Capitolo 20
❝ What you doing with your life? Do you think about it?
Do you contemplate where we came from?
Lately, we've been makin' out a lot
not talkin' 'bout the stuff that's at the very heart of things ❞
Fui svegliata, la mattina successiva, dall'albore che filtrava attraverso le tende.
La luce del cielo mi feriva agli occhi, e quando cercai di evitarla girandomi dall'altra parte, cacciai un lamento per la fitta che sentii subito alla schiena.
Urtai contro il corpo di Galen, che si rovesciò supino sul materasso, e trattenni il respiro per non fare il minimo rumore.
In un baleno, le mie membra doloranti mi ricordarono cosa fosse accaduto appena la notte.
Guardandomi intorno, come se fosse un mondo nuovo quello a circondarmi, incominciai piano a prendere consapevolezza.
Quella mattina pensai che avrei ricordato a vita di come la mia prima volta con un uomo non fosse stata quel dolce far l'amore che avevo sempre immaginato, ma un sesso così violento e spietato da divenire quasi mortale.
Non volevo svegliarlo subito, desideravo osservarlo dormire ancora un po', così mi sdraiai sul fianco rivolta verso di lui.
In quel momento più che mai prima di allora, riflettei su quanto fosse folle il contrasto che c'era tra quanto bianco e celestiale apparisse all'esterno, e quanto nero e torbido fosse nel suo recondito.
Ero riuscita a conquistare Galen Cipriani, il cui già solo il nome aveva ormai il sapore della lussuria nella mia bocca.
Lo avevo convinto a possedermi, a farmi provare una sensazione nuova dell'essere penetrata. Mi aveva permesso di sentire il potere insito nell'accogliere la parte di un uomo, di lui che potevo finalmente proteggere abbracciandolo dentro di me, allontanando per sempre quella sensazione di repulsione e fragilità del dovermi difendere da essa, insieme alla vergogna come punizione del non esserci sempre riuscita.
Perché, con Galen, avevo capito cosa significasse poter essere una donna e non più una bambina, che poteva finalmente decidere da chi essere valicata nella sua parte più vulnerabile.
Avrei dovuto detestarlo per il modo in cui lo aveva fatto, che anche se si trattava di me, lui non riusciva a vedere nient'altro che se stesso. Ma la verità è che, forse, detestavo più me stessa per il fatto che continuavo ad accettare ciò che mi faceva, fidandomi ogni volta delle sue intenzioni, in un copione fin troppo familiare per rendermene davvero conto.
Cacciarlo dalla mia vita sarebbe stata la cosa più razionale da fare, eppure qualcosa dentro di me mi diceva che fosse la scelta sbagliata e non dipendeva solo dal piacere carnale che era capace di darmi.
Mi mettevo alla prova, provando a riflettere su come mi sarei sentita al solo pensiero che, fino alla morte, non lo avrei visto mai più.
Ciò che ne derivava, era persino peggiore della sua stretta di mano al collo.
Non era un semplice desiderio. Avevo bisogno di Galen Cipriani esattamente come si ha bisogno di tutto ciò che si sa quanto velenoso sia per se stessi, ma che si continua ad assumere perché senza ci sentiremmo vuoti e perduti.
Ormai aveva smesso di farmi paura. Provavo di certo rabbia nei suoi confronti, ma più di tutto un abissale senso di malinconia.
Fu proprio quella notte a rendermi totalmente chiaro quanto straziante fosse tutto ciò che tratteneva sprofondato dentro di sé, e che non riusciva a far emergere per buttare fuori se non con il sesso.
Una maieutica del dolore.
Mi faceva sentire lusingata, che avesse scelto proprio me per redimersi. Che mi concedesse di vederlo come un'anima di cristallo che quando raggiunge il suo punto di rottura, si scaglia ovunque e fa sanguinare qualsiasi cosa incontra alla fine della sua traiettoria.
Gli sfiorai la radice del naso con l'indice, facendolo poi planare lentamente per tratteggiare il suo profilo scolpito nel marmo, come uno scultore che ammira le scanalature della sua opera più bella.
Procedevo con cura per il timore che si potesse frantumare sotto il mio tocco. Proseguii su quelle labbra dal sapore amaro e proibito, tentata di dargli un bacio che potesse farlo risorgere dalla morte.
Aprii il palmo accarezzandogli lo sterno, all'altezza del cuore, facendomi guidare dal suo respiro per soffermarmi, infine, sulle linee spesse alla base del costato.
