•Sirius Black• ~Echo~


Hello, hello
anybody out there?
'cause I don't hear a sound.
Alone, alone.
I don't really know where the world is, but I miss it now.

L'unico rumore che si sentiva era il lento scrosciare della pioggia, al di fuori.

La cella umida, cupa, le ombre sinistre ad ogni angolo.

Le urla dei prigionieri, strazianti attimi di dolore, prima del silenzio.

Non si moriva veramente, si cadeva e basta. Riversi sul lercio pavimento di una cella, come dormienti. Un po' di sangue, l'unica presenza del cambiamento, provocato dallo sbattere della testa al suolo.

Il pane ammuffito, l'acqua sporca e putrida, cibo per i topi, degni compari dei prigionieri.

Topi.

Un topo era anche quello che aveva tradito Sirius e i suoi amici.
Un topo era anche quello che tempo addietro veniva considerato un amico, da chi aveva contribuito ad uccidere.
Un topo era anche un ragazzo, tempo fa. Un ragazzo leale, timido ed impacciato, coraggioso e affidabile.

Un topo era anche Peter, l'essere che Sirius odiava con tutto il suo cuore.

Un cuore nero, come il suo cognome.

Un cuore graffiato, più volte.
Un cuore che, grazie all'affetto dei suoi amici, aveva rimarginato le sue ferite.

Un cuore che, quella volta, era stato frantumato in mille pezzi.

Cuore pieno di speranze, infrante quella gelida sera che fu il 31 ottobre 1981.

I'm out on the edge and I'm screaming my name, like a fool at the top of my lungs.
Sometimes when I close my eyes, I pretend I'm alright,
but it's never enough.

A Sirius non importava nulla oramai.
Non gli importava di dormire, non gli importava di mangiare, non gli importava di bere, non gli importava di vivere.

Tante volte avrebbe voluto lasciarsi andare, semplicemente.
Cedere alle maledizioni, agli stenti, al dolore, al rimorso.

A volte invece sembrava un bambino, si convinceva che tutto sarebbe finito presto, che si sarebbe svegliato; illuminato dalla luce prepotente del sole mattutino, o dalle urla di Lily Evans, che doveva arieggiare la stanza.

Ah Lily Evans, donna ammirevole!

Studentessa modello, amante della lettura, molto coraggiosa e disponibile, tenera ma tenace, dolce ma volitiva.
Una vita fatta di semplicità e di genuinità.
Una vita, che la morte aveva spezzato troppo in fretta, ansiosa di prenderla con sé.

James, fratello, amico, malandrino.
Gli sembrava di sentire ancora le ali del suo boccino frullargli prepotentemente nella testa, o le battute perverse che si scambiavano il sabato sera, rievocando scappatelle notturne con la popolazione studentesca femminile.

Le sue risate fragorose, la sua ossessione per la rossa durata sette anni, la sua passione per il Quidditch, e i suoi capelli perennemente arruffati.

La gioia nell' annunciare il suo fidanzamento con Lily Evans; che, a breve tempo, avrebbe cambiato cognome in Potter.
La tenera goffaggine con cui aveva preso in braccio Harry per la prima volta.

Già, Harry.

Era lui che gli dava la forza, era lui la sua ragione per continuare.
La mano paffutella e dolce del bambino, che teneva saldo il sottile filo della sua vita, facendolo vacillare in alcuni attimi, in preda alla paura.

Paura che affliggeva tutti, in quel periodo.

Paura che affliggeva gli anziani, che avevano sulle spalle anni e anni di esperienza, ma che sembravano disarmati di fronte a tanta malvagità. Incapaci di lottare, o di agire, secondo le lezione che avevano imparato nel corso degli anni.

Paura che affliggeva gli adulti, che si chiudevano in casa, diffidenti l'uno dell' altro.
Divisi nel momento in cui serviva unità.

Paura che affliggeva soprattutto i bambini; che, seppur non consapevoli di tutto il male del mondo, sentivano sulla pelle l'opprimente drammaticità di quegli anni.

Bambini che non potevano guardare le stelle, la sera, per non vedere il Marchio Nero, impresso imponente nella volta celeste, luminoso nella notte.

Bambini che non potevano correre in libertà, di giorno, per non venire attaccati. Per non essere nuove vittime, di quella ceca salita al potere.

Bambini che venivano privati della loro libertà, sia di giorno che di notte, costretti a coltivare i loro sogni di nascosto.
Di nascosto dal male. Di nascosto dal bene.

Bambini che rinunciavano alla gioia, alle amicizia, alle festività.

La notte del 31 ottobre non c'era nessun bambino per le strade.

L'unico bimbo era il ricordo, represso, di quello che era diventato un uomo.
L'unico bimbo che si vedeva camminare era quello nascosto, di un uomo che temeva il suo passato.

Chissà... Magari la varietà di colori dei travestimenti dei bambini, avrebbe fatto risaltare il nero del suo mantello.
Nero come l'odio.
Nero come il buio.
Nero come il male.

Però non c'era nessun bambino.
Per le strade.

Un unica maschera sospinta dal vento, si poggiava lievemente sull' asfalto.
Una maschera nera, lucida, bagnata dalla pioggia, in una cupa notte.

'Cause my echo, echo
Is the only voice coming back.
Shadow, shadow
Is the only friend that I have.

Il peggio avveniva di notte.
Era di notte che i rimorsi, la sofferenza, il dolore, le lacrime e l'amarezza si impossessavano di Sirius Black.

Durante il giorno non aveva tempo per pensare, doveva sopportare la maledizione cruciatus.

Ma dopotutto era contento. Contento di provare dolore.
Perché provando dolore fisico, non pensava a quello mentale.

Se di giorno, sfacciatamente non urlava, per non dare la soddisfazione di vederlo soffrire, di notte era diverso.

Di notte urlava, urlava il suo nome.
E negli attimi di follia, credeva che fossero i suoi amici a chiamarlo.
Invece erano solo le pareti, contro cui Sirius si accasciava, scosso dai singhiozzi.

