48. Vuoto - Empty

Lionel e Sara erano stati teletrasportati da Algidea nel centro della città, poco lontani dall'esplosione, in modo da potersi accertare che gli altri stessero bene.

Lo stregone aveva visto da lontano Samuel sdraiato in malo modo a terra e si era subito avvicinato per aiutarlo: fortunatamente era vivo e non solo lui, anche Lucy e Tricia lo erano, anche se ferite e piene di polvere.

- Loro dove sono? - domandò subito Samuel aggrappandosi alle spalle di Lionel. 

Il ricciolino tenne lo sguardo basso capendo subito a chi si stesse riferendo – Non lo so. - 

Accanto a lui, Sara era chinata ad aiutare Tricia a rimettersi in piedi dato che la giovane si era rotta una caviglia per il contraccolpo dell'esplosione e faticava a camminare da sola. La vampira si mordeva il labbro nel disperato tentativo di non cedere al pessimismo, Lionel la vide corrugare la fronte e lottare contro sè stessa prima di sbottare. - Non sono morti – la sentì affermare seria.

Lui e Algidea si scambiarono un'occhiata eloquente, entrambi sapevano quanto Sara fosse legata a Roxen e Alexander, ma entrambi sapevano anche che sopravvivere a un'esplosione simile sarebbe stato più un miracolo che altro.

Mentre una discussione poco piacevole stava per aver inizio, Lucy si appoggiò ad Algidea e Samuel, che si era un po' ripreso, la raggiunse. 

– Stai bene? - le domandò apprensivo. 

La strega arrossì – Sì sì, solo un po' ammaccata. Tu? - 

Algidea la accostò a Samuel - Beh direi che posso lasciarti alle cure di questo vampiro così premuroso – e facendole un occhiolino si allontanò avvicinandosi a Lionel e Sara che stavano ormai discutendo.

Interruppe il loro sproloquio privo di senso e con tono di comando impose di tornare alla Congrega per controllare come stessero le altre streghe, Sara però si agitò ancora di più:

 – Non possiamo tornare senza Xander e Roxen! - quasi urlò.

Lionel inspirò a fondo e le posò le mani sulle spalle nel tentativo di calmarla – Sara devi prepararti all'eventualità che... - 

-  No! Non lo dire neanche! Saranno stati scaraventati da qualche parte, ma sono ancora vivi. Lo sento! - lo interruppe scrollandosi di dosso le sue braccia in malo molo. 

Lionel abbassò la testa costernato, come poteva fare per evitare che ne restasse sconvolta? Anche lui sperava che fossero ancora vivi, ma era un'eventualità molto remota. – Sara vorrei tanto che fosse come dici tu, ma... -

- Smettila, Lio! - lo fermò di nuovo stringendo i pugni lungo le gambe per poi fare qualche passo indietro – Io vado a cercarli. Voi andate pure alla Congrega – senza aspettare la sua reazione si allontanò tra le macerie dei palazzi, col cuore in gola e la speranza nei palmi.

                                                                              ***

Roxen aveva un pezzo di vetro conficcato in un braccio e il viso ricoperto di detriti. Con la mano libera cercò di pulirsi la faccia e una volta fatto si alzò a sedere, con enorme fatica e dolore. Inspirò a fondo afferrando il frammento. Lo strinse forte, inspirando e sudando freddo. Chiudendo gli occhi lo sfilò dalla carne, urlando e piangendo. Si morse il labbro inferiore per impedirsi di svenire. Respirava velocemente mentre gocce di sudore le grondavano lungo la schiena. Posò la mano funzionante sul braccio ferito e si curò. Subito dopo ricadde all'indietro esausta. Voltò la testa a destra e a sinistra cercando Alexander con lo sguardo: lo vide. Era sveglio e stava liberando la gamba da un pezzo di cemento.

Si levò di scatto e corse da lui. Gli occhi che cercavano solo i suoi, le mani che bramavano di abbracciarlo e le orecchie di sentire la sua voce.

Il cuore era un martello pneumatico e lo stomaco si stringeva ad ogni passo nella sua direzione.

Si fermò a qualche centimetro da lui – Alex? - tentennò con la paura di ritrovarsi di nuovo faccia a faccia con il Principe delle Tenebre.

Vide il ragazzo sollevare la testa e lei gli si gettò praticamente addosso, ma fu fermata dal dito di lui che le indicava il pesante masso sulla gamba. Roxen sollevò il blocco di cemento con un gesto della mano e si lanciò di nuovo tra le sue braccia.

