Capitolo 46

Alexa

-Alexa, riesci a sentirmi?-
De5+Ra8
La prima mossa è della regina.
Sto facendo la mossa giusta, Ian?
Sobbalzo quando l'auto supera un dosso, e poi un altro, e il mio cuore rimbalza insieme al mio corpo.
Sono troppo tesa.
-Ti sento- rispondo a mio padre dall'auricolare che mi hanno dato uscendo dalla Base, poco dopo avermi perquisito. Hanno lasciato che tenessi la giacca scura di Ian e la cavigliera.
E non si sono accorti delle pillole che tengo nel reggiseno.
-Ho bisogno che mi tieni aggiornato su tutto. Non ti chiedo di attenerti al piano, mi fido del tuo istinto, ma ti chiedo di non agire senza avermi consultato-
Mi trattengo dal ridere. Mio padre non si fida del mio istinto, al momento lo trova solo più affidabile della strategia abbozzata che ha delineato. Noi siamo in svantaggio, è dura da accettare per lui. Abbiamo più soldi, più risorse, più uomini, eppure siamo i pedoni neri. E questa non è una partita che i neri vincono.
Un altro dosso, seguito da più piccoli ma ugualmente fastidiosi sbalzi. È segno che abbiamo abbandonato le strade asfaltate della città.
-Lo farò-
-Il signor Cox dice che fai sempre di testa tua-
-Il signor Cox dice tante cose- e non mi ha nemmeno salutato.
-Io concordo con lui-
Serro le labbra per non aggiungere altro. È strano parlare con Arthur in questo modo: mi sento gli occhi della scorta addosso, ma nessuno può sentire quello che mi dice. Le mie reazioni compongono l'intera conversazione.
Siamo in cinque nel retro dell'auto. Due di loro mi hanno accompagnato in libreria.
-Da quando fai affidamento sul suo parere?-
La vera domanda è: quando hanno parlato? Non li immagino seduti ad un bar a discutere delle mie tendenze autodistruttive.
So che Jason deve fare rapporto ogni settimana sul mio comportamento e sui miei eventuali progressi nell'allenamento, ma non credevo parlasse direttamente con mio padre.
Non mi piace questa situazione.
Nonostante io non tema che Jason cambi fazione, il tentativo di mio padre di mettere le mani su ciò che è mio mi infastidisce. Mi costringe a stare sulla difensiva.
Potrebbe essere l'ennesima dimostrazione del suo potere sulla mia vita, e non posso fare a meno di vederci anche una sottile minaccia a quello che potrebbe togliermi se lo volesse.
In genere classificherei questi pensieri come paranoia, ma con lui preferisco torturarmi con il dubbio.
-Da quando lui sembra conoscerti meglio di me-
Non c'è dubbio che sia così.
E anche se è un pensiero ormai radicato nella mia mente mi urta il fatto che me lo rinfacci.
Jason mi conosce in un modo così intimo che sapeva che ne avrei sofferto se non mi avesse salutata prima della missione, e così ha fatto: questa è stata la mia punizione.
Sembra essere la sua nuova forma di divertimento delle ultime settimane.
Mi abitua a qualcosa, magari anche una sciocchezza, e poi me la porta via. La mia reazione è il premio che si gode ogni volta che mette in pratica questo meccanismo.
Vorrei dire che recito tutte le volte, ma in realtà mi fa davvero incazzare.
-Eppure credo che Ian Mitchell ti conosca meglio, per questo voglio che tu ti senta libera di prendere decisioni significative oggi.-
Dovrei ringraziarlo per questa concessione, ma in realtà è stato costretto a farlo dalla sua stessa logica.
Io sono la regina bianca. Ne sono sicura.
Non ho mai giocato con i neri.
Ma alla penultima mossa la regina bianca viene catturata dalla fazione opposta. Non ho idea di cosa significhi.

Ci fermiamo ma nessuno scende dall'auto. Immagino che il resto della scorta stia controllando la zona per noi.
-Hai avuto altre visioni oltre quello che mi hai detto?-
Sono due notti che mi sveglio di soprassalto per il suono degli spari, tremo così tanto che sveglio l'istruttore che dorme al mio fianco. La brupenorfina non è abbastanza forte da permettermi di controllare le mie visioni. Non si accavallano in una massa confusa nella mia testa, ma non posso spegnerle a mio piacimento come mi consentiva il metadone.
Sarà uno scontro a fuoco. Una mescolanza di ordini gridati a gran voce, passi pesanti e corpi che cadono.
Ma nessuna immagine. Non ho visto nemmeno una persona con chiarezza.
Queste notti mi sono limitata ad ascoltare.
-No, non ci sono state grandi variazioni-
Lo sento sospirare lievemente, come se fosse proprio accanto a me.
-Sta' attenta-
È un piano ideato da Ian, non ci sarà nulla che possa mettermi in pericolo.
Devo solo far credere loro di essere la regina nera.

Scendo per ultima con il permesso delle mie guardie. In tutto saranno una ventina.
Nessuna di loro incline alla parola.
Dopo che l'aria gelida mi investe costringendomi ad avvolgermi ancora di più nella giacca, mi volto per osservare il luogo delle coordinate.
Non mi è per nulla familiare.
Appare come un grande terreno abbandonato, dove al centro, contornato da sterpaglie, appare un edificio imponente in cemento armato. Non è chiara quale sia la sua funzione, non sembra nemmeno che la struttura sia stata portata a termine. Spuntoni in ferro arrugginiti saltano fuori da muri senza intonaco, crepati da più parti. Se non sta per cadere a pezzi, ci manca decisamente poco.
Dove siamo?
Io ed Ian non ci siamo mai spinti così lontano dalla città.
-Siamo arrivati- annuncio all'uomo dall'altro lato del dispositivo, anche se lui ci sta tracciando da quando abbiamo lasciato la Base.
-Lasciamo qui le auto- ordina il comandante Stearns, la mia personale spina nel fianco. Un uomo alto, con i capelli rasati corti e la barba scura, l'espressione degli occhi perennemente seccata. È stato chiaro fin dall'inizio: mi seguirà a ogni passo. Spero proprio che Ian abbia tenuto in conto questo dettaglio.
E se non l'avesse fatto?
Questo non è il momento giusto per dubitare del mio compagno.

