59. Ritrovarsi - Meet again

Nelle vicinanze del Monastero non esistevano bar o punti ristoro in cui fermarsi. Nulla di nulla. Alexander staccò il viso dallo smartphone e sospirò dispiaciuto. 

Lo straniero aveva ripreso conoscenza, ma sembrava essere terrorizzato da tutto e tutti. Portava cicatrici evidenti sulle braccia, alcune sembravano bruciature, altre frustate. I suoi occhi, di un azzurro intenso, trasmettevano angoscia e sfiducia nel prossimo. Si faceva avvicinare solo da Alexander. 

– Ehi - il vampiro lo raggiunse, si chinò alla sua altezza e gli posò una mano sulla spalla, per fargli capire che nessuno gli avrebbe fatto del male. - Non abbiamo da mangiare con noi, solo un po' d'acqua. Ne vuoi un goccio? - gliene tese una bottiglietta piena.
L'uomo allungò la mano e accennando un sorriso la prese, bevendola tutta.

Roxen era rimasta in disparte a osservare i due uomini. Lo straniero le sembrava così famigliare e vederlo interagire con Alexander le dava un senso di compiuto, come se fossero giunti a destinazione. Un pensiero però le metteva agitazione: non era riuscita a curargli le ferite, o meglio le aveva richiuse, ma erano rimasti profondi tagli rosa sulla pelle. Se fosse stato un semplice umano si sarebbe rimarginato tutto senza lasciare tracce.

Si sentì ticchettare sulla spalla e Lionel le fece segno di allontanarsi insieme di qualche passo. Furono seguiti da Sara e Samuel, che continuavano a lanciare occhiate interrogative in direzione dello straniero. 

- Dov'è Milacre? - il druido non si vedeva da quando l'uomo era stato ritrovato e Roxen s'incupì pensando a una trappola.

- Ha detto che si sarebbe incamminato verso il Monastero da solo, voleva assicurarsi che i monaci mantenessero la parola. Così ha detto. - Sara alzò le spalle come se non avesse potuto impedirglielo.

Non aveva nulla contro il druido, soltanto la infastidiva quando si intrometteva tra Roxen e Alexander. Adorava vederli mentre si avvicinavano piano, piano. Se solo si fossero resi conto di quanto fossero belli insieme. Le sfuggì un sospiro sognante, ma fu subito ripresa da Lionel che le lanciò un'occhiataccia.

- Cosa facciamo con quell'uomo? - Roxen indicò con un movimento del capo lo straniero. Sembrava una brava persona. Era quello il punto: sembrava.  

- Non lo so, Xander non vuole staccarsene. – Sara guardò preoccupata l'amico e proprio in quell'istante l'uomo la fissò. Una scossa elettrica l'attraversò da capo a piede, togliendole il respiro. Eppure non aveva fatto nient'altro che guardarla. 

- Non possiamo lasciarlo qui, avete visto com'è ridotto? Non sono riuscita a fargli sparire le cicatrici, probabilmente è stato torturato con strumenti magici. - Roxen seguiva i lenti movimenti dello straniero che si aggrappava al braccio di Alexander per alzarsi. 

Sara tossicchiò attirando l'attenzione su di sè – Oppure è un vampiro ed è stato colpito con dell'argento. – Samuel e Lionel la rimproverarono con lo sguardo. 

La strega si voltò verso l'amica - Oh! Dici che è un vampiro? -
In effetti sembrava l'ipotesi più veritiera. Guardò nuovamente Alexander e un pensiero fulmineo le attraversò la mente. Un pensiero che avrebbe potuto portare gioia al suo alleato. 

Lionel sospirò continuando a lanciare sguardi intimidatori verso la biondina – Oppure un licantropo, anche loro sono sensibili all'argento. -

- Giusto! - Sara colse la palla al balzo e si accodò a Lionel, cercando di rimediare alla propria loquacità inopportuna.

Roxen, però, non riusciva a togliersi dalla testa il pensiero che quell'uomo fosse una persona di cui avrebbe dovuto assolutamente ricordarsi. Se fosse stato il fratello di Alexander però quella sensazione sarebbe stata sbagliata, perchè lei non lo aveva mai conosciuto. Più lo osservava, più i suoi gesti le facevano pensare al passato e non riusciva a comprenderne il perché.

Si soffermò sul viso di Alexander e notò che aveva il volto completamente sereno. Sembrava un semplice ragazzino di diciotto anni, in gita con il padre. Sorrise di rimando, investita da quel calore confortevole, famigliare.

