Capitolo 52

Drew

-È vero quindi che quassù andate in un posto dove ci sono tutti i tipi di cibo esistenti e potete prendere tutto quello che volete?-
-Credo tu stia parlando del supermercato...-
-Ed è vero che c'è un posto dove c'è così tanto sole che le persone camminano dentro un cono fatto di pomice per isolarsi dal calore?- chiede un altro ragazzo, appena spuntato da dietro il divano.
-Oddio, non saprei, non penso- ribatto imbarazzato, mi sento troppe responsabilità addosso al momento.
-E ho sentito anche che...-
-Adesso basta, lasciatelo respirare- lo interrompe Nick senza pietà. Avverto la sua mano posarsi sulla mia spalla, solida e forte.
-Non vi ho portato Drew perché venisse travolto dalle vostre congetture-
-No, lo hai portato per vantarti di quanto sia fantastico il tuo ragazzo- solleva un sopracciglio la ragazza seduta di fronte a me. Ci siamo già incontrati in corridoio, il giorno in cui io e Nicholas abbiamo avuto un appuntamento. Ricordo i suoi capelli rame sciolti lungo le spalle e il modo confidenziale con cui si rivolgeva a Nick.
Ricordo di essere stato geloso.
-Ecco, vedi, questa sembra più una cosa da me- e sorridendo mi avvolge le braccia intorno al collo. È insolito per me dover piegare la testa all'insù per guardarlo, visto che è rimasto in piedi dietro il divano, torreggiando su di me in modo protettivo.

-Vi ha mandato Ian?- chiede Abby, e all'improvviso la conversazione si trasforma in un interrogatorio. I suoi modi schietti sono l'opposto dei miei, forse è per questo che all'inzio della nostra relazione la consideravo una minaccia.
Temevo che Nicholas potesse volere una persona come lei, con cui sicuramente è più affine.
Ma adesso che la osservo meglio, non vedo in lei nessun pericolo per il nostro rapporto, e tutto l'interesse che credevo di aver visto nei suoi atteggiamenti sembra essere sparito.
Forse avevo creato dal nulla l'ennesimo problema.
-In realtà non abbiamo visto Ian molto spesso da quando è arrivata Alexa-
-Questo posto è diventato un rifugio romantico per coppiette- commenta il ragazzo seduto sul bracciolo del divano. È il più alto del gruppo, perfino quando non è in piedi non perde l'autorità che la sua stazza porta con sé.
-Bé, non c'è molto altro da fare. Almeno alla Base potevamo allenarci-
- Mi chiedo se Mara non abbia ragione...- sospira uno di loro, lasciandosi andare tra i cuscini.
-Chi?- questa volta le sopracciglia di Nick scattano in alto, segno del suo improvviso interesse.
-Mara Hayle, cerca di raccogliere consensi per diventare una rappresentante o qualcosa del genere. Nel peggiore dei casi inizierà una rivolta- risponde Abby, che invece non sembra per nulla impressionata da questa storia.
-Complimenti per il coraggio, facile farlo adesso e non alla Base. Contro chi si vuole rivoltare? Contro i topi con cui dividiamo il locale?-
-Contro Ian- sebbene il tono della ragazza dai capelli rossi non accenni a note ironiche, Nick scoppia a ridere. Perché dovrebbero ribellarsi a Ian?
Riconosco che mio fratello sia un dittatore burbero e poco presente, ma quali alternative hanno? Soprattutto adesso che abbiamo appena iniziato a muovere i primi attacchi alla Base.
Nicholas fa il giro del divanetto e si siede al mio fianco con naturalezza.
-Ascolta, a me non interessa di questa storia, ma non sottovaluterei Mara. Ha un discreto carisma, e sa che punti colpire per convincere gli altri a seguirla. Non vorrei averla come nemica, ecco-
Il suo avvertimento è sincero, e la mia natura prudente mi spinge a prenderlo sul serio, a differenza del ragazzo tra le mie braccia, che non appare per nulla preoccupato.
-Io non vorrei avere Ian come nemico, ma se proprio vuole sfidarlo: prego, che si accomodi pure. Non sono passati nemmeno due mesi e vi siete già scordati quello che Ian può fare con il suo talento, e se vi illudete che anche in un situazione difficile manterrà la sua promessa di non manipolarvi, siete degli stupidi-
-Alcuni dicono che hanno visto Ian debole, quasi ammalato. E Mara ci ha detto che al momento non può usare il suo talento- i suoi occhi ci osservano in cerca di una conferma, e a giudicare dalla sua espressione quando torna a stravaccarsi sullo schienale, la risposta è arrivata forte e chiara.
Come ha fatto a saperlo?
Ian si occupa sempre nasconderlo a tutti i costi. Perfino a noi.

