei bevuto il cervello?!
- Niente affatto.
Si alzò in piedi, porgendo il pokémon Lamaffilata al compare.
- Tocca la ferita viola.
Non servì nemmeno concentrarsi: una volta che le dita del secondo tenente toccarono quella massa viola, sentì un odore esplosivo proveniente da Paride. Guardò il suo compagno come se avesse visto un alieno.
- Scagnozzi, - ordinò poi lo spadaccino oscuro, - Sollevate i vostri compagni: vedete se anche loro hanno una ferita simile.
I banditi eseguirono gli ordini, controllando minuziosamente ogni centimetro dei corpi caduti dei propri compagni. Si spaventarono dalla sorpresa: tra le loro dita, il battito cardiaco dei loro compari rimbombarono nelle loro orecchie come tamburi.
- E'- E' VERO!
- E' VIVO! E' ANCORA VIVO!
- SIGNOR REX... IL SIGNOR REX E' ANCORA VIVO!
- SENTO IL SUO BATTITO! E' ANCORA VIVO!
La bocca del Grovyle si chiuse leggermente, lasciando spazio ad ancora un debole sussurro. Trovò la forza di nuovo di stringere le sbarre, tremando di un leggero sollievo. Gli esploratori, invece non si mossero: Weavile e Lopunny si congelarono sul posto, mentre i loro sottoposti tremarono leggermente.
Gardevoir si mise una mano sul cuore, raccogliendo velocemente di nuovo la speranza. Il più intuitivo, però, fu Arbok: dal suo occhio sinistro, una lacrima leggera scese sulle sue labbra, cadendo tra i suoi denti. Il flusso di emozioni dello Slowking si fermò, non capendo più dove reindirizzare tutto ciò che stava provando.
Ma, tra tutti gli spettatori, quella più colpita fu Brina, la Brionne. Nessuno di loro sapeva, nessuno lo poteva capire. Per qualche strana ragione, spalancò la bocca a dismisura, tremando come una foglia.
- Come... è possibile? - Disse Sobek, - non possono... essere vivi...
- Sento un altro Meisoku da questi tagli.
L'attenzione del capo banda fu di nuovo attirata dal tenente.
- Non è di Paride... E' troppo freddo, per esserlo.
Si volse anche lui verso il suo comandante, ma non puntando alla sua faccia: la lama in mezzo alla sua testa puntò verso colui che stava tenendo dalle mani, il responsabile di tutto ciò.
- E' identico... a quello dello Shinikage.
Nessuna risposta da parte del Frogadier. Sobek si girò verso di lui, sollevandolo in aria. Un misto di confusione ed incredulità attraversò il suo corpo. Che voleva dire, che i suoi scagnozzi erano ancora vivi? Uno Shinikage, un essere riconosciuto, tanto tempo fa, per essere la reincarnazione della freddezza e della spietatezza, non aveva ucciso dei suoi bersagli? Cosa voleva dire, che il suo Meisoku era nei suoi compagni?
- Che significa, Shinikage?
Ancora silenzio da parte sua. Il suo occhio sinistro, quello buono, era vitreo, come se non vi fosse alcuna anima al suo interno.
- E' questo... Lasciarli in vita ancora per un po', per poi farli morire... davanti a me? Dingo!
Il Krookodile si girò verso il suo capitano, con sguardo incredulo ma quasi sorridente, nel vedere che i suoi sottoposti erano ancora vivi.
- Rispondimi. Cosa ha fatto, a voi?
- E-eh?
- Dimmi quello che vi ha fatto.
- T-tutto quanto?
- Lo hai visto.. fare dei segni con le mani?
Per quanto terrorizzato, il tenente fece tutto ciò che era in suo potere per ricordare quei primi istanti prima della fine, prima dell'orrore. Dopo aver raccolto quelle immagini, riferì ciò che ricordava al suo padrone.
- S-sì! Se non sbaglio... ha detto Mi, Tori, Mi, Tatsu, Mi, Ne.
- E' impossibile, - commentò fermo il capo.
- N-non le mentirei mai, boss...
Il capo rimase in silenzio, per poi guardare di nuovo l'insetto tra le sue mani.
- Lo so bene... Gli Shinikage hanno un ritmo. Le loro tecniche, complicate o semplici, hanno delle sequenze, ma con un medesimo numero di sigilli.
Un'affermazione apparentemente irrilevante uscì dalla sua bocca, mettendo sull'attenti il sindaco di Crillaropoli.
- Multipli di quattro. Non esiste niente di loro, con sei sigilli.
Quel particolare gli suonò strano nelle orecchie, eppure sembrò anche familiare.
- Conosco il Kage Kunai. Si fa con il serpente, con il drago e con il topo. I primi due...
Una seconda affermazione lo portò alla realtà, permettendogli di canalizzare le sue emozioni.
- Gli Shinikage non usano l'uccello. Tanto meno... la tigre. *
Lo Slowking capì finalmente la sinistra sensazione che lo aveva colpito prima, davanti all'esecuzione di Kage Kunai. Sebbene aveva riconosciuto i sigilli, e che quindi lo avevano fatto avvicinare a quell'incubo, l'utilizzo di quegli specifici gesti tipici dei Mizukage non riuscì ad inquadrare appieno il ninja.
Gli Shinikage non usavano mai il sigillo dell'uccello e della tigre. Questi due sigilli erano perfettamente speculari a posizione di mano, ed inoltre puntavano verso l'alto. Secondo il credo degli Shinikage, i malvagi dovevano finire sotto terra, agli inferi. Nessuna tecnica di esecuzione doveva ipoteticamente "spedirli verso l'alto".
- Sono sigilli specifici dei Mizukage...
Si fece prendere dalla rabbia. La stretta ritornò a premere sul collo del Frogadier.
- Togli la vita a ciò che ti aggrada... infanghi anche i nomi dei tuoi nemici?
- N-non...
La Schiumorana riprese di nuovo la parola. Qualcosa in quella frase, evidentemente, fu talmente forte da smuoverlo nel suo stato di vuoto.
- N-non è... mia intenzione... - Rispose tremolante.
- E allora parla. Cosa gli hai fatto? - Disse indicando i suoi sottoposti.
- L'ho... l-l'ho...
Stretto nella morsa, il suo fiato era difficile da tirare fuori. Nonostante questo, il gigante non alleggerì la presa, neanche di un millimetro.
- Creata io...
L'espressione del Feraligatr si fermò in un piatto roccioso, così come quella del sindaco nel sentire quelle parole. La maschera di pietra cadde con quelle successive.
- La loro morte... è solo una finta.
I dubbi di Bishop e del resto dei Kuroi Kiba fu confermato. Non chiesero ulteriori spiegazioni: il volto degli altri scagnozzi si colorò di gioia ed allegria, nonostante il momento fosse carico di tensione e pericolo. Per questa ragione, invece, gli abitanti di Crillaropoli non percepirono cambiamento nell'atmosfera.
