Capitolo 61
Drew
Quando mi aveva chiesto di aiutarla non credevo significasse portarle del tè caldo e cibo in barattolo. E anche se ha chiaramente notato la mia faccia interdetta, non ha voluto aggiungere altro.
Busso alla porta tenendo il vassoio saldo in una mano, un tempo riuscivo anche a reggerlo solo con la testa: uno stupido esercizio che Brian si divertiva a farmi fare da piccolo. A tredici anni mi ha rivelato che era del tutto inutile, ma decisamente spassoso, così ho smesso per sempre con le esibizioni da circo. La ragazza sbuca da dietro la porta con l'indice ben premuto sulle labbra, ammonendomi per il rumore.
-Come avrei dovuto avvisarti altrimenti?- mi lamento senza però alzare la voce con teatralità; qualsiasi sia il motivo del suo avvertimento ho intenzione di ubbidire. Lei mi rivolge un sorriso e spinge la porta, lasciandomi vedere una porzione maggiore della stanza. Scorgo una vecchia libreria in disordine, una lampada accesa e a terra, su un materasso logoro, il corpo addormentato del mio gemello. Ha un braccio sotto la testa a mo' di cuscino, l'altro invece riposa sullo stomaco e si solleva lentamente sotto il ritmo del suo respiro.
-Lo hai sedato?- è una battuta, ma in parte ci credo sul serio. Non vedo altro modo per riuscire ad ottenere questo risultato. Alexa scuote il capo, ancora una volta divertita, e mi toglie il vassoio dalle mani per posarlo a terra, poco lontano dal suo compagno.
-Ero entrata nel suo studio per frugare tra i suoi appunti e cercare un punto da cui partire per provare la mia teoria. O almeno, la strada per crearne una valida- cammina per la stanza, raccogliendo qua e là fogli spiegazzati e cartine disegnate. Non so come comportarmi, forse dovrei apparire sorpreso, fingendo di non aver sentito il loro litigio nella sala del casinò. Potrei chiederle che cosa ha in mente restando vago, immagino che questa sia la scelta più saggia. Non faccio in tempo a recitare la mia parte che lei mi precede:
-Non ho dubbi che abbiate origliato la nostra conversazione-
-Bé, origliato... diciamo che i toni erano talmente accesi da raggiungerci nel corridoio- il suo sguardo si rabbuia all'improvviso, spero di non essere stato troppo diretto. Ma è sempre stato questo il piacere di parlare con Alexa, lei non ha mai preteso stupidi filtri. A differenza di Ian, a cui piace modulare la voce e trasformare la realtà, lei non fa altro che prendere onestà e franchezza.
-Eppure mi hai chiesto lo stesso di portare qui del cibo per Ian- le faccio notare, non so se averlo sottolineato sia un bene o meno. Osservo il suo sguardo addolcirsi e le rughe sulla fronte distendersi, e mi trattengo dall'emettere un sospiro di sollievo. Capisco che cosa prova, non voglio che sembri che la sto giudicando.
-Si era messo un timer di soli quindici minuti. Per quanto mi riguarda dovrebbe dormire almeno per una settimana, tutta di fila. Io voglio solo che torni a prendersi cura di se stesso, le sue scelte non fanno che danneggiare lui soltanto- il suo sguardo cade su mio fratello, del tutto ignaro della nostra presenza. Si gode ogni minuto di sonno che gli è stato concesso.
-Sicura che danneggino lui soltanto?- inclino la testa da un lato, è il tipo di cosa che farebbe e direbbe Brian. Ormai vedo l'uomo che mi ha cresciuto talmente di rado che sono costretto a trasformarmi in lui ogni tanto, in una concatenazione di atteggiamenti che non credevo di aver acquisito.
Alexa storce le labbra, non so dire se sia infastidita o soltanto presa alla sprovvista dalla mia domanda. Incrocia le braccia al petto e fa un bel respiro, le carte ancora strette tra le mani.