-Credevo che Maverick fosse il vostro rappresentante- mi intrufolo nella discussione nella speranza di lasciare indietro i pettegolezzi sul mio gemello.
- È così, e per quanto mi riguarda lo preferisco a Mara. Ma è sparito, non lo vediamo da giorni. Il gruppo di seguaci di Mara continua a insinuare che sia scappato da qui per godersi il mondo in superficie, e che tutti noi dovremmo fare lo stesso.-
-Oh andiamo, Abby, conosci Maverick, lo sai che non lo farebbe mai!-
-Sto solo dicendo quello che si continua a vociferare quaggiù- e alza i palmi per allontanarsi dalle sue parole, eppure il suo tono ha qualcosa di poco convincente.
Non credevo che Maverick avesse un ruolo cosi importante.
Ecco perché Ian lo ha ammesso nel consiglio, nonostante i loro caratteri opposti.
Non voleva solo un rappresentante, ma anche qualcuno che facesse la parte del buono, che rassicurasse tutti gli altri.
E i loro numerosi contrasti non fanno altro che rendere la figura di Maverick più affidabile ai loro occhi. Tutti sanno che è dalla loro parte, si fidano di lui.
Come non potranno mai fare con Ian.
Non mi sorprenderebbe se mio fratello fosse arrivato a prevedere tutte queste dinamiche, compresa l'entrata in scena di Mara.

-Maverick tornerà presto, Ian se ne sta già occupando. Se non accompagnato, quel ragazzo è un pericolo per gli altri e per se stesso- commenta Nick per rassicurare gli animi del piccolo gruppo formatosi. Altri ragazzi, incuriositi, si sono avvicinati nella nostra direzione, altri fingono di non ascoltare tenendosi vicini alla parete senza mai incontrare il mio sguardo.
-Mi chiedo perché lo abbiate scelto come rappresentante quasi all'unanimità- aggiunge una volta percepita la presenza di altri spettatori.
Che a Nicholas non vada a genio Maverick è sempre stato chiaro, fin dalle prime riunioni del consiglio. Ma è strano per una persona come lui provare un'antipatia a pelle, all'apparenza per nulla motivata.
-Tu non conosci Maverick, non sai com'è-
-Mh, il mio talento di percezione delle anime dice il contrario, Abby. Non che ci vogliano particolari abilità per capire che è sconsiderato, inaffidabile, precipitoso e...-
-E uno dei più bravi atleti della tua categoria- non si capisce bene da chi provenga la voce, ma probabilmente da qualcuno rimasto in disparte alle nostre spalle.
-Oh, questo non c'entra nulla con...-
-Ti brucia ancora perché una volta ti ha battuto?- viene interrotto di nuovo e lo sento stringere la mia mano tra le sue dita, in cerca di supporto. O forse solo un modo per scaricare la tensione.
-Ma se ero ubriaco quel giorno!- sbotta roteando gli occhi al cielo, fingendo che non gli importi più di tanto.
Deve essere impegnativo per lui gestire questo genere di situazioni: voci senza volto provenienti da ogni parte, pronte ad aggrapparsi a ogni tua minima reazione. Non può controllare o sapere come gli altri percepiscono le sue parole, deve aspettare una risposta poco chiara e cercare di mantenere il controllo di se stesso.
Ora che ci penso, è più facile per lui rischiare di fraintendere la natura di un discorso, basandosi solo sul tono dell'interlocutore.
Solo Abby, seduta di fronte, sembra condividere i miei stessi pensieri, e la sua espressione cambia rapidamente.
-Nick, ricordiamo tutti quell'episodio, non avresti dovuto correre contro di lui in quelle condizioni-
-E lui avrebbe potuto farsi i cazzi suoi invece che mettere su quella sceneggiata- le sue parole sono velenose, ma non alza mai la voce o perde la pazienza. E questo non fa altro che irritare di più chi lo ascolta. Perché si rifiuta di dare agli altri quello che vogliono vedere.
Anche se il suo fastidio è palpabile, è destinato a rimanere solo una sensazione nell'aria, senza mai concretizzarsi.
Oh, litigare con Nick deve essere un incubo.

