Capitolo 54

Ian

Non posso fare a meno di guardare indietro.
Verso tutta la strada che stiamo facendo ad alta velocità, mettendo sempre più distanza tra noi e il Blue Glass.
Ripenso allo sfrecciare dei minuti da quando siamo partiti.
Al mio pessimo umore una volta salito in superfice, ai passi pesanti mentre i pensieri nella mia testa si annodavano furiosamente.
Non doveva andare così.
Ma quel lato di lei è pericoloso.
È come un canto soave che richiama la parte peggiore di me, la persona che ero.
Basta che mi guardi in quel modo, per farmi dimenticare tutto ciò che ho imparato, così da tornare quel ragazzo egoista e manipolatore.
Non sono sicuro di non esserlo più, adesso. Forse non smetterò mai di avere certe tendenze.
Ma è certo che non mi lascerò mai più trascinare tanto in basso da lei.
Come posso aiutarla a guarire se sono il primo che cade nei suoi stessi tranelli?
E anche adesso, mentre stringo i fianchi di Margaret davanti a me, mi basta effettuare una leggera pressione perché le mie dita ricordino la pelle sottile del suo collo. Sento l'echeggiare del modo in cui ansimava, il mio cuore battere contro il suo petto. Ho indugiato solo per pochi secondi, quei pochi di troppo.
Ho l'impressione che i miei polpastrelli abbiano assaggiato appena il suo sconforto, una piccola parte di quello che mi nasconde.
In passato non mi avrebbe mai chiesto una cosa del genere.
Ma per quanto mi infastidisca ammetterlo, arrovellarsi sul passato non mi porterà da nessuna parte. Il nostro passato, quanto meno.
Il suo è qualcosa su cui possiamo lavorare.
Se solo me lo permettesse.

-Sei silenzioso- il vento strappa via la voce dalla bocca della ragazza alla guida.
-Non mi sembra di essere mai stato loquace in tua presenza-
Non ho idea se mi senta o meno.
Non parliamo da quando siamo partiti, per fortuna.
Margaret è una persona innocua se trattata con la giusta cautela, e non so se ne ho la forza al momento.
Mostrarmi debole davanti a lei non comporterebbe una grande perdita strategica, forse solo un piccolo danno al mio orgoglio. Eppure non mi fido abbastanza per darle in pasto determinate informazioni. Magari è solo paranoia, ma preferisco così.
È una delle poche cose che mi sono rimaste, a cui posso aggrapparmi; perché il resto delle mie abilità deduttive non mi sembra affidabile al momento.
Un tempo avrei scoperto subito quello che Alexa mi nasconde.
Anche a costo di essere invadente o spiacevole.
Adesso c'è una parte di me che mi trattiene e mi impedisce di andare oltre, che invoca il rispetto dovuto alla mia compagna.
Che mi ricorda tutto quello che abbiamo costruito insieme, alla fiducia che mi sono guadagnato.
E per un attimo, questa mattina, l'ho sentita tentennare in modo inaspettato, come una piccola scossa che precede una caduta rovinosa.

La moto sobbalza sul terreno sterrato, e di istinto mi aggrappo a lei, colto di sorpresa dalla sensazione. È diverso da un'auto, ogni colpo arriva con una forza che attraversa tutto il corpo.
Non sono sicuro che questo mezzo di trasporto mi piaccia.
È instabile e fin troppo leggero, sembra che il vento sia sempre sul punto di spazzarci fuori strada.
Oltre al fatto che questa vicinanza forzata con Margaret mi irrita, sento di non aver il controllo. Sono costretto ad aggrapparmi a lei ad ogni curva o movimento brusco, in mancanza di un altro appiglio.
In pochi giorni sono passato da proteggermi con i guanti dal tocco di qualsiasi essere umano, a sentire con i polpastrelli il tessuto soffice della sua maglietta. Sotto ancora la sua pelle, il suo stomaco, le emozioni che si annodano dentro di lei.
È troppo, tutto insieme. Ma forse i miei sensi avevano bisogno di svegliarsi in modo tanto irruento.
Onestamente, non so più cosa possa essere meglio per me.

Margaret si avvicina al ciglio della strada, rallentando a poco poco, separandosi dal gruppo. I suoi nuovi amici motociclisti non sembrano notarlo. Mi fa scendere a un passo da una zona alberata, l'inizio di un sentiero sterrato e contorto. Abbiamo deciso che sarebbe stato meglio così: è più probabile che io non venga notato se sono a piedi, anche se questo significa attraversare il bosco da solo, alla ricerca di chissà quale edificio abbandonato.
Con la moto avremmo impiegato metà del tempo a cercare di non finire in una buca. E poi, preferisco essere solo.
-Chiamami quando hai recuperato Maverick, ci rivediamo qui. Hai la mappa?- sorvolo sul suo tono autoritario, per lei questo è solo un gioco che ha deciso di prendere seriamente.
Frugo nelle tasche per mostrarle la cartina olografica, mi basta premere un pulsante perché si materializzi davanti a noi.
-Non hai intenzione di dire una parola? Non riesco a capire che cosa stai pensando-
Io invece so benissimo quello che passa per la sua testa, e non ho intenzione di darle corda. L'autorità non ha nessun valore se non riesci a riconoscerne gli effetti sulle persone. E piuttosto che darle questo potere e ammettere che ho bisogno dei suoi mezzi, sono disposto a tornare a Blue Glass a piedi.
-Se ci riuscissi mi preoccuperei-
-Vedi che lo so che la conversazione con Alexa ti ha turbato, ma...-
-Attirali lontano da qui- taglio corto ricordandole il suo compito e mentre mi allontano verso il bosco, è brusco ma efficace. È così che si vede chi comanda.