Seguo le guardie in silenzio, perennemente accerchiata dai loro corpi robusti. Quel poco che riesco a vedere dell'ambiente circostante è sempre filtrato dalla loro figura, devo allungare il collo o sporgermi da un lato per catturare frammenti del luogo. Non che ci sia molto altro rispetto al rudere a più piani e qualche erbaccia folta lungo la strada. Mentre cammino il gambo secco di alcuni fiori mi sfiora i jeans blu, facendomi rabbrividire.
Tutte le guardie portano una divisa scura di una stoffa pesante, che li copre fino a sotto il mento, e marciano con sicurezza sul terreno sconnesso. In bella vista i giubbotti antiproiettile appaiono come degli scudi cuciti sul petto. Io sotto la giacca di Ian, che stranamente non veste troppo grande, ho lo stesso completo ma bianco. Non ho voluto un giubbotto antiproiettile, e in generale il tessuto elastico ma resistente mi fornisce una buona copertura contro i colpi d'arma da fuoco. Invece con i miei anfibi leggeri, mi sembra di sprofondare a ogni passo. E proprio mentre guardo a terra mi accorgo che siamo delle pedine degli scacchi.
Ci muoviamo come delle pedine.
Avanziamo insieme, e io, la regina, sono circondata da persone che si assicurano che non possa essere attaccata da nessun lato.
È Ian che lo aveva previsto o mio padre che sta giocando al suo gioco?
Qualsiasi sia la risposta non può essere un caso.
Ma solo quando entriamo nell'edificio abbandonato mi sento sopraffare da qualcosa che è più grande di me.
Mi alzo in punta di piedi per osservare oltre le teste delle guardie le membrature in cemento salire fino al tetto. Due piani, entrambi con dei corridoi che si affacciano sull'ingresso e base della struttura.
Alcuni pannelli usurati dal tempo lasciano intendere che fosse un luogo di lavoro, forse una vecchia fabbrica.
In alto delle grandi lampade a parete svelano le mura grigie e consumate, lasciando però grandi zone d'ombra.
-Controllate questo piano, fate rapporto per qualsiasi cosa insolita-
Parte della scorta si dirama a raggiera, consentendomi di avere il campo visivo più libero di prima.
Il mio sguardo segue i pilastri portanti e le loro crepe fino ad arrivare alle ringhiere arrugginite del primo piano. È lì che devo andare.
La prima mossa è della regina bianca, che sale fino a e5.
Se ha nascosto le coordinate per venire in questo posto nella notazione scacchistica non vedo perché non possano essere al tempo stesso indicazioni su come muoversi qui dentro.
Individuo la scala che mi porterà al piano superiore, la luce delle lampade la colpisce appena.
Non faccio in tempo a dirigermi verso la rampa che la mano del comandante Stearns scatta in cerca del mio polso, costringendomi a rimanere al mio posto.
-Dove credi di andare?- ci guardiamo negli occhi, la sua fronte corrucciata non fa che accentuare quel modo seccato che si porta dietro. In confronto il mio istruttore è di indole calma e rilassata.
-Voglio vedere cosa c'è di sopra-
-Una cosa per volta, non abbiamo finito la perquisizione, non osar- veniamo interrotti da un tonfo sordo, seguito da un crescente brusio. L'uomo torna a guardarmi, indeciso se raggiungere il resto o rimanere a controllarmi. Le sue dita scure sono talmente grandi che avvolgono il mio polso fino a farlo sparire, e stringe così forte che la mia pelle pallida si tinge di rosso.
-Ascolta il capitano, Alexa- mi intima la voce di mio padre nelle orecchie.
Odio essere trattata come una bestia da ammansire.
-Che cosa è successo?- le parole del capitano risuonano per l'ambiente, in un'eco che raggiunge gli uomini in fondo alla sala.
-Ci sono diversi fossi e buche coperte, oltre al fatto che il pavimento sembra cedere in alcuni punti-
-Guardate dove mettete i piedi allora- con un gesto fluido prende una torcia dalla cintura e l'accende, i suoi sottoposti fanno altrettanto.
-Per quanto riguarda te, non provare nemmeno ad allontanarti-
-Quanti metri mi è consentito fare da sola?- sbuffo leggermente, so che non è saggio provocare un mio superiore in una situazione del genere.
-Qualsiasi distanza che mi impedisce di acciuffarti e rimetterti a posto è off-limits per te-
È l'ultima frase che sento chiaramente prima che le lampade a muro si spengano.
La partita è iniziata.