-Il tuo ragazzo non sa di che stiamo parlando, non è meglio dargli del contesto?-
L'attenzione ritorna su di me, e so che Nick può percepire i loro sguardi saltare tra i nostri due corpi, ma sono grato che non li veda.
-Non è necessario, sul serio. Io non- cerco di tirarmi fuori da questa storia ma vengo interrotto.
-È una cazzata successa sei anni fa. Dovevamo fare dei test di atletica per monitorare i nostri progressi. Il giorno prima l'avevo sentito scherzare con il suo gruppo di amici negli spogliatoi. Uno di loro vedendomi sbattere contro una panca mi ha chiesto se sarei riuscito a completare il percorso di corsa ad ostacoli. Molto divertente. Tutti sperano di non finire nel turno con me perché il suono degli apparecchi che uso per arrivare a fine corsa li fa distrarre e perdere la concentrazione.
Visto che non ci vedo alla Base avevano creato dei piccoli sensori posti vicino agli ostacoli, ogni volta che mi avvicinavo a tutta velocità emettevano uno squillo prolungato che mi avvisava che avrei dovuto preparare le mie gambe per il salto. Avevo impiegato quasi due anni per regolarli a una distanza ottimale, o anche solo per abituarmi al meccanismo.
Avevo quindici anni e una spiccata dose di autosabotaggio. Ho bevuto la sera prima della prova, e il giorno dopo sono arrivato un po' stordito-
-Un po'?- sottolinea un suo amico strascicando la "o".
-Con un principio di emicrania. Maverick non ha voluto gareggiare contro di me. Ha iniziato con le sue stronzate: mi ha detto che non ero nelle condizioni e che avrei fatto meglio ad ammettere di non essere pronto. Ho insistito per continuare e lui ha minacciato di fare la spia sulla storia dell'alcol. Ma sapevo che non l'avrebbe fatto. Era un percorso a tappe, ho superato la prima fase con lo sprint dei 200 e 100 metri. Sapevo di poter correre in qualsiasi condizione. Ma arrivato alla corsa ad ostacoli ero così intontito e affaticato che non ho sentito il suono del dispositivo, il salto è avvenuto in ritardo e ho preso in pieno la barriera, finendo disteso sul pavimento. Ho sbattuto il ginocchio e non ho potuto correre per un mese-
-Sei finito davanti al sensore che non la smetteva di squillare, stavi facendo sanguinare le orecchie di tutti. Avresti dovuto ascoltare il consiglio di Maverick e ritirarti-
-Non ero il tipo che ascoltava i consigli. E se dopo essermi infortunato vieni da me per una nuova ramanzina, le probabilità diventano meno. Ha iniziato con quelle solite frasi fatte da "se continui così sarai solo tu a sabotarti, non la tua disabilità", "dovresti prendere il tuo corpo più seriamente" e poi...ah, la mia preferita: "devi accettare te stesso, altrimenti non potrai mai migliorare". Che bastardo ipocrita. Se penso che non ha fatto altro che tenere nascosto il suo...- si blocca in tempo, stringendo le mie dita come se fossero dei freni.
Stava per rivelare il talento di Maverick, quello che solo noi del consiglio conosciamo.
Ma una cosa che amo di Nicholas è che non importa quanto rancore o rabbia possa provare, non è una persona vendicativa. E non usa le debolezze degli altri contro di loro perché sa quanto fa male.