Tengo gli occhi fissi sul punto indicato dalla mappa, calpestando noncurante l'erbaccia sul sentiero.
Da quanto tempo non mi ritrovavo solo con me stesso?
Le notti passate nello studio non sembrano contare, non nel senso che intendo, non come adesso. Potevo sentire il leggero vociare dei ragazzi in cerca di un passatempo, sentivo il suono dei loro pensieri a metri e metri di distanza.
Nemmeno quella volta in cui ho avuto la febbre e sono dovuto rimanere a letto, mi sono veramente sentito solo. Avevo Brian che mi controllava ogni mezz'ora, e le volte in cui chiudevo le palpebre per riposare venivo sommerso dai miei ricordi. Ho sempre avuto il mio talento con me.
Adesso è diverso.
Sobbalzo quando un fruscio improvviso si fa largo tra le piante selvatiche. E i miei muscoli non si rilassano nemmeno quando l'artefice del suono svolazza in cima ad un albero ricoperto di muschio.
Mi lascio andare in un respiro profondo, ma non mi fermo, ho ancora tanta strada da fare prima di raggiungere il luogo indicato da Alexa.
Ma se non mi calmo e non riprendo il controllo della situazione non andrò molto lontano. Mi conosco abbastanza da sentire in largo anticipo i sintomi di un crollo nervoso.
Così, con lentezza e cautela, afferro la mano sinistra tra le dita, e piano piano, inizio ad accarezzarne il dorso, quello sfregiato.
Ripercorro il sentiero delle mie cicatrici come se mi stessi addentrando in un altro bosco, quello della mia coscienza. E ad ogni passo che mi costringo a fare, sono costretto ad affrontare qualcosa da cui sto scappando.
Per quanto mi innervosisca, è necessario che io metta ordine nella mia testa. E c'è qualcosa che ho sempre rimandato, nascondendo questa analisi in un angolo del mio cervello.
È il momento di elencare tutte le cose che non posso controllare.
È necessario, l'unico modo che ho per sopravvivere, se mai la situazione si mettesse male.
Se si trattasse di qualcun altro, giudicherei assurdo rifiutarsi di valutare i rischi prima di una missione. O di fuggirne proprio, in ogni situazione.
Ma fa così male accettare di non poter intervenire per cambiare tutto ciò che voglio. Ho assaggiato un potere troppo grande per potermene separare così bruscamente. Non riesco nemmeno ad immaginarmi senza.
Eppure eccomi qui, in mezzo a rampicanti verdastri e rocce ricoperte di muschio, in cerca di quel cretino di Maverick.
Se qualcuno mi tendesse un'imboscata non potrei reagire.
Ho appena una pistola, e per quanto la mia mira sia buona, non sono Alexa. Nè ho speranze in un accerchiamento numeroso.
Questo mi porta a dover stare all'erta più del solito, e conservare le forze per scappare se necessario.
Non posso controllare la mente di nessuno.
O assicurarmi che Margaret non mi tradisca.
Non posso sapere cosa Alexa mi sta nascondendo.
Non posso zittire Maverick quando mi dà sui nervi.
Non posso permettermi di avvicinarmi ai nostri nemici con fare spavaldo, sicuro che prima o poi crolleranno ai miei piedi.
Sono debole.
E non mi sento nemmeno me stesso.
È come se insieme al mio talento se ne fosse andata anche una parte di me.

Scendo lungo un ripiano sterrato che si affaccia a un piccolo ruscello. L'acqua scorre lenta tra le mie caviglie e per un attimo avverto un'ondata di sollievo. Devo solo completare questa missione e essere paziente. Sono bravo in questo.
Aspettare di ritornare in forza è l'unica cosa che posso controllare, autoimpormi.
Abbasso lo sguardo e mi chino a lavarmi le mani nel corso d'acqua, deve essere quello che Alexa ha sentito gorgogliare nelle sue visioni. In effetti è un suono che non si può ignorare, e mi piacerebbe addormentarmici sopra, cullato da questo ricordo. Se mai il mio talento ritornerà potente come prima.
Mi asciugo i palmi sui pantaloni e mi dirigo verso l'edificio abbandonato di fronte a me. Si regge appena in piedi, Maverick non deve aver trovato alternativa, perché questo non è decisamente un ottimo nascondiglio.
La muratura è assente, larghi buchi che interrompono il prospetto in pietra, rovinato dal tempo. E dove il lavoro maldestro dell'uomo è crollato in rovine, la natura compensa con una chioma di rampicanti. Li osservo a lungo, se dovessi attaccare qualcuno, mi nasconderei proprio lì. Questo non è un posto sicuro, ma una trappola ben costruita. Se è vero che quel ragazzo si trova lì, deve uscirne il prima possibile.
Ci sono potenzialmente numerosi ingressi, perfino gran parte del tetto è crollata, e le assi di legno rimaste sono marce e sul punto di raggiungere il resto a terra.
Deve essere stato un vecchio granaio, forse parte di una fattoria più grande. Vedo dei recinti abbandonati sul terreno, abbattuti e distrutti.
Scosto le piante grasse come se fossero una tenda che separa l'interno dall'esterno, quando in questo edificio entrambe le componenti sembrano alternarsi continuamente. Spero che la notte non sia stata troppo fredda per il ragazzo.
Nelle visioni di Alexa era vivo e cosciente, ma come ha fatto a sopravvivere in questo ambiente per una settimana?
Mi rifiuto di pensare di averlo sottovalutato perché le mie analisi sono fin troppo precise per non essere esatte. E sono l'unica cosa che mi è rimasta per controllare il mondo che mi circonda.
Nemmeno io sarei riuscito a sopravvivere in queste condizioni. Poteva prendere l'acqua dal ruscello, ma il cibo?
Eppure eccolo lì, scorgo il suo corpo con le spalle al muro, gli occhi chiusi. È avvolto in una coperta marrone di stoffa grezza, i capelli lunghi sono tutti spettinati e ritti sul capo.
Mi fiondo al suo fianco, scuotendolo con violenza fino a quando non mi risponde. È impossibile che io sia arrivato tardi.
-Maverick, devi svegliarti- lo schiaffeggio con violenza, prima sul braccio poi sul viso. Prende coscienza abbastanza in fretta, come se l'avessi svegliato da una dormita. È un buon segno.
-Che ci fai qui?- borbotta stordito, la voce fioca e sottile, ancora immersa nel sonno.
-Secondo te?- gli lancio un'occhiataccia mentre frugo nel mio zaino in cerca di cibo, deve star morendo di fame. Trovo un barattolo di zuppa e glielo apro, poi gli porgo un cucchiaio. Era una delle poche cose con delle proteine che avevamo nelle cucine.
-Come va la ferita? Come ti senti?- lo assalgo con le mie domande mentre lui mangia dal contenitore in metallo, con meno avidità di quanta mi aspettassi. Non abbiamo poi così tanto tempo.
Lo appoggia sul grembo e con la mano sinistra avvicina il mix di verdure alla bocca, trema leggermente.
Basso lo guardo sulla sua gamba, coperta dal panno che usa per restare al caldo. Mi chiedo dove lo abbia preso, sembra troppo pulito per un posto del genere.
-Come fai a sapere che sono ferito?- sono costretto a distogliere l'attenzione dai miei pensieri una volta sentita la sua voce. Prima quando sussurrava credevo che fosse per via del brusco risveglio, ma adesso è chiara e abbastanza alta perché non possa confondermi. È chiaramente una voce femminile.
Nota subito la mia sorpresa e la sua espressione si rabbuia, poi, con le labbra ancora sporche di minestra, scosta un poco la coperta. Mi aspettavo di vedere sangue ovunque, una brutta ferita, un po' come quella di Alexa quando le hanno sparato. Invece trovo solo una fasciatura semplice ma frettolosa, troppo sporca perché non abbia causato infezioni. Ma quello che veramente mi stupisce è la differenza tra i due arti, il destro e il sinistro, uno snello e tonico, l'altro grosso e muscoloso.
-Alexa vede il futuro, è lei che ci ha aiutato a trovarti- mormoro senza riuscire a smettere di guardare le sue gambe. E appena avvicino le dita a quella ferita, lui sobbalza. La ferita deve aver bloccato la sua trasformazione, incastrandolo in questo stadio di mezzo.
-Onestamente credevo che mi avresti lasciato qui- ammette, e quando non lo guardo in faccia è difficile immaginare che sia lui a pronunciare la frase.
-È una tentazione che ho avuto, in effetti.-
Aveva un solo compito: portare il dispositivo di tracciamento lontano da noi, buttarlo in qualche fiume o distruggerlo, e poi tornare senza attirare l'attenzione.
-Perché non lo hai fatto?-
-Chi ti ha fasciato la ferita? Non puoi averlo fatto da solo. Non muovi la spalla destra, deve essere lussata- l'ho notato dal modo in cui mangia.
-Rispondi alla mia domanda- anche se la sua voce è diversa, il tono e il suo atteggiamento sono gli stessi.
Sbuffo, non sono qui per stare ai suoi giochetti.
Perché nessuno si ostina a fare quello che dico?
-Anche se sei insopportabile, il tuo talento è utile. Non potevo lasciarti morire qui-
Maverick solleva un sopracciglio, per nulla convinto.
Non vedrò il futuro come Alexa, ma ho l'impressione che dovremmo andarcene qui in fretta.
-La verità, Ian. Forse morirò, mi devi la verità-
-Come sei drammatico!- tiro fuori dallo zaino un piccolo kit del pronto soccorso per ripulirgli la ferita.
Non faccio in tempo a rimuovere la garza che lui solleva, con grande sforzo, il polso del braccio sinistro.
Porta legata la cavigliera di Alexa, quella con il cip localizzatore.