Oggettivamente, a loro avrebbe fatto comodo che le fila di quei criminali potessero essere sfoltite, in qualche modo. Il sapere che questi erano ancora vivi, non gli sollevò il morale nemmeno un po'. Invece, un sospiro di sollievo, ad occhi aperti, uscì dalla bocca del Grovyle. Per quanto leggero o irrisorio, si sentì un po' meglio, nel sapere che, all'ultimo, il suo compagno era stato in grado di controllarsi.
Dopo quella notizia, anche Lopunny lacrimò dai suoi occhi: era sollevata, era felice che lo stesso pokémon che aveva continuato, per tutto quel tempo, a corteggiarla e a regalargli bellissimi fiori azzurri, dimostrando un lato tenero come nessun altro, non era quel terribile mostro, come tutti lo dipingevano.
Ma non era ancora finita, e lo spadaccino lo sapeva bene. Sia Kenji che Sobek avevano capito che c'era qualcosa che non quadrava in quella faccenda. Entrambi avevano il volto ricoperto di ombre, manifestando il proprio dubbio amletico nella propria espressione.
Ciò era portato dal comportamento del ninja, nei confronti della situazione. Una domanda più che legittima risuonò nel cervello di entrambi, ma solo uno, in quel momento, aveva la possibilità di parlare.
- Sono... ancora vivi?
Il Frogadier non rispose. Anche se avrebbe potuto, non lo avrebbe fatto.
- Perché... non me l'hai detto?
Sobek lo avvicinò ai suoi occhi, per guardarlo il più vicino possibile. Esso non stava ricambiando il suo sguardo: l'occhio dello Tsuchinoko era tagliente, vivo ma immobile, come una palla di vetro. L'altro occhio, quello in cui si poteva vedere l'anima della povera ranocchia, stava guardando da un altra parte e, allo stesso tempo, non stava guardando niente.
Era completamente vuoto, svuotato dell'unica pupilla che avrebbe potuto esprimere i suoi sentimenti. La sua testa sembrava non poter essere più retta da un collo, così come le sue membra, flaccida pelle di muta, abbandonata da un serpente. Ma alla Schiumorana, non importava più niente. Non aveva niente. Voleva essere scusato, ma era ben consapevole di non poter essere perdonato. La verità eclatante sul suo conto venne al Kurokiba, facendogli spalancare gli occhi dalla sorpresa.
- Volevi... questo?
Le parole del Feraligatr portarono di nuovo gli scagnozzi e i tenenti all'ascolto, così come il resto degli spettatori.
- Tu vuoi... morire?
https://youtu.be/P6naO7tVcHg
(Ost loneliness)
Non c'era più alcuna ragione per lui. Dopo tutto quello che aveva passato, dopo tutto il suo sforzo per sfuggire da quel legame di sangue, dal destino che lo aveva segnato, ora il suo segreto era alla luce del sole, davanti alle stessi pokémon che avevano sperimentato di prima mano l'orrore degli assassini di Neronotte.
Devastato dal combattimento, non poteva fuggire: non aveva alcuna forza per potersi opporre alle Kuroi Kiba, figuriamoci al loro boss. Anche se avesse potuto, però, non lo avrebbe fatto. I suoi colleghi, coloro con cui aveva condiviso quelle avventure, con cui aveva giocato, litigato, stretto legami d'amicizia, non lo avrebbero mai accettato per quello.
Il suo migliore amico, l'arrogante Kenji, colui che avrebbe cambiato sempre il suo destino con le sue stesse mani, era lì, rinchiuso in una gabbia impossibile da spezzare, in attesa che qualcun'altro decidesse per lui. Per colpa sua, per colpa della sua esistenza, il suo amato capitano aveva preso le sue difese, scontrandosi con chi, in verità, aveva ragione ad avere paura di lui. Tutto per causa sua, e non riusciva ad accettarlo.
- Non "per colpa tua"... ma "per te".
Per quanto un gesto dettato da una decisione personale, quel fatto, in quella situazione, non riusciva a diventare balsamo per lo stomaco del ninja, rimanendo al semplice stato di veleno bruciante. Colui che aveva sacrificato tutto, per lui, era steso a terra ricoperto di un manto di dolore, senza che lui avesse potuto in alcun modo ricambiare per la sua generosità.
Non poteva continuare in quel modo: forgiare legami che, per colpa del destino, erano destinati ad essere recisi, per mano sua. Davanti agli abitanti di Crillaropoli, davanti ai pokémon per cui provava qualcosa, con cui voleva aprirsi, ora era lì, esposto come un triste quadro di un artista, distrutto dal suo stesso desiderio di renderla l'opera più grandiosa più esistita.
Non aveva più alcuna motivazione per andare avanti. Se avesse anche solo desiderato ancora tutto quello, presto avrebbe perso ciò che amava. Avrebbe preferito farla finita, che dover essere abbandonato.
- Ridicolo.
Sobek lanciò di nuovo il ninja per sei metri. Egli non urlò: nonostante si formarono nuove ferite sul suo corpo, non emise alcun grido di dolore. Il male provato dal suo cuore era più grande di qualunque tortura fisica.
- Pietà... depressione... Pentimento. Voi... non ce lo avete.
Il suo sguardo era ancora più infuriato: era talmente iracondo che si potevano vedere le vene sui suoi occhi pulsare.
- Dimmi la verità. E' un gioco, vero?
Il ninja non rispose. Ancora una volta, rimase a terra inerme, in attesa della sua sentenza, come un uccello ferito alle ali. Il Feraligatr si avvicinò di nuovo a lui, a passi lenti.
- Vuoi attaccarmi alle spalle? Quando mi distrarrò? Vuoi ridere di me, quando ti impietosirò?
Il Frogadier rimase immobile, voltando lo sguardo verso il Cannibale. Nei suoi occhi non c'era alcuna intenzione di menzogna, neanche un piccolo malefico luccichio. In quelli del gigante, invece, neanche l'ombra di tenerezza.
- Io non provo pietà, - dichiarò Sobek, con tono fermo.
- Ehi, Shinso.
Vicino al sindaco di Crillaropoli, il Grovyle nella cella riprese parola. Normalmente, chiunque nella sua condizione sarebbe stato zitto, per paura che quel mostro si fosse indirizzato verso di lui. Ma il Legnogeco no. Non era quel tipo di pokémon. L'enorme coccodrillo si girò verso di lui, così come la Schiumorana, sorpresa.
- Non hai alcuna ragione, per trattenerti.
Il volto della Schiumorana riprese vita per qualche secondo. Non era speranza e nemmeno luce: fu abbastanza per rivolgere al suo amico uno sguardo addolorato e incredulo.
- (C-cosa stai dicendo, Kenji?) - Pensò la ranocchia.
