1.

Due anni dopo...

«Mamma te l'ho già detto, devi stare tranquilla!» sbuffo esasperata al telefono.
È già l'ennesima volta che continua a chiedermi se sono arrivata sana e salva.

È ancora dell'idea che abbia sbagliato qualcosa come è mio solito fare. Peccato che per questa volta sono arrivata a destinazione senza perdermi o farmi del male fisico.

O meglio, sono arrivata nel dormitorio femminile, ma ancora non in camera mia.

Sto trascinando la mia valigia estremamente grande da ben quindici minuti e sono stufa, mi fa male la schiena e sto sudando dato che è ancora inizio settembre.

Possibile che sia alla lettera F se sono al primo piano! Non capisco allora la lettera B dove è, nel sotterraneo?!

Ovviamente di tutto ciò mia mamma non sa niente e non deve sapere nulla, sennò a quest'ora la sentirei lamentarsi del fatto che sono un' imbranata e in questo momento non ne ho proprio bisogno. Sono già turbata di mio.

«Scusa tesoro, è che sono più nervosa di te!» Mi fa notare, e in effetti è vero. Nella settimana prima che io partissi mi ha veramente stressato.

Le voglio un sacco bene, ma a volte è un po' pesante.

Cavolo, non sono più una bambina. Ho diciannove anni, ma questo mia madre sembra ancora non capirlo. Per lei sono ancora la solita fanciulla capricciosa che si faceva imboccare con l'aereoplanino. 

Non so nemmeno dove mi sto dirigendo non ci sono né delle cavolo di indicazioni, né nulla. Continuo a proseguire in questo corridoio interminabile ancora per un po'. È stretto e ogni dieci metri si addossa una porta con sopra a essa il numero della stanza.

«Quando inizi i corsi?» chiede con un piccolo tremolio nella voce, lo sento che è agitata e se continua così lo diventerò anche io. Quindi deve smetterla immediatamente.

«Domani vado a prendere la tabella di tutti quelli da fare, ma penso non prima di una settimana», rispondo trafelata e soprappensiero, adesso sono alla G.

Dio, non è possibile!
Se non fossi al telefono mi sarei già messa a urlare dall'esasperazione.

«Oh benissimo, mi raccomando voglio che mi telefoni almeno...» smetto di ascoltarla non appena noto uscire un gruppo di ragazzi da una camera. Assottiglio lo sguardo per osservarli meglio data la mia leggera miopia.

Aspettate un secondo.
Ma questo è il dormitorio femminile, giusto?

«Scusa mamma, ma adesso devo proprio andare, ho tante cose da mettere apposto», invento interrompendola da un lungo discorso che non stavo nemmeno ascoltando. Continuo a guardare in quella direzione... possibile che sia finita nel dormitorio dei ragazzi?

«Oh ok, ciao tesoro. Mi raccomando chiamami e stai attenta. Niente alcol, poche feste, studia...» alzo gli occhi al cielo anche se non può scorgermi.

«Sì va bene mamma, ci sentiamo», la interrompo abbastanza annoiata e dopo averla salutata riattacco.

Continuo a spiare quei tizi e dopodiché, con un minimo di coraggio, mi dirigo verso di loro per chiederli un po' di indicazioni. Sembrerò stupida, ma non ho più la minima voglia di fare avanti e indietro a vuoto.

Sono praticamente a due passi da loro e ancora non mi hanno visto. Ho capito, non sarò bellissima, ma un minimo di cortesia...

Sto per aprire bocca quando il telefono mi scivola dalla tasca della felpa blu che indosso e finisce a terra con un rumore sordo.

I quattro ragazzi girano di scatto lo sguardo verso di me con volti sorpresi.
Non mi avevano notata per davvero allora.

Mormoro un "ups" rossa in volto e mi precipito a raccogliere il cellulare da terra, peccato che il mio didietro abbia un tempismo perfetto e vada a sbattere contro la valigia, la quale si ribalta anch'essa.

Sotterratemi.

Scoppiano tutti e quattro a ridere di me.

Uno di essi, con i capelli rossi e un po' di acne in viso, ha il buon senso di andare a raccoglierla per poi passarmela.

Lo ringrazio timidamente ed egli mi guarda con un sorriso carico di disagio. Che imbarazzo.

Sembrano tutti e quattro un po' dei gamer, non sono molto carini tranne uno biondo dietro, ma è più basso di me il che è fuori portata.

Continuano asquadrarmi ancora interrogativi e solo in questo preciso istante mi accorgo che sono rimasta lì impalata senza proferire parola.

«Ehm...» mi schiarisco la voce. «Sapete dirmi dov'è la stanza B8?» chiedo, ancora abbastanza impacciata.

