21. La Foresta Incantata

«Hai sentito cos'ha detto?» Roxen continua a sfregarsi le braccia mentre ripercorreva il corridoio delle segrete verso l'uscita. «E tu come diamine fai a mantenere la calma con uno così? Con tutto quello che ti ha fatto, ti giuro che non ti capisco. Io lo avrei schiaffeggiato, come minimo».

Alexander sembrava essersi chiuso in un mutismo pensieroso ed era palese che annuisse distrattamente, solo per farla stare buona. Roxen lo strattonò per farsi guardare in faccia. Non le importava se stava toccando un vampiro, in quel momento aveva bisogno di una prova, la prova di non aver udito solo sciocchezze da quell'essere rinchiuso lì sotto.

Alexander si fermò. Guardò lei e poi la sua mano. Gliela tolse delicatamente fece un passo indietro. Le costò ammetterlo, ma quel gesto, che fino a pochi giorni prima era lei stessa a riservargli, in quel momento la ferì.

«Roxen», quel tono serio non prometteva nulla di buono. «Io credo che dopo aver fatto il tentativo di cercare la pietra, tu debba tornare a Mediana». 

«Mi stai cacciando?» Roxen assottigliò lo sguardo, cercando di tenere a bada quel fastidio crescente che le stava rivoltando lo stomaco.

Vide Alexander sospirare e passarsi una mano sul viso, con fare stanco. «No, ma credo che tu qui sia in pericolo. Ricordi cosa ti ho fatto promettere ieri?». Continuava a coprirsi il viso e lei non poteva vedere che espressione ci fosse dietro quelle parole così assurde.

«Che nel caso il Principe delle Tenebre fosse venuto fuori e tu mi avessi chiesto di allontanarmi avrei dovuto farlo».

«Esattamente». Erano fermi in mezzo al corridoio che dava alle loro stanze. Le luci dei lampadari sospesi sulle loro teste parevano improvvisamente molto più iridescenti, quasi accecanti per Roxen. Non c'era nessuno, i volti arcigni dei quadri sembrano tutti puntati su di loro, quasi come stessero ascoltando con attenzione la conversazione.

Roxen continuava a guardare Alexander con insistenza, in attesa di una sua risposta, ma lui restava muto, con lo sguardo fisso su un ritratto alla sua destra e i pugni serrati lungo le gambe.

Roxen sbuffò, portandosi le braccia al petto. «Mi sembrava che avessi la situazione sotto controllo con Lui, o c'è qualcos'altro che non vuoi dirmi, qualcosa legato alle parole del vecchio?» Gli si avvicinò, quasi sotto al naso, costringendolo a guardarla negli occhi. «Per esempio che hai trovato il tuo Sangue di Rosa, e potrei essere io». La voce le si era incrinata sull'ultima frase e il cuore le martellava furiosamente nel petto.

Alexander però non si mosse, eccetto per un brevissimo sussulto, che se lei non gli fosse stata così vicino non lo avrebbe notato. 

«C'è modo di scoprirlo?»

A quel punto e solo allora, Alexander alzò la testa di scatto e i suoi occhi neri si allargarono imprigionandola sotto di essi. «Tu non vuoi scoprirlo, Roxy» le sfiorò la fronte con la punta di un dito, sistemandole una ciocca selvaggia.

Rimase immobile, con le orecchie che le fischiavano e una sensazione di calore lì, dove l'aveva toccata. «Non mi stai dando risposte. Vuoi che faccia esplodere anche il tuo castello?»

Alexander distolse nuovamente lo sguardo e storse la bocca in una smorfia di disappunto. «Non ti sto dando risposte perchè io per primo non ne ho. So solo che tu, qui con me sei in pericolo».

Lei si portò le mani sui fianchi. «Senti, Alex, è un cane che si morde la coda: siamo alleati, prima non mi rendevo conto di quanto sia importante agire insieme, ma me lo hai mostrato tu a Mediana, ricordi? Mi hai salvata dai mostri nella scuola di Giada e ieri ti ho salvato io. Dobbiamo guardarci le spalle a vicenda, da soli non andiamo molto lontano...»

«Sì, ma se il pericolo sono io come faccio a guardarti le spalle? Lo capisci o no?» Alexander era diventato paonazzo e le aveva agitato le mani davanti al viso.

«Allora è vero? Sono il tuo Sangue di Rosa?»

«Non lo so!» Si passò ancora ora una mano tra i capelli, sempre più stanco.