Chi aveva conosciuto Sirius durante gli anni a Hogwarts, non avrebbe mai detto che il moro piangesse.

Ma Sirius non era forte come tutti credevano.
Almeno, era forte davanti alle persone che non meritavano la sua debolezza.

E ora era lì, con le ginocchia al petto, i capelli neri lungo il viso, gli occhi rossi dal pianto, privi del loro solito luccichio, e calde lacrime gli solcavano il volto.

Ora era lì: dentro una cella angusta, di una prigione opprimente, in un periodo cupo, con il cuore infranto.

Era lì, con la sua eco a chiamarlo, a rassicurarlo, a ripetere il suo nome milioni di volte, dissolvendosi piano piano, nel silenzio della notte.

Listen, listen.
I would take a whisper if that's all you had to give.
But it isn't, is it?
You could come and save me, and try to chase the crazy right out of my head.

“Sirius... Sirius svegliati!!"
Un bimbo dai capelli neri scuoteva il fratello, nella semi penombra che si creava alle prime luci del mattino.

"Sirius, ti ha fatto male la mamma?"
Ancora nessuna risposta.
Il bambino aspettò, con pazienza.

Solo dopo pochi minuti, Sirius Black diede segno di vita.
Si sedette lentamente sul letto, guardando il fratello negli occhi.
Grigio nel grigio.
Amarezza nella preoccupazione.
Coraggio nel innocenza.

"No Reg, non mi ha fatto nulla. Non preoccuparti."
Gli disse con serenità.
Come fare a dire a un bambino di sei anni, di essere stato cruciato?

"Per fortuna Sir! Ero così preoccupato!" proruppe in un' esclamazione di gioia il più piccolo.

Quindi si issò sul letto, e disse al maggiore:
"Promettimi che nessuno ti farà mai male, e che mi vorrai sempre bene!"

L'interessato fissò intensamente il fratello, che aveva pronunciato quelle parole con sguardo serio, sincero.

Lo abbracciò forte, di slancio.

"Ti vorrò sempre bene Reg, sempre."

Sbam.
Un pugno al muro.
Una lacrima solcò il viso di Sirius, e poi un'altra ancora.
Man mano, iniziarono scorrere copiose e l'uomo, immerso nei ricordi, non se ne accorse.

"Sirius. Felpato. Black del mio cuore. Pucci pucci. Carotinaaaa"
"Mmhh ancora cinque minuti mamma!"

Sirius Black, non aveva nessuna intenzione di alzarsi, quella mattina.
Ma fu costretto dalla risata sguainata del suo migliore amico, James Potter.

"Tu... Come mi... Mamma..." le uniche parole che Sirius comprese, prima che James cadesse dal letto in preda alle risa.

Il Black, minimamente turbato per l'accaduto, si sedette teatralmente sulla pancia del Potter, facendo sfuggire un gemito di dolore a quest'ultimo.

"Questo, è per avermi svegliato.
E quest'altro" aggiunse spostando il peso nelle parti basse del Cercatore "è per aver riso di me."

Quindi si alzò, tendendo una mano al, quasi agonizzante, James Potter.

"Ma Porco Merlino, sei impazzito?
Hai rischiato di far andare in prigione Lily!!"

"Eh adesso cosa centra la Evans?" chiese esasperato Sirius.

"Mi pare ovvio!
Mi hai quasi castrato. Se lo avessi fatto, io non avrei potuto avere figli. Di conseguenza, Lily non avrà mai figli, e non saremo una coppia felice.
Allora lei ti ucciderà.
Ma, essendo così inesperta e pura, la prenderanno.
E sarà costretta a vivere in una prigione per tutta la sua vita.
E sarà tutta colpa tua."
Disse semplicemente James, mettendosi una mano sul cuore, con fare fintamente addolorato.

Il moro, indeciso se portare suo fratello al San Mungo o se ucciderlo direttamente, gli domandò sinceramente:
"Ma come fanno a venirti in mente queste cose alle... alle... alle 4:30 di notte?!"

"Vieni qui lurido cervo spelacchiato.... Se ti prendo ti spello vivo.... Come hai osato svegliarmi a quest'ora della notte??!!" urlò incurante dell' ora, in direzione di un James Potter, che stava indietreggiando lentamente verso la porta.

Lo bloccò, e chiuse la porta, poggiandocisi contro a braccia conserte.

"Ora mi spieghi, per quale assurdo motivo, mi hai svegliato."

"Volevo vedere la tua reazione."
rispose James, entrando nel letto e sistemandosi le coperte.

In quel momento Sirius aveva deciso: il San Mungo era una pena troppo leggera per Ramoso.
Lo avrebbe ucciso di persona.

Dei pugni più forti si infrangevano contro le pareti della cella.
Tutti i ricordi stavano venendo a galla, piano piano.

Era colpa sua, solo colpa sua.
Lily era morta, James era morto. Harry non aveva più i genitori.

Era stato lui, in fondo, a consigliare Peter come custode segreto.
Era stato lui, ad avere un fratello come Regulus, che aveva contribuito all'uccisione in massa di molte persone.
Era stato lui, ad avere una famiglia di mangiamorte.
Era stato lui, a essere un fallimento e un fardello per tutti.

Poteva sentire la voce di Remus, nella sua testa, parlargli.
Se lui fosse stato lì gli avrebbe dato un abbraccio, e gli avrebbe rammentato tutte le cose fantastiche che Felpato aveva compiuto.

Ah Remus, il caro Remus! In questo momento si starà occupando di Harry.
E pensare che doveva essere Sirius, il suo padrino, ad occuparsi del bimbo.
Harry, la cui prima parola fu Felpato, in una calda mattina di fine estate, mentre quest'ultimo lo imboccava.

