Per Un Bene Superiore

Neanche una lama di luce filtrava attraverso le pesanti falde che sigillavano la tenda della Gilmorgen. Nel cielo, quella notte, luccicava un plenilunio pallido e gli animali se ne stavano zitti, quasi sapessero che l'Ikvalibriam era imminente. La battaglia fra il bene e il male, il cui vincitore avrebbe regnato sul mondo sino alla prossima reincarnazione, quando il Ciclo si sarebbe ripetuto.
Come accadeva da secoli, come accadeva da millenni ormai.
Kudai, alle soglie della tenda, allungò lo sguardo ai fuochi da campo che gremivano le radici del monte Citero. Là, al calore di quei fuochi, le forze del Nakhtife attendevano la battaglia dell'indomani. Dall'altopiano, sul quale la sua Signora aveva preso alloggio, egli non distingueva gli stendardi, né i colori delle gualdrappe. Ma pure, le voci avevano corso in lungo e in largo: vagabondi de le Steppe del Vento, città indipendenti de le Acque del Tartaro e persino l'Impero di Falconia, avevano deciso di schierarsi con il Nakhtife.

Kudai sputò in terra, con una smorfia di disgusto sulle labbra. "Come possono schierarsi con una creatura così abbietta?! Il Nakhtife rappresenta il male più scellerato sotto il cielo." Strinse la mano intorno all'elsa della spada ricurva, mentre dinanzi a sé, fra le nebbie dell'immaginazione, vedeva le orde del nemico – mortali e non – spezzate e disperse al cospetto della sua lama.
Scosse appena il capo, in un riflesso incondizionato.
"Tu sogni troppo Kudai Shir'Tan. Ricorda cosa sei: nient'altro che un uomo. L'unico vero eroe di domani si trova oltre questa tenda." Chinò il capo, al monito della sua voce interiore "e tu avrai l'impareggiabile privilegio di essere al suo fianco."
Quasi a rimembrarglielo, la luce fredda della luna scintillò sugli otto anelli d'oro, inscritti nel pettorale dell'armatura. Gli otto anelli concatenati erano il suo più grande orgoglio, poiché significavano che fra le Sfere del Circolo, Gilmorgen aveva scelto proprio lui come sua Alta Sfera. Non poteva negarsi un pizzico di orgoglio nel ricordare l'indignazione che bruciava, come fiamma viva, negli occhi gelidi del Generale Gundera. Questi non si capacitava del perché la Gilmorgen tenesse in così poco conto la sua lunga esperienza.

Una voce, bassa e limpida, interruppe il flusso di pensieri e reminiscenze che affollava la mente di Kudai. «Entra.» Diceva. E sebbene ormai da anni servisse quale Alta Sfera, pure ad ogni convocazione sentiva una stretta allo stomaco degna della più rammollita fra le reclute.
Con la mano guantata di cuoio e d'acciaio, scostò i tendaggi bianchi e infilò il varco nella tenda della Gilmorgen. All'interno tutto era buio. Le tenebre, forse per una suggestione o forse per davvero, erano più fitte e gelide che mai. Parevano quasi vive, intente ad allungare le dita sulla pelle, ghermendola con tocco viscido, come spire di serpente, promettendo ai più celati istinti ogni genere di orrore.