Alexander inspirò a fondo il suo profumo: gli era mancata tremendamente. Gli unici momenti in cui era riuscito a riprendere il controllo di corpo e mente erano stati quando aveva rischiato di perderla, prova inequivocabile che fosse la chiave per la stabilizzazione del suo animo. Lasciandosi andare la abbracciò, circondandole la schiena e stringendola forte al petto.

Roxen socchiuse gli occhi cullata dal calore di Alexander. Era quello a renderla così felice: il calore di Alexander. 

Rimasero così per qualche istante, finché lui allentò l'abbraccio per lasciarla andare, ma Roxen non era pronta a staccarsi così scostò appena la testa, giusto per farlo respirare, restando comunque molto vicina al suo torace.

– Mi avevi promesso che non ti saresti più allontanato – sussurrò soffiandogli sulla pelle del collo.

Alexander sospirò, facendo un enorme sforzo nell'articolare parole di senso compiuto: Roxen gli era troppo vicino per poter essere pienamente lucido, riuscì solo a chiederle se le aveva fatto del male e rimase in attesa di una sua risposta, continuando a stringerle la schiena, come se avesse paura che potesse svanire sotto il suo sguardo.

Lei ripercorse mentalmente la notte appena trascorsa: si erano scontrati diverse volte, e in una di quelle stava anche per avere la peggio, poi rammentò il morso e come sospinta da una lieve sensazione febbricitante si allontanò lentamente dal vampiro, arrossendo e ritrovandosi faccia a faccia con lui. Il suo respiro caldo che le carezzava il viso e i loro occhi che si incontrarono incatenandosi l'uno all'altra.

Col cuore che batteva un po' più velocemente, Roxen si toccò i fori sul collo e vide Alexander seguire le sue dita per poi carezzare a sua volta il punto in cui il Principe l'aveva morsa. Il tocco delicato del ragazzo la scuoteva da dentro e lo stomaco le si torse in una piacevole morsa. Impercettibilmente i loro visi si avvicinarono fino a sfiorare i nasi.

- Ti ho morsa – più che una domanda fu un'affermazione. 

Roxen deglutì perdendosi tra gli occhi e le labbra di Alexander, sentì il calore irradiarle le guance, che si colorarono di un sano rosso rosato. - Sì –  sussurrò in un filo di voce con il battito che aumentava smisuratamente. 

- Ora mi appartieni – udire la voce roca di Alexander le fece capire quanto fosse emozionato e sentire la sua mano che le risaliva il collo per poi posarsi sulle guance, la fece tremare da capo a piede, bramando inconsciamente che lui continuasse a toccarla. Lui allungò le dita per sfiorarle la bocca morbida e Roxen si sciolse in un - Sì... - e il respiro di Alexander fu sulle sue labbra mentre i loro occhi si socchiusero appannati di desiderio. Le loro dita si cercarono spasmodiche e si incastonarono le une tra le altre, attendendo quel tocco così agognato sulla bocca di entrambi.

La voce della Sacerdotessa tuonò tra le macerie interrompendo il momento - Vampiro! - 

Alexander allontanò rapidamente Roxen e scattò in piedi colto dall'ansia. Si guardò attorno cercando la donna, ma non la vide.

- Vampiro! Ricordi l'ultimatum? - echeggiò ancora la voce.

Alexander sgranò gli occhi sempre più terrorizzato dalle conseguenze. - Non ero in me – si difese.
- Ti avevo avvisato! Avvertito più di una volta di starle lontano per evitare che tutto ciò accadesse... - 

Roxen la interruppe e si alzò in piedi accanto al suo alleato, difendendolo - Era il Principe, non lui! - 

La Sacerdotessa la ignorò e proseguì con il suo intento punitivo - Ora verrai privato dei tuoi poteri – e senza che nessuno dei due prescelti potesse fare qualcosa, una luce blu uscì dal corpo di Alexander costringendolo in ginocchio.

Il ragazzo si sentì improvvisamente vuoto – No! No! - protestò rincorrendo con le braccia la luce che veniva catturata dall'etere. 

Fu un'azione troppo veloce, tanto da non riuscire a opporsi in nessuno modo. Si sentì completamente perso: i suoi poteri, l'unico legame con sua madre e suo fratello erano stati presi, e non da un nemico, ma da colei che lo aveva ingaggiato. Non poteva averli persi così, non poteva. Tutti quegli anni a nasconderli dagli anziani per evitare che lo torturassero, a svilupparli in segreto stando attento a non farsi scoprire nemmeno dai suoi più cari amici, e in un solo attimo svaniti. Nel nulla. Il vuoto lo abbracciò da dentro, qualsiasi sentimento stesse provando poco prima era stato completamente assorbito dalla desolazione che si estendeva nel suo animo.

