17. Io ti salverò

Alexander planò sul Conte e lo atterrò. Una forza sovraumana e carica di astio gli attraversò le braccia. Strinse le mani attorno al collo del vecchio, mentre sentiva i canini pungergli le labbra.

La collera gli risalì dalla punta dei piedi lungo tutto il corpo, lungo tutte le vene, lungo tutte le ossa. Il Conte era lì, poteva ucciderlo e liberare l'intero Regno delle Tenebre, e non solo, da quell'ammasso di arroganza e perfidia. Sentiva le sue deboli vene pulsargli sotto le dita: quel bastardo aveva appena mietuto una vittima, altrimenti il suo cuore non avrebbe potuto pulsare in quel modo.

Alexander digrignò i denti, tenne la testa del Conte premuta contro il pavimento e gli sferrò un colpo in pieno viso con gli artigli, ma quello si girò e si alzò, scaraventandolo dall'altra parte della sala delle torture, come se fosse fatto di piume.

Il ragazzo sbatté contro il muro con una violenza tale che sentì il respiro mancare.

 «Tenetelo fermo!» Ordinò il Conte e due vampiri comparvero ai lati di Alexander.

Gli afferrarono le braccia e lo costrinsero in ginocchio. Alexander si dimenò, spalancò le ali e li artigliò con tutta l'energia che aveva in corpo. Le ferite che aveva sulla schiena e sul petto continuavano a dolergli e a rigettare fuori sangue. Sentiva le forze venire meno, ma lottava senza darsi il tempo di riflettere. 

Si alzò in volo, trascinando per qualche metro anche i due aguzzini, che ben presto vennero spinti a terra. Alexander cercò di andare verso la porta delle segrete, ma un altro vampiro lo afferrò per le spalle e lo lanciò contro la scalinata che portava all'uscita. Quello gli fu addosso  e lo tenne stretto, legandogli le mani dietro la schiena. Il Conte lo raggiunse in poco tempo e lo sovrastò con una sguardo carico di eccitazione.

Afferrò una delle ali di Alexander e con una forza inumana gliela ruppe, facendolo urlare fino a esaurire la voce.

Alexander fu percosso da una violenta scarica di dolore, inarcò la schiena in maniera così innaturale da rischiare di spezzarsela da solo. Una sofferenza pulsante lo trafiggeva in tutte le ossa e non riuscì a trattenere alcune calde lacrime che gli rigarono il viso stanco e tumefatto.

«Oh, sì», disse il Conte affilando gli artigli. «Adoro sentirti urlare in quel modo, ti prego fallo ancora». Con un'artigliata ben calcolata taglio l'altra ala di Alexander e un immenso urlo di sofferenza e agonia echeggiò per tutto il castello.

                                                                           🔥🔥🔥

Roxen udì un urlo così carico di dolore da farle battere il cuore all'impazzata. Spronò il cavallo ad andare più veloce. Lionel la seguì a sua volta e Samuel si trasformò volando al loro fianco.

«Quell'urlo era di Alexander, vero?» Roxen stringeva le redini come se ne valesse la propria vita.

«Temo di sì» Samuel aveva uno sguardo cupo e preoccupato.

«Maledizione, ci siamo quasi, non deve morire proprio ora». Roxen non ci pensò due volte e mutò lei stessa in un ghepardo. Saltò dalla groppa del cavallo sulle rocce lungo il sentiero e scattò rapida verso il castello, raggiungendolo in pochissimi balzi.

«Wow! Non avevo mai visto il dono della metamorfosi coi miei occhi». Samuel affiancò Lionel, ma lo stregone si sentì infastidito dalla sua presenza. Non ne sapeva bene il motivo, ma c'era qualcosa in quel vampiro che lo irritava. «Sì, lei è molto potente», incoraggiò il suo destriero ad andare più veloce.

Roxen era già arrivata al castello. Lo aggirò alla ricerca della famosa porta di legno e quando la trovò tornò al suo aspetto di strega. Lionel la raggiunse dopo poco, mentre Samuel rimase distante, nascondendosi tra le fronde scure.

«Quindi ci abbandoni qui? La tua missione è già finita?» Roxen fece sfrigolare le dita creando due sfere di fuoco, una per ogni mano.