«E allora perchè sei così sicuro di volermi allontanare?» 

Alexander la prese per le spalle. «Lui vuole assaggiarti. Vuole morderti, bere il tuo sangue».

Roxen aveva sempre pensato che se un vampiro le si fosse avvicinato per morderla, lei gli avrebbe conficcato un paletto nel cuore o tagliato la testa senza troppi fronzoli. Che anche solo l'idea di essere morsa l'avrebbe ripugnata talmente tanto di chiedere a Soriana di farle un incantesimo che le cancellasse la memoria e, invece, ora che la possibilità era reale non si sentiva affatto turbata. O meglio un turbamento c'era, ma non era dovuto che al pensiero che lui la mordesse.

Posò le dita su quelle di Alexander e le strinse con dolcezza. «Non mi morderà, ho il dono della metamorfosi, posso diventare un drago e sputare fuoco, e le mie squame saranno così dure che i suoi... tuoi canini si spezzeranno. Insomma, dovrei avere proprio la guardia molto molto bassa perchè una cosa del genere possa accadere e tu lo sai che io non l'abbasso mai».

Roxen vide il volto del ragazzo distendersi appena. «Va bene, ho una paura fottuta di perdere il controllo su di Lui, ma se tu sei così sicura di potergli tener testa va bene».

Alexander tolse le mani dalle sue spalle e lei sentì improvvisamente freddo, quel legame di forza magica che si instaurava tra loro ad ogni contatto si era interrotto bruscamente e l'aveva lasciata con quella lieve sensazione di solitudine. 

«Bene, allora siamo d'accordo. Andiamo a prepararci per questa spedizione nella Foresta Stregata». Gli diede le spalle e proseguì verso la fine del corridoio, anche se le sue mani tremavano come se avesse appena fatto uno sforzo eccessivo.

«Incantata», sentì chiaramente un sorriso attraverso le sue parole e questo fece sorridere anche lei.

                                                                            🔥🔥🔥


«Quindi Lio andrà a prendere Sara all'aeroporto, mentre noi saremo qui?» Roxen guardò la coltre di alberi fitti che intrecciavano i rami man mano che salivano verso l'alto, creando così un tetto fatto di foglie smeraldine e lilla.

«Sì, cos'è hai cambiato idea? Ora lo stare da sola con me ti preoccupa?» Alexander la superò, camminando a passo spedito, mentre il suo zaino, con tanto di sacco a pelo e viveri, dondolava lievemente sulla sua larga schiena. 

Roxen deglutì.  «Non dire scemenze, succhiasangue».

«Mi piaceva di più Alex come diminutivo» Lo vide agitare le mani e cacciare via qualche insetto, o qualcosa di simile. «Dovremmo fare a turno col dormire, questa parte della foresta è popolata dalle arpie e da folletti dispettosi», si voltò verso di lei. «Non sto scherzando».

Roxen si guardò attorno, ma quella foresta sembrava tutto fuorché tremenda. Gli alberi erano di un verde lucente e, nonostante stesse per calare il sole, la foresta sembrava illuminata di luce propria. Non incuteva paura, ma trasmetteva piuttosto un'aura inquieta.

Più camminavano più notava che gli alberi erano tutti piegati verso nord, con le fronde che ondeggiavano senza vento, persino l'erba si muoveva quasi danzando sulle note di chissà quale melodia. Un confuso senso di appartenenza di fece largo nel suo cuore, la memoria le diceva che doveva ricordare qualcosa. 

Fu attratta da un gruppetto di fiori rosa cipria che aprivano e chiudevano le loro corolle ad ogni suo passo e sprigionavano un profumo così rilassante e delicato che Roxen iniziò a sentirsi leggermente assonnata, anche se quel profumo giocava con la sua mente facendole affiorare ricordi confusi e provocandole nostalgia.

Camminò lentamente per qualche passo, finché il vorticare di ricordi annebbiati non la costrinse a fermarsi accanto a un albero con il tronco curvo. Desiderò improvvisamente addormentarsi e Alexander aveva proseguito senza aspettarla, così si adagiò sul quel tronco, dall'aspetto confortevole e poi chiuse gli occhi, sfinita dalla nostalgia, dal dover ricordare quel qualcosa che le sfuggiva. 

«Roxen, Rox, strega!» Qualcuno la scosse lievemente e lei sentì quel tocco ormai famigliare e di nuovo il flusso di energia e allora, frastornata e incosciente, si avviluppò attorno a quel braccio caldo e forte. 