Ripassare a fior di labbra quella parola, della quale non mi era ancora del tutto chiaro il suo significato, così supremo e così tragico, mi scosse in un brivido di freddo.
A N A N K E, una macchia indelebile che sporcava la sua pelle e pulita.
La saggiai come una metafora di ciò che lui stesso era, nell'attesa del momento in cui avrei potuto scardinare con gentilezza quello scrigno spaventoso della quale era la custode, immergendomi nel lago in cui era conservato.
Scostai lentamente le lenzuola, e quando scoprii che non era rivestito, sorrisi maliziosa.
Era arrivata l'ora di svegliarlo.
Salii su di lui, e seduta sulle ginocchia, mi poggiai all'altezza del suo inguine.
Quando aprì gli occhi, abituandosi a fatica alla luce del giorno che lo infliggeva di traverso, le sue iridi mi parsero persino più chiare del solito.
Rimasi a bocca aperta; era decisamente l'aurora più spettacolare alla quale avessi potuto assistere.
Impiegò qualche minuto prima di mettere a fuoco la situazione.
«Buongiorno» dissi, sfidandolo con lo sguardo.
Cercò al polso un orologio inesistente e poi impaziente, una sveglia ai lati del letto.
«Sono appena le 7, professor Cipriani» ironizzai «ma lei non ha lezione fino al primo pomeriggio.»
Mi sorprese come fossi riuscita a strappargli un sorriso, al punto che pensai di essermelo solo immaginato.
«Non ti è bastato tutto il sesso di stanotte?» mi domandò con voce roca ancora assonnata.
Lo guardai con l'espressione delusa e di pena allo stesso tempo. «Cosa?»
Con uno sguardo eloquente mi fece notare che ero nella posizione più adatta per ricevere un altro amplesso.
Feci una pausa.
«Galen, non ti ho mai voluto solo per il sesso» sussurrai decisa. «Ho bisogno che mi ascolti...»
Ed era vero, in quel momento quello era l'unico modo per tenerlo bloccato e farmi ascoltare.
Rimase in attesa, sorprendendomi ancora per lo sguardo di ammirazione col quale si rivolgeva a me per la prima volta da quando ci eravamo conosciuti.
Pensai che davvero si sentisse più libero e leggero dopo la confessione che mi aveva fatto. Capii che, oltre aver goduto del suo corpo, avrei potuto finalmente godere anche della sua attenzione.
«Io credo di averti dimostrato tutto quello che sono disposta a fare, per arrivare a te» m'impuntai e le sue labbra si aprirono in un sorriso.
«Prima di tutto, sono rimasta in quell'aula, nonostante mi avessi fatto sentire nuda ad ogni sguardo, perché pur andando contro la mia religione io ti volevo.»
Mi concentrai a rimanere seria; se avesse ripreso a insuperbirsi, avrei rincominciato a perdere terreno.
Cogliendolo di sorpresa, dondolai piano il bacino, strofinandomi contro di lui. E non riuscii più a nascondere un sorriso, a vederlo reclinare appena la testa.
«E quel giorno volevo rimanere al parcheggio, ma mi sono sentita come se non contassi nulla per te.»
Spinsi appena più forte, mentre lui mi poggiò le mani ai fianchi come per guidarmi.
Incominciai a sentire quell'adrenalina familiare che sapevo anche troppo bene dove mi avrebbe portato, ma volevo dimostrargli che m'importasse davvero più di lui.
«Che ha a che fare questo tatuaggio con ciò che mi hai detto stanotte?» gli chiesi, fermandomi del tutto.
«Lana, per favore.»
In uno slancio troppo avventato, per il dolore che ancora sentivo, afferrai il rosario appeso al muro alle sue spalle e gli premetti la punta del piccolo crocifisso sul giugulo.
«No, Galen. Basta» dissi decisa, «ho bisogno di sapere cosa c'è qui dentro» continuai, strisciando la punta per fermarmi appena sopra quella maledetta scritta, «se voglio prendermene cura.»
«Sì, Lana. Se segui le mie lezioni, sai cosa cosa penso della fatalità dell'esistenza» rispose, riprendendo quel tono fastidioso e severo da professore.
«Galen, per favore» insistetti. «Quello che non so è perché continui a pensarlo.»
Rimasi in attesa, piena di aspettative e speranze.
Portò la mano sulla mia guancia, accarezzandomi con una ritrovata delicatezza.
«Lana... sei così piccola e innocente» sussurrò. La voce rotta sulla parola "innocente", mentre una lacrima gli sfuggì dalla punta dell'occhio sinistro.