Gli spettatori della sua storia si guardano incuriositi, in attesa che continui con la sua rivelazione. Anche solo inventare una bugia per coprire la verità se non ben calcolata, metterebbe Maverick in una brutta situazione con loro. Si fidano di lui, non può che essere il bravo ragazzo.
Forse un atleta pieno di sé e avventato nelle decisioni, ma comunque un bravo ragazzo.
-Cosa, Nick?- lo incalza Abby, non solo lo sguardo ma anche i suoi capelli sembrano animati da una nuova luce.
-Beveva anche lui ogni tanto, e si spingeva oltre i miei stessi limiti. Quindi poteva evitare di farmi quella predica davanti a tutti- conclude l'episodio il ragazzo tra le mie braccia, scrollando il capo seccato.
I suoi amici annuiscono in modo distratto, l'interesse per la notizia è già scemato.
E io rimango in silenzio, ad ascoltare il corpo teso di Nicholas, accarezzandogli un braccio dolcemente. E anche se è stato coraggioso da parte sua raccontarmi la vicenda davanti a tutti, posso percepire che ci sono dettagli che ha omesso, qualcosa che è destinata a restare sotto la sua pelle. E che di sicuro non voleva rivelare in pubblica piazza.
Il ragazzino biondo appoggia a testa sulla mia spalla, sembra esausto. Ho l'impressione che mi stia chiedendo in codice di andarcene da qui.
Sto per esaudire le sue richieste volentieri, quando la voce di Abby mi inchioda sul posto.
-Deve essere difficile per te-
-Di che parli?-
-Di tutto questo. Deve essere difficile per te comprenderlo, visto che non hai un talento- inclina i capo leggermente verso sinistra, le labbra increspate per la curiosità.
-Abby, sta' attenta alla lingua- scatta Nick, che sembra aver ritrovato le energie tutto ad un tratto.
La sua reazione mi fa pensare che quella non fosse una semplice domanda.
-Per lui non è un insulto, calmati-
Nicholas sta per tornare all'attacco ma lo fermo prima che la situazione possa degenerare, mi basta stringere e sue dita in una morsa come ha fatto lui con me in precedenza. Non ha ancora perso le staffe, quindi è possibile tenerlo a bada, e devo trattenermi anche io per non sorridere nel vederlo così protettivo nei miei confronti. Quando invece era lui al centro del discorso riusciva a sopportare anche le più subdole frecciatine, adesso invece sembra che non ci sia più traccia della sua pazienza.
-Il fatto che io non abbia un talento non mi impedisce di comprendere una situazione. Certo, ho bisogno spesso che qualcuno mi spieghi il contesto, ma questo accade anche qui in superficie: a differenza vostra, qui è molto più probabile che le persone abbiano vissuto la loro vita in posti diversi, con regole diverse, principi diversi.- spero che il mio tono sia sufficientemente chiaro e rilassato, non voglio che la tensione nell'aria esploda da un momento all'altro. Presi di coraggio, un gruppo di ragazzi si avvicina a noi, sedendosi per terra, forse attratti dalla possibilità di un conflitto.
-Ma tu non capirai mai quanto sia importante un talento per noi o per Nick. È la nostra vita, non siamo niente senza. E mi chiedo se la tua "comprensione" basti-
-Non ho bisogno di provarlo sulla mia pelle per rispettarlo. E alla fine è quello che conta no? Non sarò mai veloce come Nick, o astuto come Ian, ma so come essere presente per le persone a cui tengo, e questo va oltre possedere un talento. A meno che qualcuno di voi non sia campione assoluto di empatia o qualcosa del genere, in quel caso mi faccio da parte- e non faccio in tempo a finire la frase che scoppiano a ridere, quasi tutti insieme, e chi non si è lasciato convincere dalla mia stupida battuta, si lascia trascinare dalle risate dei compagni.
Intervenire con discrezione, difendersi, chiarire, e ristabilire la situazione iniziale.
Brian mi diceva sempre che le discussioni sono come ferite sanguinanti.
L'unico modo per uscirne è ricucire il taglio, non buttare via tutto il braccio.

Il ragazzo alto almeno due metri, dalla pelle scura come l'ebano, si alza dal suo posto e mi porge la mano. Anche lui era presente in corridoio quella sera, e dalla prima volta che l'ho visto mi è sembrato che gli altri lo rispettassero, ma in un modo diverso da Maverick o da questa Mara, in un modo molto più simile a come si rivolgono a Ian. Non so se è la sua stazza o la sua poca loquacità, ma deve possedere un posto significativo nella loro micro-società.
-Congratulazioni, sei uno di noi adesso- e con la mano libera dalla morsa delle dita di Nicholas, ricambio la sua stretta. Si presenta come Cole, senza nessun cognome. In effetti Ian mi aveva detto che alla Base non si è soliti usarlo.
Presi dall'entusiasmo anche gli altri mi si avvicinano per presentarsi ufficialmente, tanto che sono costretto ad alzarmi pure io per non essere sommerso dalla loro energia.
È come se prima ci fosse stata una barriera tra me e loro, un campo che li spingeva a guardarmi più come un altro elemento del nuovo mondo, invece che un loro coetaneo. O come l'ombra del mio gemello.
Nonostante le loro manifestazioni calorose, non credo di averla rimossa del tutto. Ma penso che adesso ci sia una frattura, un piccolo spiraglio da cui può passare la luce.
E se penso che Nick ha dovuto apprendere in fretta le regole del mio mondo e tutti gli impedimenti che mi tenevano incatenato, fare un passo nella sua normalità è il minimo che io possa fare.
Mi sento come se avessi superato un test di cui non ero a conoscenza.