Non lo ha distrutto.
Rimango pietrificato, il disinfettante ancora stretto tra le mani.
Significa che loro sanno che si trova qui.
Significa che verranno a cercarci subito, a meno che non lo abbiano già fatto...
-Frena i tuoi pensieri paranoici, è stancante anche solo guardarti.-
-Non saresti sopravvissuto così a lungo in queste condizioni, qualcuno ti ha aiutato-
Incastro lo sguardo con il suo, e per la prima volta sembra accennare a un sorriso. Pensa di aver finalmente vinto contro di me.
-Una donna è venuta qualche giorno fa, mi ha curato e dato da mangiare-
Cerco le ragioni del suo tradimento, ma è così evidente che quasi provo pena per lui. Ogni volta che parla sento il suo fastidio per essere intrappolato nel suo corpo. Non posso capire che cosa si provi, ma deve essere un motivo sufficiente per lui.
-Ti hanno offerto una cura per la tua situazione, immagino- lui solleva un angolo delle labbra, ridacchiando.
-Non rinunceresti mai a questo atteggiamento spocchioso, vero? E io che pensavo che una volta salvata la tua principessa quella faccia da schiaffi sarebbe sparita-
Non lo ascolto nemmeno, la mia mente è già da un'altra parte.
Ci sono dei punti che non quadrano. Ha usato il braccialetto per essere localizzato e poter fare un patto con loro, talmente semplice che non ha senso. E quelli della Base invece che catturarlo e riportarlo sottoterra, lo lasciano qui da solo per giorni. Con una fasciatura mediocre e una spalla lussata che potevano sistemare in un attimo.
Sollevo la garza con delicatezza, mentre lui impreca per il dolore, e si aggrappa al mio polso con la mano sana.
La ferita è in un pessimo stato.
Sporca e ancora aperta.
-Non devono tenerci un granché a te se ti hanno lasciato in questo stato- rifletto ad alta voce.
Hanno fatto il minimo per tenerlo in vita, o forse nemmeno. Cadavere o no, a loro interessava che le altre formiche si avvicinassero. È solo un'esca.
Anche io lo avrei fatto.
-È per questo che devi andartene da qui subito- la sua voce è così decisa che mi scuote mentre ho ancora le dita sulla fasciatura.
-Carino da parte tua dirmelo adesso- sbotto roteando gli occhi. Sapevo che era un rischio accettare Maverick nel consiglio. Sapevo che il suo carattere volubile e avventato ci avrebbe portato guai.
Ma questo, non avevo idea di come prevederlo.
Ma avrei dovuto.
Con un respiro profondo inizio a medicargli la gamba, e ogni volta che lo sfioro si irrigidisce o si scosta bruscamente. Sia per il dolore, e sia perché non vuole farsi aiutare da me.
-Ti conviene stare fermo, se l'infezione peggiora potresti perdere la gamba- l'ipotesi è talmente spaventosa che la smette subito di fare storie e mi permette di continuare il mio lavoro.
-Perché perdi il tuo tempo in questo modo?- mi rivolge un'occhiata perplessa, io non rispondo.
Mentre imbevo un panno con il disinfettante, inizio a pensare alle mie alternative:
Scappo e lo lascio qui, senza che abbia tenuto fede al suo accordo, con una gamba da buttare certamente.
Rimango, lo convinco a tornare da noi. Chiamo Margaret e cerchiamo di scappare. Quanti sono in agguato? Quante trappole? Ci sarà un'imboscata sicuramente.
Oppure prendo il braccialetto e li attiro da un'altra parte, magari più accessibile ai veicoli. Ma ogni vantaggio che fornisco a noi potrebbe comunque essere sfruttato da loro. Forse se controllo la cartina riesco a trovare un punto adatto.
Magari vicino al burrone. E da lì...
La risata di Maverick interrompe il flusso dei miei pensieri, e di norma l'avrei ignorato, ma le sue dita si aggrappano al mio polso con fermezza, richiamando la mia attenzione.

