53. Vampiro - Vampire
Roxen sentiva il corpo di Alexander premuto contro il suo, la mano di lui sul fianco le stringeva la stoffa degli abiti, il suo respiro fresco le carezzava la fronte e lei non desiderava essere da nessun'altra parte se non lì, in quel momento.
Alzò appena la testa, incrociando gli occhi famelici di lui e notò che nel guardarla ebbero un guizzo di turbamento. Fissò la lingua di Alexander che passava sui canini, e seguì il movimento del pomo d'Adamo che andò su e poi giù, lentamente.
Roxen gli posò una mano sulla guancia, leggermente ruvida, con quell'ombra di barba adolescenziale che sbucava fuori nel seguire il movimento delle dita il viso di Alexander scese piano su di lei, sfiorandole con la bocca e il naso la fronte, gli occhi, la guancia. Il cuore di entrambi batteva forte.
Le labbra così vicine. La mano di Alexander sul fianco di Roxen si fece ancora più presente, stringendo pezzi di stoffa e arrivando alla carne. L'altra mano, quella contro la parete, ridiscese fino a posarsi sotto al mento di lei, sul collo e Alexander sentì quella pelle così morbida e calda che gli mozzò il respiro. Il suo cuore batté ancora più forte. I loro sospiri si intrecciarono e anche Roxen fece risalire la sua mano dal viso ai capelli del ragazzo, affondandovi le dita.
A metà tra il collo e il mento Alexander si fermò e risalì per guardarla negli occhi, per perdersi in quegli smeraldi e ammirarli. - Perchè fai così? - le domandò debolmente, combattendo ancora una volta contro i suoi istinti.
Le labbra di Roxen si mossero nell'unica frase che Alexander avrebbe voluto sentire. – Perchè quel morso non ha appagato neanche me. –
E allora l'essere vampiro che stava prendendo il sopravvento lo fece ridiscendere velocemente i lineamenti di Roxen per poter affondare i canini nella sua carne pulsante di vita. Le inclinò la testa di lato e spalancò la bocca mostrando i denti affilati, sfiorando la pelle accaldata di lei, facendola tremare sotto il suo tocco. Conficcò la punta dei canini in Roxen e la sentì curvare indietro la testa: un senso di completezza lo investì.
Prima che potesse godere appieno del sapore di Roxen, il sigillo reagì e sbalzò Alexander lontano da lei, facendolo sbattere contro la parete opposta e cadere subito dopo a terra. Un rumore sordo poi più nulla.
Roxen si portò immediatamente la mano al collo colta da una dolorosa fitta al cuore. Investita dall'imbarazzo per la sua lascivia scrollò le spalle e corse subito da Alexander controllando che non si fosse ferito. Gli circondò la schiena per aiutarlo ad alzarsi ma lui la cacciò bruscamente.
- Maledizione! - sbuffò Alexander massaggiandosi la schiena e guardando torvo la strega. - Non possiamo stare vicini! Non possiamo stare lontani! Questa situazione sta diventando una cosa insostenibile! - sbottò frustrato.
Roxen si portò nuovamente la mano al collo sentendo i fori che le dolevano un po' e il calore da essi emanato. Abbassò la testa affranta, come se stesse arrendendosi a un dato di fatto – Forse è semplicemente sbagliato e dobbiamo farcene una ragione. – sembrava che stesse cercando di convincere se stessa più che trovare una causa a quello che era accaduto.
Alexander la fissò per qualche istante – Non ho voglia di sentire questi discorsi, non adesso. Basta! Voglio chiudere gli occhi e non pensare a niente. Va nella tua camera, Roxy, per favore. - le parole sembravano gentili, ma il tono era decisamente aspro.
Si diresse verso la porta e l'aprì. Teneva una mano sullo stipite e l'altra sul fianco con fare scocciato, mostrandole chiaramente le sue intenzioni. Con un gesto del capo la invitò a uscire prima che potesse perdere seriamente la pazienza, ma lei rimase lì, in piedi, con la testa china e le mani che torturavano l'orlo della maglia.
Roxen non voleva andarsene. Si sentiva umiliata senza saperne bene il motivo. Aveva solo una gran voglia di piangere, ma ricacciò immediatamente indietro le lacrime e strinse i pugni, conficcandosi le unghie nei palmi per darsi una strigliata mentale e riprendere il controllo delle proprie azioni.