Nel caos generale, il ragazzino biondo riesce a trovare la mia mano e borbottando qualcosa ai suoi amici mi trascina fuori di lì facendosi largo con decisione.
Usciamo dalla sala comune ancora frastornati, la testa piena delle loro voci accavallate l'una sull'altra.
-Assurdo come abbiano impiegato qualche ora per accettare te, e più di vent'anni per Alexa. Anzi non credo che lei si avvicini nemmeno al tuo grado di popolarità-
-Scoperto niente di nuovo?-
Reperire informazioni su Alexa si è rivelato più difficile del previsto, non se dobbiamo agire all'oscuro di Ian. Almeno per il momento.
-Pochi l'hanno vista da quando è arrivata al Blue Glass, passa la maggior parte del tempo in camera. E quelle poche volte che si fa vedere in giro, tuo fratello le sta addosso come un avvoltoio. È pure vero che lei non ha motivo per recarsi nelle sale comuni e chiacchierare, e dopo tutto quello che le hanno fatto mi stupisce che stia dalla nostra parte-
-È questo che ti preoccupa?-
-Dico solo che è strano, sacrificare se stessa per persone che ti hanno reso la vita un'inferno-
-Una volta tu hai detto che non possiamo uscire da questa situazione se tutti non vengono liberati. E non era un inno alla pace, ma più un ragionamento pratico. È possibile che lei segua la stessa logica- rifletto ad alta voce, mentre Nick ci pensa su, noto solo adesso i capelli spettinati e alcune delle ciocche ritte sulla testa.
Non mi stupirebbe se Alexa e Nick pensassero in modo simile.
Sono entrambi astuti, curiosi, diretti nell'esprimere i loro pareri.
-Non significa che non credo al tuo presentimento, ma vista la mancanza di prove, non abbiamo molto su cui aggrapparci- ripenso in fretta alle parole di Clara, la ragazza chiusa nelle celle del seminterrato. Solo per un secondo.
Non mi fido abbastanza di lei per soffermarmi troppo su quei ricordi.
Cerco di sistemare i suoi capelli come posso, e Nick afferra l'altra mia mano, cogliendo questo momento per trascinarmi verso di sé.

-Sei un ottimo diplomatico, sai?- mi guarda sorridendo, non lascia andare le mie dita.
-Brian e mia madre sarebbero contenti di vedere che tutte quelle lezioni di dibattito prese a sei anni abbiano dato i loro frutti-
-E se posso dirlo è anche abbastanza eccitante- mi viene vicino, adesso il mio braccio è sulla sua spalla e il suo petto è premuto contro il mio.
-Sul serio?- ribatto ridendo, ma so già la risposta, mi basta ascoltare il suo battito appena accelerato.
-È decisamente il tuo talento- sfiora il mio naso con il suo, indugiando un poco prima di baciarmi. E se solo qualche minuto fa il mio tono era serio e deciso, adesso mi sembra di sciogliermi sotto il suo tocco. Ci baciamo ogni giorno, ma continua a non sembrarmi vero.
Siamo ancora in una zona del locale piuttosto trafficata, e con la coda dell'occhio posso scorgere lo sguardo di qualche ragazzo che attraversa il corridoio, forse perfino qualcuno che prima era ad ascoltare la nostra conversazione sui divanetti.
La lingua di Nicholas scivola indifferente tra le mie labbra, invitandomi a schiuderle di più.
Non credevo ne avesse così tanta voglia.
E quando le sue mani scendono lascive lungo la mia schiena per aggrapparsi al mio sedere, capisco che non è solo un picco improvviso di libido. Sta marcando il territorio.
E questo di sicuro eccita me.

