Capitolo 6

Drew

-Non mi sento più il braccio-
Lo ignoro.
-Se proprio devi fingere di dormire, smettila di sorridere-
Inizio a ridere senza riuscire a trattenermi.
Mi rannicchio di più vicino al suo corpo, alla ricerca di quel calore che la notte mi ha portato e che mi è stato tolto una volta sveglio.
Siamo nei primi di Dicembre, i riascaldamenti dovrebbero già essere stati messi in funzione, ma non è la stessa cosa.
È un calore confortante, composto da respiri lenti, ritmati e sogni indefiniti.
Sfrego le cosce nel tentativo di conservarlo ancora per un po', ma i movimenti bruschi del mio gemello hanno già contribuito a spezzare la magia.
-Ian...- borbotto aprendo gli occhi e ritrovandomi il suo viso davanti; non riesce proprio a stare fermo.
-Oh no, adesso mi dirai che è stata la notte migliore della tua vita e poi te ne uscirai con un "ci vediamo", quando entrambi sappiamo che non è vero-
Scuoto il capo, per quanto poco mi sia possibile, fingendomi esasperato.
-Sei di buon umore oggi, eh?-
Anche se credo che il sarcasmo sia il suo modo per nascondere i suoi problemi, o almeno non pensarci per qualche secondo.
Non so se definirlo un miglioramento.
-Ci sto provando- sospira, adesso sembra tornato il ragazzo fragile di ieri.
Dura solo un attimo, poi innalza le sue stupide barriere di nuovo.
È come se ogni volta si accorgesse di aver mostrato troppo di sè, così decide di blindare di nuovo tutto, lasciandomi fuori.
Forse sente che gli sto nascondendo qualcosa.
Forse lo sa già.
E se mi odiasse?
È solo colpa mia il suo allontanamento?

-Drew?- la sua voce mi distoglie dalle mie riflessioni.
Rivolgo subito lo sguardo verso di lui, in piedi vicino la scrivania in legno: non sembra averla usata da quando è arrivato, immagino che non abbia avuto molti momenti liberi.
Ho un sacco di libri, potrei passare in biblioteca e sceglierne un paio, magari riuscirà a distrarsi.
La storia di un personaggio fittizio non può nuocerti più della tua realtà, no?

-Drew!- esclama con più insistenza.
-Sì?-
-Ti sei inceppato di nuovo- borbotta, è una costatazione, non sembra infastidito.
O sospettoso.
Dovrei smetterla di pensare queste cose.
Peggiorano solo la situazione.

Sobbalzo, quasi cadendo all'indietro sul materasso, quando me lo ritrovo di fronte, a pochi centimetri.
-Sei sicuro che vada tutto bene?- senza indugiare posa il palmo sulla mia spalla.
Il mio battito cardiaco accellera, lo sento chiaramente.
Non dovrei aver paura della sua gentilezza, d'altronde l'ho sempre desiderata.
Eppure il mio nervosismo non sembra cedere.
-Se ho fatto qualcosa di sbagliato, basta che tu...-
-No no, va tutto bene, sono solo ancora assonnato- lo interrompo prima che io possa finire per confessare tutto.
Se non mi calmo immediatamente, percepirà il mio nervosismo, proprio come gli animali.
Il mio gemello mi lancia solo un altro sguardo, poi lascia cadere ogni cosa, dirigendosi verso il bagno.
Poteva andare meglio.

●●●●●●

-Credo che il nostro ritardo ci sia costato caro- mormoro a mio fratello senza riuscire a distogliere gli occhi dalla tavola praticamente vuota.
Non hanno lasciato nemmeno le briciole.
Alla razzia sono sopravvissute solo delle mele e alcuni cereali; di tutte le delizie al cioccolato non sembra esservi traccia.
-Vengono dalla Base, sono abituati ad alzarsi presto- commenta alzando le spalle indifferente, non mi stupirei se dopo ieri non avesse molta fame.
-Abitudine che non mi sembra tu abbia sviluppato- lo pizzico nel tentativo di distrarlo, sento che si sta incupendo di nuovo. È come se potessi perderlo ogni istante che passa, ho l'impressione di essere l'unico motivo per il quale si sta sforzando per rimanere a galla.