Mi sembrò più lui, e non io, il bambino spaventato allora, così tremendamente bisognoso di amore ché forse, nel suo profondo, sapeva che quel bambino spaventato ci fosse ancora.
«Quando arriverà il momento, saprai tutto. Non adesso.»
Sospirai, rassegnata che sarei rimasta ancora una volta senza risposte.
Mi feci bastare che sembrasse comunque più sereno, rispetto alla tensione che l'ottenebrava ogni volta che eravamo insieme.
Anche se già brillava appena avea varcata la soglia quel giorno, non capiva quanto avrebbe potuto brillare, se solo si fosse concesso di poter essere amato.
Mi venne in mente il mito di Amore e Psiche. Quando Psiche, decisa a scoprire il vero volto di Amore, incauta, lascia cadere dalla lampada una goccia di olio bollente su di lui che, svegliatosi, poi volerà via.
Un monito che ci intima su come sia meglio fidarsi dell'altro. Che alcune parti di chi amiamo è meglio rimangano segrete, lì dove sono.
Galen, però, quella volta aveva deciso di rimanere.
«Sai? Il riflesso della luce che si espande alle tue spalle, sembra che crei due ali di farfalla sulla tua schiena» mi disse, con un sorriso addolcito sulle labbra.
Fui colpita da come pensammo alla stessa cosa, e per la sorpresa sentii accelerare il battito del mio cuore.
«Chi era? Psiche, professore?»
Annuì, sorridendo così tenero da torturarmi il cuore.
«Mi renderai immortale allora» esclamai in un guizzo infantile.
«Oh Lana, non sono per nulla Amore, io» sussurrò.
Era decisamente più piacevole questa sua timidezza.
«Ma io ho scelto te, e non ti voglio cambiare» lo rassicurai.
In silenzio, ci soppesammo uno negli occhi dell'altra come se ci stessimo studiando per la prima volta e, allo stesso tempo, riconoscendo l'una nell'altro dopo un lungo periodo di lontananza.
«Amo enim et efflictim te, quicumque es, diligo aeque ut meum spiritum, nec ipsi Cupidini comparo» declamai, fingendo sacralità.
«Perché ti amo disperatamente, chiunque tu sia, ti amo quanto la mia anima, non comparo allo stesso Cupido» tradussi tornando seria.
«Come fai a conoscere il latino?» chiese stupito.
«Mio zio Claude. So che è inusuale per una ragazza americana, ma mi ha fatto fare studi classici. Lui ha origini europee, Francia credo» gli spiegai. «È stato lui a farmi appassionare alla filosofia.»
«E a portarti da me, dunque» concluse in un moto di gratitudine.
Allora non poteva nemmeno immaginare quanto ci avesse azzeccato.
Mi abbassai su di lui, sdraiandomi con la guancia sul suo petto. Presi la sua mano e la intrecciai alla mia, palmo contro palmo, per alzarle unite verso la luce.
Un velo cadde su di me quando vidi la sua fede al dito, che a me mancava, a ricordarmi che lui fosse un uomo sposato e io solo la sua amante.
Non se l'era tolta mentre la tradiva con me e per questo, almeno questa risposta la pretendevo.
«E tua moglie?»
Sweet (tratta dall'album "Did You Know That There's a Tunnel Under Ocean Blvd")
Ed è ora notizia ufficiale, il giorno di pubblicazione di "Prom (gone wrong)" diventa il giovedì!
Sperando ci porti più fortuna 🤘🌶🧲🍀🕯
Inoltre, per sopraggiunti impegni lavorativi della sottoscritta, preferisco pubblicare un capitolo ogni due settimane, sia per salvaguardare la qualità della storia che, soprattutto, per dare a voi lettrici e lettori un capitolo che resti, che non serva a raccogliere letture e stelline, ma piuttosto nel quale io possa mettere tutta la cura e dedizione che meritate, per non darvi qualcosa di scadente ma il miglior prodotto che mi è possibile!
La prima scena di Prom che ideai sarà in uno degli ultimi capitoli, ma la verità è che da febbraio ad oggi questa storia mi ha portato molto più lontano di quanto potessi immaginare e anche se io sto mettendo mano ed emozioni personali, è solo grazie alla fiducia che continuate a darci che stiamo continuando a crescere (io come scrittrice, soprattutto).
Io, Lana e Galen vi ringraziamo di cuore (sì, anche Galen ha un cuore 😂) per averci dato quest'importantissima opportunità 🙏
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