-È solo che non voglio arrendermi prima di averci provato in ogni modo. Lui forse potrebbe farsene una ragione, ma non io. Non dopo tutto quello che abbiamo passato. Lascerò perdere solo quando mi sarò stancata di mettere insieme i pezzi- si morde l'interno della guancia e scuote il capo, come se volesse scacciare dei pensieri sorti all'improvviso. Vorrei dirle di più, farle capire che ha tutto il mio sostegno, che ci sono passato anche io innumerevoli volte, soprattutto con Ian. Ma lei mi anticipa ancora una volta, e non so quanto del suo talento abbia messo in gioco.
-Per fortuna che la determinazione non mi è mai mancata, ma non dovremmo parlarne né qui né adesso- si ricompone e afferra un foglio bianco dalla scrivania e inizia a scrivere un messaggio a grandi lettere.
"Non uscirai dalla stanza finché non avrai mangiato tutto quello che ti ho lasciato sul vassoio. Se ti annoi, puoi sempre pensare a me."
Lo posa a terra, poco lontano dal pranzo di Ian e mi invita ad uscire, i suoi appunti in una mano e la chiave dello studio nell'altra. Quella scritta sul biglietto non era una minaccia a vuoto, lo chiude sul serio dentro una volta che entrambi siamo in corridoio. Colgo con uno sguardo le sue mani che tremano mentre estrae la chiave dalla serratura.
-Questo è il tuo modo per rimettere insieme i pezzi?- esclamo stupito. Lo sta ripagando con la sua stessa moneta.
-Hey, ogni rapporto ha il suo equilibrio- scrolla le spalle e sorride, entrambi fingiamo che quel lampo di riluttanza non sia mai avvenuto. Di norma mi sembrerebbe una pessima decisione, ma con Ian ogni regola o convenzione sociale sembra essere ribaltata. E ormai so bene che posso solo imparare da Alexa.
-Scusa, non volevo immischiarmi- la seguo con le mani in tasca. Mantiene un passo lento, quello di una passeggiata, ma le sue gambe non sembrano avere dubbi sulla direzione da prendere. Mi chiedo quale sia la sua prossima mossa.
-Tranquillo, immagino che ormai la mia relazione sia diventata una questione di pubblico dominio. Tra la mia dipendenza, il piano, e il pessimo umore di Ian, non poteva essere altrimenti. È solo che non mi sono sentita mai tanto distante da Ian quando adesso-
-Non riesci a capirlo?- non sono sicuro che indagare e scavare dentro questa situazione sia la scelta più saggia, ma non riesco a tirarmi indietro. Non mi riguarda, eppure al tempo stesso la loro relazione ha un'influenza così grande su di me, su tutti in realtà. Ognuno sceglie la fazione da difendere e capita spesso di ritrovarmi a parlare quando sono con Nick e Renee. Ai miei occhi sono sempre stati una delle coppie più solide che io abbia mai visto, non solo romanticamente. Hanno sempre spigionato un'aura quasi regale, immagino dovuta dal potere che entrambi reggono saldamente. Ian su tutti, Alexa su di lui. Si leggono nel pensiero, si conoscono come se avessero vissuto diverse centinaia di vite insieme. E forse in parte è vero. Alcune volte sembrano funzionare come un unico meccanismo, si alimentano a vicenda solo rimanendo nella stessa stanza. Ma adesso è come se una parte di questo processo si fosse inceppata, usano questa dettagliata conoscenza per andare l'uno contro l'altra. E dopo aver visto qualcosa di così incredibile al lavoro, siamo tutti alla ricerca del pezzo rotto, stupidamente convinti di poterlo riparare. Noi che non abbiamo mai capito nulla di come funzionava la loro unione, ma che li abbiamo sempre ammirati, adesso possiamo sviscerarne ogni parte, analizzarne i pezzi come se fossero tutti scomposti e piazzati su un tavolo. È un obbiettivo piuttosto ambizioso e arrogante da parte nostra, adesso me ne rendo conto.