- Cosa stai aspettando? - continuò la lucertola, - usa le tue tecniche. Quel grassone lo puoi picchiare quando vuoi.
Le palpebre della rana si intristirono di nuovo. Come poteva chiedergli una cosa del genere? Lui non voleva, lui non ce la faceva. Quella cosa, quell'orribile mostro che era dentro di sé, era la cosa che più odiava in assoluto.
Lasciargli campo libero, fargli spargere sofferenza per tutto il mondo, ancora una volta. Avrebbe potuto fare del male anche a lui, il suo fedele compagno.
Non aveva paura? Non temeva che quel demone, se liberato, sarebbe arrivato anche per lui? Il capo delle Kuroi Kiba lasciò perdere per qualche secondo l'oggetto del suo odio, per canalizzarlo verso una nuova fonte d'irritazione.
- Quando dici grassone... ti stai... riferendo a me?
L'Infernape sbiancò davanti a quello scenario: non aveva idea di come avrebbe potuto reagire il Feraligatr se fosse stato provocato sul serio.
- Oh. Chiedo scusa, - rispose il Legnogeco, - non ti ho chiesto se avevi le orecchie rotte, oltre che la mandibola. Se vuoi, posso farti un disegno sul pavimento.
Una palpebra si socchiuse leggermente, preso dalla rabbia. L'enorme Feraligatr rilasciò ancora una volta il suo Meisoku, nero con sfumature blu, comprendo l'altezza di venti metri.
Si avvicinò allo spadaccino, a passi lenti. Nessuno fiatò, nei confronti di quella solenne camminata.
Persino il provocatore rimase in silenzio ad attendere l'arrivo del gigantesco pokémon, con un ghigno arrogante stampato sulla faccia.
Sobek si fermò ad un metro di distanza, per poi abbassare la testa e guardare dritto negli occhi Byakuken Kenji.
- Non mi piacciono... i pokémon come te, - disse il coccodrillo, senza mezzi termini.
- Davvero? Ed io che credevo potessimo diventare grandi amici...
Lo sguardo dello spadaccino sembrava tagliente, quasi quanto la sua lingua. Era chiaro che avrebbe potuto continuare per ore, a parlare in quel modo.
- Shinso... è il nome dello Shinikage? - Chiese il boss.
- Che seccatura... a chi altro dovevo rivolgermi, prima? Pensavo che anche il cervello, fosse grande.
Mancata risposta ed altro insulto. Si sentì un leggero digrigno di denti in mezzo all'armatura del muso. Gli scagnozzi in piedi e il sottotenente Dingo fecero dei passi indietro, in vista della furia che, molto probabilmente, il loro boss avrebbe scatenato sulla cella.
- Patetici... - commentò Bishop.
Dalla stessa gabbia, l'Infernape si aggrappò al Grovyle, cercando di azzittirlo sottovoce.
- SHHHHHH! C-che stai facendo?! N-non puoi fare niente qua dentro! Se decide di colpirc-
- Qualcosa non va? - Chiese Kenji, senza calcolare la scimmia, incrociando le braccia, - non è colpa mia se sei sordo! Dovresti solo incolpare te stesso!
- Dammi una ragione... per non farti fuori.
Il Legnogeco si attaccò di nuovo alle sbarre, con un sorriso malefico e degli occhi tremolanti.
- "Non mi piacciono... i pokémon come te". Mi hai tolto le parole di bocca.
Fermo immagine. Nessuno mosse un muscolo, a parte lo spadaccino.
- Dalle voci che ho sentito sul tuo conto, sembra che ci tieni molto... a "controllare"... far soffrire gli altri, senza che questi possano dire la propria o controbattere. Non l'hai ancora capito? Il Froggy non ha alcuna intenzione di lottare.
La ranocchia abbassò gli angoli della bocca, in segno di stupore. Perché chiedergli di lottare, se sapeva che non voleva farlo?
- Non ti sentirai forte con lui... Non starà al tuo gioco. Puoi fare la faccia da cattivo quanto vuoi: nessuno farà quello che dirai tu.
Dopo aver concluso la frase, il Legnogeco raccolse della saliva nel suo becco, per poi sputarla in faccia al cannibale, sulla sua museruola.
- Controlla questo, co***ne.
Non venne lasciato neanche il tempo per elaborare l'accaduto: preso da un'ira accecante, il Mascellone manifestò un Dragartigli con il sinistro, pronto a distruggere la gabbia e il maleducato Grovyle al suo interno, schiacciandolo con tutta la sua forza.
- AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHH!!!
L'Infernape si mise ad urlare disperato, cercando di allontanarsi il più possibile dall'impatto, sotto lo sguardo terrorizzato dell'eroe di Borgo Tesoro che, inutilmente, provò a gettarsi verso il suo compagno. Venne trattenuto da Benji, con forza.
Il Legnogeco, invece, cambiò espressione: da arrogante e provocatoria, divenne decisa e determinata. Notando quel cambiamento, il Feraligatr si fermò, con appena due centimetri di distanza tra le sue unghie e la cella.
Il colpo, però, sarebbe stato talmente potente da distruggere la gabbia: bastò quel movimento per formare un sollevamento di polvere intorno ad essa, spettinando il Grovyle e lo Scimpanzé.
Fissò Kenji negli occhi, fermo. Non si parlarono, né si insultarono. Pensava di farla franca, pensava di aver fregato abilmente il coccodrillo, usando la sua stessa rabbia contro di lui. Ma non andò come voleva lo spadaccino.
Sobek aveva capito che, dietro quella provocazione senza senso, il Byakuken voleva che lui distruggesse la gabbia, in modo da potersi liberare e andare in soccorso del suo compagno, sfruttando il potere del Feraligatr.
- Non ho... il cervello piccolo, - si limitò a dire il Kurokiba, ritirando il pugno e tornando in posizione eretta.
Un ghigno rabbioso apparve sul volto del prigioniero: l'ultima mossa per riuscire a salvare Shinso era andata in fumo, e il pokémon Acqua lo sapeva bene.
Il suo sguardo era come una lente d'ingrandimento: non c'era nessuna piccola sfumatura che gli sfuggisse. Continuò in silenzio, a guardarlo dritto negli occhi, in modo da imprimere fermamente la certezza del fallimento nel cuore dello spadaccino.
- Io... ucciderò questa rana.
La consapevolezza della veridicità di quelle parole cavalcò il volto del Legnogeco, trasformandosi in rabbia grazie all'orgoglio.
- E tu... non potrai fare niente.
Fu preso dalla disperazione: cercando ogni briciolo di forza che gli era rimasta, Kenji cercò di attaccare la cella, di strattonarla, di colpirla, facendosi persino di nuovo male alle mani.
- Lo leghi meglio, - disse il Feraligatr, voltandosi verso il sindaco. Senza discutere, lo Slowking manifestò altre catene dal fondo della cella del Byakuken, bloccandogli braccia e gambe, ancorandolo al terreno.