Qualche istante dopo i fasci di luce delle torce fendono l'oscurità, creando ombre minacciose.
Scattano insieme allo sguardo degli uomini della scorta, da una direzione all'altra in cerca delle presenza del nemico.
Quando il bagliore intenso mi colpisce dritto in faccia, sono costretta a serrare gli occhi in due fessure.
-Tieni, svelta- il comandante mi lancia una torcia spenta che riesco appena ad afferrare al volo.
-Alexa, che succede?-
-Siamo al buio e...- vengo interrotta dal suono di passi rapidi proveniente dal primo piano. Qualcuno sta correndo sopra di noi, e per quanto i guizzi di luce cerchino di afferrarlo, lui sembra sempre riuscire a sfuggirgli. È artefice di ogni rumore o scricchiolio, che si crea appena percorre il corridoio che si affaccia sull'ingresso dell'edificio. Quello che dovrebbe tradirlo in realtà gli consente di rimanere nell'ombra: ogni volta che i suoi piedi si scontrano con il terreno e la sua posizione rivelata, il suo corpo è già sparito, pronto a un altro balzo di avanti. Non sta solo correndo, è come un leone che si lancia sulla sua preda, calcolando i tempi dell'agguato e la forza dei suoi muscoli.
Conosco solo una persona capace di correre in questo modo.
Le torce della scorta scansionano la sala in lungo e in largo, e i loro fasci bianchi si incrociano e fondono in modo confuso e rapido.
"Sta' attenta al cavallo"
Ian aveva detto così.
La seconda mossa (Cc7+Rb8) è quella del cavallo, mentre il re nero (R) si sposta di una casella.
Ma io non dovrei essere qui. La regina bianca apre la combinazione di matto raggiungendo la casella e5.
Devo salire, qualsiasi cosa basta che io lasci questo posto.
-Sto andando verso le scale, non ho intenzione di rimanere qui- riferisco la mia mossa a voce alta, per mio padre e per il comandante.
-Tu non vai proprio da nessuna parte, ragazzina. Non sappiamo cosa tengono lì sopra- prova ad afferrarmi il braccio ma riesco a ritrarmi in tempo. Non riuscirà a impedirmelo, non quando il caos è alle porte.
Risalgo i pilastri che proteggono la rampa di scale con lo sguardo luminoso della mia torcia, in cerca di un indizio.
Il comandante mi sorprende alle spalle, facendomi voltare con forza, riesco appena a vedere il suo volto con la luce puntata dritta in faccia.
-Credi di essere più furba di noi? Questo non è uno scherzo, sei nel mondo reale. E qui si fa come dico io- le sue parole sono dure come la sua stretta, e quando parla schizzi di saliva mi bagnano la guancia. Non mi fa paura. E la sua autorità non vale un cazzo.
Sempre con gli occhi semichiusi per la luce intensa, mi pulisco il viso con un dito, asciugandomi.
-Allora mi dica, che cosa sono quelli?- mantengo la calma mentre con la mia torcia illumino la parete alle mie spalle, dove sono visibili dei numeri dipinti con una bomboletta spray.

3
2
1
Disposti in verticale accanto all'accesso alla scalinata.
E sono certa che il conto continuerà al secondo piano. È il modo per segnare le caselle nel gioco, sono disposti esattamente come quelli ai lati della scacchiera.
Per arrivare a e5 devo per forza salire da qui.
-Non sono stronzate solo perché lei non ci arriva- mormoro una volta che mi lascia andare. In fondo farmi detestare dai miei superiori è sempre stata una delle mie abilità.
-Credi che...- inizia mio padre
-Che l'intero edificio sia una scacchiera che si sviluppa verso l'alto- completo io. Questa è la mia intuizione, è il mio cervello. Arthur non c'entra nulla con tutto questo, e non può portarmelo via.
-Hai l'autorizzazione per procedere-
Evito di aggiungere che non mi serviva nessun permesso.

Uno sparo mi fa sobbalzare. Nel buio tutti i suoni sembrano amplificati, e questo rudere abbandonato ha un'acustica notevole.
-Non sparate alla cieca!-
In effetti è una mossa piuttosto stupida visto che rischiano di ferirsi l'un l'altro, ma so quanto l'attesa possa essere logorante. Specialmente se ci si sente braccati, se percepiamo che qualcosa sta per succedere.
È quella sensazione peculiare, quel brivido alla base del collo. Non è necessario possedere il mio talento per comprenderlo.
-Dobbiamo andare via da qui, ora- esclamo con il cuore che va a mille.
Prima che...

Una melodia inizia a farsi largo tra le mura dell'edificio.
Accarezza le pareti logore e smussa le parti grezze e appuntite.
È una musica malinconica, interamente eseguita da un violino, che si getta nel componimento senza riserve, senza paura.
Non avevo mai sentito Drew suonare.
E nell'oscurità trafitta dalle luci delle torce, questo posto sembra diventare il suo palcoscenico.
L'unica cosa che non mi aspettavo dal dolce canto del suo strumento è che venisse interrotto dagli spari.
Non un colpo partito per avvertimento, non il timore di un singolo, ma un vero e proprio scontro a fuoco.
-Che diavolo stanno facendo?- la testa del comandante Stearns scatta per individuare il centro dell'attacco nemico. Ma la sua torcia cerca nel buio una risposta che non sembra arrivare, non con lo scoppio del caos.
Nessuno di noi due osa fare un passo nella direzione della scorta, il centro della sala sembra essere diventato un territorio di ombre allungate, bagliori improvvisi e rumori assordanti.
-Holt, che ti prende, smettila di sparare!- le parole di un soldato rimbalzano tra le pareti.
Ma le voci si spezzano sotto il suono dei colpi di pistola, creando frammenti di discorsi impossibili da seguire.
-Alexa?-
I corpi iniziano a cadere.
-Saliamo- è l'unica cosa che riesco a dire. I proiettili potrebbero raggiungerci anche se l'accesso alla rampa di scale è riparato, dubito che limiteranno la sparatoria al centro, a breve i pochi che sono rimasti andranno ai ripari.
-Non posso lasciare la mia squadra così- prova ad afferrarmi di nuovo, ma onestamente sono stanca di questo gioco. Ho un'altra partita in corso. Afferro la pistola che tiene alla cintura in un unico movimento fluido, schivando le sue mani quando cerca di colpirmi. Siamo al buio, lui tiene ancora la torcia in mano e io sono più veloce e agile di lui.
Mi lascio andare in un respiro profondo solo quando la canna dell'arma trova posto contro il suo petto.
-Mi ascolti bene: lei può andare a farsi ammazzare, ma io non la seguirò. Non lo vede? I suoi stessi uomini si stanno massacrando a vicenda. Gli spari non vengono mai dall'alto. Sente?- sotto il fracasso i passi di Nick sono come una costante, uno strumento che accompagna il pezzo di Drew.
Il ragazzo cieco continua a scattare da una parte all'altra, ma non si sente la presenza di nessun altro al piano superiore.
-Perché dovrebbero farlo?- riesco a stento a vedere il suo viso, ma il tono è sufficiente per rivelarmi lo stupore. Abbasso la pistola lentamente, così da mostrargli che non ho ancora cambiato fazione. La mia eccessiva sicurezza e intraprendenza lo avranno messo di sicuro in allarme.
-Terza mossa: Cxe8+Ra8. Il cavallo bianco cattura la torre nera-
-Smettila di parlare per enigmi- sbotta spazientito, ma quando inizio a salire non può fare a meno che seguirmi.