Gli afferro saldamente la mascella con due dita, ancorandolo a me più che posso. Ci baciamo con molta più foga adesso, seguo la sua iniziativa ovunque voglia andare. Può fare di me quello che vuole.
Non mi interessa se qualcuno ci guarda.
Mi sento così a mio agio in questo sentimento che il resto non mi sembra reale.
I suoi polpastrelli non ignorano nessun angolo di pelle, e una volta trovata l'apertura si intrufolano dentro la mia camicia. Le sue unghie corte si conficcano nel mio petto, all'altezza del cuore, come se volesse strapparmelo via.
Con delicatezza gli accarezzo i capelli corti all'altezza della nuca, e lo sento tremare.
E so bene che questo è il momento giusto per prendere il comando, ma temo di non riuscire più a fermarmi poi.
Il mio pollice sfiora appena la sua guancia, come un dolce avvertimento.
-Soddisfatto?- mormoro una volta che si è rilassato anche lui.
-Mai- risponde sulle mie labbra, e per qualche secondo mi domando se non sia il caso di riprendere. Non sono mai stato così avido come lo sono con lui.
-Sono sicuro che i tuoi amici abbiano ricevuto il messaggio-
-Bè non mi sembra che ti sia dispiaciuto- la sua fossetta riaffiora ogni volta che fa lo spavaldo, un tempismo incredibile.
Quasi immediatamente il suo viso si rabbuia, deve essersi ricordato di qualcosa di serio perché lascia cadere la maschera scherzosa che gli piace indossare.
-Ascolta per la storia di Maverick, non è andata proprio in quel modo. Cioè sì, ma non è tutto così...- non voglio interromperlo, ma appena vedo che non riesce a trovare le parole, mi intrometto nel suo flusso di pensieri. So quanto possa essere difficile spiegare certe cose.
-La sera prima hai bevuto perché avevi paura di perdere. Non ti sentivi sicuro nella corsa ad ostacoli e hai preferito decidere di perdere più che dimostrare di non essere il migliore- non c'è traccia di giudizio nelle mie parole, e spero che non ci sarà mai.
Non voglio criticare Nick per il suo passato, né per le sue cattive abitudini o per il suo comportamento da adolescente.
Mi guarda sorpreso, non credeva che lo conoscessi fino a questo punto. E non so se offendermi o esserne divertito.
-Anche Maverick lo aveva capito, e per quanto poco io lo conosca, sono sicuro che ha avvisato i docenti riguardo la storia dell'alcol. E forse adesso ci saresti passato sopra se non avesse provato a darti quello stupido consiglio- concludo la mia analisi, e il ragazzino biondo scuote il capo sempre più incredulo.
-Sei incredibile, potrei sul serio credere di a...- si ferma in tempo, come ha fatto in precedenza con il discorso del talento di Maverick.
Questa volta sono io che gli rivolgo un'occhiata stupita, sento il corpo paralizzato, in attesa che finisca la frase.
Stava per dirlo.
-Di?- lo incalzo per vedere fino a quanto si spingerà.
Non so se voglio che lo dica. Non so se sono pronto per questo.
Nicholas porta la lingua sul labbro superiore, pensieroso, eppure non riesce a nascondere un sorriso. Mi affascina sempre come situazioni e pensieri che per me diventano motivo di angoscia o di lunghe ore di riflessione, per lui sono più come un altro dei suoi giochi. Valuta la realtà in modo completamente diverso dal mio, lo conosco abbastanza per sapere che adesso sta meditando su cosa ha da perdere nel caso in cui facesse questo passo.
Tutto qui, senza drammi o troppi viaggi mentali.
Percepisce il mio sguardo ansioso, forse sente anche il mio cuore che martella sulla cassa toracica.

