10.
La sorpresa a Emily è stata perfetta. Era incredula quando ha varcato la soglia di casa del suo ragazzo. Era in imbarazzo, si vedeva, ma come lo sarei stata io d'altronde.
Essere circondata da gente che esulta per me non mi farebbe impazzire.
Ma notare lo sguardo attento di Liam nell'organizzare tutto e vederlo raggiante ogni volta che lei sorrideva mi ha scaldato il cuore.
L'ho rivalutato. È davvero una bella anima.
Si vede che la ama dal profondo del cuore e io sono davvero contenta per loro.
Anche se in realtà ieri sera non è che mi sia tanto divertita...
Odio, come già detto, essere circondata da attenzioni, sentirmi puntata di occhi addosso; ma ogni volta che magari resto per un attimo in disparte inizio a sentirmi tremendamente sola.
Mi lamento tanto quando sono notata e poi appena tutto finisce cambio posizione di pensiero.
Aaaaa non mi capisco.
Sbuffo mettendo il burrocacao nello zaino.
Spero di aver preso tutto.
Oggi torno al bar, anche se non so minimamente cosa farò e quanto starò.
Io la mail gliel'ho mandata, e gli orari delle lezioni pure.
Quindi credo che il pomeriggio a lezione potrò andare.
Al massimo salto. Tanto siamo talmente tanti che il professore non si ricorderà mai se ho frequentato o meno.
So che sarebbe importante, e mi piace pure, ma so anche che al momento mi serve un lavoro. Urgentemente aggiungerei.
«Buona fortuna a me», sussurro a me stessa, cercando di farmi forza.
Metto in spalla il mio zaino ed esco dalla stanza.
Diciamo che la fortuna non è il mio forte nel trovare lavoro e questa è l'unica opportunità che sento più vicina per una volta tanto.
Sospiro ed esco dall'ingresso centrale del dormitorio.
Emily e Liam mi avevano pure invitata a dormire da loro questa notte, ma ho rifiutato e mi sono fatta accompagnare qua dal mio caro bus, sotto protesta della mia amica.
So che è pericoloso, ma io non potevo permettermi di fare come l'altra volta. Finire ubriaca in un letto sconosciuto e senza reggiseno.
Ho un impegno adesso e devo piantarla di fare la sedicenne alle feste.
Poi per carità, Trevor questa volta mi avrebbe lasciato per terra piuttosto che portarmi sotto le coperte.
Aveva altro a cui pensare.
Meglio così ovviamente.
Chissà se Liberty ha dormito con lui... effettivamente non ci sono letti in più in quella casa...
«Oddio ma la pianti!» mi sgrido da sola mentre mi dirigo a passi svelti verso la zona del bar, ovvero quella dell'università.
Non capisco perché sono stizzita da ieri. Non ammetterò mai che è per colpa di lui.
Ma per carità!
Quel ragazzo pieno di sé ha rotto veramente le scatole.
Dovrei essere felice che non mi abbia considerata di striscio e che si sia dedicato a qualcun'altra.
Eppure c'è un qualcosa che mi fa storcere il naso.
Forse per il fatto che prima fa il galletto con me e subito dopo cambia preda. Ci usa. Ecco che fa.
Ci usa!
Bene cavolo, ora ho capito il motivo.
Era così ovvio!
Io non è che me l'ero presa perché non avevo attenzioni. Lui non me le deve dare a prescindere!
Sospiro nuovamente più sollevata.
Per un attimo mi ero spaventata che fosse gelosia.
Che stupida...
Io non mi farei mai imbambolare da quel tatuato da quattro soldi.
Né ora, né mai!
Eppure quando rideva e scherzava con la sorella di Liam il buco allo stomaco si è fatto sentire...
«Stai zitta», mi ripeto arrabbiata con me stessa. Quando effettivamente mi rendo conto di essere arrivata a destinazione.
Ottimo Aria.
Questa è la mia occasione.
Mi rendo conto di essere un po' sfigata, però devo cercare almeno questa volta di far andare tutto per il meglio.
Ora quello che devo svolgere è varcare questa soglia, fingermi il più tranquilla possibile e magari cercare di essere un po' meno su di giri.
Ce la posso fare... ce la devo fare.
Sospiro per l'ultima volta e mi avvicino all'entrata. Apro la porta e il tintinnio del campanello, situato sopra di essa, fa girare un po' di gente seduta ai tavolini.
Bene.
Sorrido goffamente e mi avvicino al bancone.
C'è la ragazza dell'altra volta, quella un po' smorfiosa se mi permetto di dire.
Non mi ha dato e non mi da una bella impressione.
Non ricordo nemmeno il suo nome...
ma si è presentata?
«Ciao», sorrido rivolgendomi a lei. Lei mi guarda alzando un sopracciglio.
Carina...
«Vuoi ordinare?» mi chiede, anche se si ricorda benissimo chi sono.
Scuoto la testa. «Sono venuta per il mio giorno di prova. C'è Robert per caso?» domando sempre sorridente, anche se vorrei strapparle via quell'espressione torva che si ritrova.
Borbotta. «Mmm è in cucina.»
Indica la stanza dietro di lei senza manco guardarmi.
«Posso andare?»
«Io sono di servizio.» Dice facendomi capire che non ha assolutamente intenzione di accompagnarmi.
Si parte bene...
Senza aspettare altro la sorpasso, con ancora il mio zaino in spalla. Arrivo in cucina con un po' di disagio.
