56. Legati - Related
Milacre si era rinchiuso nel buio della sua stanza e pensava a un piano per mettere Alexander in cattiva luce agli occhi della squadra. L'idea di trasformarlo in zanzara era stata davvero azzardata, ammise a se stesso. Era abbastanza scontato che si sarebbe messo nei guai agendo in quel modo, ma l'umiliazione e il rancore provati quando era stato trasformato in coleottero erano tali che aveva meditato stupidamente vendetta, finendo così per tirarsi addosso l'astio di Roxen. L'esatto opposto di quello che desiderava.
Tutti difendevano Alexander, nonostante fosse una bomba a orologeria pronta a esplodere da un momento all'altro, tutti tenevano piena considerazione dei suoi gesti e delle sue opinioni, mentre lui, Milacre, da quando aveva mostrato il suo vero io era stato messo in disparte, guardato in malo modo, alla stregua dei nemici e questo non poteva tollerarlo.
Al monastero se n'era stato buono: i primi giorni aveva osservato Roxen da lontano, poi le si era avvicinato e un po' alla volta le aveva rivolto la parola; Lucy e Tricia avevano giocato a suo favore con i loro modi di fare così socievoli e, senza che ne se accorgessero, era entrato a far parte di quella stretta cerchia di streghe. L'unico esemplare maschio che stava con loro, l'unico che parlava con loro e le consigliava.
Con la sua conoscenza sulle rune le aveva conquistate e le aveva rese partecipi delle nozioni che gli appartenevano in quanto druido. Roxen si era fidata, tanto da coinvolgerlo nella ricerca del libro proibito sulla Magia del Sangue, mentre lui si stava già perdendo tra i suoi capelli rossi, morbidi e selvaggi come lei. Se avesse saputo che il libro era per Alexander si sarebbe opposto con tutto se stesso. Invece aveva rischiato la vita e l'espulsione dal monastero per lei.
Già da allora il vampiro era un ostacolo.
In quel momento, saturo di rabbia, strinse i pugni battendoli sul legno levigato della scrivania. Ora non poteva più permettersi di fare passi falsi. Si era giocato tutto, sbagliando. L'unica freccia ancora al suo arco era la Profezia, o meglio, il frammento custodito al monastero. I monaci avevano promesso che lo avrebbero dato a lui e soltanto a lui. Quindi Roxen gli sarebbe stata debitrice, così come tutti gli altri. Il prescelto poteva anche essere Alexander, ma era lui che stava aiutando la strega con ogni mezzo possibile, era lui ad averle purificato il rubino impedendo al Principe delle Tenebre di ucciderla e sempre lui l'avrebbe tratta in salvo dai nemici, dimostrandole che su di lui avrebbe potuto fare affidamento.
I suoi pensieri ossessivi furono interrotti da alcune voci provenienti dal corridoio e pensando fossero Roxen e Alexander aprì leggermente la porta per origliare. Sì, era davvero senza ritegno, ormai non gli importava più di nulla. Avrebbe raggiunto il suo scopo con qualsiasi mezzo.
- Devi dirglielo se è un tuo sospetto - la voce maschile era bassa ma chiaramente udibile.
- No, se mi sbagliassi lo deluderei e basta - quella femminile tentennava, quasi avesse paura delle sue stesse parole.
***
Alexander aveva guardato la strega non capendo il perché di quella rabbia nei suoi confronti. Soli pochi istanti prima stavano facendo la lotta coi cuscini e ora si ritrovavano fuori, sulla veranda della villa, con i volti tesi e gli occhi in cerca di risposte.
- Ma che... oh! Cosa ti avrà messo in testa quel druido del cavolo? - Alexander non reggeva il peso di quello sguardo. Quei due smeraldi lanciavano fiamme e lui non li voleva puntati su di sè, non con quell'aria accusatoria che li adombrava.