Se la scorta rappresenta il pezzo della torre, il cavallo Nicholas, chi è il re nero?
Rimane per tutta la partita rintanato nell'angolo della scacchiera.

-Signorina Kline, non abbiamo tempo per...-
-Per salvarci la vita?- mi affaccio dal parapetto e scruto i lampi dello scontro sottostante. C'è qualcosa di incredibilmente affascinante nel susseguirsi dei fasci di luce e nel suono degli spari, tanto forte e improvviso da entrarti nelle ossa.
Non dovrebbe piacermi.
Non dovrei essere attratta dalla violenza.
Alcuni di questi uomini sono feriti, se non morti, e gli altri, quelli che sfuggiranno alle pallottole, potrebbero finire in una delle buche di cui è cosparso il terreno.
Dovrebbe dispiacermi. Dovrei aiutarli?
Non mi ero mai accorta di quanto fosse difficile provare empatia dall'alto.
-È la musica- illumino con la mia torcia le casse poste ai lati. Non ho mai visto una manipolazione simile.
Non credevo che Ian ne fosse in grado.
Ma del resto, il suo talento è cresciuto così come il mio.
-Dobbiamo spegnerle e trovare l'interruttore della corrente- aggiunge l'uomo, si avvicina titubante.
Se volessimo salvarli.
-Devo arrivare a b8-
In questo piano le uniche caselle sono 6, 5, 4.
Nessuna traccia di Nick, deve averci sentito salire le scale.

-Alexa, sei sicura di quello che fai?-
Mio padre è deciso a non darmi tregua oggi. Mi piacerebbe vederlo mentre si tortura le mani nervoso perché non possiede il controllo della situazione.
-Abbastanza. Ma non c'è molto altro che possiamo fare: o saliamo fino all'ultimo piano o scendiamo a farci uccidere dai nostri-
-C'è qualcosa che non torna. Se ogni piano corrisponde a una sezione della scacchiera, perché il cavallo ha attaccato al primo piano? Le mosse più importanti fino allo scacco avvengono nelle caselle superiori.-
Mi mordo il labbro con forza, nello stupido tentativo di mantenere la calma e concentrarmi su questo dettaglio.
Perché non ha seguito la sua logica? Perché numerare i piani e simulare il gioco se poi non segue le regole?
A meno che non ci siano eccezioni, casi particolari o chissà quale variante.
Ian sa che non sono una giocatrice, che non ho modo di saperlo.
Deve essere qualcosa a cui posso arrivare da sola.

Faccio un passo indietro, studiando gli ambienti di questo piano.
Adesso che i passi di Nick sono stati risucchiati dall'oscurità, i rumori dello scontro di sotto sono l'unica costante.
-Forse le interesserà vedere cosa ho trovato- le parole sembrano essere uscite dalla sua bocca contro la sua volontà. Raggiungo in fretta il punto illuminato dalla sua torcia.
Numeri, scritti in nero come i precedenti. In ordine fino a 8 lungo la parete.
Perché ripetere lo stesso schema se lo ha già usato per accedere ai piani?
A meno che non abbia sovrapposto diverse scacchiere.
In conferma di questa ipotesi corro verso la parete in fondo e quando illumino il pavimento invece dei numeri vengono rivelate delle lettere.
A B C D E F G H
È la base della scacchiera.
È incredibile.
Non ho idea di come faccia a pensare in questo modo.
Da quando sono tornata a vivere sotto terra mi sono adattata alle regole di quel posto, alla sua violenza. E le sue eco continuano a raggiungermi.
Ma questo è il mondo delle idee, della logica e della strategia, dove vince il più furbo, non il più forte.

-Appurato che l'intero edificio è il campo da gioco, ogni piano è una scacchiera che segue l'ordine temporale delle mosse. Ian mi stava consigliando di salire prima, insieme alla regina bianca, in modo da non rimanere coinvolta nella sparatoria. E in seguito c'è stata la mossa del cavallo.- mi fermo, guardandomi intorno. Il comandante Stearns mi osserva perplesso, non è per nulla affascinato da questa nuova prospettiva.
Non gli appartiene.
-Il secondo piano dovrebbe essere innocuo. Le pedine si spostano per cercare la posizione perfetta per attaccare-
-C'è la regina nera in g4-
-È innocua. Io devo seguire un altro percorso-
-Vale la pena dare un'occhiata. Dalla cartina dell'edificio è segnalata la presenza del contatore della corrente- ci informa mio padre dall'auricolare, e il volto dell'uomo di fronte a me si rianima, improvvisamente interessato.
-Riaccendere questo posto non sarebbe male-
-Potrebbe essere una trappola- ribatto rivolgendomi ad entrambi. Scegliere di andare incontro alla regina nera mi sembra una mossa azzardata, nel mio caso significa rinunciare alla possibilità di essere quella bianca, scegliere da che parte stare.
Ci avviamo in silenzio seguendo le istruzioni delle caselle verso il punto dello spazio che potrebbe corrispondere a g4. Se l'H è l'ultima lettera, deve essere quasi addossato alla parete.
Teniamo entrambi lo sguardo basso per evitare le buche nel terreno.
-Eccolo qui- per la prima volta lo sento lasciarsi andare in un momento di sollievo e abbandonare l'aria cupa. Non so se sia saggio accendere la luce. Non è quello che un'alleata farebbe.
E se li stessi ostacolando?
Devo scoprire cosa c'è al piano superiore.

Pochi istanti dopo la musica cessa, sotto il tocco per nulla delicato del comandante che ha spento il collegamento con le casse.
Gli spari però continuano a rimbombare, adesso non più attutiti dalla melodia. Un conflitto armato non si può spegnere con un interruttore.
Mentre il mio custode studia i cavi in cerca di quello giusto, rimango ferma ad analizzare la situazione.
Tutto questo deve portare da qualche parte.
Credevo che avrei finalmente rivisto Ian, ma di lui ancora nessuna traccia. Ed è buffo perché questo edificio diroccato ha così tanto di lui: ci sono le sue idee, gli enigmi che crea con cura, dei lati affilati ben in vista e trabocchetti in ogni angolo. Ma non mi basta.
I miei pensieri vengono disturbati da un suono insolito, come uno scroscio d'acqua.
La sento scorrere in ogni direzione, perfino sotto i miei piedi.
-Lo senti anche tu?-
-Che cosa?- con la torcia lo noto sporgere la testa e dare una veloce occhiata in giro, per poi ritornare all'impianto elettrico.
Un familiare brivido mi solletica la nuca.
La prova definitiva che questa è una visione. L'acqua che posso sentire infrangersi contro le mura di questo posto, non è reale per il momento. Continua a incresparsi e scorrere nella mia testa, senza mai fermarsi.
All'improvviso un suono di passi si intrufola nella visione, e questa volta non sono l'unica a percepirli.
Qualcuno si muove al piano di sopra.

