15. Vicini di casa pericolosi

Qualche giorno prima... 

In seguito al primo incontro con gli Anziani, Alexander non aveva ricevuto visite. In pochi avevano effettivamente raccontato ciò che sapevano della Minaccia Primordiale e le loro informazioni erano state fondamentali, anche se molto povere. Antoniu lo spalleggiava apertamente, ma il Conte aveva ancora troppo ascendente sui nobili e sugli Anziani perchè questi si fidassero ciecamente di Alexander e delle sue possibilità.

«Signore», Vlacu arrivò trafelato in biblioteca, dove Alexander stava spulciando vecchi libri alla ricerca di qualche cronaca che riguardasse la Minaccia Primordiale.

«Signore, è arrivata questa lettera del Conte», gliela porse con mano tremante. «É un invito a cena da lui, dice che vuole appianare le divergenze e cercare un compromesso».

Alexander lesse attentamente quelle poche righe e storse il naso. «Non so perchè ma mi puzza di trappola». Lasciò cadere la lettera sul tavolo liscio e lucido davanti a sè e la fissò pensieroso.

«Signore», Vlacu tentennò. «Se mi permettete, vorrei consigliarvi di non andare. Anche io sento che c'è qualcosa di strano dietro quest'invito».

Alexander annuì, puntando un dito sulla lettera e facendola girare in tondo. «Lo so, Vlacu, ma credo proprio di doverci andare».

«Ma, Signore?» Il vampiro lo guardò supplichevole.

«Manda la risposta all'invito e preparami gli abiti, per favore».

Vlacu si inchinò. «Come volete, Signore». 

«Vlacu, se non dovessi tornare, devi fare in modo di consegnare questi a una strega dai capelli rosso fuoco. Si chiama Roxen ed è la mia alleata contro la Minaccia Primordiale. Mi raccomando, è importante che li abbia. Mi fido di te, anzi, qui mi fido SOLO di te».

Vlacu lo guardò con una luce negli occhi mista tra orgoglio e preoccupazione. «Certo, mio Signore. Ma voi fate in modo di tornare, vi prego». 

Alexander gli fece un sorriso di gratitudine e si recò nelle sue stanze per prepararsi. 

Mentre indossava gli abiti adatti a una cena col Conte, pensò che quella era decisamente una trappola, ma a volte occorreva esporsi per poter trovare delle risposte ed era certo che il Conte avesse molte risposte a molte domande.


Alexander arrivò al castello del Conte poco prima dell'ora stabilita e lo studiò con attenzione. Forse avrebbe avuto bisogno di una via di fuga durante la cena, gli abiti scelti da Vlacu erano elegantemente informali e abbastanza comodi da permettergli movimenti atletici, ma il castello era tetro, pieno di guglie, spigoloso e con finestre molto piccole. Due Gargoyle di pietra troneggiavano all'entrata, minacciando con lo sguardo chiunque osasse varcare la soglia. Sorgeva sul picco della montagna opposta a quella su cui si ergeva il Castello di Bran. Uno sfregio o una sfida aperta nei confronti di chi deteneva il potere ufficiale.

Alexander notò alcune guardie all'ingresso e altre disseminate sui camminamenti superiori. Di sicuro il Conte aveva qualcosa da proteggere, o da nascondere. 

Sfregandosi le mani infreddolite decise di mostrarsi alle guardie davanti al grosso portone di metallo scuro. Lo fecero entrare accennando un piccolo inchino e a lui sfuggì un sorriso sarcastico: sapevano recitare la loro parte.

Il corridoio era illuminato da candelabri forgiati in metallo nero, le pareti erano in pietra grezza e un lungo tappeto color antracite si districava lungo tutti i viottoli all'interno del maniero. Di sicuro non ama i colori vivaci, pensò Alexander con ironia, mentre cercava di tenere a bada i brividi che lo percorrevano da capo a piedi man mano che si addentrava in quella oscura dimora.