Essi scoppiano a ridermi in faccia di nuovo.

Ma vaffanculo.

Giro sui tacchi pronta ad andarmene sin quando uno di loro inizia a parlare.

«Bellezza, siamo nel dormitorio maschile», blatera lo sconosciuto in modo strafottente e alquanto fastidioso.
È castano, ha degli occhi abbastanza piccoli e il mento prolungato. Indossa una maglietta ridicola raffigurante un mostriciattolo.

Sfigato.

«Non ti ho chiesto dove siamo, ti ho semplicemente domandato la strada per arrivare alla stanza B8», rispondo a tono. Odio quando la gente mi parla come se avesse tutta questa confidenza.

«Ohi, ohi, scusa!» Alza le mani in segno di resa, ridacchiando ancora un po'.

Se continui ti faccio ridere di meno, stronzo.

«Devi camminare un po', girando in fondo al corridoio a sinistra, i dormitori sono attaccati è normale tu ti sia persa», spiega quello rosso cordialmente.

Grazie rosso. Tu mi stai simpatico.

«Beh, grazie», mi rivolgo esclusivamente a lui per poi girarmi pronta ad andarmene di nuovo; ma quello bassino mi ferma.

«Sei carina, dacci il numero!»

Ma che vuoi?

«No, continua a giocare ai videogiochi», lo sfotto. Finalmente sono io che rido di loro.

«Come fai a sapere che giochiamo?» Chiede quest'ultimo, preso leggermente alla sprovvista.

«Avete un po' la faccia da gamer», sorrido falsamente scrollando le spalle , mentre indico la maglietta del tipo antipatico accanto a lui.
Me ne vado da quella situazione imbarazzante mormorando un "ciao" vittoriosa.

Dopo ben dieci minuti trovo finalmente la lettera B.
Esulto un po' saltellando su me stessa.

Finalmente! Non vedo l'ora di farmi una bella doccia calda per alleviare la tensione di questo viaggio lunghissimo.

Lungo la strada ho notato che ci sono vari bagni in comune e fortunatamente ce ne è anche uno qui vicino.

B5,B6,B7...B8!
In preda all'emozione prendo la carta che mi avevano porto all'entrata, ben mezzora fa, e la trascino sulla serratura metallica. Apro la porta con una spallata, trascinando le mia valigia alquanto pesante.

Appeno perlustro la stanza sorrido soddisfatta.
Me l'aspettavo più piccola. È composta da due scrivanie, due letti paralleli e un armadio di grandi dimensioni. C'è addirittura un divanetto bianco, vicino alla porta, con davanti a esso una tv di pochi pollici.

L'arredamento mi piace, abbastanza moderno. Il colore predominante è il panna e il beige.
I letti sono posizionati ai due lati della stanza e in mezzo è posta una grande finestra che illumina un sacco l'ambiente rendendolo più allegro e giovanile. È accompagnata da due tende di seta che danno l'idea di essere molto soffici al tatto.

È un posto meraviglioso, seppure piccolo mi piace da impazzire. Mi sento già a casa. La mia isola felice del mio unico sogno ormai non più proibito.

Noto che nell'altro letto, accanto all'armadio, c'è già appoggiato uno zaino con a fianco una valigia e diversi scatoloni, quindi presumo sia già arrivata la mia compagna di stanza.

A proposito dei miei scatoloni. Spero che arrivino il prima possibile, quasi tutti i miei vestiti sono lì dentro; nella valigia ho portato solamente l'indispensabile.

Mi guardo intorno euforica. Non ci posso credere di essere a Yale! Non vedo l'ora di ricominciare tutto da zero. Ho buoni propositi per quest'anno, spero solo di riuscire a compierli.

Atterro sognante nel letto vicino all'armadio per riposarmi un po'. Dopo ben tre ore di treno sono arrivata a destinazione; sono a pezzi, ma estremamente felice.

Non sto nella pelle per quello che dovrò studiare in questi prossimi tre anni.
Inizio a rammentare assopita tutto quello che dovrò eseguire in questi giorni, appuntandomelo dopodiché nel telefono.

Successivamente decido di farmi una bella doccia per sciogliere i muscoli in tensione.

Inizio a prendere l'occorrente: un asciugamano, il sapone e anche un cambio per dopo. Chiudo la porta dietro di me e mi precipito verso i bagni. Spero soltanto che non ci sia molto gente, perché è una situazione leggermente scomoda.