Harry era molto irrequieto, quel giorno. Continuava a piangere, e si rifiutava di mangiare.
Aveva da poco compiuto un anno, e se ne stava in giardino con solo il pannolino addosso, causa il caldo torrido di inizio agosto.

Era pomeriggio inoltrato, e il bambino strepitava per giocare con la sua mini-scopa, regalatagli per il compleanno, proprio dal padrino.

Erano tempi di guerra, quelli.
James e Lily erano molto preoccupati, ma cercavano di comportarsi nel modo più normale e dolce possibile, con il bambino.

Ad un certo punto, il rombante (e familiare) rumore di una motocicletta, si propagò per tutta Godric's Hollow.
Sirius Black, motocicletta nera, giacca di pelle, lunghi capelli neri e lucenti, occhi grigi magnetici, era arrivato a trovare i Potter.

Dopo essere entrato in casa, e essersi servito da bere come se niente fosse, si degnò di salutare gli ospiti.

Assestò a James una forte pacca sulle spalle, e i due si batterono il cinque.
Furono fulminanti da Lily, che passò accanto a loro borbottando un: "bambini... Roba da matti" cercando di infilare una leggera maglietta al figlio.

Sirius, la squadrò, con un ghigno stampato in volto.
Stava cercando disperatamente di far mangiare Harry, che proprio non ne voleva sapere.

Dopo tempo che parve interminabile, Harry si decise ad aprire la bocca, e mangiare la pappa. Per poi sputarla subito dopo, con smorfie di disappunto.

La donna, allora, provò a dargli un tipo di pappa diverso. E un altro ancora.
Esauriti tutti gli intrugli che Lily aveva preparato, Harry si rifiutava ancora di mangiare.

Lei, leggermente alterata, chiese al figlio:
"E allora cosa è che vuoi!?" aspettando che quest'ultimo lo indicasse con il dito.

"Felpato" rispose invece il bimbo, scalciando per raggiungere il padrino.

Ora le mani di Sirius erano sporche di sangue, e la maglia che indossava, lacera e consunta, zuppa di lacrime.

Era stato un fallimento.

Si era imposto di amare, si era fatto odiare.
Si era imposto di proteggerli, erano morti.
Si era imposto di essere un buon padrino, il suo figlioccio era stato abbandonato alla sola volontà della sorte.
Si era imposto di essere migliore dei suoi parenti, era finito in prigione.
Si era imposto di essere se stesso, e si era creato una maschera.
Si era imposto di vivere, e ora stava morendo dentro.

I'm out on the edge and I'm screaming my name
like a fool at the top of my lungs.
Sometimes when I close my eyes I pretend I'm alright but it's never enough.

Un anno.
Era passato un'anno da quando Sirius Black era stato imprigionato.
Un anno fatto di dolore, di stenti, di paura.
Un anno fatto di debolezza.

Gli anni si festeggiano, di solito.
Sirius sapeva che un anno non era poco, ad Azkaban.
Di solito i prigionieri sopportavano pochi mesi la vita misera ed orrida che la prigione offriva, gli anatemi, il cibo razionato e rancido, le celle sporche e umide.

Aveva visto i giorni susseguirsi lentamente, le notti insonni scorrere.

Aveva ascoltato i lamenti dei suoi compagni, richieste strazianti di aiuto, angosciosi tormenti.

Aveva imparato a vivere in quella cella angusta e cupa.
Era riuscito a non vomitare il cibo, che era in quantità minori ogni giorno, con un sapore scadente e rivoltante.

Era riuscito a sopportare le maledizioni, ad affrontare spavaldo i dissennatori.

Non era riuscito, però, a placare i rimorsi.
Più volte si era chiesto cosa lo tenesse ancora in vita, come mai non riusciva a farla finita.

Non che non ci avesse provato!
Aveva provato a morire di fame.
Aveva provato a soffocare, usando la consunta cintura di cuoio dei suoi pantaloni.
Aveva provato a pugnalarsi, usando l'estremità appuntita del vassoio, sul quale il cibo veniva servito.
Aveva provato a provocare i carcerieri, e i prigionieri, con frecciatine e appellativi di cattivo gusto.

Ma sempre, c'era qualcosa che impediva Sirius di morire.

All'inizio il ragazzo non capiva, si limitava a non tentare altri gesti avventati, capendo che era tutto inutile.

Un giorno, più precisamente una notte, al termine di uno dei suoi soliti sfoghi, capì.

Era Harry che lo teneva in vita. Era l'amore che sentiva per lui.

Erano le sue piccole manine che gli imponevano di resistere, quando veniva atterrato rudemente a terra.
Quelle manine che gli balenavano davanti agli occhi, come a volere dire: "quando usciraì, ti darò un abbraccio, e passerà tutto!!"

Erano i suoi occhietti vispi, così simili a quelli di Lily, a comparirgli davanti prima did addormentarsi.

Era la sua allegria a portare un sorriso spontaneo e inusuale, di questi tempi, sul volto del moro.

Era il suo modo buffo di pronunciare la p, quando chiamava Sirius col suo soprannome malandrino, che faceva quasi tenerezza.

Era quell' adorabile modo di chiamare Felpato, che risuonava sempre nella testa di Sirius; portandogli gioia, portandogli speranza.

Cause my echo, echo
is the only voice coming back.
Shadow, shadow
is the only friend that I have.

"Tanti auguri a me, tanti auguri a me! Tanti auguri a Sirius, tanti auguri a mee"  cantò il moro con voce spenta, indifferente.

Stava disegnando, su un mucchietto di terra, una piccola torta di compleanno.

Era sempre stato bravo a disegnare, ma non l'aveva mai rivelato a nessuno.
Gli unici che ne erano a conoscenza, erano i malandrini.

L'uomo si ricordava perfettamente, come James un giorno, fosse venuto da lui con l'idea più geniale di sempre.

Si stava avvicinando la fine dell'anno scolastico, l'anno che avrebbe segnato il termine degli studi a Hogwarts, per il Black e i suoi amici.