-No, lo comprendo perfettamente. Ma questo non basta per farci andare d'accordo- ribatte secca, voleva essere una battuta ma il suo tono esce piatto e lei non sembra preoccuparsene. Raggiunge la botola che porta al cuore sotterraneo del Blue Glass, una voragine che scava nella terra. Non scendo mai così in basso, ogni volta che sento la scala a pioli scricchiolare sotto i mie piedi trattengo il fiato. Mi manca l'aria qui giù, è stato già piuttosto faticoso abituarmi alle stanze senza finestre delle camere di questo locale. Ma qui, dove la roccia viva spazza via ogni arredamento eccessivo e dozzinale del casinò, mi sento veramente in trappola. Non c'è nulla che possa edulcorare lo stato della nostra prigionia, qui è reale.
-Posso chiederti perché vuoi così tanto tornare alla Base?- mi stringo le spalle mentre l'aria fredda dei sotterranei ci circonda, Alexa non sembra notarla. Forse è solo questione di abitudine, se avessero preso anche me alla Base sarei riuscito a viverci senza problemi.
Eppure non ne sono totalmente convinto.
-Ho delle questioni in sospeso. Non ho sfruttato bene la mia occasione lì dentro, pensavo solo a sopravvivere e a mettermi in contatto con voi, ma sento di poter fare molto di più. Non ho ancora giocato tutte le mie carte, e non mi arrenderò solo perché Ian è preoccupato per la mia salute-
-Ha paura che tu possa avere una ricaduta, non sei ancora fuori pericolo- e forse non lo sarà mai, forse è qualcosa che si trascinerà per tutta la vita. Non volevo prendere le difese del mio gemello così platealmente. Alexa non sembra esserne turbata, mi rivolge solo un'occhiata, come se se lo aspettasse.
-Non sbaglierò di nuovo. Che lui lo voglia o meno ho intenzione di dimostrargli che questa è l'unica decisione possibile per salvarci tutti. E a quel punto lui non avrà scelta e dovrà lasciarmi andare-
-Alexa, se ti accadesse qualcosa, lui ne morirebbe- non deve essere un ricatto morale, solo un avvertimento. E magari è stupido ricordarglielo visto che lo sa meglio di me. Quando mi guarda con gli occhi lucidi e rossi, capisco che lo sa benissimo. È come se avesse già assaggiato la sofferenza di quel momento, eppure non è disposta a fare un passo indietro.
Raggiungiamo la cella di Clara in silenzio, ancora avvolti nella conversazione precedente. Ammiro la sua determinazione ma al tempo stesso ne ho paura. O meglio, provo una sottile e sibilante inquietudine. Non riuscirei mai a comportarmi come fa lei, ad essere così risoluta e ferma nelle sue decisioni, spazzando via chiunque si trovi in mezzo. Il mio gemello non è da meno, ed essendosi ritrovati entrambi nel percorso dell'altro, sono due massi molto pesanti da spostare.
-Ma guarda chi viene a farmi visita! Ciao Clara- sorride la nostra prigioniera da dietro le spalle. Dei faretti squarciano lo spazio con dei fasci di luce bianca, uno di questi le taglia in parte il viso, evidenziando il lato sinistro. I suoi capelli rossi non sono più accesi come la prima volta che l'ho vista, adesso sono sbiaditi e tendenti al marroncino.
-Non chiamarmi così. Tu sei Clara- ogni volta che le parla la sua voce si indurisce, quasi stento a riconoscerla.
-E io sono te-
-So che ti piacerebbe esserlo, ma fidati non è un granché. Alexa è il mio nome-
-Come ti pare. E tu invece sei? Scusa non ricordo il tuo nome- fa finta di pensarci, ma non credo le interessi sul serio.
-Sono Drew-
-Ah sì, il gemello sfigato del tizio che mi ha messo qui dentro. Ora ci sono. Dimmi, Alexa, che posso fare per te?- dovrei sentirmi offeso, ma il suo parere non conta poi molto. Non mi è mai piaciuto stare qui dentro in sua compagnia. C'è qualcosa di spezzato in lei che non riesco ad afferrare, e nessuna regola di comportamento che ho studiato sembra riuscire a offrirmi la protezione necessaria.
-Ho visto delle piantine di questo posto, compreso quel percorso diretto tra il Blue Glass. Immagino che fosse necessario per quando raccoglievi tutte quelle persone dalla strada per portarle a mio padre. Perché non...-
-Nostro padre- la interrompe ringhiando. Alexa le scocca un'occhiata di disappunto, trattiene a stento il disgusto.
