Parte III - Capitolo VII - Blood and Bones


Blood and Bones


"Non mi fido di chi non ha un lato oscuro."

– Tony Stark


Capitolo VII

«Tu ce l'hai un lato oscuro, Peter?»

Peter è convinto di averlo, come ogni essere umano che cammina la terra e la infiamma ad ogni passo; soffi di fumo sotto le suole, che corrodono come acido il cammino di una vita. Tutti hanno un lato oscuro, nessuno escluso. Eppure se lo domanda, ogni tanto, quale sia il suo. Se lo chiede anche ora, mentre Tony fissa il vuoto e non lo vede più. Guarda altrove, un punto lontano, in attesa di una mano che se lo prenda e glielo porti via, stavolta per sempre. Divisi da un secondo che per Tony è durato cinque anni; un'agonia infinita che ha trovato il sollievo di uno sguardo, e nulla più; poi il vuoto, l'inevitabilità degli eventi. I sacrifici, quelli dovuti, quelli vincolati dal ruolo che si ricopre e Peter non riesce a pensare ad altro: perché proprio noi?

Lo guarda dolersi, agonizzare, andarsene. Lo guarda spegnersi, con la consapevolezza che non lo vedrà brillare più. Gli occhi di Tony sono un tremante abisso di terrore, mentre i suoi volano indietro. Fanno un viaggio a ritroso, alla ricerca di calore, a quel momento lontano nel tempo, che Peter porta marchiato nel cuore e non gli dà pace. Accavalla quel ricordo alla realtà, e si perde. Il tempo si ferma e vorrebbe fosse per sempre, ma sa che non sarà così.



«Signor Stark, davvero! Giuro. Non l'ho fatto apposta! Se... se solo mi lasciasse spiegare, i-»

«Cosa?» Tony gli punta addosso gli occhi. Ardono di rabbia, di preoccupazione, di un'angoscia che sfrigola, come le unghie su una lavagna. Come un coltello che taglia le ossa. Le seghetta. «Peter, hai idea del colpo che mi hai fatto prendere? Si può sapere che accidenti ti è saltato in mente di fare? Ti rendi conto che ho la stracazzo di responsabilità su di te? Smettila di fare di testa tua e di metterti in pericolo!»

Peter fa un passo avanti. Increspa la fronte; vorrebbe solo chiedergli scusa e dirgli che ha ragione, ma Tony è fuori di sé. Ha paura che, stavolta, possa togliergli definitivamente la tuta e non riconsegnargliela mai più. Ne ha bisogno. Peter ne ha bisogno più dell'ossigeno; perché senza di quella, lui vale meno di zero, e malgrado abbia spesso dimostrato che non è così, continua a pensarlo lo stesso. Perché lui non si piace. Non si è mai piaciuto. Quel giorno, non si piace un po' di più.

«Non voglio deluderla, non voglio farla preoccupare! Sul serio, mi dispiace moltissimo. Non... succederà più e... Signor Stark?»

Tony ha una mano sul cuore. La sinistra. Quella che trema ogni volta che qualcosa va storto. La stessa mano che, in un momento diverso, avrebbe nascosto alla vista di qualsiasi essere umano pronto a dargli un giudizio, a etichettarlo come un debole, solo perché Tony Stark può avere paura ed è ingiustificabile solo che qualcuno possa saperlo. Peter lo sa. Fa un altro passo avanti, e Tony lo blocca con la mano libera. La alza, mette un muro e Peter lo demolisce. Si impone di rimuovere barriere tra di loro, che non servono a niente. A niente di niente.

«Sto bene.»

«No che non sta bene! Sta avendo un attacco di panico? Per colpa mia?» domanda, e si avvicina di più. Posa la mano sulla sua, quella che ancora è spalancata sul cuore; le falangi aperte, come se potessero dargli sollievo. «La prego... la prego...» Lo supplica, e lo abbraccia. Gli stringe le braccia intorno al collo, affonda la testa nella sua spalla e spalanca gli occhi. Non vuole che stia male. Non vuole essere l'artefice del suo dolore. Lo delude, ogni giorno, ogni istante e non sa fare altro. Non è capace di dare a quell'uomo un solo motivo per avere fiducia in lui.

Tony però ricambia. Gli serra le braccia intorno al busto e gli stringe le dita intorno alla tuta fradicia. Peter è caduto in mare, ha rischiato di annegare, ed è una fortuna che sia lì, pronto a raccontarlo con un sorriso, quando sarà il momento di farlo. Tony lo ha salvato, per l'ennesima, esasperante volta. Di nuovo lo ha scomodato, di nuovo lo ha smosso dal suo mondo per farlo entrare nel proprio.

«Non farlo mai più, cazzo», gli dice, e respira a fatica, ma almeno il suo petto – accostato al suo come quello di un bambino spaventato – ha smesso di muoversi come uno tsunami che travolge e abbatte ogni cosa.

Peter alza la testa, e trova i suoi occhi. Sono così vicini che fa paura. Vede una costellazione di titubanza e terrore nelle sue iridi castane, eppure c'è un universo immenso di amore che prima non aveva nemmeno notato. Non sono stati mai così vicini come in quell'istante, e Tony gli guarda le labbra come se potesse rubargliele e portarsele via; come un trofeo. «Non farlo più.» Lo ripete, a due millimetri dal suo respiro. Lo ripete con la voce ridotta a un sottile vento caldo, appena udibile, e poi lo bacia. Il suo corpo e quello di Tony sono incollati dal cuore, e i battiti sono la loro canzone. L'inesperienza di un primo bacio, fuso alla maturità di una bocca che ne ha dati anche troppi. La paura di chi non sa e quella di chi sa abbastanza. Eppure, mentre Peter chiude gli occhi e sente le farfalle mescolarsi nella pancia, non vuole sapere. Non ancora. Va bene così e si lascia baciare, perché vuole questo. Lo ha sempre voluto.