Controllo se il latte è ancora caldo appoggiando le mani intorno alla brocca di metallo; è tiepida.
Il loro assalto deve essere durato solo pochi minuti.
Lo vedo versarsi il caffè: niente nel suo atteggiamento esprime il suo crollo emotivo, ma ogni volta che lo osservo avverto una fitta al petto. Posso davvero percepire il suo dolore?
O forse è solo il mio senso di colpa.

Afferro due mele gialle dalla cesta della frutta, che viene usata come uno dei cinque centrotavola, lanciandogliene una che prende al volo.
Non mi stava nemmeno guardando.
-Adesso puoi pure leggere nel pensiero?- mi siedo al mio solito posto, mentre lui mi dà le spalle.
Mi raggiunge a tavola e non posso evitare di paragonare la mia bevanda al suo colorito pallido, più roseo però di quello dei suoi compagni; i mesi passati in superficie hanno reso la sua carnagione meno appariscente.
-Qualcosa del genere- borbotta dopo aver dato un morso alla mela.
La mia reazione è così fulminea che faccio fatica a trattenermi dallo sputare il latte che avevo appena portato alla bocca. Inizio a tossire senza controllo, ad un passo dall'affogare.
-Che problemi hai?- ridacchia senza muovere un dito per aiutarmi.
Mi concedo un attimo per riprendere fiato, il mio cuore sta ancora correndo all'impazzata.
Non è possibile che legga nel pensiero.
Questa cosa va oltre ogni limite.
Perché deve sempre complicarmi la vita?

Cerco una scusa credibile per il mio quasi soffocamento, ma quando sono pronto per affrontarlo, lui sembra essersi perso, di nuovo.
Rimango ad osservarlo per diversi minuti, mentre stringe la tazzina e fissa il suo contenuto. Il suo sguardo è spento, assorto in chissà quali pensieri. È la prima volta che lo vedo bere caffè da quando ci conosciamo.
-Tutto bene?- la mia voce riesce ad attraversare la sua bolla, scuotendolo più del dovuto. In risposta, senza parlare, manda giù la bevanda in un sol sorso. La sedia stride appena si alza e la porta sbatte quando esce.
Mi sorprendo a ritrovarmi fermo, ancora a tavola. È stato tutto così fulmineo che non ho avuto il tempo di fare nulla, o il coraggio di rivelare la verità.
Non posso continuare oltre.

Esco dalla stanza in fretta, senza curarmi delle condizioni della tavola, sperando di scorgerlo tra i corridoi. Ian non conosce così tanti percorsi, solitamente imbocca le stesse strade, questo dovrebbe rendermi più facile la ricerca. Mi viene incontro una ragazza molto alta, i capelli legati in una crocchia disordinata.
Il viso tondo, puntellato da lentiggini chiare.
-Scusa, Ian, volevo solo chieder- la blocco con un cenno, sebbene detesti essere scortese, non ho molto tempo da perdere.
-Drew- la correggo indicando il mio viso, anche se so che la differenza è impercettibile per molti.
Lei rimane interdetta, quasi con le labbra socchiuse, in cerca di qualcosa da dire.
-Adesso scusami, sono di fretta- scappo prima che possa intrappolarmi in una conversazione. Forse non sono mai riuscito a svincolarmi in questo modo perchè non ho mai avuto un obbiettivo.
Qualcosa di meglio da fare.
Credevo fosse il mio dovere concedere la stessa attenzione a tutti, sopportare discorsi su nuove tecniche economiche per promuovere gli scolapasta, essere sempre sorridente.
Ma il mio unico dovere è curarmi di ciò che mi rende me stesso.
Un me stesso sereno.

Scorgo Ian svuotare dei borsoni su un lungo tavolo nella sala da pranzo minore, utilizzata raramente.
Lo guardo con attenzione mentre un fiume di fascicoli si abbatte sulla superficie legnosa.
Mi chiedo che stia facendo.