Con l'aiuto delle ragazze, la combriccola realizzò un opera fantastica.

Ovviamente, sia Lily che Remus, si erano dissociati, in un primo momento, dal progetto.

Per poi cedere, miseramente, agli occhi da cucciolo del resto del gruppo.

Alla fine, la loro idea fece un successone!

Certo.... Costò al gruppo una settimana di punizione, ma quelli furono dettagli relativamente importanti.

Ah, le urla della McGranitt quando si ritrovò lo stendardo in sala grande, non se le scordò più nessuno.

I malandrini, (in realtà solamente Felpato) avevano disegnato le facce di tutti loro.
E sotto avevano scritto:
"State per perdere gli studenti più sexy della scuola, gente!!"

Inconsciamente, il ragazzo si mise a ridere sommessamente.

Guardando la sua piccola torta, disegnata sul terreno, gli venne in mente il suo compleanno per i diciotto anni.
Fu quello più bello della sua vita!

Quella mattina Sirius fu, letteralmente, rapito dalla sua camera da letto.

Se ne stava tranquillo nella sua camera. Era raggomitolato nel letto, a godersi il caldo del piumino, in una posizione decisamente non troppo virile per la sua persona!

La nebbia appannava le finestre, e il ragazzo, ancora in uno stato di tranche dovuta al prematuro risveglio, stava per riaddormentarsi.

Infatti, erano solo le sette del mattino, e per Sirius non c'era compleanno che valesse, la domenica mattina.

In procinto di chiudere gli occhi, ebbe la fugace visione di una massa vermiglia, prima che tutto si oscurasse.

Per un attimo credette di essere svenuto, ma quando si accorse di poter percepire ogni cosa, si riscosse.

Balzò in piedi, e con urletti molto degni della sua persona strepitò:
"Vi prego! Lo so che sono bello, ma vi prego.... Lasciatemi stare!
Prendete James, piuttosto!"

Per tutta risposta, il suo "rapitore" si mise a ridere, incontrollato.

"Evans?!" chiese allibito il ragazzo.
"Io ho sempre detto a James che i funghi allucinogeni non te li deve far mangiare!
E magari ti ha dato pure del Whisky Incendiario! Povero me... Che sorte indegna che mi attende, che compleanno orribile!
Ma... Aspetta Evans.... Non è che mi vuoi stuprare?" aggiunse preoccupato il moro.

A quel punto, oltre alla risata della rossa, ne sopraggiunsero delle altre.

Il Black, ora tremendamente confuso, e ancora bendato, si accinse a chiedere:
"Okay. Potrei sapere cosa Merlino avete in testa?" con tono sempre più adirato.

Gli sembrò, quindi, che fosse la voce di Remus, proveniente dalla sua destra, a rispondergli.

"E come tutti gli anni... Si dimentica che è il suo compleanno. Io non so più che fare! Facciamo cosi, tu seguici e basta. Ti posso giurare che non abbiamo assunto funghi allucinogeni."

"Perché avete assunto qualcosa di molto peggio" borbottò contrariato Felpato, seguendo riluttante la combriccola.

Scortato da Lily e James, che ogni tanto gli facevano deliberatamente sbattere il mignolino contro un mobile, arrivarono finalmente in sala comune.
Il rumoroso vociare dei grifondoro si spense, quando videro come era conciato il Black.
Il ragazzo infatti, sconcertato dalla situazione, si era dimenticato di cambiarsi, rimanendo in pigiama.

Tutto normale, se non si sapeva in cosa consisteva il suo pigiama. Boxer bianchi coi Boccini disegnati sopra, e una maglia con scritto: "Troppo abbagliato dalla luce del Sole? Lo so, faccio questo effetto!!"

Il silenzio perplesso della folla, fu sostituito da uno scroscio di risa, condiviso anche dagli amici di Sirius.
Il ragazzo in questione, se ne stava a braccia conserte, scuotendo la testa.
"Pff.... Non sanno proprio nulla della moda!"

Dopo che tutti si furono ripresi, Sirius venne cambiato d'abito, da solo Merlino sa chi.
Quindi, sentì lo stomaco sottosopra, e un leggero mal di testa dovuto al vorticare dell'ambiente che lo circondava.

Dopo svariati secondi, il mondo smise di vorticare.

Sirius, prima che gli fosse tolta la benda, che per tutto il tempo aveva portato sugli occhi, avvertì delle sensazioni particolari.

Sentiva una brezza fresca, meno fredda rispetto a quella di Hogwarts, soffiare tutto attorno.
Degli uccelli gracchiavano sopra di lui, volando liberi in cielo.
E si sentiva il rilassante rumore delle onde che si infrangevano contro gli scogli.

Aspetta.... Onde?!

Appena gli fu tolto quel coso infernale dagli occhi, il festeggiato li aprì, ignaro della situazione.

Quello che vide lo lasciò senza parole.
C'erano tutti i suoi più cari amici: James, Remus, Peter, Lily, Marlene, Emmeline, Dorcas, Hestia, Mary, Alice, Frank!

Gli stavano tutti sorridendo, con in mano un borsone, e gli occhiali da sole.
Lì il tempo era incredibilmente bello, nonostante fossero a novembre.

"Ma... Io... Dove siamo?"
"Che ti importa?" gli rispose la McKinnon, mettendosi il costume "goditi la giornata!" aggiunse prima di schizzarlo con l'acqua.
Il ragazzo non si tirò indietro, e rispose con spruzzi più violenti.

In poco tempo, era iniziata una vera e propria battaglia, che aveva coinvolto tutti quanti.
Erano entrati tutti in acqua, incuranti della temperatura fredda, e dei vestiti bagnati.

Rimasero in spiaggia fino al tramonto, e prima di tornare a casa fecero un cosa.

Si presero per mano, correndo in acqua e urlando:
"Noi dodici insieme, per sempre!"

Già, per sempre.
Ma quando la morte li separava, mietendo le anime con la sua falce, come facevano a rimanere ancora uniti?