«Ho tenuto a bada le belve del bosco e tramortito un paio di guardie appostate vicino al castello di Bran, potete credermi o meno, a voi la scelta, ma non posso proprio mettere piede lì dentro. Rischierei la mia vita e quella di molte altre persone, mi dispiace se vi sembro un vigliacco, ma il Conte è davvero troppo potente». Samuel fissò ora Roxen, ora Lionel, poi inchinandosi svanì nel buio del bosco.

«Va benissimo, così non dovrò preoccuparmi della vita di qualcun altro», Roxen guardò Lionel con decisione. «Se vuoi restare fuori anche tu per me non è un problema, anzi. Scatenerò il fuoco ed è meglio che tu stia alla larga».

«Non pensarci neanche. Non abbandonerò Xander e non lascerò che tu faccia l'eroina tutta da sola. Sta solo attenta all'effetto sorpresa a cui tenevi tanto». Lionel sogghignò.

Roxen sparò con forza le sfere di fuoco contro la porta, incenerendola in pochi secondi. «Non mi importa più dell'effetto sorpresa. Riportiamo Alexander a casa e finiamola qui». Scavalcò i resti della porta e si addentrò in un cunicolo buio, stretto e basso.


L'urlo di poco prima ancora le rimbombava nelle orecchie. Un brivido le aveva percorso tutto il corpo, come se le avesse graffiato dentro. Si era resa conto di essere davvero in apprensione per Alexander e ciò l'aveva colta alla sprovvista. Il quadro dei suoi genitori che aveva visto al castello di Bran, le parole che le aveva detto Vlacu le avevano fatto capire che lei e Alexander avevano troppe cose in comune per essere solo un caso che fossero loro i prescelti. Alexander era come lei e doveva salvarlo.

Man mano che andava avanti si udivano tonfi e sferragliamenti. Niente più grida di dolore. Solo suoni.

Il cunicolo iniziò ad allargarsi, anche se il buio continuava a farla da padrone. Dopo un paio di curve Roxen e Lionel si trovarono davanti a un portone più grande e spesso di quello in superficie e sorvegliato da due vampiri.

Non appena i due li videro affilarono artigli e canini, pronti all'attacco, ma purtroppo per loro Roxen invocò la spada di fuoco e tagliò loro la testa di netto, senza la minima esitazione. Lionel si ritrasse di qualche passo, quasi impaurito.

«Roxen?» Le afferrò il braccio.

«Che c'è?» Il cuore le pulsava nelle tempie. Erano così vicini, voleva andare. Subito.

«Non... non stai esagerando? Prima sembravi molto più fredda e calcolatrice, cos'è successo?»

Roxen scosse la testa e si liberò della stretta di Lionel. «Quell'urlo. Sentirlo mi ha fatto male. Ho avuto paura. Per favore andiamo, non fermarmi. Te l'ho detto: puoi restare qui se vuoi».

«Smettila di dire scemenze! Voglio solo che tu stia attenta, agire di impulso è molto pericoloso, soprattutto in circostanze di cui non si hanno informazioni». Il tono di rimprovero di Lionel la fece tentennare, ma il desiderio di mettere fine a tutto ciò era più forte della ragione.

Aprì il portone e si lanciò oltre.

                                                                           🔥🔥🔥

Alexander era semincosciente, il dolore era talmente forte che ormai il suo cervello non recepiva altro. Si sentì sollevare per il collo. Aveva gli occhi che faticavano a stare aperti. Voleva dormire, voleva morire. Poi la vide.

Roxen spalancò la porta brandendo una spada di fuoco tra le mani.

Una visione. Rise stancamente al pensiero che la sua mente volesse così tanto essere salvata da immaginare Roxen lì, pronta a combattere, con tanto di spada incandescente.

Il Conte teneva Alexander sollevato a mezz'aria sorreggendolo per la gola come fosse un animale e, quando vide Roxen sulle scale, quel poco sangue che aveva in circolo gli affluì tutto sul viso. «Chi diamine siete? Come avete fatto ad entrare?»

Roxen lo fissò duramente. «Lascia andare Alexander e forse non farò esplodere il tuo castello».

Alexander tentò di afferrare la mano del Conte che gli stringeva il collo, nonostante la grande debolezza. In cuor suo sperava che quella non fosse affatto una visione, ma che la sua alleata fosse veramente lì, a salvarlo. Il Conte però si adirò ancora di più e al suono delle minacce della strega serrò le dita alla gola di Alexander e lo scaraventò a terra, facendolo cadere su un paletto di legno.