-Questi sono i documenti che vi riguardano: la vostra famiglia, da dove venite e analisi dettagliate sui vostri progressi all'interno della Base- si ferma aspettando che facciano silenzio.
Passa solo qualche secondo prima che tutti stiano sull'attenti e perfettamente concentrati.
Ian aspetta ancora un po', fin quando non si ode nemmeno un piccolo brusio o sospiro.
Non so se sarebbe possibile tra i ragazzi qui in superficie.
-Non vi resta che trovare il vostro- esce di scena senza aggiungere altro, eppure nessuno osa muoversi fin quando non ha attraversato la porta.
Ha detto solo qualche parola, ma nessuno dubiterebbe mai della sua autorità.
Non ha bisogno di guadagnarsi la fiducia di questi ragazzi, sono già nelle sue mani.

Sto per raggiungere l'uscita della stanza, facendomi largo tra la folla di ragazzini che prova ad avvicinarsi al tavolo per afferrare un fascicolo.
Se prima erano composti e immobili, adesso sono liberi da ogni vincolo, assetati di sapere.
Con la coda nell'occhio percepisco qualcosa, una piccola figura in un angolo.
Non distrarti, segui Ian.
Ma prima che possa pensarlo, ho già voltato il capo verso il ragazzino biondo aggrappato alle pareti beige.
È una questione di priorità.
Devi parlare ad Ian.
Non puoi perderlo di vista.

Ma ho già raggiunto Nicholas.
-Non vai anche tu a cercare il tuo fascicolo?- chiedo quasi sussurrando, non voglio spaventarlo.
-Sinceramente, non voglio morire schiacciato- risponde tranquillamente, per nulla sorpreso dalla mia presenza.
-E poi, non penso che riuscirei a trovare il mio fascicolo comunque. Dubito fortemente che sia scritto in braille-
Ha ragione.
Di nuovo.
Non riesco proprio a non sembrare un idiota in sua presenza.
-Proprio non ci arrivi che non ci vedo, eh?- ride incrociando le braccia al petto, e non posso far a meno di essere contagiato.
Non mi era mai capitato di ritrovarmi a ridere per una provocazione, specialmente sulla mia intelligenza.
Sembra tutto così leggero detto da lui, come se niente avesse importanza, come se non ci fossero regole.
-Posso leggertelo io, se vuoi- le parole mi scappano dalla bocca.
Lui continua a tenere il viso rivolto davanti a sé, non avendo motivo per voltarsi verso di me, e sorride.
-Stai attento Drew, potrei abituarmi a questa cosa-
Il pensiero di Ian mi colpisce forte allo stomaco.
-Vostra grazia dovrà farmi il favore di aspettare un po', ho delle mansioni importanti da svolgere prima- cerco di metterla sul piano ironico, non voglio che si offenda.
Non so a cosa pensare prima.
-Più importanti di me? Mi stupisce come io ti tenga ancora qui e non ti abbia mandato al patibolo- sbuffa sollevando il mento.
-Chiedo perdono vostra grazia, farò il necessario per tornare da voi il prima possibile-
Ho l'impressione che manterrò fede a questa frase.
Vorrei che la situazione con Ian si concludesse in modo veloce e indolore per entrambi, ma non credo proprio che si avvererà.

-Ah, quasi dimenticavo: grazie per la cameriera che hai mandato ad aiutarmi. È sempre un piacere fingere di non sapermi vestire- rimango a bocca aperta mentre lui non riesce a smettere di sorridere.
Mi creerà un sacco di problemi, ne sono sicuro.
-Allora dirò a Karen di metterti la maglia al contrario domani-
Lui non sembra per nulla preoccupato, il suo divertimento invece, pare crescere sempre di più.
Mi chiedo come faccia a scherzare su una situazione che in realtà non può gestire.
Non sono io ad essere stupido nel dare per scontate alcune cose, è lui a farle sembrare perfettamente normali.
-Che c'è, Drew? Vuoi venire tu a vestirmi?-
Non smette proprio mai di pizzicarmi, adora sfidare le persone, vedere fino a quanto riescono a sopportarlo.

Scuoto la testa e mi affretto ad uscire dalla stanza, spinto non solo dalla necessità di trovare Ian.
Rimanere un secondo di più non avrebbe giovato alla mia sanità mentale: c'è qualcosa dentro di me che non va, e sembra accendersi ogni volta che parlo con quel ragazzino.
Penso che sia solo frutto della sua abilità, riesce sempre trovare i punti giusti da colpire nelle persone.