I don't wanna be an island,
I just wanna feel alive and
get to see your face again.

Era una mattina nuvolosa, quella. Sirius odiava quando il tempo era così. Perché non c'era il sole, ma non c'era nemmeno la pioggia. E quando il tempo era nuvoloso, succedevano sempre cose orribili!

Quella mattina l'uomo che stava nella cella a fianco del Black, era stato ucciso.
Nel pomeriggio sarebbe arrivato un'altro prigioniero, e Sirius era terribilmente nervoso.

In realtà i prigionieri non interagivano molto, ognuno stava per conto suo.

Immerso nei propri pensieri, nelle proprie disgrazie, nel proprio mondo.

Comunque, faceva sempre piacere avere una persona accanto, che ti accetta e non ti giudica.

John era diventato un amico per Sirius.
Il ragazzo aveva raccontato a John la sua storia, e quest' ultimo lo aveva appoggiato in pieno; e soprattutto, gli aveva creduto.

John faceva parte della Ribellione.
Un gruppo di persone che si opponevano ai Mangiamorte.
Era diverso dall'ordine, però. Mentre l'Ordine era un'organizzazione che lavorava di nascosto, aspettando il momento opportuno per sferrare un attacco, la Ribellione lavorava allo scoperto, attaccando pubblicamente i seguaci del Signore Oscuro.

John aveva ucciso Radford, uno dei seguaci più fidati di Lord Voldemort, durante uno dei più violenti scontri tra le fazioni.

Il ragazzo però, fu catturato, come molti dei suoi compagni.
La Ribellione, nata come progetto per liberare il mondo da una minaccia incombente, era giunta al termine.

John Rowumber, questo il nome completo del giovane, aveva sopportato ben poco la vita del carcere, e nel giro di poco tempo era impazzito.

La sua ultima notte di vita l'aveva passata urlando, dilaniato dalla maledizione cruciatus. Sirius era rimasto sconvolto: aveva sentito tutti i lamenti strozzati dell' amico, le agonizzanti richieste d'aiuto; e non aveva potuto fare nulla.

La vita di John si era spenta alle prime luci dell'alba quando l'uomo, con un gemito strozzato, era caduto rovinosamente a terra.
I raggi del sole avevano illuminato il suo viso smunto e pallido, il ciuffo di capelli biondicci, le palpebre tremanti e le gote arrossate.

Esalando il suo ultimo respiro, disse con voce flebile:
"Voldemort morirà, un giorno."

E poi se ne andò. Chiuse per sempre i suoi profondi occhi verdi, poggiando la testa sul pavimento freddo, con un sorriso.

Nato per la giustizia, morto per la libertà.

Il Black, se ne stette tutto il giorno in un angolo, con il cuore pieno d'angoscia.
Era oramai il crepuscolo, quando sentì il familiare rumore di uno scatto, prodotto dall'apertura di una cella.
Si rizzò in piedi, un po'instabile per la velocità con la quale si era alzato, e si diresse velocemente verso le sbarre.

Un uomo alto, magro, sulla cinquantina, veniva scortato dalle guardie.
Prima di entrare in cella, lanciò un'occhiata così carica di odio al Black, che lo fece indietreggiare, rabbrividendo.

La cosa che gli mise più paura non fu l'occhiata dell'uomo, quanto quello che successe dopo.

Le guardie chiusero di scatto la cella, e se ne andarono velocemente.
Uno dei tre uomini, però, tornò quasi subito sui suoi passi.

Sì parò davanti alla cella dello sconosciuto, per poi dirgli aspramente:
"Se ti decidi a collaborare meglio per te. In caso contrario pregherai la morte di portarti con sé, dopo tutti i Cruciatus che riceverai.
Quindi, farai meglio a dirci in fretta quello che sai su Remus Lupin!"
Quindi se ne andò velocemente, lasciandosi alle spalle un prigioniero sconcertato.

Sirius, appresa la notizia vacillò, sedendosi malamente a terra.
Non riuscì nemmeno a calmarsi, e a formulare una possibile ipotesi sulla cosa, che iniziò a sentirsi strano.

I suoni parevano ovattati, lontani. Le immagini, dapprima nitide; sempre più sfocate ed appannate. Le forze stavano venendo meno.
L'unica cose che Sirius percepì fu un urlo di un prigioniero in lontananza.

Poi il buio.

I don't wanna be an island,
I just wanna feel alive and
Get to see your face again.

But 'til then
Just my echo, my shadow.
You're my only friend and...

"No... Basta!"
"Lasciatemi.... Lasciatemi stare!" urla convulse.

"Devo andare a cercarlo! Lui ha bisogno di me!"
Pugni di ceca rabbia contro il pavimento.

"Io glielo devo.... Glielo devo, non capisci?!"
Calci al muro.

Sirius si svegliò di soprassalto.
Stupito di trovarsi al centro della cella, e non raggomitolato nel suo solito angolino; non si accorse subito dello stato pietoso in cui si trovava.

Camminò con passo felpato vicino alla finestra.
Tra le sbarre, scrutando tra la fitta nebbia dovuta alla considerevole altezza della prigione, e al fatto che fossero a dicembre inoltrato, si poteva scorgere un sottile e flebile raggio di luna.

Voleva dire che era ancora notte.

D'un tratto, Sirius si accorse di essere più accaldato del solito, e che i suoi pantaloni, già pieni di strappi, erano macchiati di sangue. Sangue fresco.

Come a sottolineare l'ironia della situazione, la mano del moro inizio a dolere e a bruciare intensamente.

Il ragazzo, rabbrividendo per il contatto dei piedi scalzi con il gelido strato di pietra, che si incontrava ogni tanto tra la terra, si raggomitolò in un angolino.

Cercò di ricordarsi come mai si era risvegliato in un luogo diverso dal solito, come mai si era fatto male, e perché si sentiva strano.