-Vado a controllare-
-Signorina Kline, lei non va da nessuna parte-
-Lei pensi alle luci, mi raccomando!- e scatto in avanti così veloce che ha il tempo di vedere solo il guizzo della mia torcia.
Non so se mi seguirà o meno, forse non subito.
Sono la ragazzina che deve tenere sotto controllo, ma sarà più facile per lui se trova effettivamente l'interruttore dell'impianto.
Percorro gli scalini con rapidità, a due a due, elettrizzata dalla libertà appena acquisita.
7 e 8.
Dovrei essere nella parte alta della scacchiera.
Il locale è ancora interamente immerso nel buio, mi costringe a rallentare e sopprimere l'ondata di euforia per essere cauta.
Non voglio sapere quanto profonde siano le buche nel pavimento.
-Alexa, non allontanarti dal comandante Stearns-
-Non sembra esserci nessuno qui- mormoro con una punta di delusione.
Prima che possa aggiungere altro o arrendermi, vengo afferrata da dietro e trascinata in uno spazio stretto tra un pilastro e la parete. Chiunque mi abbia catturata, mi intima di fare silenzio, poggiando con delicatezza una mano sulla mia bocca.
Non ho bisogno di un simile avvertimento, mi aspettavo questa mossa.
Era scritta chiaramente in notazione algebrica.
Db8+! + Txb8
Donna in b8 alla caccia del re, viene mangiata dalla torre avversaria.

Le lampade poste in alto emettono un lieve bagliore, uno sfarfallio che poi si trasforma in luce piena.
Lentamente il buio si ritrae, e perfino nel nostro angolo angusto è possibile distinguere il volto di chi mi sta tenendo tra le braccia.
Ian.
Spalanco gli occhi e questa volta è necessario serrarmi le labbra per non emettere alcun rumore.
Posso sentire i tuoi polpastrelli sulla pelle del viso, mentre con l'altra mano raggiunge i miei capelli, spostandoli dietro l'orecchio con cura. Mi chiedo se possa sentire il mio cuore battere all'impazzata mentre il suo corpo è premuto contro il mio.
Afferra il mio auricolare e lo lancia per terra, lasciando che la voce di mio padre si confronti con il pavimento freddo.
Adesso possiamo parlare.
O forse possiamo aspettare ancora qualche secondo.
Basta che la sua presa diventi più delicata per permettermi di voltarmi e baciarlo. Da quanto tempo non provavo questa sensazione?
Da quando non...oh.
Mi allontano imbarazzata, lasciando scivolare via le mani dal tessuto della sua camicia.
-Scusa, Drew- sussurro osservando meglio il ragazzo. In effetti se non avessi agito di istinto avrei notato prima le differenze tra loro due, invece che realizzarlo quando i suoi muscoli si sono irrigiditi sotto il mio tocco.
-È già la seconda volta che ci scambi. Stai attenta o dovrò credere che sei innamorata di me-
Non posso trattenermi dal sollevare un sopracciglio, sorpresa.
-Ma guarda come sei intraprendente, la compagnia di tuo fratello inizia a farsi sentire-
Scoppia a ridere e questa volta mi attira a sé per abbracciarmi, con un affetto che mi fa sussultare. Non ero più abituata a questo.
A dei sentimenti così sinceri, candidi.
Alla Base tutto quello che provavo conservava sempre un retrogusto amaro.
-Sono felice di vedere che stai bene-
È divertente che nonostante la situazione trovi tempo per i convenevoli.
-Dov'è Ian?-
-Non qui, ci sono stati degli imprevisti. Ma va tutto bene, devi solo...-

-Signorina Kline!- la voce del comandante ci raggiunge, costringendoci ad abbandonare gli atteggiamenti cordiali.
Drew mi afferra da dietro come aveva fatto prima, adesso la stretta è salda abbastanza da impedirmi di girarmi nella sua direzione.
-Reggimi il gioco, opponi resistenza quando te lo indico e non temere la caduta-
La cosa?
Vorrei chiedergli spiegazioni ma avverto la sua mano scattare verso la pistola alla mia cintura, poi estrarla e puntarmela alla testa.
Mi spinge in avanti, verso la luce.

-Lasciala andare-
Il suo sguardo è terribile: affilato e austero, gli occhi scuri che sembrano due spilli.
Mi chiedo come faccia Drew a mantenere la calma. Non assomiglia per nulla al ragazzo emotivo e insicuro che ho conosciuto.
-Potrei, ma non ne ho molta voglia-
-Non la ucciderai- quella che dovrebbe essere una certezza risuona come una domanda.
-Come tu non ucciderai me- fa spallucce, spavaldo.
Cazzo è davvero bravo.
Il comandante mi guarda truce, probabilmente è più arrabbiato con me per essermi allontanata che con il ragazzo che mi sta tenendo in ostaggio.
Forse sta pensando alle conseguenze di una simile mancanza.
Per aver messo la salvezza della sua squadra sopra di me.
Non è stato un suo errore. Accendere le luci era la mossa più logica da fare.

-Quindi che facciamo? Siamo in una situazione di stallo?- è la prima volta che lo sento usare una terminologia scacchistica.
Sento Drew sorridere, divertito e a suo agio come se avesse il pieno controllo della situazione. E ci crederei se non sentissi il suo cuore agitarsi, costretto in questo ruolo che poco gli si addice.
-Lo saremmo se non fosse che la maggior parte dei suoi uomini sta per annegare-
Il suo tono tranquillo mi impedisce di realizzare la situazione, sembra uno scherzo.
Avevo sentito dell'acqua...
-Che diavolo stai dicendo!?-
-Vuoi dare un'occhiata ai piani inferiori? Accomodati, ti aspettiamo qui-
Dubito che il capo della mia scorta mi lascerà di nuovo da sola, anche se la minaccia di Drew si rivelasse vera.
Ha già fallito una volta.