-Nick! Drew! Dove eravate finiti!?- Renee irrompe nel nostro discorso, correndo verso di noi. Si avvicina in fretta, spazzando via l'atmosfera intima che avevamo creato. Sto per chiederle di lasciarci un attimo da soli quando noto che è spaventata, trema così tanto che non riesce a stare ferma.
-Che succede?-
-Ho bisogno del vostro aiuto-
-Di che stai parlando? È successo qualcosa?- Nicholas le si avvicina ma lei lo strascina con sé, afferrandolo per il braccio.
-Venite e basta!- esclama con la voce rotta. Sono costretto a seguirli in silenzio, nel timore di scatenare qualche altra reazione folle della ragazza.
I riccioli di Renee saltellano a ogni suo passo, e se Nick non ha nessun problema a tenere questo ritmo, io sento già la stanchezza e un brutto presagio attorcigliati in gola. Ci conduce in infermeria e inizia a cercare tra gli scaffali semivuoti, non si premura di fare attenzione a tutto quello che sta lanciando a terra.
-Cosa si prende per il vomito, il mal di testa, i dolori muscolari?-
-Tutto insieme? Direi un miracolo- commenta Nick con un'alzata di spalle. Se è preoccupato non lo lascia vedere, mentre invece la mia ansia cresce più i miei occhi si soffermano su Renee. I suoi gesti bruschi, quasi disperati, mi spaventano.
-Non ho tempo per questo. Ho bisogno di una soluzione adesso, voi non avete idea...- continua a gesticolare in modo esagerato, mentre continua ad aprire ogni cassetto che le capita sotto tiro.
-Spiegaci di cosa si tratta-
-È Alexa- e non si accorge che sia io che Nick ci siamo irrigiditi all'istante. Che vuol dire?
Si ferma per un attimo, si concede un bel respiro profondo, forse il primo da quando ci ha trovati. Afferra saldamente il tavolo di legno usurato e cerca di tenere a freno i tremiti. È lei che ha bisogno d'aiuto? Alexa le ha fatto qualcosa?
-Non posso dirvelo- si porta il palmo della mano alla bocca, come per impedire che le parole escano contro il suo volere.
-Renee, ci stai facendo preoccupare- parlo per me e per Nicholas, che stranamente rimane in silenzio, concentrato. So cosa significa quello sguardo: sta sentendo l'odore della sua anima.
-Non posso, ma non so cosa fare, ed è terribile, non...- scoppia a piangere all'improvviso, e le sue parole si mischiano con i singhiozzi. Non si è mai resa vulnerabile come adesso.
E non ho idea di come fare per aiutarla.
Cerca di trattenersi, di ricacciare tutto dentro, chiude gli occhi e aspetta che il momento di debolezza passi. Ma non funziona.
Non so per quanto tempo posso restare fermo senza fare niente.
-Renee...-
-Solo un minuto- borbotta con il fiato corto, la frase appena comprensibile. In silenzio, con cautela, Nicholas le si avvicina e cerca di prenderle la mano, ma lei si lascia andare contro di lui, completamente. Li raggiungo prima che Renee faccia cadere il ragazzo a terra, essendo molto più alta e pesante di lui. Cerco di sorreggerla come posso, e diventa un incasinato abbraccio a tre. Troppo fragile per durare a lungo, ma spero che lo faccia per il tempo necessario perché lei si riprenda.
Eppure mentre la stringo tra le braccia, e percepisco le dita di Nick sfiorare le mie, mi sento al sicuro.
Per la prima volta mi sembra di aver costruito qualcosa.
Qualcosa che va oltre una superficiale amicizia o la mia relazione sentimentale con Nick.
Qualcosa in grado di coprirmi le spalle se ne ho bisogno, di permettermi di riposare quando sono stanco.
-Sto bene- ma nessuno dei tre molla la presa.
Non ne siamo capaci, non fino a quando non la smette di mentire.
-Ragazzi, sul serio, siete davvero carini, ma non ho tempo per questo. Alexa ha bisogno di me- libera un braccio dalla nostra morsa e si asciuga le lacrime come può.
-Hai sbavato sul mio maglione, penso di meritarmi qualche parola in più di "carino''- sorride debolmente e ci stringe per l'ultima volta.
-Non volevo coinvolgervi in questa storia. Cazzo, sono proprio una pessima amica. Ma non so che fare, non ho la forza per gestirlo da sola. E mi chiedo come lei ci riesca...- e lacrime stanno per riaffiorare, basta notare il suo labbro tremante.
-Che cosa nasconde Alexa?-
- Questa mattina sono passata a trovarla, ho saputo che non avrebbe partecipato alla missione. L'ho trovata in bagno a vomitare l'anima, pallida e senza forze. Non ho idea di cosa le abbiano dato quei pazzi alla Base, ma adesso è in astinenza e continua a contorcersi per il dolore. Ditemi che c'è una soluzione, qualcosa che posso, possiamo, fare per lei-
Tutto quello che ci siamo tanto affannati a cercare è sempre stato sotto il nostro naso.
Renee lo ha sempre saputo. E noi avremmo potuto notarlo.
E mi sento così stupido adesso per aver dubitato di Alexa.
Perfino lo sguardo di Nick si rilassa, colpito dalla verità.
-Ascolta, dobbiamo chiamare qualcuno, un medico, un...-
-Portaci da lei- esclama il ragazzo al mio fianco, ancora pensieroso. E questa volta non so che cosa gli stia passando per la testa.

