Boxes
-Buongiorno Evelyn- sento la voce di Lewis alla mie spalle e mi chiedo se sia veramente un buongiorno.
La sera precedente
-Tesoro possiamo parlare un attimo?- mi domanda Dolores mentre sto per andare in salotto con Lewis; dopo cena di solito stiamo un paio d'ore sul divano a leggere o a vedere qualcosa.
-Certo...è successo qualcosa?-
-Ti ricordi la tua vecchia casa?-
Le sue parole riportano alla mente il passato: avevamo una casa stupenda, non era grande eppure per me era un castello. Dietro avevamo un cortile in cui passavamo quasi tutto il tempo d'estate: quando mio padre non era via per le missioni giocavamo a palla e quando invece era via mia madre ed io ci stendevamo sull'amaca e guardavamo il cielo; in quei momenti nonostante la distanza e la brutalità della guerra sentivo mio padre vicino a noi.
-Certo...-
-Dopo che ve ne siete andate tu e tua madre avevo paura che qualcuno potesse entrare in casa, così sono andata lì e ho preso le cose vostre e ora sono riposte nello sgabuzzino in degli scat...-
-Okay, quando avrò tempo andrò li.- mi dispiace per il tono freddo ma portare a galla tutti i ricordi che ho su quella casa fa male, mi fa sentire fuori posto e sola. Esco dalla cucina e mi dirigo verso le scale per andare in camera mia.
-Stasera che ne pensi di vederci un fil...ehi che ti succede?- domanda Lewis e solo ora mi accorgo che sto piangendo
-Mi dispiace, oggi vorrei andare a dormire- e senza aspettare risposta corro in camera.
-Giorno Lewis- mi giro per osservarlo e forse tra le regole avrei dovuto mettere "non girare a petto nudo di prima mattina scalzo con indosso solo il pantalone della tuta". Nonostante il cibo spazzatura che abbiamo mangiato in questi giorni i suoi addominali sono perfetti così come il resto del suo corpo.
-Ehm...vuoi del caffè?- domando mentre mi giro per cercare di non fargli notare il mio rossore.
-No grazie...che programmi hai per oggi?-
-Mi vedo con le ragazze per un gelato e poi torno, tu invece?-mi volto ma nascondo il mio viso dietro alla tazza.
-Starò qui, volevo chiederti se potessi utilizzare una delle stanze vuote per allenarmi.-
-Certo Lewis, fai pure. Vado a prepararmi ci vediamo dopo okay?- sto per uscire dalla cucina ma mi afferra delicatamente per un braccio
-Per ieri sera sappi solo che se vuoi parlare io ci sono va bene?- si avvicina lentamente al mio viso per poi posare le labbra sulla mia guancia. Dopo avermi dato un dolce e casto bacio le sue labbra rimangano a contatto con me per un paio di secondi prima che si allontani.
Per tutta la mattinata non faccio altro che pensare a quelli scatoloni e a Lewis, anche mentre sono con le ragazze. Pensavo che il freddo del gelato e loro presenza mi avrebbero fatto dimenticare per un po' ciò che mi turba. Forse dovrei parlarne con loro riguardo gli scatolini ma prima che possa fare qualcosa sento che sta per cadermi il gelato e cerco di salvarlo ma l'unico risultato che ottengo è il mio gelato sulla strada ed entrambe le mie mani imbrattate di cioccolato. Per un po' staimo tutte in silenzio e poi scoppiamo tutte a ridere
-Ma non riesci nemmeno a mangiare un gelato?- cerca di dire Courtney tra le risate
-Ma ti sembra che noi usciamo con la gente che non sa mangiare nemmeno un gelato?- domanda ironica Audrey. Capisco che la situazione sia divertente ma credo che stiano esagerando e lo pensa anche Alexa visto la sua espressione, sorride ma guarda le nostre due amiche come a rimproverarle mentalmente
-Okay abbiamo capito- cerco di farle smettere visto che la gente sta iniziando ad osservarci e di certo la cosa non mi fa piacere ma le ragazze continuano a ridere. Alexa tenta di farle ragionare ma continuano a ridere commentando al mia bravura nel mangiare uno stupido gelato. Cercando di non sporcarmi, mi metto gli occhiali affinché non possano vedere i miei occhi e con un fazzoletto mi ripulisco.
-Devo andare, ho delle cose da fare.- e mentre mi allontano le sento chiamarmi ma non mi volto. So che è una cosa stupida per prendersela ma non voglio parlarne.