Gli traballano le labbra. Gli tremano gli occhi, le mani, la schiena. Persino l'anima. Peter lo guarda e Tony non lo fa. Fissa il vuoto ed è già morto, eppure quella luce nelle pupille dà ancora speranza. Quella piccola fiducia che rende tutto ancora più arduo, ancora più ingiusto. Lo fissa e un sorriso gli vibra, ma non c'è allegria, in quel gesto. Nemmeno quella speranza; non c'è e basta. Si china su di lui, e cerca le parole. Un tumulto di frasi sconnesse gli riempiono la bocca, e riesce a mantenere la lucidità disdicevole di chi ancora è costretto a celare troppe cose. Troppe cose che sono state e che non saranno più. Mai più. Non più.

«Signor Stark? Ehi, signor Stark, mi sente? Sono Peter!» Piange, e Tony non risponde. Lo guarda, infine e non risponde. Gli incastra gli occhi nei suoi e tace. Muore ogni istante un po' di più e lo guarda. Lo guarda e basta. Un pupazzo vuoto, finito, inerme. Finito. Il Tony Stark con le parole sempre pronte nella lingua, tace. Fa male. Dio, fa male. Fa troppo male. Gli punge il petto, brucia, arde. Fa male.



Tony gli strofina le mani sotto la maglietta, in una carezza lungo i fianchi che lo fa rabbrividire. Lo fa mille volte al giorno, lo fa in continuazione, ma ogni volta è come la prima. Peter trema e chiude gli occhi. Sente le viscere che gorgogliano. Fanno rumore, come un vecchio pavimento che crepita. È l'amore, lui lo sa. Lo ha sempre saputo, che quel sentimento, a specchio del bene immenso che prova, lo distrugge e lo dilania. Gli tira gli organi, li sente flettersi, avvilupparsi. È doloroso, ma ne vale la pena. Tony gli bacia le labbra. Se ne appropria come se dovesse firmarne un'appartenenza eterna. Ce l'ha, quell'appartenenza e sebbene lo sappia benissimo, ha bisogno costante di reclamarla. A Peter piace. Si sente amato, compreso, parte di qualcosa. Non è mai successo prima. Con nessuno. Gli piace e spera solo che duri abbastanza; vorrebbe che fosse per sempre, ma non ha tutta quella speranza. Lui è una frana a tenersi strette le persone che ama. Tony si stufa della monotonia. Non sono fatti, per stare insieme a lungo. Peter lo sa e lo ha accettato, sebbene sa già che, separarsi, sarà doloroso.

«Ho disdetto due appuntamenti per stare con te. Chi altri disdice due appuntamenti per stare con te?» chiede Tony, e Peter ride. Si accoccola contro di lui, sul divano, mentre preme il tasto play per mandare avanti il film che vogliono guardare insieme. Non finiranno mai di vederlo, lo sa già.

«Nessuno. Erano importanti?»

«Può darsi. Magari c'era in ballo il destino del mondo, chi lo sa. Ma io sono qua, con te. Certi privilegi non li concedo al primo che capita, giovanotto.» Tony gli bacia la testa. Infila le mani nel sacchetto dei popcorn e ne mette una manciata in bocca. Peter lo guarda, e alza un sopracciglio. Sembra un ragazzino. Un innocente ragazzino che mangia schifezze e guarda film trash. Certe volte dimentica che ha più del doppio dei suoi anni. «Che c'è?»

Gli viene da ridere, e lo fa. «Niente. Sei buffo.»

«Buffo», ripete Tony, atono, dopo una pausa troppo lunga dove ha ricercato nell'archivio infinito della sua testa, la giusta frase ad effetto. «Me ne hanno dette di tutti i colori, ma buffo...»

Peter gli poggia una mano sul petto. Reclama un bacio a fior di labbra e lo riceve con uno sbuffo divertito. «C'è sempre una prima volta.» Tony lo sovrasta e gli mangia le labbra, arrogante. Il film inizia e nessuno dei due lo guarda. Peter sprofonda nel divano. Tony lo divora e lui spegne il cervello. Ama annullarsi, è la parte che preferisce, di quel rapporto sbilanciato e traballante, paradossalmente migliore di molti altri.


Ricerca uno sguardo che non trova. Tony è ancora lontano, e non lo cerca. Lo ha perso da quello schiocco inaspettato, e Peter lo sa. Lo ha osservato prendere una decisione importante, che annulla una vita per salvarne molteplici. La sua compresa, ma Peter non è salvo. Non lo è. Non ora che l'unica ragione per cui andare avanti si sta spegnendo lentamente, sotto al cielo plumbeo che sembra tutto, fuorché lo scenario di una battaglia appena vinta. Nessuno ha vinto, soprattutto Peter. Ha perso. Ha perso tutto. Non ha ragione di credere che il mondo andrà avanti lo stesso, perché lui non lo farà. Non andrà avanti. Non più.

«Abbiamo vinto. Signor Stark, abbiamo vinto. Ce l'abbiamo fatta.»

Fine Capitolo I




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