12.

«I tuoi capelli mi fanno invidia», sospira guardandomi attraverso lo specchio. Blocco la spazzola a metà testa sorridendole.

«Come se i tuoi fossero brutti Em...» Scuoto la testa divertita continuando a pettinarmi la chioma.

Ma lei non ha intenzione di cedere. «Ma vuoi mettere i capelli rossi! Sono di un'altra categoria.»

Sorrido ancora una volta. «Carina sei. Però sono ingestibili, credimi. Pagherei per averli lisci.» Ed è vero. Li amo i miei, ma è anche vero che, essendo mossi, certe volte duro fatica a domarli.

Rimaniamo per diversi minuti in silenzio, personalmente finisco di aggiungere un po' di olio sulle punte sfibrate, mentre Emily sembra persa fra le pagine di un libro che sta leggendo interrottamente, ormai da giorni, ma che non conosco.

Io le uniche righe che posso leggere al momento sono gli appunti di "storia del teatro", un esame che avrò a breve, dove sono tremendamente indietro.

Non so nemmeno se darlo a questo appello a dirla tutta.

Mi appoggio sul divano combattuta e poco dopo la mia amica mi raggiunge con le sue solite occhiatine furbe.

Si aspetta che le dica qualcosa sul mio primo giorno di lavoro. «Allora?» Mi incita, compiendo un mezzo sorriso.

«Allora nulla, sono ancora arrabbiata.»

«Aria...» Mi intima, però non proferisco altre parole, cosicché lei continua, «se ti avessi detto di Trevor ti saresti presentata?»

«No!»

Lei schiocca la lingua compiaciuta. «Vedi! Ecco perché mi sono permessa di non avvertirti, ormai ti conosco troppo bene.»

«È uguale, non dovevi», rispondo cercando di fargliela pesare ancora un pochino, ma quello che sta nascendo sul mio volto mentre sostengo le mie teorie, è un docile sorrisetto.

Emily si avvicina ancora di più a me per scuotermi le spalle. «Su Arietta non rompere, ammettilo che ti ho trovato un lavoretto coi fiocchi.» Nota che mi mordo il labbro per non sorridere e il suo bagliore negli occhi diventa maggiore. «Adesso raccontami una volta per tutte come è andata.»

Sospiro prima di aprire bocca. «È andata bene... credo. Robert è molto carino, ma sta in cucina. A volte passava a scrutare ciò che compievo e lo vedevo... soddisfatto. Personalmente ho svolto tutto quello che mi ha detto Trevor.»

«Trevor eh», ammicca. Le lancio un'occhiataccia.

«Per forza. C'era anche un'altra barista. Quella ricciola bionda dell'altra volta, mi pare si chiami Diana. Ma non mi ha rivolto praticamente la parola. Forse a lei non ho fatto una bella impressione a quanto pare.»

Si illumina. «Ah! Ho capito chi intendi. In effetti è vero, sembrava un po' intimorita quando sei arrivata, ma che te ne frega, te fai il tuo Aria.»

Annuisco pensierosa e la bionda accanto a me, appena mi giro a guardarla, mi fa un occhiolino alquanto ridicolo. «Quindi ti ha spiegato tutto Trevor...»

Ma che palle.

«Smettila Emily.»

Quest'ultima è convinta ci sia del tenero fra di noi, però io continuo a non capire cosa si sia fumata di preciso. È vero, Trevor mi punzecchia, questo è un dato di fatto, ma questo non ha niente a che vedere con altro.

Prima cosa, è odioso e seconda cosa, non conosco niente di quello sciagurato e lui altrettanto. Non so dove è nato, non so che facoltà fa... cavolo, non so nemmeno quanti anni ha!

«Va bene va bene scusa. Torno a leggere» si arrende alzandosi dal divano.

Passiamo un'altra oretta in silenzio. Lei sempre a leggere e io a provare a studiare questa materia. Sono ancora al teatro greco e non ce la faccio già più.

