Speranze cadute
Il canto dell'upupa diede inizio alla danza.
Tutte le streghe erano in cerchio, nude, alla luce della luna per renderle omaggio, a pregare che il suo sposo sole potesse ragguagliarle di buone nuove.
Pochi giorni ancora e sarebbe stata luna piena. Anche in quell'occasione avrebbero danzato, stancandosi e donando tutto il loro essere donne, cospargendosi di oli profumati e tatuandosi la pelle di disegni sacri. Tutto pur di proteggere la Congrega, tutto pur di far tornare Lei.
Giada sapeva che quel rituale era il richiamo più antico e forte per una strega, legato alla Madre Terra che, diffuso da tutta la natura, cerca la propria figlia.
Soriana continuava a dire che Roxen sarebbe tornata, che la Congrega stava aspettando lei e che le Consorelle dovevano danzare e mandarle la loro supplica di far ritorno.
Gli incantesimi di localizzazione non erano serviti a nulla e la Magia del Sangue era stata resa impraticabile dalla scomparsa del suo filo: senza quello al suo posto era come se non fosse mai esistita e quindi ogni tentativo era stato vano. Ma Soriana non si era arresa, anzi supportata da una speranza inaspettata aveva dichiarato che nelle infinite probabilità che aveva visto nel futuro, forse, si era realizzata l'unica che avrebbe potuto salvare i mondi. Così le costringeva a danzare, a usare l'unica magia antica in grado di richiamare una strega perduta. Soriana, però, non era più in grado di pronosticare eventi prossimi: aveva perso il dono della chiaroveggenza perché aveva parlato ad Algidea della sua visione, contravvenendo alle leggi magiche sull'obbligo di silenzio delle veggenti. Lo aveva fatto rischiando tutto ciò che aveva, per quell'unica possibilità di salvezza.
Giada, così come le altre consorelle, stava iniziando a perdere la speranza. Anzi, ormai era solo per compassione verso la sua Capo Magistra che continuava con quella sciocca tradizione. Pensava che se quel rito era andato in disuso fosse proprio perché inefficace, ma non ebbe mai il coraggio di esprimerlo a voce alta, soprattutto perché Algidea era intransigente e obbligava tutte le Consorelle a eseguire la danza.
Così Giada danzava, si spogliava delle sue vesti al calar della notte e si ungeva, si dipingeva spirali scarlatte e stelle a sette punte sulle spalle, sul ventre e sulle gambe. Raccoglieva i setosi capelli d'ebano e si accingeva a seguire i passi che le altre interpretavano in armoniosa sincronia. Si lasciava cullare dall'aria fredda che attanagliava e consolava in egual modo il suo corpo e ogni passo le portava alla memoria ciò che era accaduto un anno prima, quella stessa notte. Anche ora, nel folto della foresta, chiudeva gli occhi e sentiva il terreno cederle appena sotto la pressione del primo passo del rito.
Quella notte si era trasformata in lince.
Poi sollevava il piede e lo incrociava con l'altro.
Aveva dovuto concentrarsi molto, nonostante la paura e le urla delle sue consorelle, che correvano per la Congrega cercando di arraffare tutti i loro oggetti personali.
Sollevava sempre le mani verso il cielo, ondeggiandole sinuose.
Aveva lasciato tutto com'era nella sua stanza e aveva usato il dono della metamorfosi per diventare una lince, l'animale più veloce in cui fosse in grado di trasformarsi.
Andava giù con tutto il corpo, raggomitolandosi su sé stessa e toccando con la punta delle dita la terra tiepida.
Si era gettata dalla finestra, atterrando sul ramo di un albero e poi si era diretta verso il Quartiere Nord, veloce, sempre più veloce, mentre Mediana veniva inghiottita dal caos e dal terrore.
Ora inarcava la schiena e lentamente si rialzava, lasciando che le mani l'aiutassero.
Gli umani che l'avevano sorpassata, correndo come disperati, pieni di terrore, dopo qualche passo si fermavano e le gettavano un'occhiata incredula per poi tornare alla loro fuga.
E distendeva il braccio, toccando la consorella che le stava di fianco, formando una catena.