- Gli lasci libera la bocca.
Perché? Non avrebbe avuto più senso, se quello non fosse più stato in grado di parlare? Si abbassò di nuovo sullo spadaccino, fissandolo sul volto.
- Di una parola, e faccio fuori anche il resto.
Non ci sarebbe stato bisogno, di bloccargli il becco. Si voltò poi verso i suoi scagnozzi, poi verso gli abitanti, ed infine, verso gli altri prigionieri.
- Interrompetemi ancora, e farete la stessa fine dello Shinikage.
Questa volta si lasciò andare in più vocaboli: non voleva essere in alcun modo frainteso. Si allontanò dalla cella, per poi tornare verso la ranocchia.
- Ora... a te.
Il volto della Schiumorana era vuoto, privo di voglia di lottare. Non aveva voglia di farlo contento? Era un sollievo, per lui, la morte?
- Non ha importanza, che tu... resista.
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Senza fare una mossa, lo ribaltò con il dorso della mano destra, per farlo stendere sul suolo. Dopodiché, lo calpestò, facendo in modo di non schiacciargli la testa. Non stava mettendo tanta forza: non si sarebbe mai accontentato di una morte rapida ed indolore.
- Prima o poi, urlerai...
Continuò a pestarlo, sempre mantenendo la stessa forza. Qualche volta usava il tallone, per affondare il colpo, altre volte lo calciava con la punta del piede, per dilaniare la sua pelle con le unghie. Leggermente forte con il tallone, un leggero tocco con la punta.
Era ancora presto per dargli il colpo di grazia. Doveva soffrire. Doveva provare dolore. Doveva torturarsi della sua esistenza, mentre si faceva male davanti ai suoi compagni, che non lo avrebbero salvato.
Abbandonato da tutti, come giusto che fosse. Lo spettacolo era troppo cruento persino per gli spettatori più abituati, a visioni del genere.
Per tutta la durata, al piccolo Rommy vennero coperti gli occhi e le orecchie, così come agli altri bambini che erano lì intorno, immobilizzati dagli ordini dei Kuroi Kiba.
Benji distolse lo sguardo, mantenendo la sua serietà. Era infuriato, era avvelenato per il viscido ninja, ma non avrebbe mai fatto qualcosa di così crudele come quella tortura. Gli esploratori rimasero in silenzio davanti a quello spettacolo.
Weavile aveva gli occhi chiusi, con il volto verso il basso, con le palpebre tremolanti, mentre Lopunny, oltre ai bulbi oculari sbarrati, stava tappando la sua bocca, per evitare di urlare e fare innervosire quell'enorme gigante mostruoso.
Non emise un solo lamento, non scese una sola lacrima. Ma lei era in pena: progenie del male o meno, vedere un pokémon trattato in quel modo era troppo, ai suoi occhi.
Quelli più colpiti, però, furono Drapion, Arbok e Kenji, coloro con cui aveva legato di più. Drapion e Arbok non fecero niente per nasconderlo: stavano piangendo, stavano soffocando nel loro stesso mare di lacrime, bloccati dalla possibilità di gridare e dalla possibilità che anche il loro capitano, o il resto degli esploratori, potesse essere ferito.
Il Grovyle era quello messo peggio: stava digrignando, si stava mordendo le labbra, stava sanguinando dal becco, per la rabbia contro Sobek e per la sua stessa inutilità in quel momento. Non aveva fatto niente. Il suo compagno, in quel giorno, era stato attaccato fisicamente ed emotivamente, ripetute volte.
E lui non aveva fatto niente. Non aveva potuto fare niente. Il grande spadaccino, alla costante ricerca di modi per perfezionare le sue tecniche, ridotto ad un cane bastonato che mordeva il suo stesso guinzaglio.
- Non resisterai ancora a lungo...
Il coccodrillo lo afferrò di nuovo con la mano, per poi scagliarlo a terra. Il ninja aveva perso molto sangue, tra i vari sballottamenti, ma, purtroppo per lui, era ancora vivo.
Ancora camminava su quella terra, soffrendo. L'unica cosa diversa, da quello stato, era il senso del dolore: la sua testa girava, il suo stomaco era sottosopra, i lividi sul suo corpo neri come la pece, e i tagli sulla sua pelle pulsavano all'unisono.
Nonostante tutto, non sentiva più dolore: il mondo davanti ai suoi occhi era diventato offuscato e gli occhi avevano quasi perso la capacità di raccogliere le immagini del mondo esterno. Forse, si stava avvicinando la sua ora.
Quel mondo così bello ma pungente, come la coltura di una rosa, avrebbe finalmente lasciato le sue membra, concludendo quell'inutile viaggio di dieci giorni alla ricerca di un impossibile rimedio alle sue colpe, un impossibile raggiungimento di una felicità inesistente. Era a terra, con la faccia di lato e il corpo sulla schiena.
L'unica cosa che riuscì a scorgere tra le sue pupille, fu una vista che mai si sarebbe sognato di vedere: alla distanza di cinque metri, in una gabbia con lettere Unown, una lacrima azzurra bagnava la guancia destra del suo compagno spadaccino.
- K...ken...ji...
Sarebbe andata così: avrebbe lasciato il mondo in quel modo. Con la testa rivolta di lato, in cui la sua ultima visione sarebbe stata il volto dell'unica persona che aveva avuto il coraggio di stargli vicino, il coraggio di non abbandonarlo per nessuna ragione al mondo.
- Perché... non urli...
Non aveva gridato, non stava provando dolore: il Feraligatr decise di abbandonare ogni desiderio di tortura, andando finalmente ad infliggere il colpo di grazia alla ranocchia. Caricò un Dragartigli, pronto a perforargli il corpo.
- VOGLIO SENTIRTI URLARE!
Il Grovyle riaprì gli occhi. Sarebbe sparito tutto dalla sua testa: trattenersi per evitare che facesse del male ad altri pokémon, la sua morte. Non gli importava più niente: avrebbe tentato il tutto per tutto, pur di una misera possibilità di salvare il suo compagno. Ma non ne ebbe la possibilità.
- ******...
Erano stati tutti assorbiti da quel brutto momento. Suonò come un'improvvisa folata di vento, fischiando nelle orecchie per poi andarsene via di nuovo. Il Mascellone si fermò, a due centimetri di distanza dalla pelle dello Shinikage.
Nessuno aveva capito perché si era fermato, e lui non comprese inizialmente del perché della sua stessa azione. Al secondo richiamo, però, ebbe le idee più chiare: aveva bloccato il colpo perché, l'interruzione, era dovuta ad una voce familiare.
Qualcuno che non si sarebbe mai aspettato, avrebbe bloccato una sua decisione.
- Aspetti.
Vicino allo Slowking, un pokémon di tipo Acciaio prese la parola, scuotendo dalla paura, per l'affronto nei confronti del boss, gli scagnozzi lì intorno.