Appena arrivo nel luogo annunciato fortunatamente osservo che ci sono solamente un paio di ragazze.
Le saluto frettolosamente per educazione e mi inoltro in una cabina per iniziare a spogliarmi dai miei vestiti sporchi.
Lego i miei capelli biondi in un piccolo chignon... d'altronde ho fatto la doccia ieri e li ho arricciati, quindi penso che me li laverò fra uno o due giorni minimo.

Tempo di azionare la valvola che mi scappa un urletto per via dell'acqua gelida. Mi spiaccico al muro, aspettando impaziente che si riscaldi.

Appena percepisco il calore mi fiondo su di essa chiudendo gli occhi beatamente.
Un torpore tiepido si insinua sui miei muscoli contratti, attenuando lo stress che ho sorbito in questi ultimi giorni.

Sono in paradiso.

Dopo una decina di minuti mi avvolgo nel mio soffice accappatoio e aspetto un po' che l'acqua si assorbi su di esso.
Successivamente all'essermi messa i vestiti prendo attentamente tutte le mie cose per tornare in camera.

Quando entro però non sono sola.
Una ragazza dai capelli mori è distesa nell'altro letto a occhi chiusi con li auricolari a palla. Sento la musica fin da qui.
Sta ascoltando un pezzo strappalacrime, ma non riesco a origliare bene di quale canzone si tratti. Lei ancora non sembra prestare nessuna attenzione a me, così mi prendo qualche secondo per osservarla. È davvero carina.
Ha un bel viso, con un naso piccolo, bocca non troppo carnosa, ma delineata, sopracciglia perfette e ha delle piccole lentiggini sul naso. Amo quel particolare; anche mia mamma le ha e sono molto invidiosa di tutto ciò.

Decido di avvicinarmi per presentarmi, visto che ancora non sembra avermi scorso, spero solo non le dia fastidio la mia interruzione.
Sembra persa nei suoi pensieri, in pace con sé stessa, mentre mi avvicino.

Le tocco un braccio cautamente così lei apre gli occhi di scatto leggermente spaventata. Sono marroni accentuati da un bel taglio... molto particolari.

«Ciao! Scusa non ti avevo sentito.»
Si alza dal letto togliendosi le cuffiette per poi riporle nel cassetto accanto a esso.

Ha una voce melodiosa e per niente acuta.
Mi sorride cautamente, porgendomi la mano.
«Sono Samantha».

Gliela stringo prontamente, subito dopo aver appoggiato le mie cose in fondo al letto. «Emily, piacere di conoscerti», le sorrido di rimando.

«Piacere mio. Hai un bellissimo nome.»
Di solito queste frasi si attuano quando non si ha niente da dire, ma io le credo lo stesso.

«Grazie di cuore», rispondo riconoscente, seppur il mio nome sia comune.

«Da quando sei arrivata?» chiede, una volta che inizio a radunare un secondo le mie cose.

«Da un'oretta circa», spiego dopo aver appoggiato il mio asciugamano nell'appendi abiti per farlo asciugare. «Tu invece?»

«Io sono qui da due giorni. Abito qui vicino nel Connecticut, ma ho preferito stare un po' lontana dai miei, non ho un gran rapporto», mi informa anche se non sembra molto addolorata nel parlarne, io non avrei mai detto un fatto del genere a una sconosciuta.

«Oh mi dispiace...» sussurro ancora leggermente a disagio. Mi resta sempre difficile avere conversazioni con persone che non conosco.
Sono abbastanza timida, ma poi quando inizio ad avere un po' di confidenza cambio completamente modo di essere.
I miei amici del liceo sostenevano avessi due personalità come nel libro "dottor jekyll e mister hyde".

«A proposito. Scusa prima se non c'ero, ma ero a salutare il mio ragazzo ed i suoi amici», mi guarda un attimo leggermente dispiaciuta. Non dovrebbe esserlo.

«Figurati. Hai fatto benissimo ad andare da loro. Ero molto stanca quando sono arrivata. Una doccia calda mi ha fatto bene», la rassicuro sbadigliando leggermente. Faccio sbadigliare anche lei perché, come si dice, è contagioso. Infatti ridacchiamo per la scena.

«Beh, stasera li conoscerai in mensa, sono tipi molto simpatici», mi confida. «E altrettanto carini», mi fa un occhiolino pestifero, come se quell'idea mi dovesse allettare da morire... peccato che io abbia preso una pausa da tutto il genere maschile.

«Allora non vedo l'ora!» cerco di scherzare, per poi scoppiare a ridere insieme a lei.

SPAZIO AUTRICE;
Ciao a tutti! Oddio è da un po' che ho questa idea in testa e non vedevo l'ora di iniziarla a scrivere.

Spero che questo primo capitolo vi piaccia e se è così confermatelo con una stellina⭐️.

See you soon.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top