La storia dei clan
Questo capitolo bonus contiene informazioni sulla storia dei clan dell'universo "Le cronache dell'Oricalco". Sono spezzoni di discorso che riuniscono il monologo di Mizukage Benji con commenti finali di Elliot Dandelion. Buona lettura.
- Crillaropoli, il villaggio cristallino. Questo paese era nato dalla volontà di isolarsi dal mondo alla ricerca della pace, liberi in un unico luogo dalle battaglie territoriali e da criminali in cerca di nuovi giocattoli. Nessuno di noi aveva una volontà malvagia: come credo vi abbia almeno dello Satoru, siamo rifugiati di guerra che hanno rinunciato ai combattimenti per vivere in armonia, dimenticando le divergenze e le avversità. Quale guerra vi chiederete...
- Nati da un capriccio, nati da una volontà, nati dalle stesse passioni: questi gruppi di pokémon avevano l'obiettivo comune di fondare una propria comunità, alla ricerca di sostenersi l'un l'altro. Col tempo, si sono consolidati in vere potenze, sparse per il continente e ammirate o temute a seconda dei casi. Tra trasformazioni, scioglimenti e altre decisioni, sei furono riconosciuti come clan effettivi, la cui appartenenza significava essere qualcosa di più vicino ad un elitè. Il clan dedito alla difesa della natura: gli Akabara della Terra del Vento. Il clan errante dedito all'equilibrio: i Takisō. Coloro che bramavano lo splendore: i Goldi della Terra dell'Erba. Coloro che custodivano la gentilezza: i Shirotsutsuji, sempre della Terra dell'Erba. I portatori dell'ordine: gli Haō, Terra del Vento. Ed alla fine... i clan più rivoluzionario, coloro che combattevano per i deboli ed erano alla ricerca non solo della loro pace, ma di quella di tutti i cinque continenti: il mio clan natale, i Mizukage della Terra della Nebbia.
- Le mie radici mettono piede da una volontà pura: la nascita del clan era dovuta all'idea che tutti avevano il diritto alla vita, non solo i più forti. Anche se non ho basi, sono convinto che il primo avvento della Materia Oscura sia una delle motivazioni principali per cui era nato questo clan. Per noi, l'esistenza era ciò di cui più importante ci potesse essere, ed il nostro obiettivo era diffondere il verbo agli altri nostri coetanei, creando un mondo nuovo dove ognuno potesse essere libero di correre per il mondo alla ricerca delle più grandi avventure, perdendosi in paesaggi stupendi e godersi la brezza del vento in un soffice prato. L'idea delle missioni e delle richieste era una nostra idea, che poi è stata importata in quella che conoscete come "Società Esplorativa".
- All'inizio non c'erano ricompense: davanti al villaggio d'origine, Albachiara, venne costruito un enorme bacheca di legno, dove ogni pokémon poteva affliggervi una richiesta. Le tecniche che sviluppammo derivano da conoscenze misteriose, il cui seme si trova nel mondo umano. Non abbiamo mai avuto idea di come ci siano state reperite, ma ne abbiamo fatte tesoro e la maggior parte le abbiamo trasformate in tecniche per la difesa e per il salvataggio, volte a risolvere le situazioni più disparate. Uno stile fluido come l'acqua, la fonte della vita e l'essenza stessa del nostro spirito: lo abbiamo chiamato "Mizu no Hijutsu".
- In principio i Mizukage erano adibiti al bene. All'inizio tutto procedeva a gonfie vele: il sistema sembrò funzionare. Non avevamo bisogno di ricompense: producevamo tutto da soli, tramite coltivazioni e raccolta di funghi. E' da mia madre che imparai come cucinarli: ricordo come se fosse ieri la deliziosa Ratatouille che mi preparava Sabato a pranzo. Ma questa è un'altra storia...