Alexander sentì la punta trapassargli la carne e i muscoli. L'aria fuoriuscì dai polmoni senza che potesse averne il controllo. Le membra sembravano ardere attorno allo stiletto. Fortunatamente il poveretto era atterrato su un fianco e svenne poco dopo per l'immenso dolore.


Roxen assistette all'intera scena, rimanendone impietrita: nel vedere il suo alleato così malconcio qualcosa le si spezzò dentro. Le lacrime iniziarono a pizzicarle le palpebre inferiori e il bruciore le si insinuò in gola.

Il Conte le si lanciò contro, tentando di azzannarla e atterrarla, ma Roxen lo gettò contro il muro con un getto di fuoco.

«Chi sei?» Il Conte assottigliò lo sguardo, respirando collera.

Roxen scese lentamente ogni scalino, senza staccare gli occhi iniettati di rabbia dell'anziano vampiro. A ogni passo verso di lui faceva esplodere gli strumenti di tortura. Lionel sgattaiolò verso Alexander. Nessuno osava avvicinarsi a Roxen in quel momento e anche se lo avessero fatto, non avrebbe dubitato un solo istante sul da farsi: li avrebbe decapitati.


Lionel vide il paletto conficcato nel fianco dell'amico. Si guardò intorno alla ricerca di un pezzo di stoffa, o qualcosa che tamponasse momentaneamente la ferita. Non trovando niente si strappò una parte di giacca. Doveva prima spostare Alexander dal paletto, poi richiudere la ferita. Con l'aiuto della magia sarebbe stato un gioco da ragazzi, ma Alexander aveva perso molto sangue e doveva assolutamente fermarlo. 

Lionel mise le mani sotto la schiena dell'amico, che al suo tocco aprì gli occhi per qualche istante. «Ehi, Xander. Siamo qui, ti aiuteremo. Ora ti farò male, ma lo faccio per salvarti, ok?»

Il ragazzo richiuse gli occhi esausto. Lionel fece leva sulle ginocchia poi con una spinta sollevò il corpo di Alexander, che urlò sgranando gli occhi in preda al dolore, mentre il sangue rosso vivo gli schizzò fuori dalla bocca. Faceva respiri profondi e veloci, ma più inspirava ed espirava in quel modo, più usciva liquido scarlatto a fiotti.

«Xander, non agitarti, se puoi. Così è peggio. Adesso ci penso io». Lo stregone premette forte sulla ferita con il pezzo di stoffa e impose le mani sulla lacerazione. Alexander non faceva altro che tremare e agitare la testa a destra e sinistra, il respiro sempre più accelerato e gli occhi sgomenti.

«Xander! Se non stai fermo non riesco a curarti, dannazione!»

Il vampiro strinse i pugni e cercò di stare immobile, nonostante i tremori incontrollati del suo corpo.

Lionel inspirò e finalmente riuscì a fare la sua magia sulla ferita. «Corpus est sedes cogitationum, corpus sedes dolorum, corpus sedes est animorum, corpus habet cogitationes, dolores et sensus, corpus sanare potest a cogitationibus, doloribus et sensibus».

Il sangue defluì a ritroso nelle vene, i tessuti lacerati si ricongiunsero e infine la pelle si richiuse. Era riuscito a guarirlo.

                                                                               🔥🔥🔥

Alexander riaprì lentamente gli occhi. Intorno a sè sentiva l'infuriare di una battaglia tra magia e forza bruta. Si fece aiutare da Lionel ad alzarsi e vide Roxen impegnata a tener testa al Conte.

Quel vecchio stava brandendo una spada e la stava puntando al petto di Roxen. Alexander scattò in avanti mosso dall'istinto di proteggerla, ma nonostante la magia di Lionel, aveva ancora le ossa rotta e molte ferite aperte. 

Lionel lo costrinse ad appoggiarsi a lui e vide Roxen che schivava il fendente, dava un pugno in pieno petto al Conte, facendogli mancare il respiro e allontanò la spada con un calcio alto. Infine, come fosse un semplice scarafaggio, lo schiacciò a terra con una sfera di fuoco.

«Tu, mi hai stancata», stava per mozzargli la testa con una spada fatta di fiamme, quando Alexander la chiamò. «Roxen! Fermati».

Lei si fermò, continuando a tenere l'arma infuocata ben ferma sulla gola del Conte e Alexander la guardò come se la vedesse per la prima volta: pensò che non ci fosse essere più bello e forte di lei, in quel momento, in nessun angolo del mondo.