Da alcune stanze sentiva arrivare lamenti, guaiti di animali agonizzanti, risate sguaiate e un forte odore di sangue. Fu sul punto di entrare e interrompere quei barbari banchetti che si stavano consumando oltre quelle porte, ma si trattenne, strinse i denti e proseguì, scortato a vista dalle guardie del Conte. Era stato uno stupido ad andare da solo, ma chi avrebbe potuto scortarlo? Non avrebbe sicuramente disturbato l'esercito vampiro per una cena.

Si fermarono davanti a una porta con disegni osceni, di esseri che si cibavano di altri esseri, di animali impalati e di bocche spalancate. Alexander deglutì e abbassò lo sguardo sui propri piedi. In quel momento avrebbe voluto scappare, ma la porta si aprì mostrando una tavola imbandita e il Conte che lo attendeva seduto, con un calice in mano. La sala da pranzo era oscura come il resto del castello, unica nota di colore: la tovaglia di un rosso porpora.

«Alexandrei, che piacere avervi qui. Temevo che avreste declinato l'invito. Prego, prego, sedetevi qui, accanto a me». Il Conte sorrise viscido e lo seguì con lo sguardo, finché Alexander non fu lì, di fianco a lui.

«Non avrei di certo potuto rifiutare, caro Conte. In fondo si tratta di una cena tra le due persone più importanti del Regno delle Tenebre» Alexander vide il sorriso del Conte tirarsi in una smorfia di disappunto, ma fu solo per un breve istante.

Alcuni camerieri portarono cibi e bevande. Si trattava di carne al sangue, scottata appena e nient'altro. Uva rossa sparsa qua e là per la tavola e una bevanda di un rosso brillante, che Alexander guardava con sospetto.

«Prego, Alexandrei, assaggiate questa carne di cervo prelibata, è stata appena cacciata». Il Conte gli fece portare un piatto, ma Alexander fermò il cameriere con un gesto gentile della mano.

«Non avete del pollo?» Dovette trattenere una risata nel vedere il viso del Conte contorcersi disgustato dalla domanda.

«No, abbiamo del manzo, se proprio volete», distorse la bocca, come se stesse facendo uno sforzo enorme nel pronunciare quelle parole.

Alexander sorrise soddisfatto. Metterlo in difficoltà era il suo sport preferito. «No, penso che mangerò l'uva allora, grazie». Tese la mano ad afferrare un bel grappolo lucido e succoso e iniziò a piluccare pigramente gli acini.

Il Conte lo guardava con ribrezzo. «Allora, l'altro giorno avete parlato di ricompense in cambio di informazioni, giusto?»

Alexander annuì. «Sì, avete qualcosa per me?»

«Non molto in realtà, salvo che quel tipo di nemico è indistruttibile», un guizzo di eccitazione attraversò lo sguardo del Conte. «Non si può sconfiggere con un paio di incantesimi o armi, tant'è che esso ritorna, ritorna sempre e sconvolge gli equilibri».

Alexander assottigliò lo sguardo. «Sembrate un suo grande ammiratore, Conte».

«Lo sono», ammise serafico. «Sono un ammiratore del potere in generale e proprio per questa mia ammirazione potrei proporvi un accordo», viscido gli si fece vicino.

Alexander sentì l'odore pungente del sangue nell'alito mefitico del Conte. Aveva capito cos'era quella bibita rossa. Si ritrasse nauseato. «Che genere di accordo?»

Il Conte tornò ad appoggiarsi allo schienale del suo piccolo trono e fissò Alexander con eccitata attesa, come se fosse convinto di aver vinto una battaglia importante.

«É molto semplice, mio Signore», era la prima volta che usava quell'appellativo su Alexander e lo fece marcando la s in maniera sibilante.

Il ragazzo sentì un pizzico alla caviglia, come se fosse stato morso da qualcosa. Si massaggiò il punto dolorante ma cercò di non far trapassare la sua ansia e la sua paura dall'espressione del suo viso.