Alexander cadde in ginocchio ai piedi dell'albero, con Roxen tra le sue braccia e la testa di lei contro il petto. Quella sciocca non si rendeva conto che in quel momento la sua guardia era bassa, molto bassa e che se lui non l'avesse avuta alta l'avrebbe già morsa? Era difficile resistere: quel profumo dolciastro gli stuzzicava il naso e quel collo così bianco e affusolato era pericolosamente esposto. La guardava esasperato, perchè esasperata era la sua sete.

 «Andiamo, Roxy, sei o non sei la strega più potente degli ultimi tempi? Possibile che tu sia così ingenua da non avere una cavolo di protezione dagli incantesimi basilari? Quei fiori sono in tutti i libri di magia, perfino in quelle assurdità che vendono agli umani. Mai avvicinarsi alle Abracadabra». Sbuffò cercando di sollevarla, ma gli ricadde in grembo. «Devo parlare con Algidea di questa sua mancanza, anche se probabilmente dopo mi ammazzerà».

Riuscì a sistemarla sulle spalle e con una spinta si tirò in piedi. Era più leggera di quanto avesse immaginato. In realtà l'aveva vista anche dimagrita rispetto all'ultima volta che si erano lasciati a Mediana. Probabilmente al monastero non aveva mangiato tanto, e quei giorni in Transilvania non erano stati affatto facili, ma non sembrava così esile. Eppure quasi non ne sentiva il peso. La lunga treccia di lei sobbalzava di tanto in tanto da una parte all'altra e qualche capello libero solleticava il collo di Alexander, per cui diventava sempre più difficile concentrarsi sul trattenere la sete.

L'unico modo era pensare alla strada e guardarsi intorno, in fondo il paesaggio era così fiabesco da offrire grandi distrazioni, come ad esempio le piccole cascate dai riflessi violacei poco più avanti, nascoste dalla radura, oppure il suono rassicurante degli uccellini che cinguettavano e il lontano scalpiccio di zoccoli, che ricordarono ad Alexander che di lì a poco avrebbero incontrato qualcuno di interessante. 

La Foresta non sembrava un posto pericoloso, eppure lo sapeva bene lui quanto invece lo fosse: vi si era rifugiato tante volte da piccolo, ogni volta che aveva avuto dei pesanti litigi con gli Anziani, e si era sempre cacciato nei guai con quei dannati Folletti, che stranamente quell'oggi non erano ancora comparsi. 

Roxen mugolò da sopra le sue spalle, la sentì muoversi e poi svegliarsi completamente. «Buon giorno» gli disse, come fosse la persona più rilassata sulla faccia della terra.

«Buon giorno?» La adagiò a terra e la osservò. Non sembrava avere segni permanenti dell'incantesimo dei fiori. Forse se l'era cavata con un piccolo sonnellino.

La vide stiracchiarsi come un gatto pigro, mentre il maglioncino le  lasciava scoperta una porzione di pancia. Cercò di guardare altrove quando all'improvviso lei gli allacciò le braccia attorno al collo e Alexander trattenne il respiro. Vicina, era troppo vicina. 

Veloce si tirò indietro e si liberò. Lei stropicciò le labbra in un broncio infantile.

Ehi, ragazzino. A me il suo pare un chiaro invito.

Alexander scosse la testa. «Sei sotto l'effetto dei fiori. Tra poco passerà e fino ad allora cerca di concentrarti solo sul sentiero, altrimenti potresti vergognarti di ciò che farai o dirai dopo». 

Roxen però parve non aver colto l'avvertimento e gli si avvicinò prendendolo a braccetto e annuendo come una bambina. Alexander alzò gli occhi al cielo, mordendosi il labbro. 

Dei, perchè mi fate questo?

Cosa ti fanno?  Ti danno una bellissima ragazza da mordere e tu non ne approfitti? Perchè TU mi fai questo, ragazzino?

Roxen si strinse ancora di più al braccio di Alexander e sorrise. «Lo sai che hai un profumo molto buono, Alex?»

«Grazie» Non doveva assecondarla, dovevano arrivare il più vicino possibile alla pietra e basta.

«Sai che non ti ho mai visto parlare con una ragazza a scuola, a parte Sara», Roxen risalì il suo braccio in punta di dita, provocandogli un leggero solletico e un fortissimo batticuore. Fu costretto a respirare profondamente e a fermarsi. 