-Dicevo, perché Arthur non vi ha mai trovato?-
-Non volevo si immischiasse nel mio progetto. Non conosce la strada dei tunnel, sono indipendenti dalla rete fognaria della città, li ho fatti costruire personalmente. Senza conoscere la strada sono un labirinto senza uscita- mi vengono i brividi solo a pensarci. Ho già la claustrofobia qui, non riesco nemmeno a immaginare come deve essere rimanere bloccato in un posto dove ogni via di uscita è sbarrata da una solida parete. Darei di matto.
-Ma ci deve essere di più, non è vero?- chiede Alexa, decisa a condurre il discorso verso una direzione ben precisa. Mi incuriosisce sempre questa parte di lei, quando all'improvviso i suoi lineamenti diventano duri e la sua figura non appare più così minuta. Mi ricorda la stessa austerità che sfoggia mia madre nelle occasioni ufficiali.
-Non puoi chiederlo al tuo fidanzato invece che a me?- ribatte annoiata la prigioniera. È seduta a terra vicino alle sbarre si diverte a spostare i cumuli di polvere e sassolini con le dita. Ha lanciato un'occhiata alla cartina e una strana espressione si è fatta largo sul suo viso.
-Pensavo di fare una chiacchierata tra ragazze- si siede anche lei, incrociando le gambe, decisa a non lasciare che Clara scappi dal suo sguardo.
-O sei qui per prenderti gioco di me, o lui non vuole darti le risposte che cerchi. In entrambi i casi sprechi il tuo tempo-
-Perché dovrei deriderti? Sei già chiusa in una gabbia, e da quel che vedo non credo che uscirai presto. A meno che non mi aiuti- sono costretto a trattenermi dal non intervenire. Non può fare un patto con lei, non all'insaputa di Ian, o del consiglio. Eppure ha sollevato un punto interessante: se c'è questa possibilità per accedere alla Base perché Ian non la coglie? Dov'è il tranello?
-Se credi che io voglia la libertà sei più stupida di quello che sembri. Così come lo siete tutti voi a cercarla. Siamo come animali cresciuti in cattività, non possiamo liberarci. Il mondo lì fuori ci farà tutti a pezzi, non abbiamo gli anticorpi necessari per affrontarlo. Quindi divertitevi a combattere per qualcosa che vi consumerà, mi sembra una degna fine dell'esperimento di papà-
-Non ti ho offerto la libertà, ma un'occasione. Ammiri tanto nostro padre, ma non gli hai mai permesso di vedere questo posto. Avresti potuto farlo per elemosinare qualche complimento o la sua attenzione. Non è un tipo che li regala, ma questi tunnel intrecciati di cui parli sembrano notevoli. Invece hai tenuto tutto per te perché non volevi che la sua ombra macchiasse il tuo lavoro, sai bene che la sua avidità non ha limiti, e come ha avuto la Base, si sarebbe preso pure questa piccola baracca. Non sei la figlia devota che vuoi farci credere-
-Tu lo stai tradendo! Stai mettendo contro di lui il suo stesso esperimento, nemmeno per un secondo sei stata grata per l'opportunità che hai avuto. Tu hai sempre avuto l'occasione di essere al suo fianco, lui avrebbe condiviso tutto con te, se solo tu fossi stata meno ingrata. Io tutto quello che ho me lo sono dovuto costruire, se lui si fosse preso anche questo non avrei avuto niente. Io non sono niente- esclama a gran voce, il pianto spezza le ultime parole. Solo adesso vedo la brutalità di quello che le stiamo facendo: è solo una ragazzina come noi che gioca a fare l'adulta. Perché i veri adulti non sono mai stati in grado.
Alexa sospira, sembra star raccogliendo tutta la sua calma. Se prima era seria ma disinvolta, quasi a suo agio, adesso sta lottando per mantenere la concentrazione. Non si lascia commuovere dalle lacrime di Clara, anzi, sembrano essere proprio il fattore che la fa innervosire. Non riesce a comprenderle, o non vuole farlo. A me invece le sue reazioni disperate parlano con una chiarezza impossibile da ignorare.
