Inizio Parte Terza
Diversi decenni prima
Le onde si infragevano inquiete contro gli scogli, schizzando i pochi gabbiani che ancora popolavano la costa. Le nuvole stavano ormai colorandosi di un intenso rosso fuoco quando sulla battigia le orme vennero cancellate dalla spuma marina.
Il ragazzo se ne stava seduto lì, con il viso sprofondato nelle ginocchia, rannicchiate al petto, e i pensieri che vagavano ai lontani ricordi d'infanzia. Il quarto di luna faceva capolino all'orizzonte annunciando la venuta della sera.
Posò le mani sulla sabbia fresca mentre una leggera brezza gli entrava nella giacca a vento. Sentì la presenza della donna alle spalle e, inclinando la testa di lato, la invitò a sedersi accanto a lui.
- A che punto sei? - le domandò, sbirciando di fianco.
La donna sbuffò lasciando trasparire tutta la sua stanchezza. Si tolse le scarpe e lasciò che il mare le lambisse i piedi, dandole un piacevole refrigerio.
- Non saprei dirlo, stando al colore dei miei capelli direi che manca poco. – Si lisciò una ciocca tra due dita e se la sistemò sotto al naso assumendo un'espressione buffa. Aveva tutti i capelli colorati di un rosa tenue, eccetto le punte.
Il ragazzo gettò indietro la testa, incassandola tra le spalle e lanciò un'occhiata scettica alla sua vicina. – Vedrai che troveranno qualche altro modo per ritardare il tuo ingresso all'Olimpo. -
La donna scrollò le spalle come se la questione non la riguardasse – Mi basta stare con Eros, anche se non sono ancora immortale, e forse non lo sarò mai, grazie a tutte queste prove la mia vita sta durando parecchio e posso condividere con lui molti momenti. – Le guance si colorarono di un bel rosso e i suoi occhi si illuminarono di dolcezza.
Il sole era completamente tramontato, lasciando dietro di sé una linea rovente che si adagiava sul mare come la guancia di un bambino su un cuscino.
Il silenzio calato tra i due era piacevole e li cullava dolcemente nel dedalo dei loro pensieri.
Si erano conosciuti per caso, su quella stessa spiaggia: due umani sfortunati che in un qualche modo stavano subendo una trasformazione che li avrebbe resi esseri straordinari. L'unico rammarico era che non avrebbero più potuto stringere rapporti con i propri simili.
Lui era cresciuto in un piccolo paese di provincia, i genitori erano modesti allevatori di bestiame e i fratelli, tutti più piccoli di lui, andavano a scuola nel borgo vicino. Era successo tutto in un giorno di metà inverno: la famiglia era stata costretta a rinchiudersi in casa per una tormenta di neve, lui era uscito per spalare davanti l'ingresso e nella bufera aveva visto una figura enorme e minacciosa avvicinarsi. Aveva avuto paura, ma non era rientrato per timore di coinvolgere i famigliari. Era sempre stato molto forte e robusto, agile e veloce, ma le sue doti non erano bastate. L'essere si era palesato davanti a lui in un battibaleno e lo aveva tramortito toccandolo semplicemente al centro della fronte.
Lo aveva ritrovato il padre dopo diverse ore, sommerso nella neve e con le labbra blu. Il ragazzo non ricordava nulla, ma da quel giorno la sua forza e la sua velocità erano aumentate spropositatamente e, non riuscendo a controllarsi, era diventato causa di molti incidenti.
I fratelli lo tenevano lontano, temevano di essere feriti al suo tocco; gli abitanti del paese avevano iniziato a evitarlo dopo che aveva rotto diverse vetture solo poggiandovi sopra le mani; e infine il padre non lo faceva avvicinare al bestiame per timore che ammazzasse gli animali e non avessero più di che sfamarsi.
La madre era stata l'unica a stargli accanto, ma dopo averle incrinato le costole abbracciandola, aveva deciso di andarsene lontano da tutto e tutti, per non far del male a nessuno. Così si era rifugiato in quell'angolo di paradiso terrestre poco frequentato da altri esseri viventi.
- Il mare è comunque più forte di me, non posso ferirlo. – Aveva dichiarato quando la ragazza dai capelli rosa gli aveva chiesto cosa ci facesse tutto solo su quella spiaggia.
Lei invece aveva fatto l'errore di innamorarsi del dio dell'amore, Eros, e da allora aveva affrontato mille peripezie per poter vivere al suo fianco sull'Olimpo, ma le prove da superare duravano anni e a poco a poco aveva visto i suoi cari morire, ritrovandosi, così, sola senza riuscire a vedere la fine di quel duro percorso per diventare una dea.
- Ehi, Psiche – il ragazzo la strappò dai pensieri richiamandone attenzione – Vado in Tibet. - Lo disse con una voce piena di soddisfazione.
Ci aveva riflettuto tanto in quell'ultimo periodo e aveva sentito parlare di monaci in grado di insegnare a controllare il proprio corpo sfruttando a pieno tutte le capacità della mente, anche quelle inutilizzate. Doveva e voleva provarci, in fondo vivere come un eremita non faceva proprio per lui e quei monaci avrebbero potuto aiutarlo nel gestire la sua spropositata forza.
La donna lo guardò con un misto di tristezza e incoraggiamento: anche il suo unico amico l'abbandonava, ma doveva essere contenta per lui, forse sarebbe riuscito a riprendere una vita normale, contrariamente a lei.
Psiche tornò a rivolgersi verso il mare nella speranza che non si notassero le lacrime. - Buona fortuna, Demian. -
Angolo Autrice
Ciao! Ben ritrovati!
Sì, lo so: brevissima introduzione al terzo libro di Prophecy, ma ho da poco finito la prima revisione di Sapphire ed è stata parecchio tosta.
Mi spiace se vi farò attendere molto tra un capitolo e l'altro, ma ho bisogno di tempo per mettere insieme le idee e per poter scrivere al meglio, devo farlo per i personaggi di Prophecy, perchè si meritano una bella storia, visto che ci fanno sognare (soprattutto me <3) e per voi, perchè possiate leggere qualcosa di soddisfacente.
Detto questo, ci vediamo tra qualche settimana!
Anna
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