Uno scoppio improvviso ci coglie di sorpresa, e le braccia del ragazzo si stringono istintivamente al mio corpo.
Era troppo rumoroso per essere uno sparo.
Il cuore di Drew batte rapido, quasi quanto i passi di Nick nella sala.
Non lo vedo ancora, ma posso sentirlo correre tra un pilastro e l'altro.
Anche il comandante deve averlo percepito, si è subito messo in allerta.

-Quello era il segno che le scale per il secondo piano sono inaccessibili. Buona fortuna a trovare la strada prima che l'acqua salga-
Man mano che il tempo scorre le voci della scorta ci raggiungono, confuse e incomprensibili. Basta tendere appena l'orecchio per immaginare i loro corpi ammassati gli uni sugli altri come i loro lamenti.
È chiaro che non sta mentendo.

-Lasciami uscire con Alexa e ti mostrerò la strada per salvarti-
-Scordatelo-
Drew mi pizzica la schiena in modo discreto e immagino che sia il segnale per iniziare a divincolarmi.
Ma forse credeva che mi sarei ribellata in modo meno irruento e rapido, perché per un attimo riesco veramente a sfuggirgli.
Il mio braccio scatta per allontanare la pistola dalla mia testa, e il colpo parte verso l'alto come da programma.
Gli tiro un calcio alla gamba sinistra e lo sento piegarsi in avanti in un disperato tentativo di riprendermi.
Mi afferra per il busto schivando la maggior parte dei miei colpi, e poi senza troppi convenevoli mi lancia dentro un fosso nel terreno.
Non ho nemmeno il tempo di gridare che mi scontro brutalmente contro un materasso. Una nuvola di polvere mi investe in pieno viso, costringendomi a tossire.
-Signorina Kline!-
Qualcuno tocca la spalla, e io scopro di essere tutta indolenzita.
-Sta bene, signore. È con noi. Abbiamo trovato riparo dall'acqua per il momento- ribatte ad alta voce la guardia al mio fianco.
Il comandante si sporge dall'apertura, di Drew nessuna traccia.
-Riuscite a raggiungere l'uscita?-
-Forse sì, signore-
La guardia non fa mai un passo verso il cerchio di luce, sotto lo sguardo del suo superiore.
-Perfetto. Vi raggiungo alle auto, prima devo prendere quel bastardo-
-Comandante!- urlo per attirare la sua attenzione, ma è troppo tardi. Non ha intenzione di ascoltarmi.
Non posso lasciare Drew da solo con lui.
Non si è mai allenato, non possiede l'agilità necessaria né tantomeno quel minimo di forza per sfuggirgli. Ha la mia pistola ma non credo sappia sparare.
Non sopravvivrà.

-Devo andare dal comandante- sbotto allontanando la mano del ragazzo.
-Non puoi, Alexa-
La mia testa scatta nella sua direzione, così da guardarlo in faccia. È più giovane delle guardie che di solito mi accompagnano, eppure il suo viso non mi è nuovo. C'è qualcosa che mi sfugge.
Ma non ho tempo per questo.
Devo risalire per aiutare Drew e Nicholas.
-Non puoi dirmi cosa posso fare- punto i miei occhi azzurri sui suoi, e lo vedo tentennare sotto il mio sguardo. Me lo ha insegnato Jason: non sono fisicamente in grado di vincere molti scontri, ma sfidare il mio avversario solo fissandolo mi aiuta a capire se ho comunque speranze di farcela. Se sobbalza o mi sfugge significa che il suo punto debole non è tanto nascosto.
Devo solo capire qual è.
-Invece sì, perché...-
-Perché cosa?-
-Perché Ian mi ucciderebbe se ti accadesse qualcosa- e mi trascina via, lungo le pareti umide dell'edificio. Qui sotto il rumore dell'acqua che scorre è più di un'eco lontano, è tremendamente reale. La sento avvolgere tutto, affamata. Più ci inoltriamo, e più lei sembra salire.
-Tu sei il ragazzo della libreria- sussurro cercando di stare al passo. Si volta verso di me con un sorriso, felice che lo abbia riconosciuto. Come ha fatto ad avere l'uniforme della scorta?
-Maverick Sheppard, al tuo servizio-

Mi guida attraverso i corridoi spogli con sicurezza, ignorando il caos che si sta scatenando poco distante. L'acqua mi bagna l'orlo dei pantaloni, lasciando una chiazza verdognola sul tessuto bianco e un odore per nulla gradevole.
Dove mi sta portando?
-Hai il braccialetto con il localizzatore?-
Annuisco in risposta mentre lui si sporge per controllare che non ci sia nessuno. Nonostante li tenga legati, i suoi capelli lunghi gli ricadono ai lati del viso, costringendolo a scostarli ripetutamente.
Ci avviamo insieme verso il luogo in cui sono parcheggiate le auto, e non abbiamo il tempo di avvicinarci che una guardia ci intercetta a metà strada, sul terreno sterrato che avevo percorso all'inizio.
-Devo portare la signorina Evans via da qui il prima possibile- precede la domanda dell'uomo.
-C'è un problema: quegli stronzi ci hanno bucato le ruote, stiamo cercando di cambiarle il più velocemente possibile-
Lo sguardo dell'uomo si fa più attento, ci scruta con le sopracciglia aggrottate.
Il rombo di un motore distrae tutti e tre, mentre i fari di una delle macchine si accendono attirando l'attenzione. L'autista abbassa il finestrino quando si avvicina a noi, è lo stesso che ho soccorso fuori dalla libreria. Ci sono troppe coincidenze per essere solo un caso.
-Sali- mi ordina, e quando Maverick fa per aprirmi lo sportello viene bloccato dalla guardia.
-Com'è che hai chiamato la signorina?-
Ha usato il mio vecchio cognome.
Mi irrigidisco all'istante senza sapere che fare per aiutarlo.
Non conosco il loro piano, un mio intervento potrebbe peggiorare la situazione.
Inoltre, ci sono troppi testimoni.
Non disubbidisco e mi siedo accanto all'autista, i presenti riferiranno sicuramente a mio padre l'accaduto, e non ci devono essere dubbi sulla fazione a cui appartengo.
-Ho solo detto che...-
-Si allontani immediatamente- le sue mani scattano sulla cintura in cerca della pistola. Se l'uomo non allerta altri membri della squadra potrebbe esserci ancora una possibilità di farcela, basterebbe disarmarlo adesso e staccare la ricetrasmittente. Siamo troppo lontani perché gli uomini fermi al parcheggio capiscano cosa sta succedendo.
Maverick alza i palmi delle mani, in segno di resa. Non può essere finita così. Non per così poco.
-Hey!!! Me lo date un passaggio?-