Si distrò presto, intento ad osservare i raggi della luna, che penetrando dalla finestra si infrangevano sul pavimento, creando strane figure.

Il ragazzo, con un po' di malinconia si ricordò quando, col fratello, giocava ad indovinare la forma delle nuvole.
Decise di apportare lo stesso gioco con le ombre.

La prima figura era sicuramente un pesce: la pinne, la coda, persino la bocca!

La figura, lentamente iniziò a mutare.
"Si saranno sovrapposte nuove nuvole" pensò il ragazzo.

Ora l'ombra era quella di una rondine. Le ali così fini, il becco a punta...

Tutto sommato, Sirius si stava divertendo.

La terza figura era una rana.
Le zampe così aperte, gli occhi a palla, le mani palmate!

Era bravo a riconoscere le figure Felpato...

L'ombra stava mutando, un'altra volta.

Questa volta, era veramente difficile individuare la figura.

Orecchie a punta, zampe piccole, figura elegante, muso rivolto verso l'alto.
Sirius ci mise un attimo a capire, ma quando capì tutto fu chiaro.

La figura era un Lupo Mannaro.

Remus.

I ricordi iniziarono a raffiorare lentamente, così come le lacrime.

Cosa volevano da quel misterioso uomo le guardie?
Cosa c'entrava Remus in tutto questo?
Cosa stava succedendo a Lunastorta?

I pensieri tormentarono Sirius a lungo. Diedero pace al ragazzo solo dopo molte ore, era quasi l'alba.

Sirius chiuse gli occhi e lentamente, come parte di una lenta melodia, si sdraiò a terra.

L'ombra cambiò lentamente, in relazione a quella armonia che si era creata.
Accucciato, il corpo di un cane riposava accanto a quello di un uomo.

I'm out on the edge and I'm screaming my name, like a fool at the top of my lungs.
Sometimes when I close my eyes, I pretend I'm alright
but it's never enough.

Abituato al minimo rumore, Sirius si destò subito, quando sentì qualcuno scuoterlo leggermente.
Si mise automaticamente in posizione di difesa, senza neppure capire chi lo aveva svegliato.

Tutto il suo coraggio e la sua determinazione, che fino ad allora possedeva, scemarono alla vista del suo misterioso "ospite".

L'uomo sconosciuto, che il giorno prima era arrivato, si aggirava tranquillamente nella cella del Black.

E neppure quando Sirius, arretrando gli chiese per quale motivo si trovava in una cella che non era la sua, e come aveva fatto ad arrivarci, si scompose.

Con tutta la tranquillità possibile, rispose solo: "Una domanda alla volta, stai calmo".
Prima di sedersi a a gambe incrociate nel mezzo della stanza, di fronte a Sirius, che dal canto suo era sempre più perplesso ma non trovava la forza di reagire.

Fece per aprire bocca, ma venne interrotto immediatamente dall'altro, che gli porse un pezzo di pane fresco, trovato chissà dove.
"Si parla meglio, a stomaco pieno!" aggiunse tendendogli amichevolmente la mano.

Sirius molto scettico, fece ruzzolare il pane per terra, poco distante da lui.
"Chi mi assicura che non è avvelenato?"
"Io" rispose semplicemente l'altro. "E per provartelo ne mangerò un pezzo." aggiunse raccogliendo da terra il cibo, e dividendolo a metà.
Con foga, quindi, se lo portò alla bocca, mangiandolo con gusto.

Allora il Black, stupito, prese l'altra metà che l'uomo, nuovamente, gli porgeva.

Guardingo, se lo portò piano alla bocca, mordendone un estremità.

Affamato, ne staccò morsi sempre più grandi, beandosi della magnifica sensazione che il sapore di un cibo commestibile sul palato, si diffondeva in lui.

Intento a gustarsi il pane, si dimenticò dello sconosciuto.
Furono proprio le sue parole a riportarlo alla realtà.
"Wow! Sei così intento a mangiare che non ti è venuto nemmeno in mente di chiedermi perchè sono qui, Sissy..."

Sirius rischiò di strozzarsi con il pane, tanto quel nomignolo affibiatagli dall'uomo gli causava sgomento.

C'era solo una persona che soleva chiamarlo così, ad Hogwarts.
Franz.

Alla vista della sua espressione perplessa, ll sconosciuto si mise a ridere di gusto, fino alle lacrime. Dopo essersi ripreso si tolse agilmente una maschera dal viso.

Non più gli spettinati capelli castani, bensì i curati capelli rossi.
Non più gli occhi marroni, ma azzurri. Profondi e sinceri occhi azzurri.
Non più l'aspetto trasandato e malmesso di un cinquantenne, ma quello sano e forte di un ventenne.

Non ci si poteva sbagliare, era Franz, Franz Wilmade.
Vecchio amico d'infanzia, aveva frequentato Hogwarts solo fino al terzo anno, per poi trasferirsi a Durmstrang.

Prima di fare qualsiasi altra cosa, a Sirius venne spontaneo abbracciare l'amico, dopotutto era da molto tempo che non si incontravano.

Finito l'abbraccio, il Black, sempre più confuso, domando al Wilmade:
"Ma... Tu che ci fai qui? E come hai fatto ad entrare nella mia cella?"

"Sono passati molti anni da quando sei stato rinchiuso.
Io ero membro dell' Ordine della Fenice, fino a poco tempo fa.
Ma poi, mi sono ribellato.
Ho avuto vari diverbi con gli altri membri, avevano un'opinione diversa dalla mia su di te.
Io ti ho sempre considerato innocente, ma loro sostenevano che eri tu il colpevole della morte dei Potter, e che avevi ucciso Peter Minus." disse con voce sconsolata.

Nel sentire il nome di Peter, a Sirius montò dentro una sorda collera.
Fece per ribattere, ma fu interrotto da Franz.

"Un giorno, ho dato le dimissioni dall'Ordine, per venire da te.
Avevo capito, che l'unico modo per raggiungerti era commettere un atto grave, talmente grave che mi avrebbe condannato al carcere. Ma non sapevo come.
Finché, un giorno, mi venne l'illuminazione."