-Sai perché Arthur ama me e non te? Perché io non sono un cagnolino come te. Ho abbastanza carattere per contrastarlo e comunque uscirne a testa alta. Quando è stata l'ultima volta che lo hai fatto tu invece?- inclina la testa da un lato per incontrare lo sguardo della prigioniera, sempre più rannicchiata su se stessa. Clara non risponde.
-Ti sto offrendo l'occasione di distruggere il suo progetto, di essere finalmente rilevante nella sua vita. Perché vedi, Clara, a quel punto lui dovrà notarti per forza.- le sue parole sono magnetiche: non le definirei soavi come quelle di Ian, ma molto più solide, come un ritmo incalzante da cui non si ci si può sottrarre. La gabbia silenziosa in cui Clara si ritrovava prima è all'improvviso densa e asfissiante.
Alexa ha afferrato la preda e non ha intenzione di mollarla.
Ecco perché lei e Ian si amano: sono compagni di caccia.
-Mi odierà- piagnucola debolmente l'altra.
-Non può odiare una mossa intelligente. È contro la sua natura. E di sicuro non si aspetta che io e te ci coalizziamo contro di lui. Non si aspetta che tu abbia il coraggio per farlo- non fa che pungolarla insistentemente, in attesa del momento in cui cederà. È certa che lo farà.
-Tu vuoi solo ferirlo, riesci solo ad odiarlo. Non meriti il suo affetto- mormora tra i denti, sputando sul viso di Alexa. Invece che esserne infastidita, la ragazza accenna a un sorriso divertito: ha finalmente visto i semi delle sue parole.
-E allora strappamelo dalle mani. Io non voglio il mio talento, e quando me ne libererò sarò inutile per lui. Quello potrebbe essere il tuo momento per sostituirmi- La finta Clara sostituisce quella vera. Una gara tra sorelle per l'amore di un padre disturbato. Non importa se succederà veramente, basta aver messo alla rossa la pulce nell'orecchio, la possibilità che possa diventare reale. Il resto lo costruirà tutto lei nella sua testa.
-Quel tunnel è inutile. Si apre solo dall'interno, con un codice- confessa controvoglia, non ha ancora accettato la proposta di Alexa, ci sta solo rivelando informazioni che dovremmo già sapere.
-Perché Arthur dovrebbe rendere così ostico il tuo ingresso alla Base?-
-Non è mai stato lui a prelevare i corpi che gli lasciavo-
-Erano persone, Clara. Non corpi. Promettevi loro un posto sicuro nel tuo locale e poi li rifilavi a nostro padre per i suoi esperimenti- specifica Alexa. Nonostante le sue parole, il suo tono non è giudicante, solo puntiglioso. È come se mettere in evidenza la sua crudeltà fosse necessario per lei, non tanto per la conversazione o per il suo interlocutore.
-Erano persone quelle che offrivo a mio padre, ma ti assicuro che molto spesso da quella porta passavano solo corpi. Anni fa ho fatto un accordo con un uomo, un dipendente di nostro padre, in un certo senso. Lui aveva bisogno di corpi per i suoi traffici, io di soldi per mantenere il Blue Glass. Quello che hai evidenziato non è l'ingresso ufficiale, ma uno secondario, di cui dubito che nostro padre sappia qualcosa. O comunque non deve essere necessario per lui porre delle guardie in quel punto, visto la chiave di sicurezza- solleva le sopracciglia, lo aveva già notato prima. È ovvio che Ian si sia interessato a tracciare quel tipo di entrata, forse per un attimo ha pensato che potesse essere una possibilità di vantaggio, ma deve averne abbandonato le speranze. Deve essere uno dei numerosi piani che ha abbozzato quando rimaneva per giorni barricato nello studio.
-Quindi questo ingresso non è controllato da Arthur, è una specie di zona di nessuno all'interno del suo elaborato progetto-
-Ti svegli? Non ho mai detto questo. È di quell'uomo viscido che voleva prendersi gli organi dei corpi che gli portavo. Sentiti libera di giudicarmi, non mi importa- mentre parla vedo la schiena di Alexa irrigidirsi in un brivido, è costretta a stringere i pugni per controllarsi. Non poso credere che Clara abbia fatto consapevolmente una cosa del genere. Non è un ragionamento contorto, né una parte di un piano per un obbiettivo più grande, è solo... orribile.