- C-che stai facendo... Bishop? - Disse il Krookodile.
Non ebbe risposta dal cavaliere metallico, né questo si degnò di aprire bocca, nemmeno per spiegarsi al capitano.
Iniziò a muoversi, avvicinandosi al suo capo, che rimase completamente immobile in tutto quell'atto. Passi metallici riempirono l'arena: fu l'unico rumore che si sentì per tutta la durata del suo tragitto.
Arrivò al cospetto del Frogadier, guardandolo dall'alto della sua figura. Era conciato da fare schifo: un inutile straccio imbevuto di alcool, che non riusciva a pulire nemmeno la polvere dei mobili, figuriamoci del sangue.
Ancora un colpo, e sarebbe stata la fine per lui. Il Bisharp si abbassò, toccando la pelle flaccida e scivolosa della ranocchia. Stette in quella posizione per dieci secondi, prima di rompere di nuovo il silenzio dell'arena.
- Come immaginavo...
Quelle parole non avevano significato, né potevano essere comprese. Il Boss, nonostante l'affronto, ebbe l'accortezza di avvisare il suo tenente.
- Spostati.
- Boss. Devo darle una brutta notizia.
Non eseguì gli ordini: si alzò in piedi di nuovo, guardando faccia a faccia il gigantesco Feraligatr.
- Questo insignificante pokémon, lei non può ucciderlo.
Sobek non ci vide più: lo afferrò con la mano destra, prendendolo per i collo. Stringeva forte: tutta la sua rabbia, aumentata per l'interruzione, fu riversata sul corpo di Bishop.
Si sentirono barre metalliche piegarsi, scricchiolare, ma lo spadaccino d'Acciaio non fece una piega. Continuò a guardarlo dritto negli occhi, con sguardo serio e sicuro.
- Spiegati, prima che ti faccia fuori, - disse il coccodrillo.
- Quando lei ha cominciato a picchiarlo, - rispose, senza mostrare paura o altro, - ho notato un cambiamento nella cicatrice viola.
- Cambiamento?
- Sono diventate più spente.
I Kuroi Kiba diedero un occhiata ai loro compagni caduti. Era vero: il braccio destro di Sobek non stava mentendo. Il Feraligatr si girò verso di loro, per vedere anche lui: confermò quello che stava dicendo il Bisharp, con stupore.
- Ho il sospetto... che se lei lo uccide ora, non potremo più recuperare i nostri sottoposti. Voglio tanto quanto lei che compia la sua vendetta, ma non a questo prezzo.
La felina, nella gabbia lontana, fece un'espressione pensierosa, di fronte alle parole dette dal Bisharp.
- Sei un pappamolle... - commentò il boss.
- No. Sono oggettivo. Se fossero stati tre o quattro, non l'avrei fermata. Ma parliamo di più della metà delle nostre forze. E poi... Gliel'ho detto, no? Sono esploratori di Gilde famose. Ora possiamo abbattere lui, abbattere loro, ma... Se sparissero e non si facessero sentire per un po', chi ci dice che non ne verranno altri?
- B-bishop ha ragione! - Disse Dingo. Il boss lanciò un'occhiata verso l'altro tenente.
- Q-questi non sono comuni esploratori! Nella gabbia laggiù ci sono il team AWD e il team Malia. La scimmia e il pinguino sono il team Poképals, mentre la lucertola verde e... la rana... - disse con un velo di timore, - s-sono... il team Skyraiders.
Prima si girarono verso il Krookodile, poi verso le gabbie con i pokémon rinchiusi: rimasero tutti a bocca aperta, di fronte alla presenza del team più famoso di Brusilia. Persino il boss, l'immutabile Sobek, che sembrava avere solo rabbia in corpo, spalancò gli occhi stupito.
Non era per la presenza del team, in sé, ma per il fatto che uno Shinikage, un essere spregevole e sanguinolento, facesse parte di un team d'esplorazione. Si girò verso la ranocchia a terra, in cerca di risposte.
- Tu... nel team Skyraiders?
Continuò ad osservarla in silenzio, cercando di trovare da solo la soluzione a quel tranello. Il Grovyle aveva dimostrato chiaramente preoccupazione nei confronti di quel viscido verme, così come questo provava un sincero legame per l'altro.
Non c'era bisogno di chiederglielo: stava respirando a fatica, aspettando il colpo di grazia. Era ancora cosciente. Ma non gli importava di rispondere al Feraligatr: il suo viso era rivolto verso il Legnogeco, l'ultima cosa che voleva vedere nella sua vita.
- Dov'è... il capitano? - Chiese poi Sobek, cercando altre risposte.
- Q-quello lì...
Il pokémon Minaccia indicò un povero pokémon ricoperto di ferite e bruciature, senza forze, a terra con la schiena sul pavimento. Dava l'aria di essere svenuto in un combattimento cruento, dove era riuscito a dare il meglio di sé.
L'unica cosa che rimasta integra, sul suo corpo, era una strana sciarpa verde e blu, legata al suo collo a nodo stretto. Bishop guardò in silenzio il piccolo licantropo, senza emettere fiato, mentre il coccodrillo era ancora più confuso.
Si diceva che fosse un pokémon invincibile, che non cadeva mai. Non solo era a terra esausto, ma era anche un misero Riolu.
- Quello... sarebbe... Rukio? - Chiese titubante.
- P-parole di Benji... - Rispose Dingo.
Il Feraligatr poggiò a terra il suo tenente, per poi avvicinarsi al corpo senza forze del pokémon Emanazione.
Bastò quel piccolo movimento per dare una certezza in più al gigantesco pokémon: nel momento che diede cenno di avvicinarsi, a tutti gli esploratori aumentò il battito del cuore.
In particolare, una scintilla di vita si accese di nuovo nel Frogadier. Nel sentirla diede un'occhiata rapida a lui: era con uno sguardo caritatevole e pietoso, implorante. Vide la sua mano spostarsi lentamente verso il coccodrillo, per poi cadere di nuovo sul suolo.
La sua bocca farfugliava: non si sentì alcun suono proveniente da lui, ma il coccodrillo seppe perfettamente cosa disse.
"Non fargli del male": nonostante fosse in fin di vita e non volesse più resistere, la Schiumorana si stava preoccupando della vita di quel misero pokémon ferito, piuttosto che della sua. Non rispose né si arrabbio: riprese la sua strada e si avvicinò al piccoletto.
Non lo afferrò: si abbassò su di lui, limitandosi a tastare con le sue dita il suo corpo, per capire la gravità delle ferite. Con grande stupore, notò la sua forte muscolatura, nonostante la stazza, stupendosi che tale pokémon possedesse una forza del genere. Qualcosa in lui non era normale: sentì in lui un timore sconosciuto, un pericolo che non riusciva a comprendere con la sua anima.