"Assoldai un uomo, era un povero disgraziato trovato per strada, ad elemosinare." continuò alzandosi, e dando le spalle al ragazzo.
"Accettò subito, non aveva nulla da perdere.
Il mio era un piano folle, ed evidentemente lo era a tal punto, da essere geniale."

"Preparai la pozione pollisucco, che lui bevve con disgusto. Ci dirigemmo quindi verso Awil, fino a raggiungere la piazza del paese.
Stando attento a farmi notare dalle autorità, lanciai un Avada Kedavra all'uomo che avevo assoldato, che aveva preso le sembianze di Remus.
Volontariamente, mancai il bersaglio, ma suscitai l'attenzione della gente: avevo raggiunto il mio obbiettivo.
Venni quindi inseguito dalle guardie, mentre il mio complice, come da copione scappava."

"Gli avevo promesso una lauta ricompensa, e insieme avevamo trovato il modo di farlo fuggire indisturbato.
Dovrà essere già oltre Oceano, adesso."

"Ma... Come hanno fatto a credere che quell' uomo fosse Lupin?" Chiese Sirius a Franz, una volta assimilata la notizia.

Franz sorrise amaramente, e si cimentò nella spiegazione di una storia, che a Sirius parve surreale.

Stando a quanto appreso, Remus se n'era andato, pochi mesi dopo la morte dei Potter. Di lui si erano perse le tracce.
L'ultima volta che fu avvistato fu a Godric's Hollow, in una notte di luna piena, di un dicembre gelido.

Per vari minuti nella cella regnò il silenzio; Sirius era troppo sconvolto per parlare, e Franz, dal canto suo, aspettava pazientemente la reazione dell' amico.

Tra tutti i commenti e le frasi possibili, Felpato se ne uscì con:
"E comunque i capelli mori non ti donano."

Il Wilmade, ora una attimo offeso, non comprese subito dove il Black voleva arrivare.

"Lo sai che a Sissy piacciono i biondi!" disse Sirius in falsetto, assumendo un tono vagamente femminile.

"O mia dolce Principessa, il mio ardore nel venire a salvarvi è stato così grande, da farmi dimenticare le regole del buon comportamento, le vostre preferenze e il vostro buon gusto. Perdonatemi Principessa, perdonate un uomo, la cui sola colpa fu l' Amore!" recitò con voce addolorata Franz.

Passò qualche secondo, dopodiché i due irruppero in una fragorosa risata.

"Credo che, una volta che ti avrò fatto uscire i qui, potremmo aprire un magiteatro, e dilettarci nella recitazione." constatò Franz.

"Già. Mi immagino il titolo della nostra prima opera: la meravigliosa, bellissima, affascinante, dolce, simpatica Principessa Sissy e il cavaliere."

"Okay, Principessa. Ora devo andarmene. Ve ne prego, non patite troppo per la mia assenza." proruppe ad un tratto Wilmade, accortosi che le guardie si stavano avvicinando.
Trafelato, raggiunse le sbarre, per poi uscire dalla cella in un attimo.

"Sarà anche figlio del più grande ladro d'Inghilterra" pensò Sirius "ma è strano forte!"

Con un sorriso, comparso dopo molto tempo sul suo volto, si diresse nel suo angolino, raggomitolandosi e chiudendo gli occhi.

Per quanto strano che fosse, Franz era speciale, ed era l'unico che gli era rimasto accanto in un brutto momento.

E si sa, se qualcuno ti resta accanto nei momenti peggiori, allora merita di essere con te nei momenti migliori.

Cause my echo, echo.
Oh my shadow, shadow.

Erano passati molti giorni da quando Sirius e Franz si erano rincontrati.
Il Black era ogni giorno più felice e speranzoso: presto sarebbe fuggito da quell'inferno.

Franz, invece, stava veramente male, non era abituato alla maledizione Cruciatus e alla vita in prigione; solamente la presenza di Sirius lo rincuorava.

Finalmente, dopo un tempo che parve interminabile ad entrambi, il giorno della fuga arrivò.

Sirius e Frank calcolarono tutto nei minimi dettagli.

Col tempo passato in prigione, avevano calcolato minuziosamente il tempo che impiegavano le guardie a fare il giro del carcere, le possibilità di uscita dalla prigione, il luogo dove dirigersi una volta fuggiti.

Avevano provveduto a corrompere alcuni compagni di cella, sparsi per tutto l'edificio.

Era una mattina piovosa quella, a dispetto dell' umore raggiante che possedevano i due ragazzi.

Sirius soprattutto, dopo anni di forzata prigionia, era quello più ottimista e fantasticava sul proprio futuro.

Alle prime luci dell' alba, Franz scivolò felpatamente nella cella dell' amico, nascondendosi dietro ad un pilastro al passaggio dei dissennatori.

"Hai visto qualcuno nei paraggi?" chiese sottovoce il Black.

"No, le guardie sono appena passate" gli rispose sorridendo quest' ultimo.

Quindi Franz aiutò Sirius ad appallottolare la sottile coperta di lino, sporca e maleodorante, che veniva fornita ai prigionieri.
Unico gesto d'umanità in un mondo spietato; assieme al cibo, che seppur rancido e razionato, veniva dato ai prigionieri.

La massa delle coperte dava l'idea di un corpo dormiente. La figura rappresentata era piuttosto esile, ma poteva essere verosimile, in quanto Sirius era dimagrito parecchio negli ultimi anni.

"Abbiamo circa sette minuti, prima che le guardie ripassino dalle nostre celle." enunciò Franz, con un po' di tremore nella voce, a causa dell' emozione.

Il ragazzo quindi, aprì la porta della cella già precedentemente scassinata, facendo attenzione a non far cigolare i vecchi cancelli arrugginiti.