Roxen si agitò nel vedere Alexander disperato e tentò nuovamente di far ragionare Milene - Sacerdotessa, aspettate! Ha chiuso lo squarcio! Non merita clemenza per questo? - guardò il cielo nella speranza di vederla palesarsi e poter parlare così faccia a faccia. 

- Era solo il suo compito quello. Morderti gli era proibito! - La Sacerdotessa rimase ferma nella sua idea.

Roxen avvertì i battiti accelerare per la rabbia – Io sono il suo Sangue di Rosa! - sbottò muovendo i pugni verso l'alto, ma ciò che ottenne fu il silenzio.

La Sacerdotessa se n'era andata, senza aggiungere altro. Aveva compiuto la sua punizione e aveva lasciato i due ragazzi alla deriva.

Alexander iniziò a tirare pugni alle macerie – Maledizione! Maledizione! Maledizione! – si ferì le nocche fino a farle sanguinare. 

Roxen allungò una mano incerta verso di lui – A... Alex, mi... mi dispiace. Troveremo una soluzione. Faremo parlare Soriana con lei e vedrai che sistemerà le cose. - cercò di sorridere per infondergli un po' di speranza, ma quando il ragazzo alzò lo sguardo su di lei vide che aveva gli occhi più neri del solito, bui come l'oscurità, privi di qualsiasi emozione. Inghiottivano ogni cosa sui cui si posavano. 

Alexander tese un braccio verso si lei – Sigillami – le ordinò a denti stretti.

Roxen fece un passo indietro sconcertata – Alex, ormai tu hai... - 

- Ho detto SIGILLAMI! - le urlò contro. 

La strega, rabbrividì spaventata. Avrebbe voluto rifiutarsi ma quello sguardo privo di qualsiasi ombra di emozione la fece desistere, per cui prese il bracciale dalla tasca e lo pose sul polso del vampiro, lo chiuse e quello si compattò uniformemente al braccio di Alexander.

Lo vide scuotersi pantaloni dalla polvere dei detriti, come se lei non gli fosse accanto per poi avviarsi verso il centro della città, lasciandola dietro di sè.

- Alex! - lo chiamò confusa, ma lui non si voltò. 

Alexander pensò che non aveva senso voltarsi. Non aveva senso stare lì. Non aveva senso aver rischiato la vita così tante volte. Si sentì strattonare il braccio e quegli occhi color smeraldo contornati da quella chioma di un rosso intenso lo implorarono. "Chi è questa ragazza? Ah già! La mia alleata. Roxen."

- Alex! Mi senti? - se la sentiva? Sì, certamente. Ma perché avrebbe dovuto risponderle? 

- Ti prego, di' qualcosa! - lo pregò lei. 

Lui avrebbe voluto parlare, ma non trovava parole sensate da dire in quel momento. Se avesse aperto bocca le avrebbe vomitato addosso che era tutta colpa sua. Che non era affatto la strega più potente degli ultimi quattro secoli, altrimenti avrebbe impedito al Principe delle Tenebre di morderla. 

Scostò indifferente la mano di Roxen dal suo braccio e proseguì senza una meta ben precisa.

- So a cosa stai pensando! - gli urlò dietro la strega.

Si fermò senza voltarsi. - Lo so, pensi che sia io la causa dei tuoi problemi! - 

Serrò la mascella mentre il petto gli bruciava dalla rabbia - Sta zitta. – 

Roxen chiuse i pugni lungo le gambe – Cos'hai detto? -

Alexander perforò il labbro inferiore con i canini, talmente stava digrignando i denti. - Ti ho detto di stare ZITTA! - ripeté con un tono di voce decisamente più alto. 

- Perchè? Non vuoi affrontarmi? Non vuoi affrontare la realtà? - 

Fu in un attimo da lei con la mano che, pochi minuti prima le stava accarezzando il collo, ora glielo stringeva. - Vuoi che affronti la realtà, strega? Vuoi che ti affronti? Tu, la strega più potente al mondo? Avresti potuto fermarlo! Perchè non l'hai fatto? - 

Roxen mise la mano su quella di Alexander, ma non gliela tolse. - Hai ragione. Ti chiedo scusa, Alex. Perdonami. Avrei potuto usare tutti i miei poteri, e credimi l'ho fatto, ma non è bastato. Scusami – le lacrime le caddero lungo il viso per finire sotto al mento e posarsi sulle dita di Alexander, che iniziarono ad allentare la presa.

