4. Obbligo

Il risveglio dopo una notte di incubi fu per Roxen come la luce accecante all'uscita di un tunnel. Non era più sicura di nulla, realtà e sogno si confondevano e la mente sovrapponeva gli eventi della giornata precedente agli incubi della notte appena trascorsa. Era certa solo di una cosa: evitare accuratamente Soriana e Algidea.

Riconobbe lo scalpiccio allegro di Mina, una delle streghe più piccole, seguito da passi leggeri che si fermarono proprio poco distanti dalla sua porta. Se Roxen fosse stata più abile nel dono dell'invisibilità lo avrebbe usato proprio in quel momento, ma purtroppo per lei riusciva a occultare solo piccole parti del corpo. Sperò con tutta se stessa che la presenza che stava sostando in corridoio se ne andasse alla svelta, anche se aveva la sensazione che di lì a poco avrebbe bussato per tirarla giù dal letto.

Sospirò costringendosi a uscire dal tepore delle coperte e si rivolse alla porta «Che vuoi?» Domandò seccata.

Dall'altra parte si sentì un colpetto, poi una giovane voce si palesò in tutta la sua irriverenza adolescenziale «Non sei l'unica ad avere la scuola popolata dai mostri, quindi non ti atteggiare a gran diva solo perché ne hai sconfitto uno ieri sera!»

Roxen spalancò la porta cogliendo alla sprovvista una Giada piuttosto ribelle: portava i jeans strappati e una maglietta extralarge che nascondeva sicuramente qualcosa. Roxen notò subito una strana increspatura all'altezza delle tasche laterali dei jeans, ma prima di assalirla cercò di indagare sulle sue intenzioni. Incrociò le braccia al petto e la guardò dall'alto al basso. «Come fai a sapere del mostro della mia scuola e di quello che ho fatto ieri sera?»

Giada ghignò soddisfatta, aveva attirato l'attenzione di Roxen e non si sentì più solo una ragazzina lontana da casa, priva delle amicizie e degli affetti. Poteva avere un ruolo anche lì, forse.
Ogni strega aveva un dono magico, tranne nella Congrega mista di Mediana, dove ogni strega aveva più di un dono e tra quelli che possedeva Giada c'era quello della metamorfosi. Poteva trasformarsi in qualsiasi oggetto, animale e persona, anche se la trasformazione in un altro essere umano era la più difficile e riusciva a dominarla solo per pochi secondi. Gli oggetti erano la cosa più semplice e la mattina precedente aveva sfruttato questo suo potere in diverse occasioni, assimilando informazioni molto importanti. A scuola aveva assunto la forma di una lucertola e aveva intuito che i danni erano stati causati sicuramente da qualche mostro: la struttura in metallo del canestro era stata incastrata nei pannelli del soffitto, e i vetri erano rotti e pieni di scie appiccicose color verde–blu che finivano anche sugli spalti. A casa si era confrontata con le altre consorelle e anche loro avevano visto deturpate le loro aule in modo troppo violento per un qualsiasi essere umano. Così erano arrivate alla conclusione che qualcosa di sovraumano stava invadendo Mediana.

La scorsa notte era rimasta sulle scale e aveva ascoltato la conversazione che Roxen aveva avuto con le due Consorelle anziane, e aveva capito che non solo c'era un'invasione sovraumana, ma che Roxen avrebbe potuto fermarla, se solo avesse voluto.

Lei rispettava Roxen e anche se era incapace di dimostrarlo apertamente, voleva esserle d'aiuto, facendole capire che era forte e furba quanto lei.

«Ho i miei metodi», si limitò a rispondere, con fare altezzoso.

Roxen le scoccò un'occhiata derisoria e questo la fece irritare. Solo perché possedeva tutti i sette doni non doveva sminuire le altre streghe della Congrega, per quanto giovani e inesperte! Fu sul punto di andarsene quando l'altra le alzò bruscamente la maglietta e vide il pugnale e le fiale magiche che nascondeva nelle tasche, certamente rubate dallo studio di Algidea.

Roxen sentì la testa pulsare dolorosamente, il sonno irrequieto di quella notte le stava facendo pesare quei pochi minuti di veglia.
Come il rumore di unghie graffiate sulle lavagna il richiamo della missione annunciata dalla sacerdotessa le stridette nella mente. 

 Si spostò di lato e fece entrare Giada in camera, chiudendosi la porta alle spalle. Era chiaro che dovesse intervenire: non l'avrebbe mai lasciata andare da sola ad affrontare un mostro, anche se ciò significava dare ragione alle sue tutrici e accettare la missione.