«Roxen, concentrati, per favore, se ti concentri l'effetto finirà prima, davvero. Camminiamo e basta». 

Lei inclinò la testa di lato con fare civettuolo. «Sto solo facendo conversazione, alla fine sappiamo così poco l'uno dell'altra».

Alexander tentennò, ma forse parlare poteva aiutare a non pensare alla sete. «Vuoi fare conversazione, va bene... ti avverto però che questi fiori ti faranno rispondere solo la verità se ti farò domande precise».

Roxen si portò la lunga treccia su una spalla e iniziò a giocherellarci. «Va bene, non ho nulla da nascondere».

Alexander sentì il senso di colpa aleggiare sul suo petto. Lei avrebbe dimenticato quasi tutto, non era giusto sfruttare la sua condizione per sfamare la sua curiosità, ma una piccola conferma non avrebbe ucciso nessuno. «Mi aiuterai davvero a ritrovare mio fratello?»

«Sì, ho paura di deluderti, ma lo farò». Gli si era avvicinata di nuovo, strusciandosi contro la sua spalla.

Le sorrise. «Non dobbiamo riuscirci al primo colpo, basta che ci proviamo».

«Va bene. Ora tocca a me», si indicò come una bambina.

«Ma io posso mentirti».

«E che senso ha parlare, allora? Facciamo altro». Gli si piazzò davanti e gli si avvicinò pericolosamente. Alexander notò solo allora quanto fossero grandi gli occhi di Roxen e quante piccole lentiggini avesse cosparse sul naso. Erano carine, e lei sembrava così vulnerabile in quel momento... «No, scherzavo, scherzavo. Ti risponderò sinceramente anche io».  La dribblò, mentre cercava di rallentare i battiti del proprio cuore.

Roxen scoppiò a ridere. «Sei così carino e corretto! Quindi o non hai mai avuto una ragazza o al contrario sei fidanzato e sei fedele».

Alexander le lanciò un'occhiataccia, non gli piaceva quella Roxen così frivola. «Ho una promessa sposa scelta dagli Anziani, che però ho rifiutato». Pensò a quella donna, che con tanta insistenza cercava di circuirlo per farsi sposare e sbuffò stancamente al solo ricordo dell'ultima volta in cui si erano incontrati. 

Roxen si fermò di colpo, finalmente a debita distanza. «La tua vita fa schifo!»

«Grazie tante, eh! Comunque non mi sembra che la tua sia una favola».

«Beh, sarò un'orfana come te, ma sono stata cresciuta da persone che mi vogliono bene e non devo sposare nessuno contro la mia volontà».

Alexander strinse i pugni. «Oh, tranquilla nemmeno io mi sposerò contro la mia volontà, possono fare quello che vogliono, ma sono sicuro che in questo caso il Principe delle Tenebre agirà in mio favore».

Roxen gli accarezzò una guancia con lascivia. «Oppure il tuo Sangue di Rosa metterà tutti a tacere con il vostro profondo legame».

Mordila, non vedi che lo vuole anche lei!

Alexander sentì quella sete così necessaria di lei risalirgli dalla gola alle labbra, un'arsura mai provata prima che bramava di essere soddisfatta e che ancora una volta faticò a trattenere. Dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non afferrarla alle spalle e cibarsi del suo nettare porpora, anche se tutto in lei pareva chiedere la stessa cosa.

Le prese la mano e la strattonò a sè. Si fissarono per un lungo istante, finché Alexander non percepì un lieve tremolio della mano di Roxen e tutto si dissipò così com'era arrivato.

L'allontanò bruscamente. «Da quanto sei tornata in te?»

Roxen si sistemò l'elastico della treccia. «Da quando hai detto che il Principe delle Tenebre verrà in tuo soccorso per evitarti il matrimonio combinato».

Alexander annuì, dando piccoli calci ad alcuni sassolini. «Tu vuoi proprio giocare col fuoco».

Roxen fece spallucce. «Beh sai, è il mio elemento».

Lui le si avvicinò e le posò una mano sull'incavo del collo. Fece scivolare alcune gocce gelide lungo la schiena di Roxen e la sentì rabbrividire. «Se vuoi che ti morda» le soffiò nell'orecchio «devi chiedermelo e devi accettarne le conseguenze, ma soprattutto non devi avere paura di me».