Roxen incrociò le braccia sul petto, battendo spazientita un piede a terra. - Non mi ha messo in testa niente! Pensi che sia così influenzabile? - le parole del druido echeggiavano nella sua mente. Un pizzico di delusione la colse alla sprovvista: era come se tutti gli altri avessero il permesso di dubitare, ma non Alexander. Quel pensiero le attraversò veloce il cervello, come un cavallo imbizzarrito, andando a scontrarsi contro la sua testardaggine che negava qualsiasi tipo di coinvolgimento con il suo alleato.
Lei non era un oggetto, non era una marionetta così facile da manovrare e Alexander non doveva insinuare simili assurdità. No, non doveva.
- Non l'ho mai detto! Ma spiegami come mai di punto in bianco ti sei indispettita, e soprattutto con me! - Alexander si posò le mani sui fianchi attendendo una risposta. Non la reputava affatto influenzabile, ma sicuramente il druido sapeva giocare molto bene con le parole e sapeva cogliere i punti dolenti delle persone e aveva proprio stimolato quel nervo scoperto che era il rapporto indefinito, non detto, tra lui e Roxen.
La rossa scosse la chioma passandovi una mano, un gesto di stizza che ormai Alexander conosceva molto bene e prima che potesse aprire bocca, lui deviò la frustrazione buttando fuori l'aria dai polmoni e prendendosi qualche secondo per provare a controllare l'irritazione crescente.
Le diede le spalle e chiuse gli occhi mettendosi le mani sui fianchi. L'aria era fredda e scompigliava i ciuffi ribelli che gli sfioravano la fronte aggrottata. Era piacevole quella frescura, poteva godere del panorama invernale senza rabbrividire. Aprì lentamente le palpebre immergendosi nella veduta del suo giardino: le pianti rampicanti del porticato erano ricoperte di ghiaccio e sembravano essere fatte di polvere di diamante, così come gli alberi poco più avanti, spogli e luminosi per la brina cristallizzata. Un luogo incantato. Ad Alexander sfuggì un sorriso ricordando i paesaggi fantastici della Foresta Incantata di inverno e gli sembrarono così lontani. Coi piedi scalzi fece qualche passo avanti verso la balaustra e con le mani si appoggiò su di essa, sentendola cigolare sotto il suo peso.
- Cos'ho fatto questa volta? - avrebbe voluto essere arrabbiato, ma invece sembrò rassegnato.
Roxen stava alle sue spalle e indossava solo quella misera tunica bianca, troppo leggera per poter sostenere le temperature invernali di Mediana. Iniziò a strofinarsi freneticamente le mani attorno alle braccia nella speranza di darsi calore e guardava con un po' di invidia Alexander, che se ne stava scalzo con una tuta e una maglietta a maniche corte, sulla veranda, senza degnarla di uno sguardo.
Le poche parole che le aveva rivolto, però, l'avevano colpita come uno schiaffo. Era come se a sbagliare fosse stata lei, come se fosse stata lei a minare la fiducia nei suoi confronti, come fosse stata lei ad allontanarlo e poi riavvicinarlo, come fosse stata lei a impostare in quel modo il loro rapporto. Sì, era stata anche lei.
- Ho rifiutato Milacre, l'ho fatto chiaramente e una volta per tutte... - alzò la testa in attesa di una sua reazione - spero - sussurrò a mezza voce, più a se stessa che a lui.
Alexander le lanciò un'occhiata da sopra le spalle - Ok e questo cosa c'entra con me? - voleva provocarla, vedere fino a che punto si sarebbe spinta. Era giusto che si assumesse le sue responsabilità, che la colpa non ricadesse solo su di lui. Era vero che il loro rapporto non era chiaro, ma non dipendeva solo da lui la cosa. L'aveva spinta a dare una risposta definitiva al druido, ma non l'aveva fatto perchè la voleva per sè. Era solo stato colto da un fastidio pungente, che si era insinuato tra le sue costole, appena sotto il cuore. Non la reputava un oggetto di sua proprietà, contrariamente a quello che lei sosteneva, anche se...