- Il seme era nato dal bene, ma alcune foglie seccarono e marcirono, rischiando di rovinare anche l'albero principale. Non ero ancora venuto in questo mondo: ho imparato tutto tramite i libri, quindi non so quanto possa essere attendibile la mia versione. Nonostante la qualità del lavoro e il benessere dei miei avi, le nuove generazioni cominciarono a chiedersi sulle motivazioni che spingeva i Mizukage a sacrificarsi in quel modo, andando a dubitare persino del senso delle opere samaritane. Cominciarono a chiedersi perché non fossero riconosciuti come superiori rispetto agli altri, del perché non ricevessero ricompense consone al duro lavoro e del perché bisognasse impegnarsi così tanto, quando era chiaramente impossibile sopprimere tutto il male del mondo. Un secondo seme germogliò nel giro di una decina d'anni, andando a formare una scissione all'interno del villaggio. Ci furono scontri, ci furono battaglie, ci furono perdite: alla fine, la parte giusta del villaggio riuscì a prevalere sui disertori, sconfiggendo la parte malvagia. Tuttavia, questa era una sconfitta da ogni fronte: non solo le tecniche che i miei antenati avevano sviluppato erano state usate per la violenza, andando a togliere vite, ma avevano alzato le armi contro i loro stessi fratelli, finendo per autodanneggiarsi gli spiriti. Da quel giorno i miei antenati impararono un'importante lezione: non c'è bontà completa se non si ha la forza di mantenere gli ideali. Riconoscendo tale errore, non si sentirono di eliminare definitivamente gli ultimi protestanti, che nel frattempo avevano compreso il dolore e l'orrore di alzare le armi contro i propri fratelli, ma decisero di bandirli, nella speranza di trovare la risposta alla domanda di quale fosse la strada giusta da prendere. Anche dietro quell'atto c'era una volontà buona: il perdono; la riconciliazione; ridurre la sofferenza. Quello... fu l'errore più grave che i miei avi avessero mai fatto.
- I reietti si allontanarono al punto di isolarsi, per non avere più a che fare con il vecchio villaggio, fondandone uno loro e creando le loro regole. La volontà ereditata dai vecchi fratelli non cessò di esistere: divenne più forte che mai, fino a raggiungere il lato più estremo della giustizia. Dopotutto entrambi volevano la stessa cosa: un mondo senza il male, senza i conflitti e senza la guerra. Se possiamo identificare il vecchio villaggio come la luce bianca che salvava il male, il nuovo divenne il fascio nero che cancellava tutto ciò ritenuto un ostacolo, buono e malvagio che sia. Il loro obiettivo non divenne più la semplicemente la pace, ma l'elevarsi agli altri pokémon nell'ombra, per affinare le proprie abilità e diventare dei geni del combattimento, il cui solo nome doveva incutere timore e rispetto. Puntarono a diventare i migliori, con la speranza di poter guidare le generazioni future con la forza e la paura, imponendo i propri ideali. Col tempo... il combattimento divenne per loro più che un modo di essere i migliori: cominciarono a sviluppare un piacere per il sangue, arrivando a sviluppare tecniche che mettevano in luce la bravura dell'uno sull'altro, la cui soddisfazione non risiedeva nell'utilizzo, ma nella riuscita in ciò che gli altri non potevano fare. Le richieste di soccorso divennero esigenti: le ricompense per il loro lavoro erano esorbitanti, ma garantivano il 100% di riuscita. Era difficile trovare il servizio dei Mizukage più conveniente del nuovo clan, se non fosse per un tipo di richiesta che ci eravamo sempre rifiutati di fare, forte del nostro codice morale...
- Quella fu la nascita del clan più spietato delle cinque terre, che in futuro avrebbero fatto tremare l'intero pianeta e che avrebbe distrutto l'entità degli altri clan, dando inizio alla Guerra dei Sette Giorni, la grande macchia nella storia dei Pokémon. Il clan degli assassini: gli Shinikage.
- Come vi ho già detto, il mio nome è Mizukage Benji. All'epoca avevo vent'anni ed ero già uno Slowking. Incontrari Libero alle pendici di una cascata, con il ventre rovinato e svenuto per uno sforzo immane. Non ci pensai due volte a curarlo: conosco la mossa Ondasana, quindi per me fu un gioco da ragazzi. Di solito i Milotic sono creature solitarie: la loro bellezza è talmente folgorante che sono sempre al centro dell'attenzione, quindi per natura cercano sempre di isolarsi dal resto dei pokémon. La sua coda veniva considerata una prelibatezza, al pari della Codaslowpoke: pensai avesse combattuto contro qualcuno in cerca di quel bocconcino. Invece... scoprì con stupore che aveva percorso da solo quasi cinquanta chilometri sul terriccio. Rimasi sconvolto: all'inizio non me ne capacitai del perché un pokémon d'acqua come lui si fosse spinto a tanto. Dopo averlo sistemato, seppi successivamente che aveva approfittato di un disordine nel suo clan per fuggire da esso. Non ha mai voluto rivelarmi quale fosse: insistette per essere chiamato con il nome di Libero.