- Rox, per favore... - la implorò il vampiro esausto.
A quella parole Roxen si sentì definitivamente indesiderata, per cui annuì e uscì dalla camera e non appena la porta si chiuse, scoppiò in un pianto silenzioso, stringendosi le braccia attorno al corpo.
***
Quando le luci dell'alba fecero capolino dalle finestre della villa, Alexander decise che era il momento giusto per alzarsi e abituarsi al suo essere completamente vampiro. Se non aveva più i poteri, doveva contare solo sulla forza, quindi uscì e andò a correre mettendo alla prova le nuove abilità. Ne avrebbe approfittato anche per fare un giro di ricognizione nel quartiere Nord, per vedere com'era la situazione.
Si chiuse la porta alle spalle, facendo in modo che nessuno venisse disturbato e come un corridore che sente il via iniziò a correre immettendosi nelle strade di Mediana.
La città a quell'ora era semi-deserta. Mediana non era una metropoli, ma nelle ore di punta era molto trafficata e caotica. In quel momento invece era silenziosa e addormentata, fatta eccezione per i pochi lavoratori che si svegliavano presto per godersi la città e recarsi a lavorare.
Passando per il parco notò qualche barbone che liberava le panchine dai cartoni sui cui aveva dormito la notte, alcuni vecchietti che si recavano al cantiere più vicino per essere in prima fila nel guardare gli operai, e infine un paio di infermieri che smontavano dal turno di notte per far ritorno alle loro case.
Tutto, Alexander osservava tutto. Era come se la vista gli fosse stata ampliata. Riusciva a notare anche i minimi particolari: la scarpa slacciata di un bambino che stava andando a scuola, la patta aperta di un uomo d'affari vestito elegante, l'ombra di una fede sull'anulare di una signora col viso serio nascosto dagli occhiali, il pezzettino di carne rimasto incastrato nei denti di un cagnolino che abbaiava contro un signore che faceva jogging. Qualsiasi cosa.
Anche l'udito era cambiato: riusciva a sentire discorsi di telefonate di persone distanti qualche metro da lui, oppure di gente che borbottava dietro le vetrine di un bar. Era sbalorditivo come essere mestizio gli avesse "addormentato" tutte quelle doti, ma ne avesse risaltate altre. Si sentiva perso senza i suoi poteri ma stava iniziando a prendere famigliarità con la sua parte vampira. Lo faceva dopo diciotto anni di vita.
Studiando tutte le reazioni del suo corpo, portando al limite alcuni movimenti degli arti, che solo il giorno prima non avrebbe mai pensato di poter fare, come saltare su muri molto alti o arrampicarsi con facilità su cornicioni sottili, non si rese conto di essere arrivato al quartiere Nord.
Quando si fermò vide pompieri e operai che spostavano le macerie per cercare di capire cosa salvare e cosa buttare.
Aveva attraversato tutta la città correndo velocemente e non aveva il fiatone, neanche una goccia di sudore su tutta la pelle. Si guardò le mani, si toccò il viso e il collo. Niente.
Udendo gli sbuffi e i lamenti degli operai mentre spostavano le macerie si sentì in dovere di intervenire e saggiare così anche la sua forza fisica, oltre che la resistenza. - Serve una mano? - domandò sorridente afferrando una pila di mattoni come fossero caramelle.
Un signore con un cappello giallo in testa e le scarpe anti infortunistiche, tutte impolverate, alzò gli occhi su di lui e rimase sorpreso nel vedere una ragazzo così magro sollevare grandi quantità di detriti, come se nulla fosse. – Sì, grazie! Hai bisogno di un lavoro? - gli domandò interessato.
Alexander scosse la testa ridacchiando e si mise subito all'opera.
***
Roxen non era riuscita a dormire dopo quello che era successo durante la notte: la scoperta del vampiro che aveva sterminato entrambe le loro famiglie e tutta quella situazione complicata con Alexander, non le davano tregua. Non vedeva alcuna soluzione a tutto ciò e questo la sconfortava.
Sara bussò alla sua porta, entrando con una tazza di cioccolata calda in mano per lei. - Ehi, Roxy! Stanotte vi ho sentiti... - avrebbe voluto essere più discreta, ma la biondina non amava molto i giri di parole.
Roxen si mise a sedere sul letto – Mi dispiace se vi abbiamo svegliati – abbassò la testa imbarazzata e sperò di cambiare discorso in fretta.