- Queste ferite...
- A-auto-indotte, boss, - Disse il coccodrillo, - l'odore non m-mente...
Al suono di quelle parole, sentì una goccia d'acqua cadere sul suolo. Voltandosi di nuovo verso la ranocchia inerme, notò che, dall'occhio destro maledetto, cadde una lacrima salata, una vista che mai si sarebbe sognato di vedere. Non era tristezza né pietà: era senso di colpa, provato dal ninja oscuro.
- Lo ha fatto... per te? - Chiese alla ranocchia, girandosi verso di lei.
Guardò negli occhi la ranocchia: notò che le parole dette precedentemente avevano davvero scosso il suo animo. Si girò poi di nuovo verso il Grovyle: un volto martoriato dalla rabbia di non poter fare niente, per nessuno dei due, lo stava mangiando dall'interno.
Non c'era alcun dubbio: quel pokémon, quel coraggioso eroe, era davvero Oryugo Rukio, e quei tre, insieme, erano davvero il team Skyraiders, il più grande team di Brusilia. Il loro legame inossidabile, il loro forte e non recidibile filo di metallo che li legava, era come se fosse davanti ai suoi occhi, e non potesse fare niente per non notarlo.
- Che cosa facciamo, boss? - Chiese il Bisharp.
Era iracondo, era furioso. Il suo braccio destro aveva ragione: non poteva permettersi di perdere i suoi sottoposti, i suoi seguaci. Per quanto forte, l'avrebbero reso impotente davanti a problemi esterni, andando ad intaccare persino la normale amministrazione con i dungeon "protetti".
Tutto quello che aveva costruito, con calma e pazienza, sarebbe andato distrutto, come un castello di carta cancellato da una folata di vento. Non poteva uccidere la ranocchia, e non poteva nemmeno toccare gli esploratori: se nomi come Skyraiders e Poképals sarebbero andati perduti, chi lo poteva sapere che, successivamente, altre forze avrebbero mandato rinforzi e posto fine al suo impero di silenzio e paura.
Non temeva le sue capacità, ma sapeva di non poter affrontare un esercito di esploratori, di cui alcuni potevano essere composti di pokémon mossi dal suo stesso desiderio, una volta saputa la morte di quei team. La sua mano iniziò a tremare rabbiosa: la strinse non per attaccare, ma per fermarla.
- Krr... Krr...
Si potevano sentire ringhi e mugolii dalla sua enorme mascella. Doveva per forza lasciare andare quei pokémon, per evitare di passare dei guai.
- KRRRRKRROOOOOOOOOOOOOOOOOOHHHH!
Caricò il suo pugno destro con una massa densa di Meisoku, per poi scagliarla sul terreno, facendo tremare l'intera piazza. Creò delle fenditure lunghe nove metri, quasi a distruggere il suolo su cui stava. Nessuno intorno fiatò, paralizzati dall'ira funeste del gigantesco pokémon.
- Quanto...
Il suo braccio ancora tremava di furia. Nonostante passarono poi dieci secondi, nessuno osò chiedergli cosa volesse dire.
- Quanto... per curarli?
La domanda era stata rivolta al suo sottoposto migliore, Aragram Bishop. Egli si tastò il collo, per accertarsi che non siano stati fatti danni troppo ingenti al suo corpo.
- Mezzogiorno del prossimo giorno, - rispose, tutto d'un fiato, - dopodiché, saranno come nuovi.
- Quanto... per non farli morire?
Il Bisharp alzò gli occhi al cielo, segno che stava facendo dei calcoli precisi per dare una risposta accurata.
- Disinfettare... rimuovere detriti...bloccare emorragie... cucire tessuti...
Rispose di nuovo senza problemi, dimostrando la sua serietà ed efficienza.
- Mi basta un quarto d'ora.
Un calcolo preciso tenendo conto di variabili sensate: se non si conoscesse la natura della sua cura, probabilmente il Fildilama, agli occhi e alle orecchie degli spettatori, sarebbe suonato come un professionale dottore. Nessuna vibrazione di rabbia si percepiva più dal corpo del Feraligatr: si alzò in piedi, attirando di nuovo i fiati verso di sé
- Tu...
Si girò in direzione dello Slowking, in particolare verso l'Empoleon incatenato, che gli era stato detto dal Krookodile far parte del team Poképals.
Dalle ferite di questo, il sangue aveva smesso di fuoriuscire e bagnarli le piume, segno che si stava già coagulando. Nonostante la perdita, egli era rimasto cosciente fino a quel momento, grazie alla sua corporatura robusta e alla grande resistenza temprata nei combattimenti.
Il suo sguardo era severo e duro: avrebbe combattuto, anche da ferito, se le catene del sindaco non glielo stessero impedendo. Non c'era alcun dubbio: tra la scimmia e il pinguino, quest'ultimo era sicuramente l'eroe umano di Borgo Tesoro.
- Hai l'iniziativa. Dichiara il tuo nome.
Non ebbe alcuna esitazione: il pokémon imperiale, consapevole di possibili ripercussioni sugli altri esploratori, decise di obbedire al boss criminale.
- Elliot... Dandelion.
Chikatomo era preoccupato. Cosa aveva intenzione di fare al suo partner? Cosa voleva quell'essere abominevole, dal suo adorato capitano?
Non dovette aspettare a lungo, per sapere la risposta: il Feraligatr tese la mano in avanti, davanti al sindaco di Crillaropoli. Questo gli porse la catena, consegnando il guinzaglio al gigantesco capo banda.
- In piedi, - ordinò il coccodrillo al pinguino, il quale eseguì immediatamente l'ordine. Il boss si girò verso l'Infernape, con sguardo serio.
- Lui... viene con me.
Lo portavano via: avrebbero rapito il suo migliore amico davanti ai suoi occhi, e lui non avrebbe potuto fare niente. Perché lo stava guardando? Godeva nel vederlo soffrire? Voleva vederlo piangere? Voleva vederlo gridare?
Non servì fare apposta per farlo contento: le lacrime dello Scimpanzé bagnarono il pavimento della cella come leggeri tintinii di un triangolo metallico.
- Chaki.
Rompendo il taboo, il pinguino chiamò il suo partner, cercando di richiamare la sua attenzione. Non disse un altra parola: dopo tanto tempo, dopo non so quando, sul suo volto apparve un apprensivo e sicuro sorriso.
"Andrà tutto bene": non servì dirgli quella frase per far recepire il messaggio dell'Empoleon all'Infernape.
Tuttavia, un altro messaggio arrivò dal Feraligatr: un pugno dritto sulla guancia destra del pinguino. Nonostante il tipo acciaio, la forza di tale pugno quasi gli fracassò il becco, facendogli sputare il sangue dalla bocca.
- U-urgh...