- Se è possibile dare l'aggettivo di "strano" ad un pokémon, lui era il più strano di tutti: nonostante stesse per bussare alle porte del paradiso, quando si svegliò cominciò a farmi domande che non centravano nulla sulla sua condizione. Voleva sapere tutto: chi fossi, da dove venissi e quali fossero le mie passioni. Quando invece chiedevo a lui qualcosa, mi rispondeva "è un segreto", con un sorriso beota sul volto. Non voleva che lo portassi a casa mia e nemmeno che gli indicassi un posto dove stare: voleva riprendere subito il viaggio nonostante la sua condizione. Riuscì in qualche modo a convincerlo a riposarsi, sistemandolo in una grotta con un focolare. Quando gli arrostì qualche fungo che avevo raccolto e lo mangiò, il suo volto divenne felice come quello di un bambino. Quando seppi che era dieci anni più grande di me non ci volevo credere!
- Mi disse il suo obiettivo: fondare un villaggio dove chiunque potesse rifugiarsi per fuggire da qualcosa, da una famiglia troppo opprimente o da un dungeon invivibile. All'inizio voleva solo salvare coloro che volevano stare per i fatti propri degli altri clan: quando io ero ancora al mio villaggio natale, c'erano degli attriti non trascurabili tra di loro. Stavano cominciando ad affermarsi e ad espandersi: divenne normale discutere di questioni territoriali. I Goldi erano già spariti da quello che sapevo: in quel periodo non si fecero mai vivi. Decise di punto in bianco che avrei dovuto seguirlo: non mi chiese il mio parere, ma mi ordinò di venire con lui. Non che fossi completamente contrario: anche il mio villaggio aveva problemi di questo tipo, costringendo ad adibire alcuni dei nostri a combattere per la vita e la difesa di Albachiara. Ma perché dovevano essere tutti pessimisti? All'epoca, era questa la mia corrente di pensiero. Ero un ingenuo: credevo che alla fine avremmo risolto nel migliore dei modi. Ma lui riuscì a convincermi, in un modo inconfutabile e inviolabile. Ne avevo sentito parlare, ma non ne avevo mai avuto una dimostrazione: al villaggio nessuno era in grado di farlo. Libero era in grado di aprire il portale dell'origine, il Genshinomon.
- L'aveva sempre tenuta segreta per paura che i suoi fratelli la usassero per scopi poco ortodossi, riconoscendolo come un potere pericoloso. Riusciva a fare quello che nessun altro mortale era in grado di fare: prevedere il futuro.
- La mia faccia fu la medesima della vostra. Spiegandomi l'abilità, mi disse che funzionava a voci: chiudendo gli occhi era in grado di sentire dei bisbigli nella sua testa. Se si concentrava su un qualcosa di particolare, poteva avere una visione su quell'oggetto e persona. Mi fece subito una dimostrazione: riuscì a prevedere, nonostante fosse estate, una nevicata improvvisa alle quindici del giorno dopo. Fu così che riuscì a convincermi a seguirlo: mi disse che aveva predetto una grande guerra tra i clan, che avrebbe tolto la vita ad un sacco di pokémon innocenti. Fondammo un piccolo villaggio per raccogliere coloro che non potevano lottare e volevano trovare la gioia della vita in armonia, un villaggio dove le lacrime potessero essere solo un lontano ricordo: Crillaropoli.
- All'inizio eravamo solo una ventina: giovani allegri e bonari, ma anche artisti e coltivatori. E' in quel periodo che ci siamo conosciuti io e Satoru. Nel giro di una decina d'anni diventammo mille, e la forma della cittadina lontana dal tempo prese sempre più forma. Questo spazio l'avevamo scelto in modo che fosse lontano dagli altri clan, completamente isolato. Onde evitare di rimanere indietro o di avere a che fare con minacce esterne, alcuni di noi si dedicarono al combattimento, imparando tecniche di camuffamento e di fuga. Da questo lato fummo molto fortunati: tra alcuni di noi si insediarono degli Akabara e dei Takisō, che ci fornirono tutte le loro conoscenze e le loro tecniche più efficaci. Eravamo felici. Davvero felici...