Sara le porse la tazza di cioccolata – Oh tranquilla, ero già sveglia. Noi vampiri non abbiamo bisogno di dormire, lo facciamo solo perché ci va di farlo! Comunque, vuoi parlarne? -
Roxen fece una smorfia e buttò la testa all'indietro, fissando il soffitto: a quanto pareva non avrebbe potuto evitare di parlarne. – Non so che dirti, Sara. Non saprei da dove cominciare. - rimase sul vago sperando che l'amica che l'amica non insistesse, ma Sara a volte era più cocciuta di lei, e decisamente più ficcanaso.
– Prova dall'inizio - la invitò e si sedette accanto a lei accavallando le gambe e poggiando i palmi sul materasso per stare più comoda.
Roxen sospirò arrendendosi e le raccontò del sogno, di quello che aveva sentito dire dalle signore anziane e di come in realtà quello fosse un ricordo sopito, che non si spiegava di come fosse venuto fuori solo in quel momento. Le disse che era corsa da Alexander e che anche lui aveva fatto un sogno simile e di come poi si erano messi a parlare, per decidere cosa fare.
– Noi sospettiamo che il vampiro che ha sterminato le nostre famiglie sia lo stesso di cui ci hanno parlato il Conte e Soriana. Ricordi il biglietto che ci ha dato Giada? - domandò alla biondina.
Sara annuì pensierosa: non poteva di certo dire all'amica che nutriva quel sospetto da tempo, che il vampiro che aveva ucciso la sua famiglia era il medesimo che aveva sterminato anche quella di Alexander e non poteva neanche insinuarle una pulce nell'orecchio riguardo la sospetta identità di quell'essere spregevole. No, non poteva, finché non avrebbe avuto prove sufficienti per portare avanti la sua ipotesi.
- Probabilmente è sempre lui. Insomma un vampiro pericolosissimo che è al seguito di Origine e che vorremmo fermare il più presto possibile. - continuò Roxen.
Sara scosse la testa – Nelle condizioni in cui è Xander potrebbe essere un rischio affrontarlo adesso. -
Roxen si agitò scattando in piedi e gesticolando – È quello che ho detto io! Ma se non agiamo potrebbe prendere il pezzo di Profezia che si trova al monastero! È un rischio che dobbiamo correre - affermò.
- Allora verremo anche noi. Non vi lasceremo andare da soli. - decise Sara, cercando di confortarla.
La vampira aveva avuto fin dall'inizio l'intenzione di andare con loro: voleva essere sicura dei suoi sospetti e se si fosse trovata davanti quel vampiro avrebbe avuto conferma della sua identità, togliendosi così ogni peso dal cuore. "Spero davvero non sia chi credo che sia!" pensò preoccupata.
Sospirando sorrise ammiccante e tornò a concentrarsi su Roxen – Non c'è nient'altro che devi dirmi? - le diede una gomitata nel fianco ridacchiando.
Roxen divenne rossa quanto i suoi capelli e iniziò a farfugliare lettere a casaccio – N... i... Al... mor... -
- Che ne dici di fare un respiro profondo e schiarirti un po' le idee? - Sara le posò le mani sulle spalle e la strega seguì il suo consiglio.
Quando fu abbastanza tranquilla continuò il racconto – Alex non ha più la parte umana, con i suoi poteri è andata via anche quella. -
- Oh, non credevo – si meravigliò Sara
– Sì e pare che si stia abituando a essere un vampiro al cento per cento, quindi cambia umore molto spesso e repentinamente. – proseguì ricordando la conversazione di quella notte.
La vampira annuì interessata, poi come se avesse appena risolto un rebus esclamò: – Ah! Ho capito, avete litigato di nuovo. -
- No, cioè sì... non lo so. Stava succedendo qualcosa tra noi, poi il sigillo ha reagito e lui è stato allontanato. Ti prego, Sara basta parlarne, non mi sento a mio agio! E poi sono cose irrilevanti per la missione. - Roxen sbuffò sistemandosi i capelli dietro le orecchie per dare un po' di freschezze alle guance roventi.
Sara guardò dritta negli occhi la rossa e scosse la testa intenerita – Roxy, non devi parlarne per forza con me, ma credo che prima o poi tu e Xander dovrete affrontare il discorso -
- Che discorso? - la strega sgranò gli occhi terrorizzata e la vampira scoppiò a ridere abbracciandola.