Imprecò mentalmente mentre sentiva lo sguardo della ragazzina su di sé. «Posso anche farcela da sola», sbottò quella.

Roxen la fissò torva. Certo, forse Giada sarebbe stata davvero in grado di cavarsela senza il suo aiuto, ma se il mostro fosse stato più forte di quello affrontato la notte prima? Se fossero stati due invece di uno? O peggio: se non si fosse trattato di un mostro ma di un demone? No, non avrebbe mai voluto sulla coscienza la morte di una consorella. «Non ne dubito», le rispose sarcastica «Ma visto che mi hai messa al corrente della tua brillante idea, direi che sono costretta ad aiutarti».
Giada tentò di protestare, ma Roxen le tappò letteralmente la bocca con uno schiocco di dita. La ragazzina si agitò mugugnando, ma le intimò di fare silenzio, vestendosi velocemente. Non aveva intenzione di passare dalla porta principale: sarebbero ricorse alla metamorfosi, uscendo dalla finestra e Giada le avrebbe condotte fino alla sua scuola.

Le si avvicinò posandole una mano sulle labbra. «Ora revoco l'incantesimo, ma tu non urlare, chiaro?» La vide annuire con gli occhi furenti. Le sorrise e lasciò scivolare la mano sulla sua faccia, restituendole nuovamente la parola.  

Roxen attese la reazione di Giada, che invece si rivelò stranamente mansueta. 

«Ok, non voglio fare rumore e attirare le attenzioni di quelle due, quindi ecco cosa faremo: ci trasformeremo entrambe in due uccellini e voleremo fuori dalla finestra, poi mi farai fare un giro turistico per la scuola e ci accerteremo che ci sia davvero un mostro». «Certo che c'è! Non hai ascoltato quello che ti ho detto?»  

Roxen alzò gli occhi al cielo esasperata e volteggiando su se stessa si trasformò in un  pettirosso, che planò sulla testa di Giada. La ragazzina sbuffò, ma tra un brontolio e una schicchera al pettirosso aprì la finestra e lo fece uscire.

Dopo poco Giada divenne un merlo, volò al fianco del pettirosso e insieme si librarono nell'aria.

                                                                                          🔥🔥🔥

Quella mattina Alexander si scoprì essere ansioso di andare a scuola. Non aveva dormito, come ogni notte, ormai, da mesi. Da quando aveva iniziato ad avere incubi sul fratello maggiore, aveva smesso di aspettare il sonno e aveva iniziato a sfruttare le tenebre per andare in giro a raccogliere informazioni. La strega gli serviva proprio per rintracciare suo fratello, anche se non era sicuro fosse ancora vivo. Era scomparso tredici anni prima e da allora non aveva più avuto sue notizie, ma a suo parere quegli incubi erano una conferma che lo spingeva a continuare la ricerca. Se Roxen avesse davvero accettato di collaborare con lui, se avessero realmente deciso di far parte della missione allora... allora avrebbe potuto chiederle di fare un incantesimo di sangue per localizzarlo. Era, però, una speranza così flebile che non si sentiva di esprimere ad alta voce, soprattutto per il timore che potesse essere irrealizzabile.

Doveva parlare con Sara, riferirle gli ultimi avvenimenti e sperare che anche in quell'occasione avesse potuto aiutarlo con Roxen, magari intercedendo per lui.

Nessuno a Mediana sapeva che erano vampiri: lui e Sara si erano mescolati agli umani con una certa facilità, tenendo a bada la loro sete e nutrendosi solo di quei mostri disgraziati che riuscivano a varcare il velo, ma che avevano la sfortuna di incontrare loro.

Nonostante Sara fosse più grande di molti anni, se non secoli, era sempre stata al suo fianco, fin dall'infanzia. Lui, suo fratello, Sara e Samuel erano stati inseparabili in tempi più spensierati, ma da quella tragedia di tredici anni prima il mondo aveva assunto un aspetto orribile e le strade avevano iniziato a dividersi e solo l'amica era stata in grado di stargli accanto, anche lontano dalla patria.

Mentre varcava l'ingresso del cancello, Alexander si augurò che Sara avesse ripulito per bene l'aula di scienze, dove la notte prima era stato affrontato il mostro, e che non avesse esagerato con le frattaglie. La vampira era solita cibarsi in maniera poco elegante, soprattutto se da mesi non saziava il suo appetito.

La riconobbe subito da lontano e la vide arricciarsi una ciocca bionda sul dito, in una sorta di rito ossessivo e, prima che potesse avvicinarsi, vide Lionel pararsi davanti a lei con intenzioni poco amichevoli: il ragazzo la strattonò e lei si dimenò, spingendolo indietro. 