-Non hai mai avuto pietà per nessuno di loro? Nemmeno un ripensamento?- chiedo, intromettendomi per la prima volta nella conversazione. Non riesco a comprenderlo, non posso farlo.
-Solo per una persona- ribatte laconica. E proprio mentre sto per accusarla di mancanza di empatia, sussurra: -Elia non mi trovava un mostro, ma è stato abbastanza intelligente da andarsene prima che per lui fosse troppo tardi-
-È il ragazzo che ha giocato a scacchi con Ian, vero? Lui era troppo furbo per cadere in un tuo tranello. Dov'è adesso?- se Alexa è indignata quanto me non lo dà a vedere, anzi, sembriamo turbati per due motivi differenti.
-Elia è un genio, ma sta scappando da qualcosa di veramente troppo grosso per poter tornare a una vita normale. Frequenterà qualche altro tipo di bassifondi, magari si è invischiato in qualche organizzazione criminale, chi può dirlo.- finge che non le importi, ma la sua voce leggermente tremante la tradisce.
-Come si chiama l'uomo che ha il codice della porta?- insiste Alexa. Per un attimo ho intravisto un luccichio nel suo sguardo, ma l'ha accantonato in fretta, così come il discorso precedente. Le deve essere venuta un'idea che non riesco a decifrare.
-Non conosco il suo nome. Ma ricordo un dettaglio: teneva sempre una lama dentro la manica della giacca. Ricordo che una volta ha sgozzato un ragazzo proprio davanti a me, con un colpo secco.- si blocca, il ricordo le torna in testa più vivido di quanto si aspettava. -È stato difficile togliere il sangue dalle scarpe dopo- aggiunge, ma non è convincente. Non so perché desidero che lei abbia un cuore. Mi ritrovo a pensare di voler trovare una spiegazione per il suo comportamento, una giustificazione più profonda che porta gli esseri umani a toccare il fondo in questo modo, ma non c'è. E devo solo accettarlo.
Alexa si alza, le gambe le tremano leggermente ma cerca di dissimularlo. Ho l'impressione che lei sappia benissimo l'identità dell'uomo del traffico di organi. -Andiamo, Drew, per oggi abbiamo finito- e io non me lo faccio dire due volte, sono già pronto per ripercorrere la strada e risalire. Mi manca il fiato, e non so se è per la claustrofobia o per i discorsi affrontati in questo colloquio.
-Se mai decidessi di accettare la tua offerta, ho una condizione: non potrai ucciderlo. In nessun caso nostro padre deve morire, non ti aiuterei mai nel tuo piano altrimenti.- se Alexa uccidesse suo padre tutti i sogni di Clara andrebbero in pezzi, eppure ho sempre dato per scontato che lo avrebbe fatto. Non riesco ad immaginare un'esistenza pacifica per i ragazzi della Base con Arthur ancora vivo. Osservo la ragazza castana fare una smorfia mentre dà ancora le spalle alla prigioniera, poi si volta mettendo su una faccia amichevole.
-Sei fortunata, non è al primo posto della mia lista- le rivolge un ultimo sorriso e si allontana. La seguo in silenzio, le lascio il tempo di pensare. È evidente che comunque non mi ascolterebbe, completamente rapita dai suoi stessi ragionamenti. Ha trovato qualcosa di interessante oggi, e purtroppo anche io. Ho provato a tenermi alla larga da questa sensazione, a concentrarmi sulle cose orribili che Clara aveva fatto, ma non riesco ad ignorare che per un attimo ho provato empatia per lei.
La consapevolezza di sapere cosa si prova a stare nei suoi panni.
Ho riconosciuto la sua solitudine, il suo desiderio di riscatto da sua sorella, l'essere incastrati in una vita che non hai scelto.