Riscuotendosi riprese le fila del discorso con urgenza - Dobbiamo pensare cosa fare con lui. Se lo portassimo con noi rischierebbe la vita, ma anche qua non credo sia molto sicuro. Accompagnarlo a Mediana, dopo tutto quello che abbiamo passato stanotte, mi sembra alquanto improbabile. - 

Lionel propose di chiedere direttamente ad Alexander, sembrava essere l'unico a poter interagire con lo straniero.

- Vado io. - Roxen scosse i capelli e, come se stesse per andare in battaglia, marciò verso il suo alleato.

                            ***   
Roxen non ne sapeva bene il motivo, ma il cuore le batteva all'impazzata e le parole si mescolavano nella mente, senza avere un senso preciso. Sapeva che doveva chiedergli indicazioni sul da farsi, ma era come se le frasi le si accavallassero tutte insieme in un unico spazio e non riuscisse più a capire quale fosse quella giusta da dire.

Alexander la vide arrivare e capì subito il nocciolo della questione. - Scusa, amico. Arrivo subito. - Gli strinse fraternamente la spalla e lo lasciò con il segugio magico. 

Si avvicinò a Roxen incrociando le braccia al petto, una linea sbarazzina si delineò sulle labbra mentre la osservava. In quel momento aveva un'espressione smarrita e la trovò buffa. 

Prima che lei potesse aprire bocca l'anticipò - Non chiedermi di lasciarlo qui. –

Roxen agitò le mani davanti a sé – No, ovvio che no, ma non possiamo neanche portarlo con noi al Monastero, rischierebbe la vita... -

Lui la interruppe preso dall'ansia, come se separarsi da quell'uomo fosse intollerabile – Lo proteggeremo noi! I monaci daranno rifugio a un pover'uomo! - 

Roxen guardò dispiaciuta oltre le spalle di Alexander: l'uomo sembrava così vulnerabile. Nonostante poco prima avesse ipotizzato con i loro compagni che potesse essere un vampiro o un licantropo, pareva essere innocuo e Alexander non aveva tutti i torti nel volerlo proteggere. Avrebbero davvero potuto affidarlo alle cure dei monaci.
- Sì, forse hai ragione. –

Alexander sorrise, contagiando anche gli occhi, che brillarono di gioia. – Bene. -
Diede le spalle alla strega e guardò lo straniero: una strana malinconia gli prendeva il petto ogni volta che gli era vicino.
- Torno da lui, cerco di farmi dire almeno come si chiama... -  si fermò. Un suono, un fruscio portato dal vento.
Non era sicuro di aver sentito bene. Fissò le labbra dell'uomo, ma non si muovevano, eppure gli era sembrato di udire flebili parole di una voce sussurrata. Possibile che fosse frutto della sua immaginazione?
Era stato un timbro a lui conosciuto, che gli aveva fatto vibrare il cuore e ogni organo pulsante del corpo, per un istante.

Anche Roxen ebbe la sensazione di aver già sentito quella voce, ma non riusciva ad associarla a nessun viso del suo passato. 

- Hai detto qualcosa? – chiese Alexander con l'emozione che gli squassava il petto in un crescendo di tamburi. Tum. Tutum. Tumtumtumtum.

L'uomo aprì di poco le labbra, sembrava un gesto che gli costava fatica – Che assomigli a Drei.- Un sorriso nascosto dalla folta barba e le due sfere azzurre che luccicavano commosse.

Gli occhi di Alexander divennero lucidi e non udì più nessun altro suono se non il suo cuore impazzito.
Si avvicinò all'uomo a piccoli passi, come avesse paura che sparisse da un momento all'altro. - Chi è Drei? - domandò per aver la conferma di ciò che pensava. Attese la risposta chiudendo gli occhi in una preghiera silenziosa.

- Drei era il mio fratellino, morto tredici anni fa. – Guardò lontano, come a rincorrere quel piccoletto su splendidi prati verdi.

Alexander si sentì mancare l'aria. Guardò Roxen per essere sicuro di ciò che aveva udito e lei gli annuì tra sorrisi e lacrime. Era una gioia paralizzante che avvolgeva tutti e due.

- Perchè dici che è morto? - non voleva concedersi di sognare, bramava una conferma. Agognava una certezza.