-Ecco, vedi, è la tua mancanza di fiducia negli altri che ti rende così stupido. Sì, sarai un genio della strategia, il tuo cervello calcola cose che il mio non riesce nemmeno a immaginare, ma pensare agli altri come un peso ti rende cieco e limita i tuoi ragionamenti. Non ti ho tradito, testa di cazzo- la voce delicata e acuta stride con le sue parole.
-Allora perché hai tenuto quella cavigliera?-
-Tu dimmi perché sei qui- la sua richiesta non è negoziabile, e io sono stanco di giocare a questo gioco. Ho già fatto il mio round con Alexa, la mia pazienza inizia a cedere.
-Parla o giuro che te lo strappo di bocca- non può sapere che sto mentendo, e sono deciso a mantenere la farsa fino alla fine, so bene come fare. Inseguo le sue iridi chiare in qualsiasi punto cerchino di nascondersi, di sfuggirmi come se io fossi a caccia. E in fondo la manipolazione è questo: sistemare la trappola per la preda e poi pian piano spingerla dentro. Se lui ha l'impressione che io gli possa sottrarre qualcosa dal suo volere, me la consegnerà spontaneamente pur di non darmi questo potere.
-Stava andando tutto secondo i piani, ci dirigevamo in direzione est, le guardie che ci inseguivano, ma con una distanza accettabile. Quando d'un tratto il guidatore si sveglia dalla manipolazione, afferra la pistola che avevo posato sul cruscotto e mi spara un colpo. Non so che cazzo hai combinato, ma è tornato in sé prima del tempo. Abbiamo sbandato e siamo finiti contro un albero, in questo posto in mezzo al nulla. Lui è morto sul colpo, io non so per quale fortuna no. Sono uscito strisciando dall'auto distrutta, con la spalla a pezzi e la gamba in una pozza di sangue. Sapevo che sarei morto a breve. E ho fatto quello che dovevo fare, quello che la tua mente brillante non riesce nemmeno a concepire: mi sono sacrificato. Mi sono trascinato dolorante per quella selve che hai sicuramente percorso anche tu, con il braccialetto al polso. Non aveva senso buttarlo a quel punto, ho preso tutto il tempo che potevo rubare, ho prorogato il nostro inganno fino a che ho potuto.-
È stata colpa mia.
So quando il momento del distacco è avvenuto, quando ho perso il controllo sulla mente dell'autista.
Deve essere stato durante il confronto tra Brian e Drew, quando mi sono incaponito per dimostrare a Drew che non doveva sfidarmi, che non poteva permettersi di farlo.
Ma non ero abbastanza forte per mantenere due legami così complessi, per questo è iniziata l'epistassi.
E Maverick ha rischiato la vita.
-Non volevo che accadesse. Io stavo...- mi interrompe.
-Senti, lo so già che non sei stronzo come vuoi fare credere, risparmia le scuse. Questo è il mio momento, ti sto dimostrando che avevi torto, quindi lascia che io mi crogioli in questa situazione ancora per un po'. E poi, non ho finito di raccontare- accenna a un piccolo sorriso, ma non mi fa stare meglio. È stato un errore di calcolo stupido e imperdonabile. Non solo gli ho dimostrato che sono inaffidabile, ma anche stupido e debole, caratteristiche che ho sempre rinfacciato a lui, e nemmeno troppo velatamente.
Immagino che sia questa la sua vera rivincita.
-Non mi aveva trovato nessuno fino alla notte, quando mi sono rifugiato in questo capannone. Probabilmente aspettavano rinforzi per fare un'imboscata, o non so che altro. Il dolore alla gamba si faceva sempre più forte, tanto che ero tentato di strapparmela via. Non riuscivo nemmeno a chiudere gli occhi per un minuto, nonostante fossi esausto. Ho continuato a urlare per il dolore fino a quando una donna non si è infiltrata nel mio nascondiglio, portando cibo e medicine. Mi ha proposto di unirmi a loro, di tornare alla Base-
-Non mi sembra avessi molta altra scelta, mi chiedo perché te lo abbiano proposto. Potevano obbligarti e basta- sollevo un sopracciglio e lui solleva solo una spalla, l'altra conviene che non la muova, indicando che non ha la risposta.
-Hanno una visione completamente distorta della nostra organizzazione. Non si aspettavano che riuscissimo a fa scappare Alexa, l'incontro in quel vecchio edificio li ha decimati e ancora cercano di capire come sia possibile. Erano convinti che io potessi comunicare con voi, o che in qualche modo voi avreste potuto sapere se fossi in vita o meno. Non riescono a stare al passo con i tuoi ragionamenti, Ian, non sanno come funziona il tuo talento. Sono molto cauti. O forse, adesso che Alexa non è più tra loro, volevano una nuova spia-
La prima buona notizia che sento.
Possiamo fargli credere qualsiasi cosa, possiamo mostrare finti punti deboli, possiamo giocare nel mondo delle ombre.
E si sa, le ombre sono sempre molto più grandi dell'oggetto che le plasma.

-Perché non hai accettato?- chiedo mentre sostituisco il bendaggio con uno pulito. La ferita è ancora messa male, ha bisogno di tempo e di cure più specifiche.
Il suo viso si rabbuia, i suoi occhi chiari si fanno incappucciati. Mi sto pian piano abituando alla sua nuova voce.
-Non mi piace che mi si dica cos'è o non è anormale nel mio corpo. E onestamente non mi fido di loro. Anche io ho nascosto questo talento per tutta la vita, non hanno idea di come funzioni. Non sono così ingenuo da credere che sappiano perfettamente quello che fanno. E non lo sono stato nemmeno per credere che saresti venuto a salvarmi. E invece eccoti qui-
-Assurdo, sono ancora capace di sorprenderti, è importante per una relazione- ribatto ironico. Lui non aveva voglia di continuare il discorso sul suo talento, e io non voglio ammettere che è stato intelligente a pensare quelle cose.
E la conversazione stava diventando troppo intima per i miei gusti.
Non che ci sia il rischio che io mi affezioni.

-Tra quanto arriveranno?- faccio un respiro profondo, non posso permettere alla mia mente di soffermarsi su altro che non sia il piano.
-Dovevano essere già qui, ma immagino che tu abbia creato un diversivo.- si guarda intorno, il suo sguardo ricade sul barattolo di zuppa vuoto.
-Bene, ho apprezzato la tua visita, ma ora te ne devi andare- conclude mettendo su un tono tranquillo, fin troppo per qualcuno che ha deciso di morire. Eppure, anche se con un'altra voce, è assolutamente adatto all'atteggiamento drammatico del ragazzo che ho di fronte.
-Non ho elaborato un piano per farmi mandare via da te in questo modo. È uno spreco di astuzia a dir poco-
-Non posso muovermi, Ian. È per questo che non mi hanno curato, non volevano che provassi a scappare- mi ribecca come se non fosse ovvio.
Troveremo un modo.
Io troverò un modo.

Lo squillo del telefono si intromette tra noi, e se Maverick sussulta, a me sembra una liberazione. Ho bisogno di sentire Margaret e avere un quadro chiaro della situazione.
-Dove sei?-
-Ascolta, degli uomini ci hanno appena perquisito e intimato di andare via. Si sono inventati una scusa sulla zona protetta e sulla caccia agli animali, ma è ovvio che volessero controllare se avessimo armi o se qualcuno di voi fosse con noi. Credo si stiano dirigendo nella vostra direzione, saranno una decina. Non posso venire fin lì, dovrete raggiungerci il prima possibile-
Sospiro rumorosamente, sicuro che la ragazza dall'altro capo del telefono lo abbia sentito. Mi aspettavo che ci sarebbe stato un momento in cui tutto sarebbe crollato in mille pezzi.
-Maverick non può spostarsi, la situazione della sua gamba è peggiore del previsto-
-Non ci sono molte altre soluzioni. Ci spareranno a vista solo se ci avviciniamo a quel capanno-
Ho sempre avuto troppi pochi punti a cui appigliarmi in questo piano, per questo mi sono tenuto aperte delle possibilità di manovra. Ma tra tutte le direzioni che speravo di prendere, questa è quella peggiore.
Le probabilità di successo sono minori delle altre. E se in alcune ipotesi il rischio era di finire catturati, qui non è l'opzione peggiore.