Alexa è troppo simile ad Ian per capire cosa di prova a stare dall'altro lato, ad essere quelli scartati, e non i protagonisti. Il suo passo però è meno frettoloso, risale i gradini della scala a pioli con attenzione, come se una volta abbandonato questo luogo anche i collegamenti con i suoi pensieri potessero svanire.
Una volta fuori faccio un bel respiro profondo, godendomi un'aria che è quasi uguale a quella dei sotterranei, solo meno fredda. Mi illudo che qui si stia meglio, tra le tende rosse di velluto e le luci a led colorate.
-Hai trovato le risposte che cercavi?- ho il coraggio di chiederle dopo un po'.
-Non proprio, ma adesso ho una pista da seguire. Mi dispiace che tu abbia assistito al nostro dialogo- sembra sincera, adesso non ha nulla della ragazza spietata che interrogava la sua sorellastra.
-Sono abituato ad Ian, ho visto di peggio- ma non sono sicuro sia del tutto vero. Alexa però annuisce, sembra crederci. Camminiamo senza dire molto altro, ognuno rinchiuso nella sua testa. Mi sorprendo nel vedere Margaret schiacciata contro la porta dello studio di Ian, la maniglia stretta tra le dita lunghe e smaltate.
-Eccovi! Si può sapere che razza di follia è questa?- strilla appena ci scorge da lontano. Alexa sbuffa ed estrae le chiavi dalla tasca, spingendo via la nuova arrivata con un colpo sulla spalla e senza troppi convenevoli. Mi sporgo più che posso, quasi in punta di piedi per riuscire a scorgere il mio gemello dallo spiraglio della porta aperta. Ma non c'è traccia di lui sul materasso, né del cibo che gli avevo portato. Ian invece è seduto alla scrivania, colto da un'aura di improbabile tranquillità mentre legge delle annotazioni poste davanti a sé. Quando alza lo sguardo verso la sua compagna l'unica cosa che le dice è:- Hai tu il resto dei miei appunti?-
Alexa li sventola con la mano destra e lui annuisce, pensieroso. Li guardo increduli, e perfino Margaret che è appena arrivata capisce la stranezza della situazione. Credevo che Ian sarebbe andato su tutte le furie, che avrebbe odiato sentirsi privato del suo potere e battuto in un momento di debolezza. Invece ha mangiato e presumibilmente dormito, e adesso sta lavorando a un piano come se niente potesse disturbarlo. Noto però che, ad una rapida occhiata, il bigliettino che gli aveva lasciato Alexa è sparito.
-Ascoltate, io sono venuta solo per avvisare Ian della Notte del Cambio per riscuotere il favore che mi deve- brontola uscendo dalla borsa un invito elettronico. Un piccolo ologramma scritto in codice per mantenere segrete le informazioni.
-Sì, Margaret, ti sentivo benissimo anche da dietro la porta-
-Cos'è la Notte del Cambio?- chiede Alexa mentre fruga senza farsi scrupoli tra altri libri e cartine del bruno. Ian finge di ignorarla, ma con la coda dell'occhio non fa che controllarla con cautela.
-È la notte in cui si riuniscono vari compratori e venditori del mercato nero. Solo chi viene invitato conosce le coordinate. Non è un bel posto, dovresti starci alla larga, Margaret-
-Quello che faccio io non è affar tuo, Drew. Ho delle questioni urgenti da risolvere, e Ian mi deve un favore, quindi è necessario che sia presente. Devi darti una ripulita però, anche se dovrai indossare una maschera non sei comunque presentabile- lo squadra dalla testa ai piedi, mio fratello sembra completamente disinteressato. Tutta la sua attenzione, anche se non sembra, è rivolta a osservare le reazioni di Alexa.
-Mi piacerebbe partecipare- sembra una richiesta, ma sappiamo tutti che non lo è.
-Non esiste. È una situazione delicata, non c'è tempo per prepararti per questo! E poi non sei stata invitata e...-
-Mi sembra un'ottima idea- la interrompe Ian con il primo sorriso che gli vedo sfoggiare da giorni. Non si tratta di un'espressione sincera, non di gioia almeno. È lo stesso sorriso che aveva Alexa nei sotterranei durante l'interrogatorio. Quello del cacciatore che ha la preda nel sacco.
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