Alexander fu sul punto di intervenire, ma Sara, che lo aveva visto da sopra la spalla di Lionel, gli fece cenno di no con la testa. Rimase fermo mentre lei veniva trascinata via dal ricciolino e sperò che Sara non gli facesse del male. Non era preoccupato per lei, ma per lui. Quando la ragazza si arrabbiava era pericolosa: sfoderava i suoi artigli e non risparmiava nessuno.

Alexander rimase ancora nel piccolo spiazzo davanti all'ingresso, cercando una chioma rossa tra le numerose teste che lo superavano, ma quando udì il suono della campanella riempire l'aria, si diresse verso la sua classe con una scrollata di spalle. Chissà cos'aveva sperato? Lui stesso non sapeva ancora cosa fare e probabilmente lei era nella stessa condizione.

Si sedette al proprio posto e subito fu percorso da una scarica elettrica che lo fece schizzare sull'attenti. Un'altra aura oscura, come quella della mattina precedente, aveva appena attraversato l'aula. 

Ispezionò la classe, ma non vide nulla. Possibile che si fosse trattato di un falso allarme o magari auto–suggestione? Probabilmente lo scontro della sera prima, con tutti i discorsi e i pensieri che ne erano derivati, aveva influenzato i suoi ricettori di aure e stava semplicemente amplificando il tutto.

Sara e Lionel non erano ancora rientrati e Alexander si insospettì: se Lionel fosse stato un demone sotto mentite spoglie?  I mostri non potevano prendere sembianze umane, ma i demoni di livello A sì. Scattò sulla sedia e prima che la prof. di matematica potesse entrare, lui uscì in fretta dall'aula.

Quando arrivò in prossimità dell'aula di scienze sentì Lionel e Sara discutere a proposito di identità taciute e fu nuovamente sul punto di intervenire, ma sentì una presenza oscura alle spalle. Si voltò e notò un'ombra dai contorni indefiniti sgusciare sotto la porta del bagno dei ragazzi.

Guardò prima l'aula di scienze, poi il bagno e decise che Sara era in grado di cavarsela da sola.

Spalancò la porta dei servizi, spaventando alcuni ragazzi che si erano rintanati a fumare e si guardò attorno circospetto, poi gli occhi gli caddero su una strana macchia grigia sulla parete accanto alla finestra.

Intimò ai ragazzi di spostarsi e questi, guardandosi l'un l'altro, preferirono buttare le cicche e uscire.

Alexander ne fu sollevato e per evitare che qualcuno potesse disturbare il suo tête–à–tête con quel curioso ospite, sigillò l'entrata.

La macchia grigia si staccò dal muro balzando ai suoi piedi, quindi indietreggiò. La vide prendere forma, allungarsi e allargarsi fino a sembrare un manichino senza volto.

«Non mi dire: un mostro–fantoccio? Veramente?» Alexander trattenne una risata isterica.

Era assurdo che, dopo un mostro sanguinario e violento come quello della sera prima, il nemico avesse mandato un mostro–fantoccio, alla stregua di un burattino, per attaccarlo! Stava forse deridendolo? O lo stava sfidando?

Ad Alexander non piaceva essere preso in giro, né tantomeno essere sfidato, soprattutto se l'avversario lo sottovalutava. Sollevò la manica della felpa e scoprì il jewlarc, il bracciale donatogli dal padre che custodiva una splendida spada, tramandata di generazione in generazione nella famiglia Kropowoskij.

Alexander toccò l'opale azzurro incastonato nel metallo e subito la spada si materializzò nelle sue mani. Con un fendente dal basso attaccò il mostro–fantoccio, ma quello saltò sopra i lavandini e lo evitò. Allora Alexander tentò un colpo orizzontale netto ma colpì un rubinetto, che proruppe in un getto d'acqua violento infradiciando tutto.

Il mostro–fantoccio si mescolò con l'acqua e fece per scivolare via, ma Alexander lo individuò e questa volta riuscì a trafiggerlo. Con una vibrazione sorda, la spada iniziò ad assorbire velocemente quel liquido grigiastro nella sua lama, infine con una vibrazione molto più forte si dissolse come frammenti di cristallo all'interno dell'opale.

Il ragazzo guardò il disastro che aveva combinato e imprecò in modo colorito. Avrebbe dovuto sistemare tutto prima che qualcuno se ne accorgesse, ma era più preoccupato che quello fosse solo l'inizio e che presto avrebbe avuto altre visite.

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