- Il sorriso svanì allo scoccare dei miei quaranta anni. Il villaggio fu colpito da una crisi che cambiò il morale del nostro paradiso celato. Dovettimo fronteggiare due muri invalicabili. Il primo, fu una malattia che colpì il povero Libero, una malattia incurabile chiamata "Seppuku no Kyōjinji".
- Nemmeno con le conoscenze delle nostre Shirotsutsuji, che nel frattempo avevamo accolto alcuni di loro, fu possibile fare qualcosa. Se avete visto la statua nella piazza principale, potete immaginare come sia andata a finire...
- L'altro muro fu la sovrappopolazione. In quell'anno sarebbe scoppiata la Guerra dei Sette Giorni: una guerra all'ultimo sangue, iniziata dagli Haō. Non ne so molto, ma sembra che gli Shinikage avessero intenzione di distruggere gli altri clan una alla volta, tramite assassinii organizzati. Il portatori dell'ordine chiesero aiuto alle altre fazioni, coinvolgendo Akabara, una parte dei Shirotsutsuji e i miei confratelli, i Mizukage. I Takisō stettero neutrali rispetto ad essa. Nonostante il soprannumero della parte coalizzata, il vantaggio rimase degli Shinikage, più propensi allo scontro e con un volere freddo di uccidere maggiore. A causa di questo, un flusso di poveri pokémon arrivarono a Crillaropoli presi dalla disperazione, in fuga dalle loro stessi coetanei, da dungeon devastati e da piccoli clan infervorati. Per lo più erano famiglie con bambini ancora infanti, pieni di ferite per il lungo pellegrinaggio. La situazione divenne insostenibile: decisi di mantenere a tutti i costi il voto della mia città, così come Libero, che nella sua condizione fece comunque tutto il possibile per accogliere i poveri profughi. Ma non riuscimmo a dare le case per tutti: dovemmo fare i salti mortali per costruire abitazioni su due piedi, utilizzando tutto il legno che avevamo. La gente cominciò a lamentarsi, mentre la disperazione continuava a dilaniare. Fummo costretti a prendere una decisione: chiudere le porte ai forestieri e sistemare le cose all'interno, o diventare attivi e dichiarare guerra ai clan, per la difesa della nostra pace. Io stavo dalla seconda parte: impedire l'accoglienza e rompere il nostro voto era una cosa che non avrei mai potuto fare. Libero, invece, non voleva fare nessuna delle due: secondo lui, entrambe le scelte avrebbero portato alla distruzione di Crillaropoli come lui l'aveva pensata. Ma non potette combattere a lungo per questa sua opposizione: la malattia lo costrinse a letto, lasciando a me l'intera amministrazione. Rimasi combattuto: sapevo che, in qualità di fondatore, avrei dovuto pensare al bene del villaggio, ma mi avrebbe addirittura addolorato ancor di più tradire la fiducia del mio amico. Così... elaborai un piano, all'insaputa del mio compagno: mi misi d'accordo con il capo degli esploratori all'epoca, organizzando una falsa disputa che avrebbe mantenuto l'equilibrio, ma che ci avrebbe permesso di fare qualcosa. Il capo fece finta di litigare con me, nella grande piazza, autoesiliandosi dal villaggio e intimando coloro che avevano la sua stessa visione a seguirlo. Andarono via cinquanta pokémon in totale... tutti i nostri esploratori, di cui non ebbi più notizie. Almeno... fino a tre mesi dopo.
- No. Successe l'opposto. Tornarono sani e salvi. Tutti quanti.
- Dissero che non avrebbero mai potuto predire cosa sarebbe successo: un gruppo di pokémon si schierò come terza potenza, sfidando tutti e due gli schieramenti e dichiarando la loro vittoria. Dichiararono che la guerra dovesse finire quel giorno e si buttarono nella mischia. Undici combattenti... bastarono undici combattenti per porre fine alla battaglia, sconfiggendo tutti i pokémon sul campo di scontro! Fu un miracolo: riuscirono persino a domare l'assassino più forte degli Shinikage, arrivando persino a fargli fare una stretta di mano. Capite? Un essere sanguinolento come quello! Una semplice stretta di mano!