Roxen gli si avvicinò lentamente fermandosi a qualche passo di distanza. Il cuore aveva iniziato a batterle un po' più velocemente e i pensieri si stavano rincorrendo frenetici, cercando di mettersi in una fila ordinata prima di essere pronunciati ad alta voce e portare i due a un confronto verbale violento.
- Comunque - iniziò Alexander, decidendo di porre fine a quel silenzio carico di troppe frasi ingoiate. - Grazie per avergli impedito di trasformarmi in zanzara. - Incassò la testa tra le spalle e sospirò, contemporaneamente l'aria di Roxen venne a mancare.
Lei annaspò per riprendere a respirare e balbettò un - Figurati -, sentendosi immediatamente una sciocca e deglutì aggiungendo subito dopo una spiegazione.
- Stavo venendo da te per parlare di quello che abbiamo visto durante l'incantesimo e ho avvertito la sua magia. - Si rilassò appena, sentendosi più sicura di sè - Tu perché eri con lui in corridoio? - la rabbia le stava passando, ma voleva comunque delle risposte: il comportamento di Alexander finiva sempre col confonderla e col farle abbassare la guardia.
Il vampiro si girò trovandosela davanti e la vide tremare dal freddo. Ebbe l'impulso di abbracciarla, ma si fermò: non aveva più il lato umano, l'avrebbe solo congelata ulteriormente.
- Volevo impedire a Milacre di disturbarti... - vide gli occhi della strega riaccendersi e poi la sentì schioccare la lingua contro il palato, come se non stesse aspettando altro.
- Ecco! È questo il motivo per cui sono arrabbiata con te: tu e Milacre mi avete contesa come fossi un giocattolo! Lui ha detto che mi tratti come se fossi di tua proprietà, e ha ragione. Ma io non sono un oggetto, Alex! - la veemenza con cui disse quelle parole le colorò le guance di rosso, ma non ebbe il coraggio di sfidare lo sguardo di ossidiana fredda di Alexander.
Subito dopo aver detto quelle parole provò vergogna e strinse le braccia attorno al corpo, non più per fermare i brividi di freddo, ma per schermarsi dalle iridi nere e cupe di Alexander, che non solo la fissavano, ma sembravano volerla sbranare e lei si sentì indifesa. Senza rendersene conto indietreggiò di qualche passo.
- Lo sapevo che ti aveva messo in testa delle assurdità! Credimi, Roxy - la voce di Alexander risuonò cavernosa alle sue orecchie e lei rabbrividì per la paura mista a elettricità.
- Non puoi neanche immaginare come tratto le cose che mi appartengono sul serio. - con il petto che si gonfiava e sgonfiava premendo verso il fondo del cuore la rabbia, Alexander diede un pugno alla balaustra facendo vibrare tutta la veranda.
Roxen boccheggiò dinanzi a tanto ardore, ma ormai era lì e voleva scoprire le intenzioni nascoste dietro le azioni del suo alleato - Ma se lo hai detto poco fa: volevi impedire a Milacre di disturbarmi e se ben ricordi sei stato tu a dirmi più di una volta di chiarire con lui e di rifiutarlo. Se non è questo trattarmi come una tua proprietà allora cos'è? - gli si avvicinò agitando i pugni sul suo petto.
Il vampiro le afferrò i polsi fermandola e le si bloccò il respiro tra le labbra. Alexander la fissava truce contenendo la sete e la rabbia, tutte rivolte verso di lei, ma lei non capiva, non sapeva quanto in realtà fossero legati.
- Cosa stai blaterando? Io... - Alexander inclinò la testa serrando gli occhi, alla disperata ricerca di autocontrollo - Oh, maledizione, se proteggerti è trattarti come se fossi di mia proprietà, va bene: arrangiati, non muoverò un solo muscolo per aiutarti. - La lasciò andare spingendola lontano e dandole ancora una volta le spalle.