- Alex! Roxy! Sapevo che vi avrei trovati vivi! - Sara corse verso di loro abbracciandoli forte.

Rideva piena di gioia saltellandogli attorno come una bambina. - Gli altri non mi credevano, ma io lo sapevo, lo sentivo che non eravate morti! -

Dopo qualche secondo la vampira si accorse che la sua euforia non era condivisa dai suoi amici. Li scrutò attentamente e notò le nocche tumefatte e sanguinanti di Alexander e il viso bagnato dal pianto di Roxen. - Ragazzi, che succede? -

                                                                                 ***

Erano tutti radunati alla Congrega, chi con qualche ammaccatura, chi con residui di mostro o demone tra i capelli e sui vestiti, e chi restava muto con lo sguardo fisso a terra in un angolo.

- Fortuna che Milacre non c'era – disse Tricia ancora preoccupata. 

Roxen scattò in piedi ricordandosi – Milacre! Oh cavolo! In realtà lui era tornato, mi ha salvata ridandomi il rubino, ma il Principe delle Tenebre lo ha trasformato in un insetto ed è volato via! -

Tutti fissarono Alexander, che se ne stava a testa china in un angolo accanto alla finestra.

Il vampiro sentendosi gli occhi puntati addosso alzò il capo – Non ero in me, d'accordo? Per quanto quel druido possa starmi antipatico, non l'ho fatto volontariamente! - si difese, tornando subito dopo ad avere lo sguardo cupo e basso.

- Quindi adesso che si fa? Lo squarcio è chiuso – Samuel spostò gli occhi da un componente della squadra all'altro in attesa di capire il da farsi.

 - Sì, ma non è finita. Dobbiamo trovare i frammenti di Profezia e le pietre magiche. Milacre mi aveva detto di tornare con lui al Monastero, i monaci sanno dov'è un frammento – Roxen fissò la nuca di Alexander. Moriva dalla voglia di donargli i suoi poteri. Se solo fosse stato possibile lo avrebbe fatto. Non sopportava di vederlo così. Iniziava a sentirsi seriamente responsabile per la sua condizione.

- Senza Milacre non puoi tornare là – intervenne Lionel. 

Alexander sbuffò spostandosi dal suo angolino, si mise le mani in tasca e passeggiò per qualche metro – Potete usare un incantesimo di localizzazione. Basterebbe avere qualcosa di suo e il segugio lo troverà, anche se è un insetto. - suggerì, facendo apparire un piccolo sorrisetto sulle labbra di Roxen.

Gli incantesimi di localizzazione si servono di un cane magico, che appare solo per ritrovare oggetti o persone, che siano queste trasformate o di dimensioni ridotte o modificate. Un incantesimo completamente diverso da quello che concerne la magia del sangue.

- Tua madre ti ha insegnato molto, Alexandrei – Soriana voltò il capo verso di lui e il vampiro si sentì pizzicare in gola. 

- Già, e io ho buttato tutto al vento! - l'amarezza che gli allappava tutto il palato gli appannava anche i sentimenti.

- Pensa il lato positivo della cosa, Xander! - intervenne Samuel avvicinandosi all'amico. 

– E sarebbe? - domandò scettico Alexander. 

Il vampiro dagli occhi di ghiaccio gli fece un gran sorriso – Sei un purosangue al cento per cento adesso! Sarai in grado di usare il controllo mentale benissimo senza la tua parte magica.- 

Sara lanciò un'occhiata fulminante all'amico di infanzia ammonendolo severamente – Taci, Sam! - 

Alexander scosse la testa sconsolato – Me ne vado, torno alla villa. Tanto qui sono inutile! - 

Poco prima che varcasse la soglia la veggente lo chiamò – Parlerò con Milene, e cercherò di convincerla a ridarti i tuoi poteri – 

Alexander annuì senza voltarsi e con un cenno della mano salutò tutti uscendo.

- Io vado con lui! - Roxen era già pronta a seguirlo quando Lionel la fermò sbarrandole la strada. – Lascialo da solo. Ha bisogno di metabolizzare. Sei il suo punto debole, non lo capisci? -

Lo stregone la guardò quasi compassionevole e lei rimase colpita da quelle parole, sentendo un peso piombarle sullo stomaco. Silenziosa, fece qualche passo indietro e tornò a sedersi, senza più fiatare, con gli occhi che le pizzicavano per le lacrime che volevano uscire, lacrime a suo parere irrazionali.

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