- ELL-
Il Grovyle tappò la bocca a Chikatomo tirandogli una testata, capendo l'antifona di quel momento. Il sangue della scimmia cominciò a ribollire: lo spadaccino dovette anche bloccarlo, per evitare che succedesse il peggio.
- Alzati.
Sobek tirò la catena, strattonando il pinguino. Facendo appello alla sua forza di volontà, questo si rimise in piedi, eseguendo gli ordini di quello che sarebbe stato il suo nuovo padrone.
Trascinandolo con sé, il boss consegnò l'eroe a Bishop, il quale fece un cenno con la testa senza che il capo dovesse fiatare di nuovo.
- Q-quindi... ce ne andiamo? - Chiese il Krookodile, intimorito.
Il Feraligatr si girò verso il secondo tenente, senza dire una parola. Poi guardò i suoi sottoposti, uno ad uno. Poi si fermò, in attesa che questi muovessero da soli il loro corpo.
- Come vuole, - disse il Bisharp, senza protestare o aggiungere altro. Si incamminò, a sguardo fisso, seguendo il Mascellone, dando degli strattoni al pinguino per fargli cenno di seguirlo. Se ne andavano così? Dopo tutto quel macello?
Senza sistemare questioni in sospeso? Queste e altre domande afflissero tutti gli esploratori, che increduli erano a bocca spalancata, in attesa che quell'incubo chiudesse capitolo. Mentre si allontanava, il cavaliere d'acciaio passò davanti alla cella vicino allo Slowking.
Non mostrò reazione, né si girò verso i pokémon imprigionati, ma sentì degli occhi torvi e minacciosi provenire da quella gabbia. In quel silenzio, fu come se il tempo fosse rallentato: sentì addosso con il peso di millenni lo sguardo di Byakuken Kenji, scrutandolo alla ricerca del suo sguardo. Ma non si scambiarono una parola.
Ne fu intrigato, manifestando un sorriso inquietante e arrogante, ma il cavaliere d'acciaio non comprese la ragione per la quale il membro del team Skyraiders aveva mostrato quel particolare interesse nei suoi confronti.
Gli scagnozzi, senza ricevere altri ordini, eseguirono senza fiatare: raccolsero i loro compagni caduti, avvicinandoli tutti al boss.
Se ne sarebbero andati così, le Kuroi Kiba: portando con loro i loro compagni caduti e lasciando così gli abitanti di Crillaropoli e i forestieri, in balia di un vuoto totale e senza significato. Uno di loro, però, ebbe da ridire: sebbene spaventato, trovò forza per dire la sua.
- M-ma e quelli?
A differenza del suo collega, Dingo ebbe dei dubbi nel procedere avanti e tornare alla loro base, invece di ascoltare il boss senza esitazione, come aveva fatto il cavaliere d'acciaio.
- N-non possiamo lasciarli! s-se li lasciamo qui...
La sua contestazione era più che legittima: per quale motivo avrebbero dovuto lasciare gli esploratori, un'eventuale minaccia, a piede libero nel villaggio di Crillaropoli, senza prendere nessuna precauzione? Era vero: se gli avessero fatto qualcosa, un giorno o un altro, altri sarebbero arrivati e il loro dominio sarebbe andato perduto.
Ma lasciargli così? Come se non fosse successo nulla? Per lo Shinikage c'era una ragione più che valida, ma il resto? Il Feraligatr non si voltò verso il Krookodile: si girò invece verso il capitano del team Skyraiders, indicandolo con il braccio sinistro.
- Rispetto... questo pokémon.
Non aggiunse altro. Non spiegò le sfumature dietro a quelle parole. Tuttavia, quel gesto diede da pensare al cavaliere blu. Kurokiba Sobek, uno dei pokémon più terribili e sanguinari mai esistiti al mondo, stava mostrando rispetto verso una sua controparte, un eroe che, invece di quel mostro, agiva per il bene in sé e per i suoi compagni.
Non si mostrò segno di turbamento nei confronti del cavaliere d'acciaio, segno che lui comprendeva appieno l'anima del Feraligatr. Invece, gli scagnozzi e Dingo ebbero un turbamento: quell'atto di pietà, nei confronti di una creatura a terra e inerme, era un qualcosa di cui non si capacitarono. Elliot tremò, di fronte a quell'affermazione.
- Anche uno stronzo diabolico è in grado di provare qualcosa come pietà e affetto.
L'ennesima prova che il piccolo Riolu aveva ragione, la logorante verità che, ancora una volta, gli veniva sbattuta in faccia con prepotenza. Non ebbe più il coraggio di resistere a qualsivoglia cosa: l'Empoleon abbassò lo sguardo verso il suolo, in segno della sua totale sconfitta.
- Ma per te...
Lo sguardo si rivolse verso il Frogadier, che, nel frattempo, aveva recuperato un po' di lucidità.
- Ho un idea migliore.
Si diresse verso il ninja, a passo lento. Per tutta la durata, lo guardò negli occhi, cercando di imprimere per bene nel volto della Schiumorana la furia e la rabbia della sua anima.
- Io... non rinuncio... - gli disse, fermo.
Lo afferrò per terra, saldamente ma delicatamente. Voleva che rimanesse sveglio, che rimanesse lucido, quando avrebbe fatto il resto. Lo portò con sé, sotto i di nuovo scossi esploratori. Lo portò vicino a Bishop, che non capì inizialmente le intenzioni del suo boss.
Voleva che lo curasse? Voleva portarlo con sé? Non c'era garanzia che, una volta recuperata la sua fatica dallo scontro, sarebbe rimasto fermo a lasciarsi ammazzare. Fortunatamente, però, il suo capo non lo deluse: lo poggiò a terra, mettendolo in posizione seduta. Dopodiché, gli mise le mani dietro la schiena, congelandogli i polsi con il dito indice e pollice della mano destra.
- L'ombra scappa dalle catene... ma tu non puoi scappare da questo ghiaccio.
Si rivolse poi verso il suo tenente, indicando con la mano sinistra il suo volto.
- Bishop.
Ancora non comprese le sue intenzioni, ma il Bisharp non esitò ad eseguire. Consegnò l'Empoleon a Dingo, per poi avvicinarsi al Feraligatr, che nel frattempo aveva abbassato il muso verso il terreno, voltandolo verso il Frogadier.
Voleva che questo assistesse alla scena per tutta la sua durata. Il cavaliere d'acciaio premette una fessura sulla museruola del coccodrillo. Si sentirono suoni di ingranaggi sbloccati, come un orologio gigantesco.
Lentamente, le viti sul muso di metallo cominciarono a svitarsi, lasciando libera la sua mascella. Vedendo quell'oggetto e conoscendo Sobek, si poteva pensare che, in realtà, quella museruola veniva portata perché egli aveva il muso distrutto. Quanto avevano sbagliato, in questo, gli abitanti di Crillaropoli.
- Ah... a-ah...