Roxen non mosse di un millimetro la mano, ma posò lo sguardo su di lui attendendo che proseguisse. 

«Non puoi ucciderlo», cominciò, schiarendosi la voce. «Se lo farai, tutti i vampiri sulla faccia della terra ti daranno la caccia. Solo un purosangue può uccidere un purosangue», e non voleva che Roxen fosse perseguitata per averlo salvato.

 La vide accigliarsi, ma la sua mano rimase ferma dov'era. «Pensi che me ne freghi qualcosa di essere perseguitata da qualche vampiro?»

Ridere gli provocava dolore, ma quello che aveva detto quella strega era la frase più coraggiosa e sprovveduta che avesse mai sentito fino ad allora. Sorrise con fatica. «Roxen, direi che la nostra missione è già abbastanza complicata di suo. Abbiamo bisogno dell'alleanza dei vampiri, non di metterceli contro». Si stupì lui stesso della propria saggezza. Non avrebbe mai pensato che un giorno avrebbe fermato qualcuno che stava per uccidere il Conte.

Il viso di Alexander si contorse per una fitta improvvisa e Roxen abbassò la spada, ma subito dopo la rialzò facendo un taglio profondo al braccio del Conte.

«Brutta megera!» Urlò quello.

Gli ferì anche l'altro braccio e il Conte la guardò come se volesse imporle le peggiori torture che gli venivano in mente.

«Non ti decapito, solo perché forse ci sei più utile da vivo che da morto».

Roxen materializzò due catene di metallo, plasmando la materia della spada del Conte e lo fece avvolgere da esse come una camicia di forza. Il Conte tentò in tutti i modi di ribellarsi, ma più si muoveva più le catene si stringevano. Il suo sguardo diceva chiaramente che avrebbe preferito la morte all'umiliazione di essere catturato da una ragazzina.

Roxen si avvicinò ad Alexander e gli porse le estremità delle catene. «Fanne ciò che vuoi. Mi accontenterò di dare fuoco al suo castello».

Il Conte sgranò gli occhi e si agitò nuovamente. «Quando mi libererò, e succederà brutta strega, ti cercherò e ti torturerò finché non mi implorerai di morire!»

Roxen si guardò attorno, ormai era l'alba e dalle piccole feritoie penetrava una debole luce che mostrava tutti quegli strumenti del dolore, tutti quegli attrezzi abominevoli. Alexander la vide fissare il Conte con sfida, poi iniziò a far esplodere tutte le macchine da tortura una a una.

Il Conte urlava disperato, come se gli stessero togliendo il bene più prezioso che aveva e questo diede immensa gioia ad Alexander. Si fece portare da Lionel fino all'uscita delle segrete e si coprì gli occhi, accecato dalla luce del sole, che non vedeva da diversi giorni.

Appena fuori dal castello Roxen si fermò accanto a lui e lo fissò in attesa di un suo consenso. Gli occhi scuri di Alexander la scrutarono a lungo, c'era qualcosa di diverso in lei. L'ultima volta che si erano visti Roxen era stata decisamente più fredda e indifferente, ma ora sembrava accalorata e disposta ad ascoltare le sue richieste. Cos'era stato a farla cambiare così tanto?

Lentamente lasciò le spalle di Lionel e zoppicò verso di lei, senza staccarle gli occhi di dosso. Alle timide luci del mattino il viso della strega gli sembrò arrossire, tant'è che lui dovette distogliere lo sguardo, per posarlo sul castello.

La loro separazione, settimane addietro, non aveva premesso nulla di tutto ciò, anzi preannunciava un allontanamento quasi definitivo, una ricerca individuale per la loro missione, e invece eccoli lì: fianco a fianco, contenti l'uno della presenza dell'altra.

Stanco per i pochi, ma faticosi passi fatti, Alexander poggiò una mano sulla spalla di Roxen.  «Sono pronto per i fuochi d'artificio» le sorrise, di un sorriso caldo, riconoscente e... ammaliato.

Roxen lo ricambiò per la prima volta e tendendo le mani davanti a sè diede il via a un crescendo di esplosioni, riducendo il castello e tutte le macchine da tortura che vi erano dentro in un cumulo di macerie.

Una parte dell'incendio che divampava davanti loro si depositò anche sul fondo delle loro anime, perché entrambi si sentirono ardere dentro.

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