C'è un odore insolito.
Lancio un'occhiata a Maverick per controllare che anche questo non provenga dalla mia immaginazione, mi sento la testa scoppiare. E siamo solo all'inizio.
L'aria pesante si infila nelle narici e brucia, pizzica il respiro fino a farci tossire.
-Fuoco- dice il ragazzo di fronte a me con quella vocina lieve, come se avesse paura di farlo diventare realtà.
Ma lo è già, e se non ci muoviamo ne verremo inghiottiti.
Posso sentire ogni respiro pizzicare in gola.
-Ian? Mi senti?-
-È come nella visione di Alexa, l'odore dell'incendio. Non si riferiva a un falò per distrarli, vogliono stanarci come si fa con gli animali-
Sanno che Maverick non può comminare, che a questo punto nessun veicolo può venire in nostro soccorso. Nessuno di loro sarebbe mai entrato con me in questo granaio, troppo rischioso. Ma se decido di salvare il mio compagno sarò più lento, non potrò scappare. Se invece lo lascio bruciare tra le fiamme, nessuno di loro si preoccuperà di recuperarlo, e partiranno a darmi la caccia. Maverick è un diversivo debole, non hanno mai voluto lui.
E per vincere mi toccherà dargli quello che vogliono.
-Ascolta, stiamo arrivando. Voi tenetevi pronti, ci vediamo sulla strada principale, dove mi hai lasciato-
-Ma come farai a...-
-Tu fatti trovare lì- il mio tono non ammette discussioni, duro come un macigno. Non ho tempo da perdere.
Chiudo la chiamata e completo in fretta la fasciatura del ragazzo, bella stretta, così che non si sfaldi; lui sussulta per il dolore.

-Immagino che tu abbia un piano- riflette a denti stretti, ancora colto dalle fitte alla gamba.
-Io ho sempre un piano-
-Anche se sta andando tutto a puttane?- solleva un sopracciglio, sorpreso.
-Soprattutto se sta andando tutto a puttane. Adesso devi darmi la mano e fidarti di me- non lo dico in modo incoraggiante, non voglio esserlo. Non so quanto possa funzionare.
Sento le fiamme sopra di noi, che scoppiettano sulla legna marcia del capannone. Il fieno brucia molto più in fretta della successione dei miei pensieri, ho paura che se non agisco subito saremo spacciati.
Terrore puro, un forma così animale che non sembra appartenermi. Lo vedo nelle mani che tremano, nella voce che mi si attorciglia in gola e nella pelle d'oca nel sentire gli zampilli delle fiamme. Irrazionale e pericoloso, è un sentimento che non posso permettermi al momento.
Maverick se la ride per qualcosa che devo essermi perso, o forse è il suo ennesimo meccanismo di difesa.
-Io non mi fido di te, così come tu non ti fidi di me-
-Bè, dovrai se vuoi uscire vivo da qui-
Giuro che prima o poi lo ammazzo con le mie mani.
Ma non oggi, ho troppi problemi da risolvere per godermi la sensazione.
Quello che più mi innervosisce di lui sono le sue provocazioni vuote, deboli tentativi di minare il mio potere, ma che finiscono per rivelarsi delle perdite di tempo insostenibili. Non è per la mancanza di rispetto o per l'atteggiamento di sfida, quelle sono delle cose che ho sempre amato di Alexa, perché sono intelligenti e precise, assolutamente efficaci. Non posso dire lo stesso per Maverick.

-Se vuoi che io lo faccia, dovrai dirmi perché sei venuto qui. La verità, Ian- ribatte imperterrito, e non sono mai stato tanto vicino a tirargli un pugno. Perché non fa quello che dico?
Detesto dover aver bisogno del suo consenso.
Ma nelle mie condizioni non posso permettermi una manipolazione contro la sua volontà, alla prima resistenza crollerei a terra, svenuto.
E ammettere di essere debole, per quanto bruci più delle fiamme che ci circonderanno breve, è essenziale per formulare un nuovo piano. Per reinventarne altri mille al sorgere dei problemi.
Sospiro, questo discorso non condurrà da nessuna parte, non so perché ci tenga tanto. Non penso si aspetti una risposta toccante, sa già che la verità non gli piacerà.
-Non posso permettermi un martire. Se tu morissi, sacrificandoti per tutti noi, la reazione dei ragazzi al Blue Glass porterebbe a delle conseguenze devastanti. E come avrai immaginato, non ho la forza per gestirle, per ristabilire l'ordine. Tu sei il punto di equilibrio, quello che parla con loro, che fa il simpatico, che magari mi prende pure in giro alle spalle, così che vi facciate una risata tutti insieme. Io sono quello stronzo, quello che si carica ogni imprevisto e trova delle soluzioni, col rischio di perderci il sonno e la sanità mentale, non devo piacervi. Ma l'importante è che alla fine della giornata rispetti i miei ordini e fai quello che ti viene chiesto, perché anche se ti sto sul cazzo credi che io abbia ragione, non ti fidi di me ma della mia strategia. Ecco, se morissi per colpa di una mia decisione, un errore di calcolo o qualsiasi altra cosa, diciamolo magari anche una tua idea stupida, la colpa ricadrebbe su di me. E visto che la mia misantropia non mi rende il preferito degli altri, l'unica cosa che mantiene il mio potere è il successo dei miei ragionamenti. I risultati giustificano i miei modi, che posso capire non siano condivisibili. Questo è quello che tiene in piedi me e tutto il gruppo. Se tu muori, andrà sul serio tutto nel caos-
Accettare di essere debole mi ha permesso di vedere la situazione per quella che è.

Maverick rimane in silenzio, pensieroso, nella sua testa il tempo deve essersi fermato. Ma nel mondo reale va al ritmo della fame del fuoco, che in fretta divora ogni sterpaglia dell'edificio abbandonato.
Si deve dare una mossa.
Odio sottomettermi al tempo degli altri.
Il mio è l'unico che conta davvero, che si allinea con quello degli eventi: con l'avanzare delle fiamme la mia testa scarta le opzioni non più disponibili, sento il fuoco danzare a pochi metri da noi, conosco questo ritmo.
E conosco anche i passi del suo ballo.