«Dovreste solo lasciare che i vampiri Nobili, come me e voi, possano tornare ad avere schiavi umani al loro servizio e in cambio io vi dirò tutto quello che so sulla Minaccia Primordiale, compresi i suoi pochi punti deboli». Il Conte alzò le ciglia e si leccò le labbra lasciando intravedere i canini lucidi e appuntiti.

Alexander schiacciò tra i denti un chicco d'uva, trattenendosi dall'alzarsi in piedi e strangolare quel disgustoso e pallido anziano davanti a sè. 

Non avrebbe mai lasciato che gli sforzi fatti da suo nonno e suo padre andassero persi per sempre per un misero accordo con un essere che non ispirava la minima fiducia e che, anzi, avrebbe sicuramente pugnalato chiunque alle spalle, pur di ottenere il potere che tanto ammirava, come aveva detto lui, e che bramava più di ogni altra cosa.

«No» disse fermo.

Il Conte si sporse verso di lui, alitandogli in faccia «Come avete detto?»

Alexander prese un altro acino d'uva e se lo rigirò tra le dita. «Ho detto no».

«Oh, forse non avete ben chiaro il nemico che dovrete affrontare, Alexandrei», era tornato ad usare il nome di battesimo del ragazzo e intanto la voce gli si inaspriva sempre di più. «Non avete armi contro di lui, dovrete per forza stringere delle alleanze, pur scomode che siano e io vi sto tendendo una mano. Non capite?»

«Capisco benissimo, e la risposta è no. Se non avete altro da offrirmi tolgo il disturbo». Alexander fece per alzarsi, ma le guardie del Conte lo sbatterono violentemente sulla sedia.

«Tu non andrai da nessuna parte, ragazzino! Resterai mio ospite ancora per un po'». L'anziano gli puntò contro un dito minaccioso e nel frattempo le guardie strinsero sempre più forte le braccia di Alexander per impedirgli di muoversi.

Il ragazzo si dimenò, riuscì ad alzarsi in piedi e si trasformò, allontanando così i due scagnozzi. «Bada, Conte, stai oltrepassando il limite», gli occhi di Alexander divennero rossi e poi sentì un dolore lancinante alla testa, perse l'equilibrio e cadde a terra sbattendo contro il tavolo.

                                                                                       🔥🔥🔥

Roxen e Lionel seguivano silenziosi l'anziano signore. Si guardavano attorno incuriositi dalla luminosità del Castello: piccole candele lungo il tragitto rendevano tutto più soffuso e discreto, sembrava splendere. Entrambi gli stregoni si erano prefigurati un castello scuro, in stile gotico, pieno di Gargoyle e statue mostruose, e invece si erano trovati in una dimora calda e accogliente.

Roxen si soffermò a guardare un dipinto largo quanto una parete, appeso nel bel mezzo del corridoio: un uomo, anzi un vampiro, molto rassomigliante ad Alexander, col sorriso rivolto a una donna bellissima dai lunghi capelli corvini e gli occhi color zaffiro.

«Oh, sta guardando i signori Kropowskji? Loro erano i genitori del signor Alexandrei. Si amavano molto e amavano molto i loro figli». L'anziano scosse la testa come se rivangare quei ricordi fosse troppo doloroso e a Roxen per un attimo si strinse il cuore, lei non aveva che una foto sbiadita a stropicciata dei suoi genitori e più il tempo passava e meno ricordava come fosse il loro aspetto e la loro voce. Ricacciò indietro le lacrime e si apprestò a seguire gli altri due.

Proseguirono fino a una grande sala in cui vi era un tavolo lungo, circondato da molte sedie e un trono posto su un piccola scalinata che si affacciava su tutta la sala.