Conosco questa voce squillante.
E conosco anche il corpo atletico della ragazza che sta correndo nella nostra direzione, sollevando nuvole di polvere a ogni passo. I suoi capelli ricci ondeggiano in modo buffo, e man mano che si avvicina vedo chiaramente il volto della mia compagna di stanza.
Quando la guardia si gira, distratta dal fracasso provocato da Renee, Maverick lo colpisce alla nuca con la torcia, stendendolo.
Entrambi i miei alleati mi raggiungono sul veicolo, mentre l'uomo alla guida non si scompone. In effetti ora che lo guardo non sembra nemmeno in sé.
-Che cosa stavi aspettando esattamente?- si lamenta il ragazzo che mi ha condotto fuori dall'edificio, riesco a vederli battibeccare dallo specchietto in alto.
-Scusa se dovevo occuparmi di far esplodere delle tubature, parte fondamentale del piano, e non salvare il culo a te-
-Dovevi essere già qui-
-Non accetto prediche da Mr. Oddiofallotuperchéiononsonuotare-
-Non ti ho detto così e poi...-
-Scusate se mi intrometto, ma perché ci siamo fermati?-
L'autista accosta senza spegnere il motore. Ci troviamo sul retro del maestoso edificio, da qui sembra ancora più una massa informe di cemento.
-Non ripartirà fino a quando non saremo tutti, questi sono gli ordini. Vado a vedere se hanno bisogno di aiuto-
Io e Renee ci guardiamo negli occhi per la prima volta. Sembra più grande, più matura.
Quanto è passato?
Diversi mesi da quel fugace incontro il giorno della fuga, e prima di quello altrettanti mesi li avevamo trascorsi divise. Quasi un anno che non incontro il suo sguardo.
La stessa persona che ero abituata a vedere ogni giorno per vent'anni.
Rimaniamo in silenzio fino a quando Maverick non scende, lasciandoci sole. L'autista manipolato non conta.

-Ciao- inizia lei.
-Ciao-
Ci studiamo come se ci stessimo conoscendo adesso. Ed è piuttosto assurdo.
-Che c'è? Stai riflettendo su cosa dire dei miei capelli?-
-No, no. Sono belli, cioè, particolari. Ti donano, fanno risaltare la forma del tuo viso- annuisce per risultare più convincente, ma la sua espressione lascia intendere ben altro. È sempre stata lei a tagliarmi i capelli alla Base, non l'avevo mai fatti da sola.
-Ah, sì?-
-Certo, se te lo dico io- e istintivamente posa la mano sulla mia spalla, forse per scherzo o per abitudine. Non posso far a meno di catturarla nella mia stretta, nell'irrazionale paura che la ritragga. Perché abbiamo sprecato tutta la vita a tenerci lontane?
Quando la guardo rivedo tutte le nostre stupide liti, il trattamento del silenzio a cui la sottoponevo per farla arrabbiare, e alle sue frecciatine velenose che sapevano sempre dove colpirmi.
Un tempo credevo che questo fosse un incubo. Che svegliarmi ogni mattina in stanza con lei lo fosse. I dispetti adolescenziali, il suo disordine costante, e la mancanza di rispetto.
Ma ora entrambe abbiamo provato sulla nostra pelle cosa lo è davvero. Il lutto, la prigionia e la paura.
Farei i salti di gioia se potessi finalmente svegliarmi da tutto questo.
-Renee?- anche lei sembra essersi persa nei medesimi pensieri. Storce sempre la bocca quando riflette su cose tristi.
-Mh?-
-Quando hai un attimo di tempo puoi sistemarmi i capelli come hai sempre fatto?-
Mi bruciano gli occhi, e mi viene da ridere perché ho mantenuto il controllo per così tanto tempo che cedere adesso sembra ridicolo.
La mia compagna di stanza stringe le dita intorno alle mie, rassicurandomi.
-Certo, tesoro-

Lo sportello si apre, cogliendoci di sorpresa.
Maverick si tuffa dentro, seguito da Drew e Nick, il quale per la mancanza di spazio è costretto a sedersi sulle gambe di Drew.
Hanno il fiatone, e portano con loro una tale adrenalina che contamina l'aria.
La macchina riparte subito, dandogli appena il tempo di sistemarsi.
-Bentornata tra noi, Alexa- esclama Nick, estremamente a suo agio sopra il ragazzo bruno.
-Si può sapere che stavate facendo voi due?- si intromette Maverick con il suo pedante.
-Ho salvato Drew da quel comandante-
-Non mi hai salvato! Io stavo...-
-Mi sono preso una pallottola per te!-
-Oh cazzo, sei ferito?- Renee spinge il corpo del ragazzo dai capelli lunghi contro il sedile così da avere la visuale più chiara sulla coppia. È strano vederli tutti così uniti.
-No, sto bene. Secondo te Ian mi lasciava correre per un edificio senza farmi coprire interamente? Ho avuto poco tempo per memorizzare la struttura, ho colpito i pilastri almeno quattro volte- solleva il maglione e mostra il giubbotto antiproiettile.
Ian ha scelto Nick perché non aveva bisogno che le luci fossero accese.
Con l'indice indica il proiettile incastrato all'altezza del fianco.
-Questo l'ho preso per te, Drew- scuote il capo in modo teatrale, ridendo.
-Oh, andiamo. Negli allenamenti sembrava più facile!-
-Ti ricordo che negli allenamenti limonavamo-