- Jūichi... Kiri no Kenjū... (*)
- N-ne ho sentito parlare da Buizel. Secondo quello che ha detto, le Kiri no Kenjū sono i più grandi criminali mai esistiti su questo pianeta. La loro forza è considerata leggendaria, al pari se non più forte di un primogenito. Sono cruenti e a carico loro hanno tante vite: dei tipi con cui non bisogna avere a che fare. Hanno fatto perdere le loro tracce trent'anni fa, scomparendo dal nulla. Non sono mai stati catturati: nessuno ha più notizie di loro da decenni, e nemmeno quale sia il loro obiettivo principale. Si sa solo una cosa...
- Sono... dei spadaccini Pokémon.
- Non gli ho mai conosciuti... Non gli ho mai incontrati. Le voci della loro esistenza mi sono giunte durante la mia vita prima del GIP, un vagabondo che adorava il combattimento tagliente. Le loro leggende sono state la mia infanzia, la mia ispirazione. La Croconaw invisibile. Kiriken no Kenkaku: Kirikaze Grigia. Lo Zangoose imprevedibile. Suiken no Kenkaku, Murasakibara Loki. Il Kabutops del terrore. Meiken no Kenkaku: Meishin Urie. Il Riolu rosso inarrestabile. Muken no Kenkaku: Acido Vermiglio. L'Aegislash sinistro. Maboroshi no Kenkaku, Shichiyō Charlie.
- L'Armaldo indistruttibile. Gantoku no Kenkaku, Rokkaku "Lionheart" Aldo. Il pokémon senza volto. Kami no Kenkaku: Gogomaru Kamikami. Il Dartix che vedeva ogni cosa. Hiyōken no Kenkaku: Shishin Tora. Il Samurott nero della devastazione. Shikai no Kenkaku: Mitsuteru Ishida. Il Toxicroak della morte. Sōkiba no Kenkaku: Nifuku Tokuso. Ed infine... - disse alzando lo sguardo verso l'alto, puntando il ritratto dello Sceptile al di sopra di tutti, con una taglia sulla testa di ben 2.500.000 poké, - Il più forte di tutti: Hyakuken no Kenkaku, Ichigan Hariyama. (*) Si racconta che fosse in grado di tagliare una montagna con un solo movimento delle sue braccia, e che bastasse semplicemente il suo sguardo per farti a fette l'animo...
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- Beh... ecco... Vi ho già detto che non ho avuto modo di vederli... Non sono mai venuti qui, ed io non ho mai partecipato alla guerra. Tutto quello che vi posso dire sono voci...
- Flamebringer Kintaka (*) : è un Arcanine dalla criniera d'orata. Non ha più lo smalto di un tempo, ma è rimasto un punto di riferimento per i giovani del villaggio. Era forte e fiero... adesso ha toccato i sessantatré anni.
- Dunque: purtroppo, come vi ho detto, i nostri confratelli non arrivarono in tempo per diventare incisivi: quando iniziarono a combattere, dopo poco tempo apparvero quegli spadaccini, prendendosi per loro il centro dell'attenzione. In realtà, non avrebbero fatto comunque molto. Kintaka fu ferito gravemente ad un certo punto: fu colpito alle gambe posteriori da un Crawdaunt. Non ricorda poi cosa successe: disse che diventò tutto buio in quell'istante. L'unica cosa che si ricorda... e che ci fu un momento che si svegliò nella base temporanea dei Mizukage, nella tenda dei feriti. Riuscì ad intravvedere l'ombra del pokémon che l'aveva salvato, ma non riuscì a distinguerlo...