Un balzo rapido tra la folla impaurita, aveva dovuto scansare diverse macchine impazzite e infine aveva visto la sua sagoma sul tetto di quel grattacielo. Jensen l'aveva spinta a lasciare Mediana insieme alle sue consorelle, minacciandola anche di far intervenire Algidea, ma lei non avrebbe mai potuto abbandonarlo davvero lassù con quel demone da strapazzo!
Si sdraiavano allargando gambe e braccia, sfiorandosi senza mai toccarsi le une con le altre, accogliendo dentro di esse l'energia della Madre Terra e chiamando attraverso le loro membra la strega più potente degli ultimi quattro secoli.
A grandi falcate lo aveva raggiunto e lui sorpreso si era voltato, riconoscendola subito. Si era infuriato e le aveva ordinato di andarsene, di mettersi al sicuro, ma Giada era rimasta e si era avvicinata a lui pregandolo di salirle in groppa per scappare. Safir aveva assistito a tutta la scena e aveva spinto Jensen a seguire la sorella.
- Cosa credi che potremmo fare io e te contro quest'orda di demoni che arriva da ogni dimensione? -
Jensen era rimasto fermo, ignorando sia Giada che Safir e aveva tirato un lungo sospiro prima di parlare.
- Rimarremo finché tutti gli esseri umani di Mediana non saranno al sicuro: diamo a loro il tempo di fuggire, poi scapperemo anche noi. -
Giada aveva ripreso le sue sembianze ed era rimasta con Jensen e Safir a respingere quanti più demoni e mostri venivano sputati dallo squarcio.
Avevano combattuto finché lo squarcio non aveva inghiottito il cielo di Mediana e il buio non era collassato, prima sui grattacieli e le montagne e poi si era riversato come lava nera sul resto della città. Giada aveva difeso se stessa e il fratello ricorrendo ai più potenti incantesimi di fuoco di cui era a conoscenza, mentre Safir si era scagliato contro i nemici brandendo le lunghe e affilate sciabole demoniache. Jensen aveva innalzato uno scudo protettivo sfruttando i suoi poteri telecinetici, ma dopo diversi attacchi era caduto in ginocchio stremato, facendo crollare lo scudo. Giada non aveva avuto alcuna esitazione: vedendo l'enorme onda nera che li stava raggiungendo, si era ritrasformata in lince e aveva caricato su di sé sia Jensen che Safir. Era saltata da un grattacielo all'altro.
La corsa era stata sfrenata, si era sentita l'alito della morte sul collo e la paura le era cresciuta dentro ogni secondo di più. Aveva temuto di non farcela, di cadere, mancare il terreno, inciampare o peggio, perdere il fratello durante la corsa. Di quegli ultimi istanti ricordava solo che Jensen si era ripreso, aveva convogliato tutte le sue energie in un teletrasporto di gruppo e li aveva tratti in salvo, portandoli a Bran, nella Foresta Incantata.
Aprì gli occhi di soprassalto sentendo qualcosa zampettare sulla pancia. Il rito era finito, lei si alzò e, rivestendosi velocemente, fece cadere tra l'erba l'insetto che l'aveva strappata ai ricordi. Vide le fronde degli alberi muoversi senza vento e, gettandosi un'occhiata alle spalle, lasciò che le Consorelle si rivestissero senza badare a lei, che si dirigeva verso la radura un po' più fitta.
Più si avvicinava più vedeva il profilo di una figura che si muoveva tra i rami, agitando le foglie. Alzò gli occhi al cielo esasperata. Sapeva perfettamente di chi si trattava.
- Safir! - lo chiamò a bassa voce.
I rami si scostarono e lui cadde in piedi davanti a lei. Si tolse petali e foglie dalle spalle e dalla testa, brontolando su quanto fossero fragili le piante della dimensione terrestre e poi si decise a rivolgerle l'attenzione.
- Giada - iniziò con tono lagnoso – voi femmine terrestri siete veramente raccapriccianti senza la pelliccia! -
Giada storse il naso emettendo un verso molto rassomigliante a un grugnito.
- Quante volte devo dirtelo che i peli li abbiamo anche noi ma sono molto meno folti delle donne demoniache della tua dimensione? E poi se siamo così raccapriccianti, come dici tu, perché continui a spiarci mentre facciamo le nostre ridde? -
Safir allargò le braccia come se il motivo fosse palese, ma davanti all'espressione confusa di Giada dovette rendersi conto che così non era.