Chiudo gli occhi, godendomi il calore del sole sulla pelle, rannicchiata al mio posto.
Sono così stanca.
Dovrei sentirmi libera.
Ma ho l'impressione che lo sarò soltanto quando potrò prendere le mie pillole in pace.
Eppure, il brusio di sottofondo, i battibecchi tra i ragazzi dietro e le conseguenti risate, mi riportano a una dimensione irreale. Come se stessi sognando.
Non vivevo tutto questo da parecchio tempo, a volte riuscivo solo afferrarne i ricordi confusi nella mia testa.
La mano di Renee torna sulla mia spalla, scuotendomi dal torpore come quando mi svegliava la mattina.
-Alexa, dobbiamo fare un cambio di auto, questa è tracciata. Ho bisogno del tuo braccialetto-
Lo sgancio dalla caviglia e lo porgo a Maverick, una volta fuori dall'auto.
-Ci incontreremo al Blue Glass, se sopravvivo-
-Basta con il dramma- taglia corto Renee, guidandomi per il braccio verso il nuovo veicolo: una piccola auto da città, per nulla appariscente come quella nera precedente.
-Dove sta andando?- chiedo rivolgendogli un ultimo sguardo con la coda dell'occhio.
-Lontano dal nostro rifugio. Fino a quando non disattiveremo il tuo localizzatore loro seguiranno le nostre tracce. Maverick distruggerà il bracciale al momento opportuno, quando ci assicureremo di portarli fuori strada. In seguito troverà il modo per tornare in città senza farsi notare-
-E se riescono a seguirlo? O a monitorarlo tramite le telecamere stradali?- non cercheranno noi perché si aspettano che io sia su quell'auto, ma lasciare quel ragazzo a cavarsela da solo mi sembra assurdo. E Ian non si fiderebbe mai di qualcuno così facilmente.
-Ti assicuro che non lo riconoscerà nessuno. È il suo talento-
Non aggiunge altro.

Nicholas si siede davanti accanto a Drew, che guida, mentre io sto dietro con Renee.
Stiamo tornando in città, esattamente da dove siamo venuti. Il Blue Glass non è poi così distante dalla Base, e immagino che questo renda gli spostamenti ridotti al minimo.
Sono sollevata però che non siano ancora nascosti a casa della famiglia di Ian.
-Perché nessuno ci sta seguendo?-
-Nell'ultima mossa la torre avversaria non può salvare il suo re e assiste allo scacco. Ti assicuro che il comandante ha visto l'auto allontanarsi, ma nessuno della sua squadra poteva scendere e raggiungerci per via dell'acqua. La combinazione di matto che abbiamo seguito si chiama "matto affogato"-
Mi scappa un sorriso, è il tipo strategia che userebbe il mio compagno. Possiede l'abilità straordinaria di incastrare le situazioni sfruttandone i collegamenti nascosti. È come se riuscisse a vedere l'ironia sottile del mondo.
E vorrei che la vedesse anche nella mia condizione.
Vorrei vederla anche io.
Invece poggio il capo sulla spalla di Renee e mi lascio andare a un sospiro. Non mi sento libera.
Sono ancora incatenata a quel posto.
Anche se loro non possono più tracciarmi, io so sempre dove trovarli nella mia testa.

-Prima Drew mi ha detto che ci sono stati degli imprevisti, è successo qualcosa a Ian?-
-Alexa, perché tutte queste domande non le fai a lui di persona? Siamo arrivati- mi pizzica il braccio con affetto.
Anche se il suo tono di voce è dolce sento un brivido percorrermi la schiena.  È reale.
Ho aspettato tanto questo momento, perché adesso non riesco a muovermi?
Ho paura che le conseguenze mi ricadano addosso tutte insieme.
Ho paura di aver sacrificato troppo.
Ma questo Drew che mi apre la portiera non può saperlo, e nemmeno Renee che mi accompagna alla porta come se non conoscessi la strada.
Solo Nick pare percepire qualcosa, sento il suo sguardo su di me, e non l'ho mai temuto come adesso. So che può vedere tutto quello che cerco disperatamente di nascondere. Lo sento giudicarmi per quello che ho fatto, per le vite che ho interrotto, per i compromessi a cui sono dovuta scendere.
Sopravvivere non è per tutti.

Il tintinnio dei bicchieri sovrasta i miei passi cauti lungo la scaletta in legno.
-Signorino Ian, non ho tempo da perdere con lei- ma il maggiordomo non riesce a fingere di essere serio a lungo. Li osservo da lontano, prendersi in giro a vicenda. Brian pulisce i calici al bancone, ribeccando il ragazzo ogni tanto, e sembra piuttosto a suo agio in quel ruolo.
Ogni volta che il mio sguardo ricade su Ian lo distolgo immediatamente.
-Perdere tempo con me? Ma se sei tu che mi stai addosso da tutto il giorno-
-Forse lei intendeva dire che l'ho aiutata per tutto il giorno-
Un gradino scricchiola sotto ai miei piedi, annunciando la mia presenza. Avrei preferito rimanere ad osservarli in disparte, senza interrompere la loro conversazione.

Ma non posso scappare dallo sguardo del mio compagno: i suoi occhi scuri inchiodano sul posto.
E mi rendo conto che è stato stupido provarci in primo luogo.
Pensavo che sarebbe stato strano.
Che lo avrei visto diverso.
Che entrambi ci saremmo accorti di quanto siamo cambiati.
Non ha importanza adesso.

Gli vado incontro correndo, saltando giù dalla scaletta il più velocemente possibile.
Mi prende in braccio subito, e lascia che io avvolga le gambe intorno al suo busto.
Ci stringiamo forte, fino a quando non ci manca il fiato. Eppure più il mio petto si schiaccia contro il suo, più sento di star finalmente respirando.
Come risvegliarsi da un sonno profondo.
Come tornare a casa.

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