-Va bene, che devi fare?- quasi mi stesse facendo un favore, lascia andare la sua mano sulla mia.
-Non ho la forza per manipolarti, ma posso aumentare la produzione di adrenalina, spingendola al limite, ai massimi livelli che il tuo corpo può sostenere. Riuscirai a correre, non sentirai il dolore- mi mordo il labbro prima di aggiungere altro, sono stato fin troppo onesto. È una roba da pazzi.
Se sbagliassi anche solo di poco, finirebbe in arresto cardiaco.
-E come usciremo da questa situazione? Ci stanno aspettando alla porta-
-Se ti fingi ferito è molto probabile che il loro livello di attenzione sarà basso. In ogni caso, io ti farò da diversivo, non scapperò- evito di guardarlo.
-Scherzi? Ma che piano di merda è?- sbotta e si dimena, dimenticandosi della spalla lussata. In pochi secondi è paralizzato dal dolore e passa i successivi a lamentarsi.
-È stata colpa mia se il piano è fallito e tu sei in queste condizio-
-Finiscila, tu non- mi basta premere leggermente con il pollice sulla sua ferita per farlo ammutolire.
-Mi sto scusando, ti conviene ascoltare perché non mi ripeterò. Ho perso la concentrazione, sono stato presuntuoso e ho esagerato, e per i miei sbagli stai pagando tu il prezzo. E visto che detesto avere debiti, in particolar modo con te, devi lasciarmi fare senza discutere- ci guardiamo negli occhi, lui per controllare che io sia sincero, io per essere sicuro che abbia capito.
-O lo accetti, o il nostro debito morirà con te tra le fiamme-
Fa una smorfia, cerca di trattenere una risata.
-E poi sono io quello drammatico-
Poi, con un piccolo cenno del capo mi dà il permesso per iniziare.

Mi basta questo invito per fiondarmi sotto la sua pelle, alla ricerca di tutto quello che voglio. Anche se è un tipo di manipolazione semplice, il piacere che ne deriva è come una scossa, mi attraversa tutto il corpo, sciogliendo i miei nervi tesi.
È una sensazione così familiare, che per un attimo, uno solo, mi distraggo dal mio compito. Tutte le mie paure adesso sembrano non avere fondamento. Un conforto che non ha eguali.
E quando trovo le ghiandole surrenali, mi basta fare una leggera pressione per attivare la sintesi della molecola che ci serve.
La difficoltà di questo processo non sta nella fase iniziale, ma nel mantenere tutto in un equilibrio perfetto. Sfidare le leggi del corpo fin quanto me lo consente.
-Lo senti?- io sì. Il suo battito è impazzito, veloce come una moto da corsa.
Annuisce, senza parole, i suoi occhi sono fissi sulla gamba fasciata. Per la prima volta da quando sono arrivato riesce a muoverla senza urlare.
Sopra di noi la cappa di fumo inizia a diventare più densa, a breve saremo avvolti dalle fiamme. Nascondo il telefono negli anfibi, è stupido pensare che non mi perquisiranno, ma così ho più probabilità che non lo scoprano subito. La posizione è attiva, ovunque mi condurranno con la macchina, Margaret e i suoi amici potranno rintracciarmi. Prima però dovranno mettere in salvo Maverick.
-Questo piano fa schifo. Potrebbero andare storte un milione di cose-
-In realtà ho calcolato circa centotrentacinque possibilità, vedo che tu riesci a calcolarne molte più di me, complimenti. Perché non provi a camminare invece? Così possiamo uscire da qui-
-Come farai a distrarli?- si tira su in fretta, tanto esaltato dalla nuova sensazione che deve reggersi alla parete per stare in equilibrio.
È chimica, non è magia.
-Farò quello che faccio sempre- sospiro e alzo le spalle, lascio che prenda il mio zaino, non penso mi servirà.
-Bluffare-

   °°°°°°°°°°°°°°

Dieci minuti dopo, mi ritrovo in una situazione spinosa.
Ho fatto uscire Maverick da un'apertura nascosta dai rampicanti, che le fiamme avevano rivelato. In questo modo avrebbe avuto più speranza di darsela a gambe, soprattutto se io fossi uscito dall'ingresso principale del capannone.
Mi hanno circondato in fretta, non aspettavano altro che sgattaiolassi fuori dalla mia tana come un animale in gabbia.
Ma nessuno di loro ha idea di che tipo di animale io sia.
-Io non farei un altro passo- li minaccio, quasi ringhiando. In una lotta così impari, l'apparenza è tutto ciò che conta.
Sento le canne delle loro armi osservarmi attente, uno sguardo gelido e duro.
Poi, lentamente, sfilo dalla tasca dei pantaloni, ignorando i loro ultimatum, l'unico oggetto che mi è rimasto. L'unico talmente insolito e particolare da poter servire al mio bluff.
-Gettalo subito a terra- mi urla uno di loro, ma il suo tono lascia trasparire quell'incertezza che mi dà il coraggio di proseguire.
-Sicuri? Perché se non sto abbastanza attento potrebbe iniziare a suonare, e voi non volete che succeda di nuovo la carneficina di una settimana fa, giusto? Quindi vi consiglio di abbassare le armi- dietro di me sento il calore delle fiamme lambirmi la schiena, l'intero granaio si sta consumando.
-Del resto, è chiaro che non siete qui per uccidermi. E io non voglio innescare una sparatoria caotica e folle con il rischio di rimanerne ferito. Andiamo, veniamoci incontro- per quanto le trattative siano estenuanti, mi fanno sentire in controllo della situazione. Sono l'opposto del mio talento: manipolando non c'è nessun dialogo, nessun accordo, mi prendo quello che voglio quando lo voglio. E per quanto io sia dipendente da questa sensazione, qui ogni secondo guadagnato lo sto afferrando con i denti. Si lanciano uno sguardo di intesa, comunicando senza parlare, sembra durare una vita. Basta un cenno del capo del loro comandante perché smettano di puntarmi addosso le loro armi. È già un successo.
Rimangono all'erta, non sanno che cosa potrei fare, perfino per loro uscire da quell'edificio da solo e disarmato è una mossa suicida.
Rimaniamo immersi in questo silenzio denso, il legno vecchio che brucia scoppietta annunciando un possibile ribaltamento degli eventi.
E se Maverick non fa la sua mossa, mi toccherà attuare il piano B.