Noto Ian occupato a dialogare con un membro del personale.
Una volta più vicino riesco ad udire la sua voce: si sta informando sulla situazione dopo la prima notte dei ragazzi in casa.
A quanto pare essere a pezzi internamente non influisce sul fare il suo lavoro nel migliore dei modi.
Rimango ad ascoltare accanto a lui, aspettando con pazienza che finiscano.
L'uomo magrolino lo ringrazia per il suo interesse nei confronti dello staff, mi sorride educatamente e poi si dilegua come se non ci fosse mai stato.

Resto in silenzio, aspettando che Ian faccia o dica qualcosa.
-So che mi devi parlare- si gira ed inizia a camminare a passo lento per il corridoio.
Rabbrivisco.
Mi limito a seguirlo in silenzio, evito il suo sguardo il più possibile.
Faccio un respiro profondo per cercare di racimolare tutto il coraggio che possiedo.
Mi ucciderà.
-Sapevo anche io cosa sarebbe successo, Alexa mi ha fatto giurare di non dirtelo- mi fermo aspettando una sua reazione, che non arriva.
-È successo per sbaglio. L'ho trovata a contorcersi sul pavimento per il dolore. Aveva assunto qualche sostanza che l'avrebbe aiutata in questo piano. Non voleva che chiamassi nessuno, nemmeno un medico.-
Le immagini si proiettano nella mia mente, vivide come se fossero reali.
-Saresti morto se lei non avesse architettato questo piano, e avrei dato la mia stessa vita per impedirlo, così come Alexa- mormoro con la testa basta.
Non c'è molto altro da raccontare, eppure il peso sul mio petto non sembra essersi alleggerito.
Ho bisogno che mi perdoni.
Mi rivolge un'occhiata fredda, come se quello che gli ho appena detto non valesse niente.
-Evita di parlarmi da ora in poi- asserisce continuando per la sua strada.
Cosa.
-Ian- lo rincorro disperato.
Pensavo che si sarebbe arrabbiato, che mi avrebbe urlato contro.
Invece sta sopprimendo tutte le sue emozioni, lasciando solo un atteggiamento glaciale.
-Ian, ti prego, ascoltam- sbatto la schiena contro il muro, non troppo forte da farmi male, ma in modo abbastanza rumoroso da spaventarmi.
Come ha fatto a calibrare la sua forza in questo modo?
-No, tu ascolti me. Mi fidavo di te, mi fidavo di Alexa e questo mi ha solo fregato.- mi stringe i polsi in una mostra stretta, impedendomi di liberarmi.
-Se io fossi rimasto lo stesso di prima, nulla di tutto questo sarebbe successo. Nè tu nè lei sareste riusciti ad imbrogliarmi, probabilmente delle persone importanti non sarebbero morte e io non mi sentirei come se mi avessero strappato il cuore dal petto- il suo tono è duro, riesce appena a contenere la rabbia.
Eppure non riesco a temerlo.
-Alexa mi aveva detto ti saresti comportato così- sussurro.
-Non c'è niente di male dell'essere umani- cerco i suoi occhi scuri, ma sembrano irraggiungibili.
Ian sembra sul punto di scoppiare a ridere.
-Alexa crede sempre di sapere tutto. Non so chi dei due odi di più in questo istante-

-Te stesso è la risposta- quasi mi sorprendo per la mia stessa frase.
-Oggi, a colazione, ti sei bruciato la lingua-
Per la prima volta dall'inizio della conversazione mi sento ascoltato.
-L'hai fatto di proposito-
Il mio gemello mi lascia, allontanandosi il più possibile.
Non so cosa fare più di così.
-Ian, ci vuole tempo per accettare queste cose, nessuno pretende che tu- mi interrompe, sbuffando.
-Non sai niente del tempo-
Che significa?
Che cosa non riesco a capire?

Caccia le mani in tasca e riprende ad avanzare verso la sua camera da letto.
-Ian, ti prego, rifletti- questa volta però non voglio che si giri verso di me, non deve vedere i miei occhi lucidi e quanto fragile io sia adesso.
-Mi dispiace fratello, non posso più permettermi un altro errore-

Alexa mi aveva avvisato, ma è impossibile essere pronti ad una cosa simile.

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