– Tranquilla, quando sarai pronta te ne accorgerai da sola. -
***
Alexander scandagliava le macerie con la sua nuova vista, fortunatamente non vide nessun residuo di sovraumano, demone o mostro. Sarebbe stato difficile da occultare con tutti quegli umani in giro. Nel punto in cui era lo squarcio si era formata una voragine. Alexander la fissava ricordando il momento dell'esplosione. In quegli attimi aveva davvero temuto di non farcela, ma Roxen li aveva protetti entrambi con uno scudo e si erano salvati. Con qualche ammaccatura, ma pur sempre vivi.
- La fuga di gas deve essere partita da qua – sentì dire a un operaio rivolto a un pompiere.
– Già, ha fatto un sacco di danni. Ora bisognerà ricostruire tutto. - si lamentò quello portandosi una mano sul collo e asciugandolo con un fazzoletto ormai lurido e nero.
Alexander fu distratto da qualcosa che gli tirava un lembo della tuta. Abbassò lo sguardo e notò il cagnolino magico che avevano invocato per ritrovare Milacre. Si chinò ad accarezzarlo dietro le orecchie - E tu cosa ci fai qui? -
Il segugio scodinzolò abbaiando, poi lo vide immobilizzarsi e osservare qualcosa che luccicava tra i detriti all'interno della voragine. Il cagnolino si lanciò dentro e Alexander lo seguì. Ancora una volta sentì di essere nettamente più agile rispetto a quello a cui era sempre stato.
- Ehi, ragazzo! Ehi! È pericoloso, vieni via da lì! - lo chiamò l'uomo col cappello giallo.
Alexander lo ignorò e raccolse tra le mani un ciondolo a forma di meteorite. Il cagnolino lo guardò con i suoi occhioni scuri, attendendo una reazione. Alexander strinse il ciondolo nel pugno e come se fosse stato percorso da una scarica elettrice, risalì rapidamente la voragine e corse come un forsennato verso la villa.
Ripercorse tutto il parco facendo lo slalom tra le persone, saltò in lungo evitando un bambino che stava andando a zonzo con il triciclo e passò col rosso ad un semaforo pedonale, non badando alle macchine che frenavano di colpo al suo passaggio.
Arrivò a casa e spalancò la porta. Entrando iniziò a chiamare a gran voce Sara, Samuel e Vlacu. Andò veloce in camera sua e afferrò la fotografia di lui e suo fratello e confrontò il ciondolo con quello che portava suo fratello nella foto.
- Sam! Sara! Vlacu! Venite presto. - li chiamò ancora dirigendosi in sala.
I suoi amici accorsero preoccupati, mentre Alexander ostentava eccitazione – Voi, voi lo avete visto. Siete stati anche suoi compagni di gioco quando eravate piccoli. Guardate, è lo stesso vero? -
Anche Roxen si affacciò in sala, seguita da Vlacu. - Signor Alexandrei, che succede? -
Alexander corse da lui mettendogli una mano sulla spalla e mostrandogli il ciondolo con gli occhi che brillavano di gioia – Vlacu! È il ciondolo di mio fratello, vero? È impossibile che ne esista uno uguale perché è stato forgiato da nostro padre per il suo compleanno, vero? - la speranza negli occhi del ragazzo era qualcosa di accecante.
L'anziano vampiro osservò da vicino il ciondolo, spalancando poi gli occhi sorpreso – Sì, è lui! -
- Lo sapevo, lo sapevo! - stritolò Vlacu in un abbraccio gioioso, mentre il segugio magico gli scodinzolava attorno saltellando e abbaiando festoso.
Alexander si chinò ad accarezzarlo – Bravo, bello! - poi alzò lo sguardo su Roxen e nascondendo un po' di imbarazzo le si avvicinò – Usiamo la Magia del Sangue, Roxy, aiutami a trovare mio fratello! - le porse il ciondolo in mano dimostrandole una fiducia smisurata e attendendo la sua risposta col cuore che tamburellava per la gioia.
Angolo autrice
Salve!
Wattpad mi pubblica e cancella capitoli a suo piacimento, così come i commenti le stelline.
Non riesco a starci più dietro.
Visto che non riesco neanche a comunicarvi quando pubblico, vi lascio il mio profilo instagram che uso solo per Prophecy. È un profilo aperto, quindi potete spulciare quando volete.
È anneg.right&The Prophecy saga
A presto.
Anna
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