Un'esplosione fa tremare il terreno, catturando nella sua morsa gli uomini più distanti del gruppo. Io mi rannicchio a terra per limitare i danni.
L'ha trovata.
Da quando Margaret mi ha chiamato per avvisarmi, ho immaginato che avessero un mezzo per spostarsi di lungo in largo, magari abbastanza grande e pesante da trasportarli tutti insieme. Vista la tempestività con cui hanno raggiunto il gruppo di motociclisti e poi sono tornati all'appostamento per dare fuoco al fienile, c'era la possibilità che non fosse lontano.
E se è un mezzo a benzina, l'effetto è assicurato.
Il fumo del capannone, insieme al boato dell'esplosione, mi concedono una finestra di tempo discreta per scappare.
Mi rialzo in fretta, sporco di terra e paglia, madido di sudore per l'esposizione al calore.
Mi basta iniziare a correre per tirare un piccolo sospiro di sollievo, non dovrei, ma lo faccio lo stesso.
Non sono veloci quanto me a piedi, non hanno un mezzo, o almeno, non uno vicino.
Sono tanti, sono rumorosi, il comandante non fa che urlargli addosso gli ordini, sentirò subito se si avvicinano.
Mi brucia il braccio, una lingua di fuoco deve avermi colpito e adesso la pelle è rossa e pulsante. Un po' di sollievo è l'unica cosa che desidero al momento, il dolore offusca le mie capacità di ragionamento.
Non sarò l'unico ad essere stato ferito, non posso avvicinarmi al ruscello. È lì che mi aspettano.
Devo continuare fino alla strada, lo stesso punto in cui si recherà Maverick. Mi ha giurato di ricordarsi come uscire dal bosco, per questo ho preso la mappa.
Se si perde giuro che è la volta buona che lo lascio morire.

Continuo a correre, allontanandomi dalla nube di fumo che si innalza dal capannone.
Non riesco a calcolare il mio vantaggio su di loro. Se non sto attento rischio di scivolare sul fango o su qualche radice sporgente, e lì non so se riuscirei a rialzarmi: anche se era una sciocchezza, il trucchetto mentale fatto a Maverick mi ha consumato la maggior parte delle energie, e il braccio sinistro non fa che dolere insistentemente.
Devo resistere solo per un'altra decina di minuti, non ha senso riposarsi.
-Ian!- una voce femminile mi chiama da lontano, la percepisco appena. Sono costretto a passarmi una mano sulla fronte per controllare di non avere la febbre, le allucinazioni uditive non sono una novità per me.
Ma quando la risento, più vicina, più insistente, non ho dubbi che sia reale. E ne riconosco perfino la padrona.
Mi bastano pochi secondi per estrarre la pistola e puntarla contro la nuova arrivata. Tenevo nascosta l'arma in caso avessi dovuto attuare il piano C.
Kira mi guarda sorpresa, gli occhi spalancati e le sopraccigli alte. Magari sono stato precipitoso nello smascherare il tradimento di Maverick, ma qui non ho dubbi. So benissimo che cosa l'ha spinta a farlo.
-Ian, che stai facendo? Sono venuta ad aiutarti- solleva i palmi delle mani per mostrarmi che non è armata, per fingere di essere innocua. Se veramente non avessi pietà, la ucciderei subito.
Se avessi il mio talento, la manipolerei così da usarla come diversivo, come esca per i miei inseguitori.
E invece sono costretto a parlare.
-Sei stata tu a curare Maverick. Sei stata tu a raggiungerlo perché sapevi che se avessero trovato il bracciale, si sarebbero accorti che non avevi messo il cip ad Alexa. Lo hai lasciato sanguinare per giorni, in attesa che qualcuno venisse a salvarlo. Forse l'hai perfino proposto tu come piano, sei l'unica che conosco che ha simili competenze mediche. Non so come hai rigirato la vicenda ai tuoi superiori, ma so che sarai nei guai se non mi riportate alla Base. Quindi piantala di fingere di essere dalla nostra parte-
Stringo il calcio della pistola per non lasciarmi trasportare dalle mie emozioni. Non posso permettermelo adesso.
-Ian, ascolta, non è...-
-Non mi interessa, Kira-
Non capisco che ci fa qui; se voleva ingannarmi, ha fallito.
La osservo in silenzio, per capire le sue intenzioni, ma anche per fissare bene in mente il suo volto, ancorarla al suo posto, a parecchi metri lontana da me.
Mi ha tradito.
Ci conoscevamo da anni, ha seguito la scoperta del talento di Alexa fin dall'inizio.
Ho sempre fatto affidamento su di lei, sulla sua competenza. Mi sentivo affine al suo carattere, alla sua sete di sapere.
Adesso è solo una di loro.

-Come sei venuta fin qui?-
Il mio cervello non riesce a smettere di passare da un pensiero all'altro, stremato.
Devo uscire da questa situazione.
-Ho un'auto poco distante, non...-
-Portami lì- e lei sobbalza sentendo il mio tono austero. Non è mai stato così il nostro rapporto.

Camminiamo a passo svelto, e quando prova a rallentare o si guarda intorno,  le intimo di proseguire.
-Ian, ho dovuto farlo. Mi avrebbero ucciso. Tu non puoi capire, non posso discutere con loro.-
-Io sono ricercato, Kira. Lo capisco eccome. Stiamo tutti rischiando la vita, ma tu per salvare la pelle mi avresti fatto rinchiudere in un laboratorio. Non sono incazzato perché hai fatto il possibile per sopravvivere, ma avresti potuto avvisarmi. Scrivere un messaggio e lasciarlo in quella stupida lavanderia. Senza Alexa non avremmo mai saputo dove si trovava Maverick. Tu non ti sei fatta sentire e sapevi benissimo cosa stava succedendo-
Arriviamo al veicolo, una vecchia auto con qualche graffio e bozza qua e là. È parcheggiata male, di fretta, sull'orlo della strada.
Mi basterà mandare un messaggio a Margaret in modo che possa recuperarmi. Anche se non voglio che si avvicini troppo a questa zona, potrebbero farla fuori con un proiettile ben piazzato.
Mi scoppia la testa.
Sono arrivato al mio limite.

Tutto il peso del piano sta crollando sulle mie spalle, e scoprire che non sono abbastanza forte per sopportarlo è un dolore peggiore dell'affaticamento.

-Alexa? Come sta?- il suo improvviso interesse è sospetto, specialmente per qualcuno nella sua posizione.