Roxen lo spinse via, tutta rossa in volto. «Io non ho paura di te».

Alexander scoppiò a ridere e le diede le spalle. «Sì, certo come no. Ma quello che non capisco è perchè di punto in bianco tu voglia essere morsa da un vampiro. Non ti facevamo ribrezzo?»

Non la sentì ribattere e quando si voltò la vide pietrificata dallo stupore. Gli occhi verdi di Roxen erano spalancati e diretti su una radura da cui si scorgeva un immenso prato costellato di fiori gialli e bianchi. Al centro sette unicorni dalle tinte pastello, i colori dell'arcobaleno, brucavano tranquilli accanto a un piccolo lago. Sembravano così placidi e meravigliosi e i loro corni scintillavano ai raggi del sole.

«Merda» sussurrò Alexander e a grandi passi raggiunse la ragazza, prendendole la mano. «Andiamo, veloce».

Un unicorno alzò la testa e subito li individuò. Alexander avvertì la paura farsi strada nello stomaco. L'unicorno celeste nitrì verso i compagni e tutti guardarono nella loro direzione.

Il ragazzo stava muovendosi lentamente, trascinando Roxen con sè. «Perchè dei dolci unicorni colorati sembrano guardarci in maniera minacciosa?»

«Perchè non sono affatto dolci unicorni colorati».

I destrieri fatati fecero battere i loro zoccoli sul terreno, puntando tutti verso il vampiro.

«Pare che ce l'abbiano con te».

Alexander strinse i denti e continuò a osservare gli unicorni, sempre più minacciosi. «Già, perchè mi conoscono».

Roxen lo guardò stupefatta. «Sei già stato qui?»

«Molte».

«E allora perchè ce l'hanno con te?»

«Non ce l'hanno con me, ce l'hanno con le persone in generale».

«Invasori» Una voce nasale si espanse in tutta l'aria. Sembrava che nessuno avesse parlato, eppure la voce si era sentita forte e chiara.

Alexander smise di camminare e alzò le mani in segno di resa. «Non siamo invasori, mi conoscete, sapete chi sono e non cerco il tesoro dei Folletti». Si voltò appena verso Roxen, cercando di non farsi udire dagli unicorni. «Dovrai correre velocissima, ok?»

«Non importa, a voi non è concesso stare qui», la voce di prima echeggiò nuovamente tutt'intorno.

Alexander abbassò le braccia e sbuffò. «A me è concesso e lo sapete, ma si vede che vi stavate annoiando».

Roxen lo strattonò. «Alex, dannazione, perchè li provochi?»

L'unicorno celeste guardò prima alla sua sinistra e poi alla sua destra e con un cenno del capo ordinò ai suoi compagni di attaccare. Partirono al galoppo tutti insieme e a quel punto Alexander afferrò nuovamente Roxen e iniziarono a correre. 

«Alex, maledizione! Non possiamo combatterli?»

«No, non sono nemici e fanno parte della Foresta, c'è un motivo se vivono qua. Sono solo molto ligi al dovere».

«D'accordo ma ora come facciamo?»

«Scappiamo».

Roxen si fermò «Non in questa forma». Girò su sè stessa e in un attimo fu un bellissimo puma nero. Alexander le salì in groppa e saltarono rapidi da un albero all'altro della foresta, balzando su rocce e attraversando ruscelli.

Il ragazzo si teneva stretto al mano nero dell'animale, sperando di far male a Roxen. Lei era così veloce che lui non riusciva a distinguere nient'altro che grosse macchie di colore verde, azzurro e marrone. 

Il calpestare dei puledri si fece sempre più lontano finché Alexander non sentì nient'altro che il frusciare rapido delle foglie.

«Ok, ok», Alexander si voltò indietro e non vide più nessun unicorno al loro seguito. «Puoi rallentare, non ci inseguono più».

La Foresta si era fatta decisamente più fitta in quel punto, ma parevano essere al sicuro. Si fermarono a prendere fiato sotto un capannello di alberi bassi e Roxen tornò alle sue sembianze.

«Grazie! Ti ho mai detto che quando ti trasformi sei meravigliosa?»

Angolo Autrice
Salve cari lettori!
Volevo dirvi/ricordarvi che potete avere notizie di Prophecy, dei suoi personaggi e della sua autrice sulla pagina Istangram: anneg.right
Nel caso passaste anche da lì, vi ringrazio tanto!
P.s se vi sta piacendo fatemelo sapere 😊

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