Riconosco subito il proprietario intento a decorare dei pasticcini, aiutato da altre due persone. Hanno entrambi origini diverse.
Non mi hanno ancora visto, mi schiarisco la voce pronunciando un "ciao" timido.
Di conseguenza tutti e tre si voltano a guardarmi ricambiando il saluto. Questa volta con molto più calore.
È Robert a prendere parola. «Oh Aria, che bello vederti! In perfetto orario!» Arrossisco. «Aspetta che mi lavo le mani...»
Corre a pulirsele per poi raggiungermi. «Vieni! Ti accompagno a mettere la divisa. Poi ti affido lì al bancone. Tanto già lo conosci, almeno ti spiega per benino!»
Già conosco?
Ok che quella ragazza l'ho vista una volta, ma da qui a conoscerla ce ne passa.
E poi se mi affida a lei aiuto! Sarà una mattinata bella intensa.
«Ecco metti la maglietta, ti aspetto un secondo qua fuori», mi spiega portandomi nella stanza dove ho fatto il "colloquio".
Mi da il tempo di cambiarmi la maglietta. Appoggio lo zaino e il resto lì dentro ed esco fuori per raggiungerlo.
Lui è sempre raggiante.
Che carino, vorrei mi seguisse lui oggi altroché.
«Perfetto Aria! Ti accompagno di là e poi torno in cucina. Tanto guarda, il tuo amico ci sa veramente fare. Ormai lavora qui da anni», sentenzia ciò, ma io mi sono già distratta.
Amico? Quale amico?
Lo guardo provando a pronunciare, «Amico?» Ma nel momento in cui lo faccio lui sta già pronunciando...
«Trevor!»
Aspettate...
Alzo lo sguardo in un batter d'occhio e lo trovo laggiù, in fondo alla stanza. A servire un tavolo.
Non ci posso credere...
Come cavolo ho fatto a non vederlo prima! Era a due passi da me.
Non è vero, non è possibile.
Il mio corpo si rifiuta di parlare, di muoversi, di fare qualsiasi cosa.
Mi limito semplicemente a fissarlo, imbambolata come una scema, con la rabbia che mi sta entrando in circolo.
Emily lo sapeva, e anche lui dallo sguardo che trapela dai suoi occhi.
Questa è una trappola.
Una stupida trappola.
Per una volta che credevo veramente di aver trovato qualcosa di buono arriva lui.
Mr. scassapalle.
Sempre con quell'aria da "sono bello solo io".
«Ben arrivata cara», si limita a dire arrivando a un palmo da me. Sembra contento di essermi vicino.
Come ieri sì...
"Sei lunatico?" Mi verrebbe da dire, ma in questo istante sto solo pensando a perché ogni volta mi caccio in qualche casino.
Robert si rivolge a Trevor. «Mi raccomando», lo ammonisce con un sorrisetto, prima di voltarsi e tornare verso la sua postazione.
Trevor mi osserva. È ancora divertito, però adesso che mi osserva meglio un po' meno.
«Non dici nulla?»
Scrollo le spalle con stanchezza. «Perché ti ritrovo dappertutto?»
Ero veramente felice, però adesso mi sento altamente presa in giro, sia da lui che dalla mia amica.
So che Emily lo fa per aiutarmi, ma non si rendo conto di cosa voglia dire stare più di cinque minuti attaccata a questo energumeno.
«Magari il destino ci vuole insieme o magari te hai bisogno di stare con me», beffeggia sempre con quell'aria da figetto.
Il suo atteggiamento lo odio.
Non gli rispondo neanche, mi giro dall'altra parte pronta a tornare da dove sono partita.
Non posso lavorare con lui. È fuori discussione.
Arriverei a fine turno stremata. Non se ne parla.
«Che fai?» domanda seguendomi.
«Me ne vado.»
Mi rifugio nella stanza in un battibaleno pronta a sbatterlo fuori per cambiarmi, ma lui arriva con prontezza entrando prima che chiudessi la porta.
«E perché? È un occasione d'oro.»
Sbuffo. «Onestamente ci tengo al mio umore.»
E lui ridacchia, ovviamente. «E io ti rovino l'umore. Dai, ridi ogni volta che mi vedi. Su nana...»
Ora però sono io qualla che ridacchia, ma molto più falsamente. «Rido nei tuoi sogni forse Trevor. Io non voglio dissidi nel luogo di lavoro. Ne troverò un altro, non ti preoccupare.»
Il suo sguardo si incupisce. «Aria, Emily me ne ha parlato. Questa è una buona opportunità per te. Non la sprecare solo perché ci sono io tra i piedi. Questo ambiente è ottimo, davvero.» Mi chiama per nome questa volta, e quando lo fa significa che è serio.
Rimango interdetta, ma non rispondo.
D'istinto mi verrebbe da scappare, ma effettivamente è una buona occasione.
Mi vede indecisa così aggiunge: «Facciamo così... cercherò di mantenere un atteggiamento tranquillo quando siamo di turno insieme. Non ti prenderò in giro, anche se in realtà un po' ti fa piacere», sorride per poi continuare. «Ma se non vuoi ti sto distante.»
«Non mi fa piacere Trevor.»
Ammicca di nuovo. «Tipo ieri eh»
«Cosa?» Brontolo d'istinto, forse un po' troppo.
Perché lui così capisce, capisce che in realtà ieri non ero così sollevata rimanendo effettivamente in disparte.
Nonostante la mia domanda però non risponde, si limita a dire "seguimi" per poi sgattaiolare via.
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