- Perchè è estremamente affascinante il modo in cui vi congiungete alla natura. Comunque senza pelliccia e senza branchie sotto il seno perdete ogni tipo di attrattiva! -
Giada fu costretta a reprimere una risata prima di chiedergli il motivo della sua visita. Safir parve averlo dimenticato: rimase qualche secondo in un silenzio interdetto, muovendo gli occhi da una parte all'altra fino a che non ricordò.
- Sì, giusto. Questa notte era il turno della mia squadra di sorvegliare la Fonte dell'Acqua Eterna e siamo stati attaccati da una donna dai capelli infiammati. -
Giada, che fino a quel momento lo aveva ascoltato divertita, si era pietrificata sul posto.
- Attaccati?
Safir annuì e raccontò di questa donna che si era scagliata contro di loro colpendoli con dardi di metallo liquido, probabilmente dardi incantati, e i cui capelli erano vere e proprie fiamme libere.
- L'avete fermata? - Chiese Giada apprensiva.
- No! Ero venuto a cercarti proprio per chiedere aiuto, poi mi sono perso a vedervi ballare e...
Giada lo interruppe furibonda – Ma sei idiota? Safir! Non possiamo lasciare la Fonte incustodita! Va' a chiamare Algidea e dille di avvertire Sara e Samuel: avremo bisogno di loro. -
- E tu? - le domandò Safir mentre lei già correva verso la Fonte dell'Acqua Eterna.
- Io vado a tenerla a bada - gli urlò di rimando, ormai distante e pronta a combattere.
Giada sentiva la pelle accapponarsi man mano che si avvicinava alla Fonte e il cuore le batteva veloce, ma non per la corsa.
Quando le fronde degli alberi iniziarono a diventare rosso rubino rallentò il passo e si guardò attorno circospetta. La percepiva, percepiva quella forte aura davanti a sé e aveva paura. Sapeva che se l'avesse vista ogni speranza sarebbe cessata immediatamente.
Si fermò indecisa se proseguire o aspettare l'arrivo di Safir e gli altri, ma si ritrovò con la punta di una freccia che le sfiorava la gola.
Le gambe le divennero improvvisamente pesanti come piombo e le sì ghiacciò il sangue con un tale impeto che sentì mancare il fiato.
Le dita affusolate che tenevano la freccia ben ferma contro la gola erano dita forti ed eleganti, prive di esitazioni. Giada alzò le mani in segno di resa e si azzardò a guardare di lato la sua aguzzina: ne rimase folgorata. Aveva ragione Safir: i capelli erano fiamme vive che si agitavano violentemente sulle sue spalle, gli occhi erano carboni ardenti e la pelle era color terra bruciata. Non era sicuramente un essere di quella dimensione, eppure Giada colse un che di familiare in quella presa ferrea.
La donna si allontanò di poco, facendo qualche passo indietro, ma tenendola comunque sotto scacco.
- Non sei un demone come quegli altri – le disse quasi sorpresa.
Giada non rispose, ma il suo cuore parve scaldarsi nell'udire quella voce graffiata e sensuale.
- Sei una strega, giusto? Riconosco la tua aura – continuò quella.
Giada fece un cenno con la testa e la sua interlocutrice sembrò rilassarsi, anzi vide il suo viso distendersi in un sorriso amichevole e i suoi occhi parvero ammiccarle.
- Bene, sono la nuova Sterminatrice e sono venuta a distruggere la Fonte Proibita. -
Quelle parole furono lapidarie. Dette con una sincerità tale che Giada non poté non crederle e fu proprio quello a mettere la parola fine a ogni speranza, rompendole il cuore in mille pezzi.
Qualsiasi cosa volesse dire le morì in gola, mentre il mondo iniziava a sfocarsi per lacrime brucianti di dolore.
Angolo Autrice
Questo capitolo su Giada mi piace molto, perché anche lei è cresciuta, anche se nelle versione di wattpad è stata vista poche volte, lei e suo fratello Jensen sono personaggi che hanno carattere e che aiuteranno i nostri protagonisti, pur restando in secondo piano.
Spero sia piaciuto anche a voi e spero di averlo reso abbastanza scorrevole nella parte danza/ricordi.
Tanto anche questo sarà frutto di revisioni in futuro!
Votate e commentate, se vi va,
Anna
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