L'anziano vampiro indicò il posto a capotavola. «Lì siede il signor Alexandrei e in questa sala ha tenuto una riunione col Consiglio degli Anziani la scorsa settimana e quella è stata l'inizio di tutto». Con un gesto incoraggiò Roxen e Lionel a sedersi. «Sappiamo che il signore è stato scelto per una missione molto importante, sappiamo che il nemico è potente e ci ha chiesto collaborazione. L'ha chiesta a tutti i vampiri, ma purtroppo in molti non hanno fiducia nel signor Alexandrei e ci sono stati dei movimenti, degli scontenti, ecco».  Quell'uomo sembrava così amareggiato che Roxen provò una sorta di dispiacere verso di lui.

Ma ciò che davvero non capiva era tutta quella riverenza nei confronti di Alexander. Già era strano che abitasse in un castello, ma sentirlo chiamare anche "signore" era quanto meno sospettoso. 

«Ma ora, Alexandrei» dovette sforzarsi di chiamarlo così, «dov'è? E come fate a sapere chi sono io?»

L'anziano scattò subito in un inchino e porse alcuni appunti a Roxen. «Perdonatemi, signora, non mi sono nemmeno presentato: sono Vlacu Bastianevich e sono al servizio della famiglia Kropowskji da quando nacque il padre del signor Alexandrei, ormai duecentotrenta anni orsono. So chi siete perchè il signore mi ha parlato di voi e mi ha detto di consegnarvi questi qualora lui non fosse tornato e così è, purtroppo». Vlacu abbassò lo sguardo sconsolato.

Roxen percepì la preoccupazione dell'anziano vampiro e ne fu scossa a sua volta. «Tornato da dove?» Guardava ora Vlacu ora gli appunti con la calligrafia morbida ed elegante di Alexander.

«É stato invitato a cena dal Conte e non è più tornato. Sapevamo entrambi che era una trappola, ma il signore ha detto che avrebbe dovuto andarci per avere più informazioni, ma...» L'anziano diede un calcio a una sedia che probabilmente era proprio quella su cui sedeva questo famigerato Conte. «Sono sicuro che lo tiene prigioniero. Sono andato io stesso al suo castello, ma hanno rifiutato di aprirmi, mi hanno rimandato indietro dicendo che il signore Alexandrei era andato via da lì al termine della cena e che loro non ne sapevano nulla, ma io ne sono certo, mia signora», prese con mani tremanti quelle di Roxen. «Voi siete sua alleata, vero? Non lo abbandonerete nelle mani di quel, quel», era così adirato che non riusciva a trovare un termine adatto. «Di quel serpente».

Roxen si sentì torcere lo stomaco. No, non lo avrebbe abbandonato, soprattutto dopo aver scoperto che Alexander stava rischiando la vita per avere informazioni. «Scusate se faccio questa domanda, ma siete sicuro che Alexandrei sia ancora vivo?» Il cuore le martellò nel petto mentre pronunciava quelle parole.

Vlacu le strinse ancora più forte le mani e con il volto indicò il trono. «Sì, mia signora, è ancora vivo, finché la corona intagliata là sopra sarà nera e lucida sappiamo che è vivo, non appena dovesse diventare bianca e di gesso, allora sapremo che è morto».

Roxen fissò prima la corona e poi Lionel. «Va bene, diteci dove si trova il castello del Conte».


Angolo Autrice

Ci stiamo avvicinando a una delle mie parti preferite. Ho cercato di riordinare un po' gli eventi e di rendere le reazioni e i pensieri dei personaggi più realistici possibili, amo immedesimarmi in loro e vivere le loro emozioni. Spero proprio di riuscire a far passare queste emozioni anche a voi lettori.

Grazie a chi mi rilegge con pazienza, sì @amarantoazzurro  parlo di te 😊

Se vi va di scoprire curiosità sui personaggi e interagire direttamente con me, potete seguirmi su IG AnneGRight ricambio sempre il follow 😎.
A presto!
P.s votate e commentate se vi va.

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