Sirius, trafelato e desideroso di scappare da quell' inferno, si guardò di tanto intanto in torno, osservando le celle dei detenuti.

Quello che vide fu solamente quello che lui era stato, dal momento in cui era entrato in prigione, e ora che vi stava fuggendo.

Gli sguardi smarriti, dei nuovi prigionieri, con gli occhi rossi di pianto.

I lividi sul corpo, di chi aveva osato ribellarsi.

La disperazione e la pazzia, negli occhi degli uomini e delle donne rinchiuse.

La curiosità e la richiesta, muta, di aiutarli a fuggire; dei detenuti che si attaccavano alle sbarre, cercando in qualsiasi modo di uscire dalle celle.

E poi c'erano i prigionieri che più Sirius compativa.
Quelli seduti nel fondo della cella, nella penombra del primo mattino. I capelli sul viso, la pelle sudata e vitrea. Gli occhi spenti e vuoti. Il senso di smarrimento e oppressione, di chi solo aveva visto la morte scorrergli in faccia possedeva.
Le persone reduci dal Bacio del Dissennatore.

Perso ad osservare i suoi compagni, si fermò una frazione di secondo, ma venne subito riscosso da Franz.

I minuti a loro disposizione stavano per scadere, e i due iniziarono a correre più velocemente.

Dopo svariati minuti, quando oramai avevano raggiunto l' ingresso del carcere, avvertirono un sibilo sinistro, che li costrinse a fermarsi.

L'aria si fece pungente, e una forza magnetica li costrinse a voltarsi.

I Dissennatori.

I due, grazie alla grande forza di volontà di cui erano dotati, riuscirono a riprendere la propria corsa, forzatamente.

La tristezza e la desolazione si stavano impossessando di loro, piano piano, facendoli dubitare. Per farsi forza si strinsero la mano, iniziando a correre insieme.

Finalmente, la luce dell' uscita si stava lentamente intravedendo, e si stava intensificando.

Cercando di scacciare la paura, e contenere la gioia, con l'adrenalina a mille diedero il massimo, correndo al limite delle loro possibilità.

Mancavano solo una sessantina di metri, oramai era fatta!

Accadde tutto in un attimo.

Un'incantesimo.
Un lampo verde.
Un' urlo.
Un corpo a terra.
Un vita spezzata.
Un sogno infranto.

~ E lo trovo un po' triste, un po'         buffo; che i sogni in cui sto morendo siano i più belli chi io abbia ma avuto.~

"Oggi son stato bravo, la mamma non mi punirà!" i sogni di un bambino.

"Andrò a Hogwarts, e mi farò tanti amici!" i sogni di un ragazzino.

"Ce la farò! Supererò tutti gli insulti, tutte le umiliazioni. La mia famiglia, la mia vera famiglia, i miei amici, saranno orgogliosi di me." i sogni di un ragazzo.

"Mi batterò per ciò che è giusto. Non mi farò condizionare dalla mia famiglia. Farò parte dell' Ordine, avrò una moglie, e dei figli!" i sogni di un uomo.

"Voldemort morirà. Noi lo sconfiggeremo." i sogni di un fiducioso.

"È solo un' incubo. Tra poco mi risveglierò, e sarà tutto normale." i sogni di un disperato.

"Anche oggi ce la farò. Prima o poi uscirò di qui." i sogni di un prigioniero.

"Rivedrò Harry. Rivedrò tutti loro, che per tanti anni non ho visto!" i sogni di un fuggiasco.

"Marlene. Emmeline. Lily. James. Sto arrivando ragazzi." i sogni di un condannato a morte.

Hello, hello
Anybody out there?

•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~
Buona sera!
Innanzitutto, grazie a tutti voi che avete letto questo storia (se siete arrivati fino a qui).  ❤

Per prima cosa, mi scuso per la mia scrittura pessima. Come ho già detto, per avere compiuto 12 anni a luglio, sono ignorante come una capra.

Riguardo alla mia prova, come avrete ben capito dalla descrizione, è una prova per un concorso.

Le parole sono 6581, ma contate che circa 200/250 sono del testo della canzone.

Volevo dirvi anche un paio di cosette:
Credo che, nei confronti degli altri concorrenti e nei confronti vostri, giudici, mi debbano essere tolti dei punti, per aver pubblicato con 394 anni di ritardo.
Io direi, oltre ai normali punti che togliete alle case per il ritardo, mi debbano essere tolti circa 75 punti. Più se ne volete togliere di più, sarò assolutamente d'accordo. Il mio comportamento è stato inaccettabile!

Qualcos'altro che vi dovevo dire...

Ah ecco!

Il cognome di John, e quello del mangiamorte che lui ha ucciso sono cognomi di maghi delle Cioccorane.

La frase tra questi due segni ~....~ è un pezzo di una canzone: Mad World. Che io amo 😍 e che per alcuni versi mi rappresenta.

E nulla.... Mi farebbe piacere sapere quale parte vi è piaciuta di più della storia, quale meno. Se avete consigli per migliorare ecc.
Accetto critiche di qualunque tipo, purché siano costruttive e non contengano parolacce e bestemmie.

E per finire, vorrei dire che la prossima OS la posterò domani o mercoledì, se tutto va bene. ❤

Ora taggo (dovrò taggare ventordici persone perché in tanti me lo hanno chiesto.)

Le organizzatrici del concorso:
xviolah
Weasley2304
Nargillo23
BlackPlace

Poi... Personcine che mi hanno chiesto di essere taggate.

ANNUCHICCA
degiooo
GiadaPotter16
ValeriaLupin (ho paura del tuo giudizio tesoro ❤🙈).

Poi abbiamo la mia Kartoffel kawaii
The_Strange_Fangirl

Infine... Volevo taggare una delle mie Famiglie Wattpadiane perché volevo un parere

HERMIONE-88
Micol84
Noemi_Malfoy
isaa-24

Grazie a tutti quelli che sono arrivati alla fine
Spero di non avervi fatto vomitare troppo 😊

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