Roxen spalancò gli occhi e la bocca furibonda. Caricò verso Alexander e gli diede uno spintone, spostandolo solo di pochi centimetri. Troppo forte fisicamente da abbattere, prese nota mentalmente mentre iniziava a inveirgli contro senza che lui si muovesse. - Non rivoltare la frittata, Alex! Perché diamine sei così ossessionato da Milacre da punzecchiarlo in continuazione? -
Alexander si poggiò con indifferenza contro balaustra, lasciandola con i pugni a mezz'aria, come se la cosa non lo riguardasse. Ne aveva abbastanza di quelle sfuriate ingiustificate. - Senti se volevi accettare le sue avances, eri libera di farlo! Adesso non prendertela con me perché non sei più corteggiata... - sentì improvvisamente la guancia andare a fuoco e cinque dita a contatto con la pelle.
Lo schiaffo gli era arrivato dritto dritto sulla faccia, lasciando ben impressa la sagoma della mano di Roxen. Anche lei doveva aver percepito il colpo, perché la vide soffiarsi sul palmo per darsi un po' di sollievo.
Alexander era rimasto shockato dal gesto, forse, pensò, aveva esagerato. Si massaggiò la mascella fissando con intensità la sua alleata. Basta giocare.
- Tu mi appartieni - dichiarò di punto in bianco.
I suoi occhi erano di una profondità tale che Roxen si sentì inghiottire da essi: non pensava che il cuore potesse reagire così velocemente alle parole del vampiro, eppure lo aveva sentito chiaramente perdere un battito a quell'affermazione. Era stata la prima frase sincera che aveva accettato senza dubitare.
Fece qualche passo indietro vedendolo avanzare minaccioso verso di lei. Non aveva paura di lui, ma delle reazioni che poteva suscitarle.
Alexander alzò la mano destra e Roxen strinse gli occhi per paura di essere schiaffeggiata a sua volta, ma l'aria non si mosse e l'urto non arrivò. Lentamente riaprì le palpebre e vide davanti a sé il marchio del Sangue di Rosa, disegnato nel palmo della mano del suo alleato.
Tentennante seguì i contorni della rosa con le dita - Che significa? - domandò sapendo già la risposta.
Alexander le indicò il petto e lei abbassò lo sguardo, rendendosi conto solo in quell'istante di avere un secondo marchio, che da sopra il seno le scendeva giù verso il ventre.
Alexander avanzò verso di lei, chiudendola tra il muro e le sue braccia. Chinò appena la testa per incontrare quegli smeraldi spaventati e metterla al corrente della verità - Abbiamo il doppio marchio. - abbassò la voce come se quello che stava per dirle fosse un segreto solo loro - Quindi sì, mi appartieni. -
Nel momento in cui lo dichiarò, lui stesso prese finalmente consapevolezza del loro legame. - Non possiamo fuggire, Roxy -
Lei si sentì preda di una sorta di incantesimo, quegli occhi così profondi la destabilizzavano, le annebbiavano la mente e occupavano tutta la sua visuale, così come la sua voce riempiva le orecchie e gli spazi tra un pensiero e l'altro.
- Per quanto mi allontani, per quanto tu possa negare, non possiamo scappare. - Il sussurro di Alexander le sfiorò la pelle calda dell'orecchio per poi scivolare sul collo, fermandosi sul marchio. Il petto le si alzava e abbassava molto velocemente a ritmo dei suoi battiti accelerati.
- Mi fai paura - ammise schiacciandosi ancora di più contro la parete esterna della villa.