- Purtroppo so solo questo, - continuò il sindaco, - ed il fatto che, quando si riprese e tornò a combattere, la guerra era già finita. Si ricongiunse con i compagni e tornarono a casa. Non so altro su quella guerra, ma so cosa successe dopo. La situazione dei clan cambiò dopo quel periodo. Ci furono gravi perdite da entrambi i lati. In quello scontro, il clan degli Haō fu completamente sterminato. Erano sempre stati un gruppo molto riservato: i loro numeri rappresentavano la minoranza in campo. Erano scesi tutti quanti in guerra, mossi dalla volontà di distruggere gli Shinikage a tutti i costi, per una ragione a me ignota. Per il resto, gli Akabara furono ridotti all'osso, mentre i Mizukage e i Shinikage furono quelli con il minor numero di feriti. Le Shirotsutsuji non subirono perdite, visto che non parteciparono mai allo scontro diretto. Loro erano i dottori: nessuno di loro combatté. I clan, dopo la conclusione, stipularono un patto di non aggressione che sancì la fine della guerra. Nonostante la parte offendente fossero gli Haō, gli Shinikage si offrirono di pagare il pegno di guerra al resto dei partecipanti.
- Stentai a crederci pure io quando me lo disse, ma a quanto pare andò così. Kintaka aveva assittito all'intera scena: firmarono un foglio di pergamena usando le loro orme. I contraenti furono cinque: quattro pokémon, i membri più importanti tra i clan, ed un quinto, il capitano delle Kiri no Kenju.
- Si impegnarono, da quel giorno in poi, a non affrontarsi più e a rispettare la presenza degli altri clan: nessuno di questi avrebbe mai messo piede negli altri villaggi, e non sarebbero mai entrati in conflitto. Inoltre, gli Shinikage proposero un cambiamento che avrebbe posto fine alla spirale d'odio in cui si trovavano: sotto suggerimento del loro membro eletto, abolirono le missioni di uccisione. I clan ritornarono nei loro rispettivi villaggi, dando la nascita ad un nuovo futuro... di speranza...
- I clan non sono delle entità così distanti dal nostro tempo. La loro esistenza... è terminata solo di recente: undici anni fa, per la precisione.
- Non so molto... in verità, - disse sconsolato, - visto che dalla conclusione delle battaglie e la mancanza di problemi al nostro villaggio non ci siamo più preoccupati di mantenere i legami con gli altri clan. Ci siamo limitati alle voci e ad il loro stato nel mondo. Successero tante cose dopo quell'avvenimento: dalla fine della guerra, non si ebbero più notizie dei Takisō. Non che fossero stati sempre di presenza: intervenivano solo quando era necessario, ma tutto ciò che successe dopo, che si suppone avrebbe richiesto il loro aiuto, ci fa presupporre si siano sparsi per il mondo e si siano stabiliti da qualche parte, sciogliendosi. Gli Akabara, invece, sparirono dalla circolazione. Il loro villaggio natale, Lafocoropoli * , fu trovato dai nostri esploratori completamente abbandonato. Non diedero neanche spiegazione ai Mizukage, con cui avevano mantenuto ottimi rapporti. La stessa situazione si presentò a Mapsi *, la cittadella delle Shirotsutsuji: completamente vuota, sia di pokémon che di cibo. Normalmente chiunque non era coinvolto direttamente avrebbe lasciato correre: io stesso gli avevo detto che, finché non ci sarebbero stati problemi, di rimanere a Crillaropoli e pensare alla sua gente. Ma... Kintaka non fu di questo avviso. Partì in missione con qualche suo compagno, per raggiungere la vecchia Albachiara. Purtroppo per lui, nemmeno i Mizukage seppero darsi ragione di quegli avvenimenti. Facendosi scortare da alcuni membri delle famiglie più nobili dei miei vecchi paesani, arrivarono persino al villaggio Neronotte, il paese degli Shinikage. Fu lo stesso eroe della Guerra dei Sette Giorni, quello che aveva firmato il patto d'armistizio, a riceverli. Seppe più avanti che era diventato il primo consigliere del suo paese, oltre che il primo comandante delle forze speciali. A detta sua fu rassicurante: alcuni dei paesani non mostrarono sguardi cordiali nei confronti degli ospiti, il ché gli procurò della paura che gli rimase per tutto il tragitto a casa sua. Purtroppo, nonostante lo sforzo enorme per compiere quel passo, fu inutile anche per loro: secondo il nostro affidabile esploratore, lui non aveva mentito riguardo alla mancanza d'informazioni. Si rivolsero anche al loro sindaco, ma non ci fu nulla da fare. Provò persino a contattare le Kiri no Kenju, ma... divenne pressoché impossibile.