Mi picchietto l'evidenziatore interdetta, guardando Emily di soppiatto.

Vorrei farle una domanda, ma c'è qualcosa che mi blocca.

Resto salda su miei pensieri per una ventina di secondi, ma alla fine mi decido a parlare. «Ma la sorella di Liam resta qui?»

«Eh?» Non ha capito. Ho pronunciato questi vocaboli in modo talmente frenetico da non farle intendere una sola parola.

Sospiro. «La sorella di Liam rimane nel New Haven?»

Emily alza lo sguardo sospettosa «Liberty?»

Annuisco ancora una volta.

«È andata via ieri, credo. Come mai?»

Faccio spallucce. «Così... per curiosità. È simpatica,» sostengo, avendo adesso una gran voglia di nascondermi da qualche parte.

«Ci hai parlato?»

«Certo!» Prorompo con foga. Non capisco perché questa ragazza continui a guardarmi sospettosa. «Che c'è?» la invoglio dopodiché a sputare il rospo.

Scuote la testa come se fosse stata finora in trance. «No nulla Aria, sei strana in questi giorni.»

«Se lo dici tu...»

«Quando hai parlato con Liberty? Per curiosità, perché alla mia festa ho provato anche a farvi conoscere, ma da parte tua Aria c'era un po' un muro, ti sei resa conto?»

«Non è vero!» Sono offesa adesso, anche se non dovrei in effetti. È vero che al compleanno ero un po' tesa, ma solamente per l'atteggiamento che ha avuto Trevor con la figura adesso in questione.

Non può rompere le scatole h ventiquattro a me e poi, quando ne arriva un'altra, non considerarmi e usarmi solo come ruota di scorta.

Oddio mio, ma che diavolo sto blaterando.

Dovrei essere su di giri che, per una santa volta, mi ha lasciato perdere; invece, nella mia testa ne sto facendo una questione di stato ormai da giorni.

Che idiota.

«Allora quando ci hai parlato?» Ripete Emily.

«Quando si preparava le decorazioni.» Dopo questa mia fasulla risposta resta ammutolita per qualche secondo, forse minuto. Non so cosa stia immaginando, ma non ho intenzione di scoprirlo. Già a chiedere di Liberty ho fatto casino, meglio lasciar perdere.

E nel momento in cui ero certa che l'argomento fosse passato, dà per un'ultima volta aria ai suoi pensieri: «Ti hanno detto qualcosa prima che arrivassi io?»

La scruto interrogativa. «Perché?»

«Non so... non ti vedo mai così, non eri di buono umore. Per questo chiedevo se fosse successo qualcosa. Sei stata esclusivamente con me per tutta la sera. Di solito non sei così, sono io quella timida che si chiude in sé stessa», ammette e si nota che ci è rimasta male per me. Sinceramente mi sento una stronza ad averle un minimo "rovinato" il giorno del suo compleanno.

Mi affianco a lei, accarezzandole leggermente una mano. «No Em, davvero, non ti preoccupare. Hai ragione, ero un po' più nervosa, ma te e nessuno centra. Non so cosa è, forse questo esame che devo dare, forse il lavoro o forse per la mia situazione a casa. È un mix di cose.» Mi sento in difetto a dirle ciò, perché sto bleffando, ma non ammetterò che è per colpa di quel tatuato.

Mi abbraccia senza ribattere... fortunatamente. Le sfioro con le dita la schiena prima di scostarmi da lei. «Adesso devo andare a lezione», le dichiaro e li si allontana.

«Ah sì, perdonami. Buona lezione allora.» Sorrido riconoscente. Prendo lo zaino, che avevo preparato prima, e volo fuori dalla stanza, scoccandole un bacio volante.

E mentre percorro il corridoio delle camerate, vorrei fermarmi e prendermi a pugni da sola.

Non posso ogni volta che c'è di mezzo Trevor in questione essere così suscettibile.

Io lo odio.

Ricordatelo Aria...

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