- Una persona folle ha ucciso lui e i nostri genitori. Io non so come, ma ne sono scampato. –
Alexander chiuse gli occhi, stringendoli fino  a farsi male. Li riaprì lentamente e appurò che l'uomo era ancora davanti a lui. In quel momento poteva lasciarsi andare alla speranza, in quel momento poteva sognare e credere che lo straniero fosse il suo adorato fratello.
A passi ben misurati, gustando ogni singolo istante, memorizzando ogni singola ruga e increspatura del viso dell'uomo, giunse a lui, sul ciglio della strada.
- Dimmi, per caso il tuo fratellino ti chiamava Ick? - attese, studiando con cupidigia la reazione.

Gli occhi dello straniero ebbero un guizzo di sorpresa.
– S-sì. Come fai a saperlo? - l'uomo si alzò in piedi tremolante, mentre il cagnolino li guardava entrambi, scodinzolando.
- Non sono morto. Il vampiro mi ha risparmiato perché le guardie del Castello lo hanno trovato prima che mi finisse. –
Le parole di Alexander uscirono ansiose, mescolate alla gioia e all'eccitazione di quel meraviglioso momento.
L'uomo spalancò la bocca e dagli occhi iniziarono a sgorgargli lacrime. Tese le braccia ricoperte di segni verso il ragazzo - Drei! Alexandrei! Fratello mio! - Lo toccò, tastandogli le spalle, il petto, il viso e tremante scivolò ai suoi piedi per la troppa emozione.

Roxen sorrideva tenendosi una mano sul petto mentre con l'altra si asciugava gli occhi arrossati.

Sara, Lionel e Samuel assistettero alla scena da lontano, ma non avevano la stessa espressione felice dei loro amici, anzi erano piuttosto inquieti.

                                                                                                   ***

Milacre giunse al monastero poco prima di mezzogiorno e ciò che vide non gli piacque affatto: il fossato che circondava la fortezza era ricoperto da alberi tagliati e ammassati. Il bosco, che una volta racchiudeva al suo interno il Monastero, era stato completamente raso al suolo. La fortezza era totalmente esposta agli attacchi nemici. Il ponte levatoio, però, era alzato e sbarrato.

Milacre si guardò attorno sospettoso, era tutto troppo silenzioso. Nessun animale nei dintorni: né uccellini, né cervi, né lepri selvatiche.

Qualcosa non andava. Era stato al Monastero solo pochi giorni prima, com'era possibile che fosse ridotto in quel modo?

Si avvicinò con cautela alle mura della fortezza, doveva entrare, con o senza il ponte levatoio abbassato.

Percorse tutto il perimetro del Monastero cercando un'entrata secondaria. Vicino la torre che dava sulla vallata vide una piccola porta, collegata da un ponticello all'altra sponda del fossato.

Milacre attraversò il ponte e giunto dinanzi la porta bussò. Attese qualche istante, poi ritentò. Nulla.

Il druido indietreggiò allarmato, c'era decisamente qualcosa che non quadrava.

- Ehi! Sono Milacre! C'è nessuno? - gridò nel mentre ripercorreva a ritroso la fortezza.

Con l'ansia che gli scorreva nelle vene decise di usare il teletrasporto.
- Oh! - appena mise piede all'interno fu colto da un fetore di decomposizione. Si portò immediatamente le mani al naso e alla bocca, trattenendo conati di vomito. Il Monastero era un ammasso di macerie. Il giardino non esisteva più, era tutto bruciato. Le mura rotte, le panche rivoltate, i libri dalle pagine strappate e copertine ridotte a miseri fogli colorati con scritte rovinate.

Dei monaci però neanche l'ombra. Milacre si aggirò per i detriti cercando un segno di vita. Udì il rumore di uno scalpiccìo veloce, poi silenzio. Ancora una volta il suono di passi rapidi e subito dopo nuovamente silenzio.

Si guardò attorno cercando di capire da dove provenissero quei rumori, ma non riuscì a individuarne la fonte. Erano troppo rapidi. Chiunque si muovesse conosceva bene il posto. Pregò fosse un monaco.
Tendendo bene le orecchie si concentró facendo ricorso ai suoi poteri da druido, ma non si accorse di un'ombra che risaliva dalle viscere del Monastero.
Qualcuno alla sua destra tentò di avvisarlo, ma troppo tardi. Un essere dal muso suino e il corpo umano lo sollevò in aria e se lo portò alla bocca, serrando le fauci.

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