Rimasero pietrificati, quando questo si tolse la maschera, mostrando al vento la sua enorme bocca. Non era quella di un comune coccodrillo: i denti avevano la base grossa, ma erano enormi, taglienti, ed occupavano tutta la sua enorme mascella, come milioni e milioni di lame tutte vicino alle altre.
Non avrebbe mai potuto chiudere quelle fauci completamente: nel lato superiore, verso la parte più interna della mandibola, aveva due file di denti, mentre quella inferiore solo una.
Questa, a bocca chiusa, si incastrava perfettamente tra le due superiore, creando un complesso di morte e dolore per chiunque avrebbe avuto la sfortuna di essere addentato da quella bocca.
Aveva perso la voglia di vivere, aveva perso la voglia di chiedere pietà, ma davanti a quell'entrata verso gli inferi, il puro terrore gli cavalcò tra le vene, venendo riportato in vita da un primordiale istinto di sopravvivenza. Persino Arbok, un serpente dentato, non poté fare a meno di quasi fare la muta, di fronte a quello.
- C-che vuole fffffare? - Bisbigliò impaurito.
Senza alcuna esitazione, il coccodrillo afferrò con la mano destra uno dei denti nella fila inferiore, strappandosene uno. Non uscì sangue, né un grido di dolore: era bianco latte, largo dodici centimetri e lungo trentaquattro.
Stese le braccia del Frogadier, per poi conficcare quello nel terreno, nello spazio formato dalle sue braccia. Poi prese un altro dente, alla stessa maniera, con cui penetrò quello precedente, formando un complesso verticale di un metro. In questo modo, la Schiumorana sarebbe rimasta in posizione eretta.
Dopo quel gesto, si rimise la museruola avvitandosi di nuovo le viti, per poi dirigersi anche lui verso i suoi scagnozzi, nel punto in cui erano apparsi senza lasciare traccia. Si fermò a pochi passi da loro, pronunciando una sola parola ferma.
- Mezzogiorno.
Lo stesso orario in cui i suoi sottoposti feriti sarebbero tornati in forma. Un ultimatum, rivolto a tutti quanti.
- A Mezzogiorno... tornerò qui.
Si girò verso gli abitanti di Crillaropoli, per poi guardare i forestieri.
- Non voglio vedere gli esploratori... e voglio...
Si voltò poi indietro, indicando il Frogadier. Lo squadrò con sguardo di fuoco, bruciando nella sua memoria l'odio e la rinnegazione.
- Il suo cadavere.
La scintilla di vita rinata nella Schiumorana svanì di nuovo, facendogli calare il viso verso il pavimento, consapevole del suo destino. Comprese a pieno cosa voleva fare. Non lo voleva uccidere in solitudine: preferiva che fosse eliminato alla luce del sole, davanti alle persone che lo odiavano, e anche a quelle che lui amava.
- La vendetta è mia... ed è anche vostra, - disse inoltre il Feraligatr. Dopodiché, si girò verso Benji, indicando gli esploratori.
- Fatelo dopo diciassette minuti. Per tutta la durata, loro non devono essere liberati. Se domani, a Mezzogiorno, li trovo ancora qui...
Il sindaco, nella sua determinazione, vacillò lievemente, venendo a conoscenza della punizione che gli sarebbe spettata se avesse disubbidito.
- Per la tua gente... sarà la fine.
A bisbigli lenti, a piccoli respiri affannati: quella dichiarazione fece andare in iperventilazione il povero Slowking, che fece di tutto per trattenere i suoi soffi di paura nei confronti del gigantesco boss. Questo rimase fermo a guardarlo negli occhi, come se volesse marchiare anche quel momento nella mente del vecchio Mizukage.
- Niente più forestieri di questo genere al villaggio. Intesi?
La lontra rosa abbassò lo sguardo verso il terreno, quasi volesse mettersi in ginocchio e implorare perdono. Ma mantenne l'ultima parte di dignità, permettendogli di rispondere educatamente.
- I-intesi...
- Bene.
Dopo quella frase, il coccodrillo gigante lasciò finalmente la sua preda, dirigendosi verso i suoi seguaci. Avevano finito di raccogliere ogni scagnozzo ferito, disponendoli uno vicino all'altro.
Dingo trascinò con sé l'eroe di Borgo Tesoro, sotto lo sguardo addolorato del suo povero Partner. Le lacrime, calde più del fuoco che aveva sulla sua testa, ledevano il suo volto afflitto, mentre la rabbia di non poter agire lo consumava al suo interno.
L'Empoleon non riuscì a guardare in faccia il suo compagno, consapevole di quanto quello lo avrebbe martoriato internamente. Tutto quello, per lui, era una sconfitta in piena regola: non servivano altre metafore, per descrivere il suo stato d'animo.
- Bishop.
Dalla sua benda rossa sulla spalla destra, il cavaliere d'acciaio tirò fuori una strana pietra nera a forma di ottaedro, al cui interno vi era una fiamma viola scuro. La tenne in mano per qualche secondo, mentre il resto degli scagnozzi si tenne per mano, facendo in modo di avere un contatto fisico con ogni Kuroi Kiba.
Un ultimo sguardo venne rivolto, da parte del Feraligatr, a quel corpo senza forze lì sul pavimento, e poi alla ranocchia maledetta, che accettando il suo destino aveva il volto verso il terreno, mostrando malinconia e tristezza.
Sobek non disse un'altra parola, né mostro riguardi, facendo un cenno al suo fidato tenente. Lentamente, l'ombra di questo si sdoppiò in quattro parti sul pavimento, per poi inghiottire in una luce viola tutti i suoi compari.
La visione più insolita in quella sconvolgente giornata: la banda di criminali fu racchiusa in un complesso di vetro poligonale, che poi si frantumò davanti ai loro occhi, disperdendosi al vento come mille petali di rosa, lasciando bruciature violacee sul pavimento. Ogni pezzo di vetro si disintegrò, portando con sé la banda di criminali ed ogni briciolo di speranza nella città di Crillaropoli.
*******************************NOTE DELL'AUTORE*******************************
- Explaining:
1) Gli Shinikage non usavano il sigillo dell'uccello e della tigre per motivi simbolici. Ci sono vari riferimenti che possono spiegare ironicamente il loro non utilizzo, ma il motivo principale era che questi due sigilli erano perfettamente speculari a posizione di mano, ed inoltre puntano verso l'alto. Secondo il credo degli Shinikage, i malvagi dovevano finire sotto terra, agli inferi. Nessuna tecnica di esecuzione doveva ipoteticamente "spedirli verso l'alto". Per lo stesso motivo, non usavano nemmeno il sigillo del Cavallo.
- Legenda:
-F.A.Q.
-Curiosità Il momento dove Shinso viene sfracellato al suolo, quando Sobek vuole sentirlo urlare, può essere affiancato con "Lacrimosa", una parte della Messa in Requiem di Mozart;
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