Alexander la bloccò sotto di sè mettendole le mani ai lati delle tempie, cercando disperatamente di tenere a freno la sete che aveva di lei. - Lo so, fa paura anche a me - il profumo del sangue lo investì e un ringhio soffocato gli sfuggì dalla bocca, ma si costrinse a continuare - Il doppio marchio vuol dire che se tu fossi una vampira io sarei il tuo Sangue di Rosa. In parole povere, ci apparteniamo, non c'è scampo - in quell'istante l'avrebbe presa di peso e condotta nella sua stanza per saziarsene. - Per quanto io abbia provato a tenerti lontana da me, a non morderti, per non costringerti a una vita di pericoli e minacce, alla fine non c'è stato verso, poiché anche io sono indissolubilmente legato a te. Siamo qualcosa che era scritto solo nei libri, una leggenda. Se scappi ti rincorro, se mi perdo mi ritrovi, se muori, muoio con te. - Lasciò scorrere la punta del naso tra i capelli di Roxen sfiorandole con le labbra la fronte e la sentì tremare sottò il suo tocco. - Se il legame del Sangue di Rosa impedisce al vampiro di nutrirsi di altro sangue, il nostro mi impedirà di vivere oltre la tua vita. Quindi sì, mi appartieni. - Concluse inchiodando i suoi occhi a quelli verdi e smarriti di lei.
Le aveva detto tutta la verità e in quel momento, più che in altri, desiderava con tutto se stesso assaggiare il suo sangue. Fonte di vita pura per lui.
Roxen non riusciva a respirare, si sentiva in trappola. Le gambe le tremavano per la troppa emozione e il cuore le batteva all'impazzata. Si sforzava di tenere tutto sotto controllo, ma non riusciva a calmarsi. Quello che le aveva detto Alexander era catastrofico.
Se le avessero detto che avrebbe dovuto affrontare mille demoni da sola sarebbe stato meglio. Non poteva credere di essere legata fino alla morte a un vampiro. Tutto, ma non un vampiro.
Una vampa di calore le incendiò il viso, che nonostante il freddo polare era decisamente rovente. Gli occhi iniziarono a pizzicarle per la voglia di piangere. Non era giusto: la vita stava veramente prendendosi gioco di lei e dei suoi sentimenti. Si asciugò infastidita le poche lacrime che erano sfuggite al suo controllo e con rabbia diede una spinta ad Alexander allontanandolo - Perché tu? Perché un vampiro? Perché noi? - ma la vera domanda era: perchè proprio tu sei un vampiro?
Alexander rimase interdetto per la sua reazione, tentò di calmarla, ma lei rifiutò ogni tipo di contatto e lui si sentì perso, come se la terra gli venisse a mancare sotto i piedi. Allungò piano una mano verso di lei, ma Roxen si ritrasse disgustata.
- Ti prego, ti prego... non toccarmi - la sua voce era tremolante.
Proprio in quell'istante Sara spalancò la porta d'ingresso - Ragazzi, ragazzi! Presto tornate dentro! Il segugio magico sta abbaiando contro il ciondolo a forma di meteorite e il ciondolo sta reagendo! -
Alexander guardò un'ultima volta Roxen e la scansò frustrato seguendo poi Sara in casa.
***
Il cagnolino stava davvero ringhiando contro il ciondolo e questo stava emanando una strana luce verde.
Alexander prese in mano il ciondolo e con l'altra mano carezzò la testa del segugio cercando di calmarlo. - Buono, bello, buono. Lo hai trovato tu questo, ricordi? - il cagnolino del pelo lungo di un bel bianco candido smise di ringhiare e iniziò a saltellare ai piedi di Alexander facendogli le feste.
Stringendo tra le dita il piccolo meteorite, il vampiro decise che per lui era il momento di andare: se Roxen non avesse voluto la sua presenza al monastero, lui avrebbe proseguito per Stonehenge dove si era interrotta la visione. Altro non poteva fare. Non se la sentiva di costringerla a subire la sua presenza se non lo desiderava. Le aveva solo detto la verità, lui per primo ne era rimasto sconvolto, ma non al punto di allontanarla.
Con una scrollata di spalle si congedò dai suoi amici, che lo guardavano speranzosi di ricevere buone nuove, e se ne andò in camera, non potendo reggere oltre i loro sguardi curiosi.
Si prese un attimo di pausa, assaporando il silenzio della sua stanza, poggiando la schiena contro la porta e chiudendo gli occhi, mandando la testa all'indietro.