Saliamo in fretta, lei alla guida. I sedili sono bassi e sfondati, per nulla comodi.
Non ho mai smesso di puntarle la pistola addosso. Lei trema e detesto vederla così, sapere che è colpa mia, che sono io a farle paura.
Immagino che in queste condizioni il mio carisma sia venuto meno.
Kira mette in moto la macchina e il mio telefono nell'anfibio suona; non distolgo gli occhi da lei nemmeno quando mi piego per prenderlo.
Margaret mi ha scritto un messaggio:  ha visto la mia posizione, Maverick è con loro.
Almeno qualcosa va per il verso giusto.
-C'è un vecchio ponte poco lontano, devi portarmi lì-
Kira annuisce, è così tesa che i capelli corti le si sono attaccati alla fronte sudata.
-Me ne accorgo se non fai la strada giusta- non è vero, ma dubito che mi metterà alla prova.
Mi volto solo in attimo per guardare i sedili di dietro, per assicurarmi che non ci sia niente di strano.
Tra numerose cartacce, fogli di giornale, e sacchetti, c'è una misteriosa borsa scura, chiusa con un sistema di sicurezza.
-Sono farmaci- sussurra senza guardarmi in faccia, le mani salde al volante, come se fosse un appiglio.
-A che ti servono?-
-Devi credermi, Ian. Non ho mai voluto che succedesse tutto questo. Sono venuta per aiutarti. Pensavo ti sarebbero stati utili, mi avevi scritto che non avevate molto nel vostro rifugio-
-Gentile da parte tua- borbotto, non ci credo nemmeno un po'.
L'emicrania mi sta forando la testa, se è vero che lì dentro ci sono dei farmaci, è una risorsa che non posso ignorare.
-Portami con te- sputa fuori le parole di scatto, così veloce che mi chiedo se ho capito bene.
-Non esiste-
-Potrei esservi utile- insiste, e ogni curva che fa vengo schiacciato contro il finestrino.
-No-
-Mi uccideranno, Ian. Se scoprono che ti ho aiutato a scappare, sono morta-
-Ti sembro una persona magnanima? Credi che io possa perdonarti? Immagino che tu abbia rivelato il nostro luogo per lo scambio di informazioni- lei si zittisce subito.
Non ne avevo dubbi.
Per questo non poteva recarsi alla lavanderia ad avvisarci.
Sapevo che mi sarei dovuto aspettare una pugnalata alle spalle, è sempre stata lì ad attendermi.
Per questo condivido le informazioni con poche persone, spezzetto e divido i miei ragionamenti in modo che nessuno sappia tutto quello che so io. In questo modo se uno si rivela un traditore i danni potranno essere contenuti.
Mi rifiuto di gestire la situazione in modo diverso.

-Perché mi chiedevi di Alexa?-
L'unica cosa che non riesco a spiegarmi subito, quello che mi stona. È una vocina nella mia testa che ronza da un po', ma non ho mai avuto la forza di ascoltarla.
Lei si morde il labbro, indecisa se parlare o meno. Non ha molta altra scelta.
-Giorni fa Cox è venuto da me in laboratorio, dopo aver scoperto che sono io la spia. Ha iniziato a farmi una miriade di domande sulla brupenorfina, sulla dipendenza, sui giorni necessari a scatenarla. Non l'ho mai visto così preoccupato. Lo conosco da anni, è un santo in confronto al padre, ma rimane sempre un mostro. E invece si è presentato da me terrorizzato all'idea che Alexa potesse essere in pericolo senza i suoi farmaci.-
Solo sentire il suo nome provoca un brivido lungo la mia schiena.
E per quanto io cerchi di contenere le emozioni, sono troppe da gestire, troppe per me in questo stato.
Le sento sfuggire dalla mia morsa, scivolarmi dalle dita.
Se voleva stordirmi per potermi portare dai suoi superiori, questo è il momento giusto. Ho appena la forza per reggere la pistola.
Le basterebbe veramente poco per mettermi fuori gioco adesso.
Ma Kira non fa nulla.
Guarda la strada e continua a guidare male, prendendo ogni singola buca sul terreno.

Sono un idiota.
Come ho fatto a non accorgemene?
Eppure è sempre stato sotto i miei occhi, cristallino.
È che non ho mai voluto leggerlo.
Volevo solo un po' di sollievo, volevo illudermi che tutto sarebbe tornato presto come prima.
-Ian- mi richiama, distogliendomi dai miei pensieri.
Non rispondo.
Era ovvio che Alexa fosse sotto farmaci per tutta la sua permanenza alla Base.
Ed è per questo che la manipolazione di Cox è avvenuta in modo tanto fluido.
-Ian, Alexa ha una grave dipendenza da farmaci. Portami con te, io posso aiutarti-
-Ti avevo chiesto di badare a lei- non riesco nemmeno a guardarla.
-Ho fatto il possibile, te lo giuro- le trema la voce, sta per crollare. Ed egoisticamente spero che non lo faccia, perché non so come potrei prenderla. Anche io sono sul punto di cedere.
-Adoro quella ragazza, sul serio. Ho cercato di farla sentire al sicuro tutte le volte che ho potuto. Ma non potevo starle addosso o controllarla, di fatto era da sola lì dentro-
Annuisco, riesco appena a muovere il capo. Sento delle tenaglie stette sulle tempie, non hanno intenzione di mollare la presa.
Non riesco a pensare.

-Prendi il borsone- per la prima volta il suo tono è deciso, sento anche il suo piede premere sull'acceleratore.
Quando mi volto per fare come mi ha detto, mi accorgo che un'auto scura ci sta seguendo.
Ci mancava solo questa.
Non sono pronto.
Riesco appena a rimanere cosciente.
-Che sintomi hai?- finge di essere ancora il mio medico.
-Mal di testa, è da giorni che continua. Epistassi ogni tanto, ogni volta che provo ad usare il mio talento- confesso, esausto. Non sono più in grado di fingere di star bene.
-È normale. Guardati, sei uno straccio. Mangi male, non ti alleni, e abusi del tuo talento. Credevi sarebbe stato così facile fuori dalla Base? Loro controllano ogni aspetto della vostra vita per rendervi il più performanti possibile. Non riuscirai mai ad avere un controllo assoluto del tuo talento fuori da lì. Ma se frughi nel borsone, ho con me delle piccole fiale con il siero-
-Non ci pensare nemmeno-
È pazza se crede che lo farò.
Questa è l'ultima cosa che mi serve.
-Ci sono delle siringhe già pronte, è una dose piccolissima. Non ti arrecherà nessun danno, è temporanea. Ti rimetterà in forze subito-
-Preferisco non ricorrere a questi metodi- tronco il discorso, eppure apro comunque la sua borsa, forse solo per curiosità.
-Non hai molta scelta, tesoro- storce le labbra, e sto per ribattere per dirle che lei non ha idea di che cosa io abbia bisogno.
Che forse l'unica cosa che mi serviva era che rimanesse un punto di riferimento.
Ma nessuna di queste parole esce dalla mia bocca.
Kira viene colpita alla testa, un colpo secco e preciso.
Il finestrino posteriore esplode in mille pezzi e la macchina sbanda all'improvviso. Finiamo fuori strada, sobbalzando ad ogni dosso nel terreno. Ogni mio tentativo di afferrare il volante è inutile, non so nemmeno come si guida questo veicolo.
Ci fermiamo solo una volta schiantati contro un albero, una botta che mi colpisce dritta alla schiena.
Sono a pezzi.

Non ho il coraggio di guardare Kira.
Non posso gestire questa informazione adesso, senza che mi consumi.
Quindi ingoio in silenzio e faccio quello che mi ha insegnato Alexa: il necessario per sopravvivere ad ogni costo.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top