Dopo una decina di minuti raggiungo il grattacielo e salgo nel mio appartamento.Una volta entrata trovo Lewis al telefono in salotto ma non appena mi vede chiude la chiamata.
-Ehi, tutto okay?- domanda venendomi incontro.Sto per allontanarlo e dirgli che vorrei stare sola ma ci ripenso
-Mi aiuteresti e prendere degli scatoloni?- mi guarda sorpreso e un piccolo sorriso si forma sulle labbra di entrambi. Dopo aver portato tutti gli scatoloni in salotto inizio a dubitare sulla mia scelta. Quando sono entrata in casa è stato come se mi fossi rinchiusa nella mia bolla di vetro e la presenza di Lewis non mi mette più a disagio ormai eppure non so se sono pronta a questo.
-Sono qui con te Evelyn, tranquilla...-
Inizio ad aprirli e tutto riaffiora, tutti i momenti della mia infanzia. Tra le mie mani ho la foto di me a cinque anni attaccata alla gamba di mio padre.
-Questa ce la fece mia madre quando mio padre tornò dalla sua prima missione; mi era mancato così tanto che non mi volli staccare per tutto il giorno da lui, ci provarono in tutti i modi ma niente.-
-E poi come hanno fatto?-
-Sono crollata addormentata- gli rispondo mentre entrambi iniziamo a ridere e cosi per tutte le altre foto che abbiamo trovato. Senza accorgercene le ore passavano ma noi eravamo immersi negli scatoloni. In alcuni vi erano oggetti di decoro e in altre album di foto, tantissime foto e per ogni foto Lewis ha voluto sapere la loro storia.
-Evelyn posso farti una domanda?-
-Naturalmente.-
-La tua famiglia è molto ricca da generazioni da quel che ho capito, perciò perché tuo padre si è arruolato?-
-Glielo domandai anch'io la mattina della sua partenza, lo trovavo stupido rischiare la vita se hai già quello di cui hai bisogno. Quando glielo chiesi si mise in ginocchio davanti a me e mi sorrise; dopo alcuni secondi di silenzio mi disse che lui non andava lì per sfamare me e mia madre ma andava a combattere per tutti coloro che non avevano qualcuno che si prendesse cura di loro, combatteva per rendere il mondo un posto migliore per me e tutti quei bambini che pensano di avere le ore contate. Credeva molto nella sua causa e per quanto gli mancassimo io e mia madre sapeva che era la cosa giusta da fare. Quella fu l'ultima volta che lo vidi...-
-Mi dispiace non volevo farti stare male-
-No...a volte ho bisogno di parlarne e anche se non ci conosciamo sono felice di averlo fatto con te- e lo penso sul serio. Ero nervosa e un po' triste per quello che era successo con le ragazze ma adesso sto molto meglio.
-Tu invece? Eri con tuo padre al telefono quando sono entrata?- gli domando cercando di capire un po' di più su di lui.
-Hai intenzione di mettere le foto e i ricordi per casa?- cerca di sviare la domanda e forse non avrei dovuto essere così diretta. Mi sento in imbarazzo e cerco di allontanarmi da lui ma poi le sue parole me lo impediscono
-Vuole che ritorni a casa per gestire l'azienda di famiglia, sono figlio unico perciò tocca a me ma io non voglio, non voglio che il mio futuro sia dietro una scrivania a dare ordini...non è il mio sogno.-
-Qual è il tuo sogno allora?-
-Correre...- e il suo viso viene illuminato da uno splendido sorriso
-Le sistemeremo più tardi le cose, ora vorrei vedere un film con te.- gli dico mentre sposto gli scatoloni e mi siedo sul divano, notando che il cambiamento di argomento gli ha fatto piacere.
-Che ne pensi di vedere "La mia miglior nemica"? Almeno non starai male per il litigio con le tue amiche.- dice mentre prende il film
-Non ricordo di aver detto niente su un litigio Lewis...- come può saperlo?
-Beh...sai l'ho capito quando sei entrata che eri triste e mi sono ricordato che stavi le ragazze.-
Mio padre ha sempre detto che sono un libro aperto ma non credevo così tanto...
-Quindi sono un libro aperto per te-
-Credimi, so quasi sempre cosa ti passa per la mente- e dal suo sorriso malizioso capisco che si riferisce all'episodio di stamattina.
-Guardiamo il film prima che inizi a leggermi nel pensiero- ed entrambi scoppiamo a ridere.
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