Un secondo, due secondi, tre secondi... Quindici secondi... Trenta secondi. Poteva bastare. La mente si era svuotata di tutto e poteva dedicarsi alla preparazione per la partenza. Preso lo zaino di scuola e lo svuotò di tutta la cancelleria, rovesciandolo sulla scrivania, poi aprì l'armadio e arraffò i primi indumenti gli venivano comodi: un cambio e poche altre cose. Doveva stare leggero e fare in modo di non dare troppo nell'occhio nei possibili spostamenti.
Una volta conclusa la sua opera, osservò ancora una volta la fotografia di lui e suo fratello. Uno sbuffo a metà tra la speranza e l'angoscia gli rotolò fuori dalle labbra.
Posò la cornice sul comodino e ammettendo con se stesso di dover parlare con qualcuno, chiamò Vlacu: aveva bisogno della sua saggezza, e della sua lunga esperienza. Aveva bisogno di qualcuno che sapesse come andavano certe cose.
L'anziano entrò con doveroso rispetto nella stanza, facendo un mezzo inchino e poi aspettò che Alexander gli esponesse il problema.
Lo ascoltò con attenzione, sorridendo di tanto ai resoconti sul comportamento della giovane strega dopo la scoperta del doppio marchio.
Una volta che il racconto fu terminato, si permise di parlare.
- Signor Alexandrei, sarebbe spaventato anche lei nel sapere che la sua vita è co-dipendente da quella di un altro, non crede? -
- Lo sono infatti! Sono più che spaventato, ma non per questo la caccerei - Alexander si passò le mani sulla testa, solo perchè massaggiarsi la cute lo tranquillizzava, un residuo dell'infanzia probabilmente.
- Perché lo ha già fatto, l'ha fatta tornare a Mediana addormentata da un incantesimo, se ben ricorda, e ora ha finalmente accettato il suo destino. Le dia del tempo per metabolizzare - la voce condiscendente di Vlacu gli fece capire che si stava comportando davvero da ragazzino viziato e impulsivo.
Alexander sbuffò gettando lo zaino a terra e buttandosi a sedere sul letto, arreso alla ragionevolezza dell'anziano - Va bene. - chiuse lì il discorso, proprio perché non aveva tesi valide a cui appigliarsi, e cambiò radicalmente espressione diventando serio. - Vlacu, devo chiederti un favore. - una piccola ruga si formò al centro della fronte.
- Tutto quello che desidera, Signore -
- Torna a Bran e fatti dire da Dracula il nome del vampiro che si è alleato con la Minaccia Primordiale. Lui sa chi è, siamo stati degli stupidi a non farcelo dire prima, ma ora è fondamentale! Potrebbe essere colui che ha ucciso i miei genitori e quelli di Roxen - afferrò un lembo del lenzuolo sotto di sè stringendolo forte.
L'anziano annuì con piglio orgoglioso - Certo mio, Signore. Si fidi di me. -
Alexander si alzò, gli si mise di fronte, gli posò le mani sulle spalle e lo guardò diritto negli occhi - Sta attento, Vlacu, il Conte è pericoloso. Non farti trarre in inganno da lui, mi raccomando - si fidava dell'anziano più che di se stesso, ma sapeva che il Conte era un personaggio vile e senza scrupoli.
- Stia tranquillo, Signore. Lo conosco molto bene, so come difendermi dai suoi subdoli giochetti mentali - un sorriso enigmatico comparve sullo stanco e benevolo viso di Vlacu.
Non ricevendo altre richieste, l'anziano si congedò andando a preparare le valigie per far ritorno al Castello e adempiere al suo compito.
Rimasto ancora una volta solo, Alexander si sedette alla scrivania, cercando di mettere ordine agli oggetti che aveva rovesciato poco prima, con la mente si predispose ad affrontare una lunga notte di discussioni e decisioni coi suoi amici e Roxen. Sapeva che avrebbero fatto di tutto per convincerlo a non andare da solo a Stonehenge, ma lui in un modo o nell'altro sarebbe partito. Aveva bisogno di sapere se la sua fosse solo una vana speranza o la realizzazione di un sogno.
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