Senza aver altra possibilità, Renee ci conduce nella zona degli appartamenti e si intrufola senza bussare nella stanza di Ian.
La porta del bagno è socchiusa, nessun suono.
-Alexa?- la sua voce allarmata risveglia un brivido lungo la mia schiena. Mi ricorda quando chiamavo mia madre, con lo stesso tono, in attesa che lei mi rispondesse.
Senza aspettare oltre irrompe nel piccolo abitacolo, io e Nick subito dietro di lei.
-Hai portato quello che ti avevo chiesto?- si porta il palmo alla fronte, reggendosi la testa.
Adesso non ho dubbi sul perché Nicholas fosse così preoccupato. Non ho idea di come sia l'odore della sua anima adesso, ma quella che vedo non è Alexa Evans.
Non ha nulla in comune con la ragazza che ho conosciuto.
Questa sbiadita versione di lei sembra sul punto di scomparire. Siede per terra, rannicchiata in se stessa.
-Non ricordo di averti chiesto di portare loro, Renee- non ha nemmeno la forza per essere arrabbiata, ormai sembra più un guscio vuoto.
-Scusami, sul serio. Ma non sapevo che altro fare!- prova a difendersi, ma lo sguardo gelido che riceve la zittisce subito.
-Potevi portarmi le medicine che ti ho chiesto-
-Non ti aiuteranno- e ogni volta che Nick assume questo atteggiamento austero rimango sempre sorpreso.
-Scusa Nick, ma non sono dell'umore per sopportare la filosofia del "puoi combattere, puoi farcela". Sto di merda, non riesco a respirare. Credo di aver vomitato il cibo di due giorni fa e la pancia mi fa un cazzo di male. Quindi risparmiatelo-
-Vogliamo solo aiutarti- intervengo, ma subito dopo Alexa nasconde la testa nel gabinetto e vomita ancora. La ragazza dai capelli ricci si inginocchia al suo fianco e le tiene i capelli, se una ha i brividi per il dolore, l'altra trema dalla paura.
Non ho idea di come risolvere questa situazione. Non ho le abilità necessarie.
E detesto sentirmi così incapace.
Si pulisce la bocca con la carta igienica e poi scarica, lo fa con una naturalezza che fa male.
-Volete aiutarmi? Non ditelo a Ian-
-Questo è ridicolo, lui è il primo che dovrebbe saperlo. Renee saresti dovuta andare da lui subito-
Ian non l'avrebbe mai lasciata da sola. Avrebbe messo in pausa qualsiasi cosa per lei.
-Avevo promesso che non l'avrei fatto- ribatte scoccandomi un'occhiataccia, poi avvicina a testa di Alexa alla sua spalla, in modo che possa riposare. La stringe il più possibile per placare i brividi, ma non funziona.
Niente di quello che stiamo facendo funzionerà.
Se non chiamiamo qualcuno all'istante, potrebbe...

-Alexa, sai che io posso capirti- Nicholas inizia ad avanzare nella sua direzione, incerto. Non ha idea della forma della stanza, può appena calcolare quando le due ragazze siano lontane da lui, ma è tutto molto approssimativo. Eppure lo fa lo stesso.
-Non voglio essere capita, voglio solo stare bene. E per farlo mi servono delle fottute pillole- ogni volta che la sente agitarsi, Renee le accarezza il braccio con forza, e le toglie le ciocche di capelli scure attaccate alla fronte. È madida di sudore, un odore pungente che mischiato con quello del vomito è insopportabile.
Nicholas sembra non notarlo e prosegue a passo lento.
-No, che non ne hai bisogno. Non se non vuoi riprovare tutto questo di nuovo. Il tuo corpo deve riabituarsi a sopravvivere senza-
-E come sta il tuo corpo a sopravvivere senza alcol, Nick?-
Si scaglierà contro chiunque provi ad aiutarla, e da quello che ho capito, il mio ragazzo non è stato tanto diverso in passato.
Ma ora sta bene, l'ha superata. Ce l'ha fatta, forse c'è speranza anche per...
-Alti e bassi, ma almeno non sono attaccato al cesso a vomitare-
Il mio sguardo e quello di Renee scattano verso di lui, mentre Alexa si limita a sollevare un angolo delle labbra, è la sua prima reazione non aggressiva. Non è un sorriso, è più l'accettazione della verità.
E io non avevo idea che Nicholas stesse ancora combattendo con questa parte di lui.
Ogni volta che ne parliamo tende a confinare tutto al passato, e sembra così lontano.
Talmente tanto che a volte lo dimentico.
Ripenso alle parole di Abby: "la mia comprensione è abbastanza?"
Sono la persona giusta per Nick?

Faccio un respiro profondo e poso una mano sulla spalla del ragazzino biondo.
-Vi lascio soli per un po'- sussurro, ma lui mi trattiene, afferrando le mie dita.
-Ti prego, pensiamoci insieme prima di dirlo ad Ian-
-Non preoccuparti-
Lancio un'ultima occhiata alla scena: Alexa tra le braccia stanche di Renee, che continua a rassicurarla senza sosta, mentre Nicholas cerca di distrarla dai dolori che non fanno che peggiorare.
Ognuno cerca di aiutare a proprio modo.
E il mio modo è introdurmi nella sala dove facciamo le riunioni e prendere il telefono.
A ogni squillo senza risposta le mie mani vengono pervase dai brividi, riesco appena a tenere il dispositivo vicino l'orecchio.
-Pronto?-
Con una speranza forse ingenua, credo che possa aiutarci.
Del resto ha anni di esperienza.
-Sono io-
-Signorino Drew, aspettavo sue notizie. Che posso fare per lei?-

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