Lei sedeva in fondo alla tenda, la sua sagoma ritagliata nel buio dalla luce di una candela. La Gilmorgen sedeva in silenzio.
"Ultimo bastione di luce contro la tenebra incombente."
Le brache di tela calzavano mollemente intorno alla vita, tenute su da un cordone di fil d'argento. Il petto era nudo, se non per le strette fasciature che da sempre impedivano al seno di crescere. Sul capo, la rasata era un grigio uniforme.
Ella parlò, con voce di donna: l'unica traccia di femminilità che il Circolo non era riuscito a raschiarle via.
«Siediti di fronte a me, Kudai.» Gli ingiunse, con la voce morbida come velluto.
L'Alta Sfera ubbidì, faccia a faccia con gli ambrati occhi a mandorla della sua Signora: due gioielli di resina incastonati in un viso candido come porcellana. I tratti della donna erano quelli morbidi di una ragazza ancora nel fiore degli anni, ma nella posa e nello sguardo ella aveva qualcosa di antico. Quasi il millenario ciclo di morte e reincarnazione avesse scelto quell'istante come suo fulcro.
Sulle gambe incrociate giaceva la sulvarden, in un bianco fodero di magnolia, istoriato su entrambe le facce da otto anelli: uno d'oro e sette d'argento, congiunti da un filamento iridescente alla luce della candela.
«Avete richiesto la mia presenza, Signora. Come posso esservi d'aiuto?» Chiese.
«Non essere così formale, Kudai. Non stanotte almeno.» Gli disse, accennando un sorriso triste. «Per un Gilmorgen la sua Alta Sfera è ciò che di più vicino ci sia ad un amico. Ti ho mandato a chiamare perché desideravo parlare un po', prima del-» contrasse le labbra «beh, lo sai.»
«Certo, Gilmorgen'Anumi.» Rispose l'uomo, combattendo con l'imbarazzo che gli incrinava la voce. «Considerami pure un amico e parlami, in tutta libertà.»
Il volto della donna sembrò distendersi un poco, allentando la morsa dell'evidente tensione che l'attanagliava.
"Tutto mi appare così strano, cosa le passerà in mente?" Si chiese Kudai, mentre la Gilmorgen accennava a parlare.
«Ebbene, amico. Ragionavo sulla mia carriera – se così si può chiamare – da Gilmorgen. Vorrei sapere cosa pensi del mio operato, in assoluta franchezza, si intende.»
L'uomo corrugò la fronte, senza riuscire a fingersi non perplesso da una domanda così peculiare. «Credo tu abbia fatto un buon lavoro, Gilmorgen'Anumi. Hai perpetuato una solida pace fra i regni e sotto la tua supervisione le nostre enclave hanno prosperato.»
«Eppure,» replicò lei «mi sembra una così misera eredità.» Storse la bocca in una smorfia. «I miei predecessori hanno collaborato a migliorare il mondo, hanno fondato enclave in luoghi ancora inesplorati e portato pace lì dove infuriava la guerra.»
«Non dire così, Anumi!» Si accese Kudai, prima di quietarsi come se gli fosse stata calata una bacchettata sulle mani. «Tu hai fatto e farai ancora molto per il mondo. Sotto il tuo regno ogni buona cosa compiuta da chi ti ha preceduto è stata mantenuta, nonostante le trame del Nakhtife. E far sì che ciò che ci è stato affidato continui a perdurare è uno scopo nobile, che rende una vita degna di essere vissuta.»
Un sorriso si allargò sul volto della Gilmorgen e i suoi occhi si scaldarono di una luce quasi materna, mentre fra le mani prendeva le sue. Aveva palme ruvide, ma dal tocco delicato come petali di ciliegio. La pelle era fresca come un alito di brezza estiva.
«È per questo che ti ho scelto, Kudai. Hai un cuore buono, nonostante la rigida disciplina che ti è stata impartita.» Lo guardò, diritto negli occhi.
Kudai si sentì quasi mancare: erano occhi limpidi e tristi, così umani. "È come veder piangere il sole."
«E proprio in virtù di questo, devo affidarti il più doloroso fra i compiti, mio caro Kudai.» Continuò lei, con una voce che minacciava di spezzarsi ad ogni parola. «Stanotte ho scrutato nelle fila della Trama e ho veduto quale sarà infine la mia eredità per il mondo.»
«Cioè?» Mormorò Kudai, senza riuscire a impedirsi di tremare.
«La fine della più terribile fra le guerre. La guerra che da millenni si combatte fra Gilmorgen e Nakhtife. Io l'ho vista. Ho visto l'ultima Ikvalibriam e il suo risultato. Ma perché questo disegno arrivi a compiersi, amico mio, ho bisogno di te. Tu solo potrai indirizzare la Trama nella giusta direzione, dopo che sarà giunta la mia fine.»
Kudai sbarrò le palpebre, con una morsa che gli torturava il petto. «Mi parli della tua morte, ma io non lascerò che accada! Anche se l'intera Trama mi si opponesse, tu-» si interruppe di colpo, quando la Gilmorgen gli prese il viso fra le mani.
«Lasciami finire, mio dolce Kudai.» Disse. «Sono certa che se domani mi accompagnerai in battaglia, io sopravvivrò. Tuttavia, vi sono a questo mondo cose più importanti della vita di un singolo essere umano, anche se quest'essere umano è il ricettacolo di un orb'zur.» Con il pollice gli calcò lo zigomo. «Dunque ascoltami e abbi fede in me. Stanotte ti imbarcherai per un lungo viaggio verso occidente. Sarai costretto a spogliarti del tuo nome, del tuo titolo, del tuo onore. Rinuncerai a tutto questo per un bene superiore.»
«Come puoi chiedermi di fare una cosa simile, Anumi? Un'Alta Sfera vive e muore al fianco del suo signore. Non posso abbandonarti, non accadrà mai!» Le lacrime gli velarono lo sguardo.
«Non ho il cuore di chiedertelo, ma la volontà di ordinartelo.» Disse, senza più traccia di paura o tenerezza. «Questo compito è molto più importante di te o di me, Kudai. E se non presti fede alle mie parole, vorrà dire che te lo mostrerò.»
Fu a quel punto che dall'essenza della Gilmorgen si esalò una visione che poco a poco scivolò nella mente di Kudai. Una visione dinanzi alla quale egli inorridì con tutto sé stesso, per poi illuminarsi dinanzi all'esito finale. Ma non finì lì, dalla singola visione ne scaturirono di nuove, mostrando le molteplici direzioni che la Trama avrebbe potuto prendere, se il mondo non avesse ricevuto l'eredità della Gilmorgen'Anumi. Possibilità dinanzi alle quali la mente di Kudai fu sul punto di spezzarsi, se in quel preciso momento la Gilmorgen non avesse riassorbito in sé quel groviglio caotico di immagini e sensazioni. Celando nuovamente ai suoi occhi i volgimenti e rivolgimenti della Trama.
Kudai si ritrasse, inorridito, mentre le lacrime gli rigavano il volto e la voce gli si spezzava in singhiozzi.
«È un compito arduo quello che ti affido, me ne rendo conto, Kudai. Una missione al cui termine non ti verranno riconosciuti né onore, né gloria. Ma non è per questo che sei diventato la mia Alta Sfera, ma per fare del bene al mondo.» Sospirò. «Mi dispiace averti mostrato i futuri possibili, la mente umana non è concepita per sopportarne il peso. Non fosse per l'essenza di Gilmorgen, io stessa sarei impazzita ormai da lungo tempo. Tuttavia era l'unico modo perché tu capissi e accettassi di fare quanto necessario. Vai via ora, con il favore delle tenebre. Quel che ti serviva sapere lo sai già.» Una singola lacrima le scintillò sul viso. «Vai via ora, addio mio dolce Kudai.»

Quella notte un cavaliere galoppò non visto, lontano dal campo di battaglia dell'Ikvalibriam. E alla fine del giorno seguente il nome di Kudai Shir'Tan prese ad essere maledetto da ogni vecchio, adulto e bambino avesse mai innalzato preghiere a Gilmorgen .     

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top