- In quel periodo nacque la Società Esplorativa, quella che vi ha fatto diventare quello che siete. Non abbiamo idea del perché, ma questa cominciò a mettere al bando l'arresto degli spadaccini, dicendo che, a loro carico, c'erano dei gravi conti in sospeso: cose come assassini al di fuori della guerra, furti aggravati e la devastazione di interi dungeon. Prima non era un problema: era abbastanza comune che questo succedesse in merito a questioni territoriali. Dall'istituzione, però, l'assassinio divenne intollerabile. Per la loro bravura con le mosse da taglio, vennero etichettati come elementi pericolosi. Che sia chiaro: non credo ad una sola parola di questo.
- Sta di fatto che fecero perdere le loro tracce, ponendo fine alla loro stessa leggenda. Che ironia: si voleva combattere il "male" ma, dalla loro scomparsa, il crimine aumentò ai livelli che conoscete ora. Kintaka tornò a casa, riferendomi tutto questo. Nonostante tutto, decisi di non intervenire attivamente e di concentrarmi sulla cura del villaggio, mantenendo fede alla volontà del mio vecchio amico Libero. Riuscimmo a rendere stabile l'ambiente, sviluppandoci fino ai livelli di una metropoli, tagliando completamente i ponti con l'esterno. Abbiamo la fortuna di avere intorno dungeon e territori inavvicinabili da normali pokémon, oltre al fatto che, il cratere intorno, ci tiene ben nascosti da occhi indiscreti. Facemmo largo uso della tecnica lasciataci dagli Akabara, Hoshi Hōseki, per rendere invarcabile le possibili soglie. Controllavamo noi il flusso: facevamo entrare solo i davvero bisognosi. Abbiamo comprato gli abitanti dei dungeon vicini: in cambio del rispetto degli spazi altrui, abbiamo potuto recludere aree intere, rendendo invalicabile il territorio di the Hills. Tutto ciò... tredici anni fa.
- Undici anni fa. Centosessantanovesimo anno del serpente. Da noi arrivò come una nebbia: una foschia indefinita senza la possbilità di vedere un palmo dal naso, chiedendosi se aldilà ci fosse il male o il bene. Era mezzogiorno: stavo servendo al tavolo di Satoru. Ricordo bene quel giorno: come una furia dirompente, Kazumi, una Rhydon, una delle nostre esploratrici, arrivò agitatissima nel ristorante, entrando spalancando la porta. Mi disse di correre subito alle porte del villaggio per una grave emergenza. Kintaka era già sul posto: io dovetti lasciare tutto in mano alle mie cameriere fino al mio ritorno. Venne anche Satoru con me...
- Davanti a noi stavano più di una trentina di pokémon in condizioni pessime, ricoperti di ferite dalla testa ai piedi, accasciati al suolo e privi di forze. Appena mi vide, Kintaka mi corse incontro, dandomi i dettagli. Era lì di passaggio, ma aveva avuto modo di vedere costoro avvicinarsi all'entrata camminando lentamente, guidati da una sola pokémon in avanguardia. Quando arrivarono davanti, caddero a terra come fuscelli di legno, mentre la piccoletta fece di tutto per varcare la soglia. Svenne tra le sue zampe, prima di sentire dire "salvateci" dalle sue labbra. Ordinai immediatamente di raccogliere i feriti e di preparare delle tende di emergenza, procedendo ad un trattamento istantaneo. Chiamai a raccolta i nostri cittadini ex Shirotsutsuji, dicendogli di prendersi cura di loro. Pian piano che ripresero conoscenza, la prima cosa che dissero era di uscire dal villaggio e recuperare altri pokémon in gravi condizioni, svenuti prima di varcare la soglia del villaggio. Seguendo a ritroso le loro orme... raccogliemmo tutti gli sfortunati. Ammontarono a trecentoventicinque feriti: tutti quanti di tipo Acqua, dalle età disparate. Colei che era a loro capo, una Popplio di sei anni, spiegò a tutti noi l'orrore dietro a quell'avvenimento così inquietante, così come la verità dietro alla scomparsa... no, all'estinzione degli altri clan.
- Quei feriti venivano da Albachiara. Erano dei Mizukage.
- Erano stati attaccati: un numero indefinito di forestieri misero a ferro e fuoco il loro paese, massacrando ogni essere vivente al loro interno, senza alcuna pietà. Distrussero case e giardini, trasformando la mia città natale in un cumulo di macerie. I sopravvissuti erano stati salvati dalla piccoletta, che a quanto pare era dotata di poteri curativi. Quando seppi chi fossero i responsabili... divenni furioso.
- Avevano mentito... avevano ingannato... avevano fatto un patto con gli altri clan e assicurato cambiamenti, tradendo i loro stessi antenati e le loro stesse parole. Undici anni fa Akabara, Shirotsutsuji e Mizukage furono sterminati dagli Shinikage.
- Il loro vero obiettivo della pace non era la conclusione della guerra, - continuò Benji, - ma organizzarsi per far cadere uno ad uno tutti gli altri, in modo che solo loro fossero i detentori del potere e poter imporre il proprio predominio sugli altri pokémon. Né io, né Satoru, né Kintaka potemmo rimanere indifferenti: era chiaro che prima o poi avrebbero fatto la loro mossa anche sulla mia città, se fossero venuti a sapere degli insediamenti di vecchi membri dei clan. Da quel momento in poi, raccolsi i pokémon più forti del mio villaggio, chiedendo a Kintaka e Kazumi di addestrarli e prepararli al combattimento. Non potevamo più rimanere in disparte: era necessario essere preparati al peggio. All'inizio decidemmo di non lasciare il villaggio, organizzandoci per una guerra di territorio, preparandoci al peggio. Nonostante la lunga preparazione e il pericolo imminente, aspettammo sei mesi, il tempo stimato che ritenemmo fosse necessario agli Shinikage per organizzare un piano successivo. Peccai d'impazienza. Dopotutto ero recentemente entrato nella mia settantina: non avrei mai permesso al mio corpo di tirare le cuoia fino a che non avessi avuto la certezza che fossero sani e salvi. Decisi di partire con l'esercito che avevamo formato io e Kintaka, lasciando a Satoru l'amministrazione del villaggio. Andammo nella Terra della Nebbia, guidati da alcuni Mizukage. Usammo un condotto sottomarino creato da questi per raggiungere il continente, lo stesso che avevano usato per scappare. Tornammo ad Albachiara, dove assistetti con i miei occhi alla mia terra natia in rovina, lasciata ad un cumulo di macerie... Vidi... anche ciò che rimase dei miei genitori. Erano solo scheletri: gli riconobbi... per i loro vestiti...
- I-impiegammo sei giorni per arrivare a Neronotte... Decidemmo... di fare un attacco a sorpresa, per poterli prendere alla sprovvista. La strada avrebbe dovuto aprirla Kintaka... Dovevamo passare per un'unica entrata: usammo una tecnica delle Shirotsutsuji, Yōkai no Yume (*), che permetteva di diventare invisibili per un piccolo lasso di tempo. Ma entrammo... senza problemi...
- Quando arrivaste al villaggio... Non trovaste nessuno.
- Al loro posto... c'erano migliaia e migliaia di cadaveri scheletrici, il cui unico organo stranamente intatto era l'occhio destro, dall'iride gialla e la pupilla stretta.
- Ho visto tutto, - disse deciso, - compreso quello che era successo dopo: avete vagato per Neronotte per ore, senza trovare niente. Case, libri, arene e negozi: in quel villaggio, quando arrivaste, non era rimasto niente. Avete trovato tutti i membri del clan Shinikage morti e il periodo del decesso risaliva dieci giorni dopo la caduta di Albachiara, non lasciandovi alcuna speranza né nel compiere la vostra vendetta, né per trovare un altro responsabile, dovendo così buttare sei mesi di addestramento e sofferenza.
- Esattamente... - ammise il sindaco, - tornammo a casa raccontando il resto ai nostri paesani ciò che avevamo visto. Non sapevamo se essere sollevati o meno da tale situazione: ci rimase... solo un enorme vuoto nel cuore. Decidemmo di lasciarci alle spalle il passato e di continuare la nostra coesistenza futura con i Mizukage sopravvissuti, lontani da occhi indiscreti. Rendemmo più accentuata la politica di isolamento: poiché eravamo i rimasugli di vecchie civiltà, ritenemmo fosse la decisione giusta tenere per noi le nostre conoscenze.
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