Capitolo 44
Alexa
Sei mosse per arrivare allo scacco matto.
De5. È la donna la prima a muoversi.
Di conseguenza il re avversario, R, si rifugia nell'angolo a8.
Il cavallo si muove ad L, e scatta in c7, alla caccia del re. Non è la donna che lo insegue, ma il cavallo.
E adesso si trova nel punto dove concluderà la partita.
La mia penna cerca di stare al passo con i miei ragionamenti, ma alcune volte si inceppa, quasi ricordandomi di non lasciare che proprio tutto esca dalla mia testa. Non ho tempo per pensarci adesso, non davanti a loro.
Ho bisogno di capire cosa vuole dirmi e solo dopo valutare le informazioni da riferire.
Fermo un attimo il flusso di pensieri per rileggere quello che ho scritto, parole che non posso più tenere per me. Perché conosco mio padre abbastanza da sapere che analizzerà ogni virgola di questo foglio, ogni lettera tremolante, e se cancellassi qualche parola in un disperato tentativo di nasconderla ai suoi occhi, lui ne sarebbe inevitabilmente interessato.
"Io sono la regina"
Non ricordavo nemmeno di averlo scritto, come se la mia penna avesse catturato il guizzo di un pensiero prima che potesse perdersi.
È la verità.
So che quello è il mio ruolo.
Ian scherzava sempre su questo: mi diceva che ero la sua regina, che insieme avremmo potuto ottenere qualsiasi cosa.
Queste promesse sembrano ormai sbiadite.
-Ho bisogno di tempo per pensarci- annuncio guardando mio padre dritto negli occhi, i nostri sguardi azzurri si incontrano per qualche secondo.
-Certo- sembra pensieroso, ma si alza comunque, segnando la fine della riunione. Jason è il primo a lasciare la sala, senza nemmeno aspettarmi.
Sono nei guai.
Non ho idea di cosa mi farà una volta tornata in camera, ma solo il pensiero è sufficiente per farmi irrigidire. Dopo tutto quello che ho fatto, dopo tutte le frustate e il sesso, non può essersi rotto tutto così facilmente.
Sospiro e mi alzo anche io, i due colleghi di Arthur stanno già uscendo, siamo rimasti solo io e mio padre.
-Posso tenere il libro? Vorrei leggerlo meglio e cercare il giorno dell'incontro- chiedo appena si avvicina, improvvisamente interessato all'oggetto. Combatto l'istinto di strapparglielo dalle mani, nella paura che possa scoprire degli indizi prima di me.
Stringo il bordo del tavolo per mantenere il controllo mentre lui sfoglia le pagine con cura, leggendo passaggi che non riesco a scorgere.
-Domani vieni nel mio ufficio, mi dirai quello che hai scoperto- mormora senza staccare gli occhi dal libro, è così attento che per un attimo temo che possa leggere le note in verde che solo io posso vedere.
Osserva la scacchiera e poi strappa la pagina con un gesto secco. Sobbalzo per la sorpresa e lui sorride nel vedere la mia reazione.
-Su questa possiamo lavorarci insieme domani, ma se credi che ti serva questa sera te ne faccio avere una copia subito-
Scuoto il capo in risposta, sono costretta a fare il suo gioco almeno su questo. Domani avrà modo di studiare la mia reazione nei minimi dettagli, non mi basterà una notte per prepararmi a questo.
Insieme alla pagina strappata afferra anche il foglio con i miei appunti, abbandonato sul tavolo come una macchia bianca.
-Non credevo sapessi giocare a scacchi-
-Conosco qualche regola, ma non penso di essere in grado di vincere nessuna partita. Questo enigma è fin troppo articolato, a Ian piace solo dimostrare di essere intelligente- rifletto ad alta voce mentre mi stringo il libro al petto. Le mie mani sono salde intorno alla copertina e basta il pensiero che lui si porti via solo un'altra pagina per farmi irrigidire. Un indizio compromesso è quasi del tutto inutile.
-A chi non piace?- solleva un angolo delle labbra, e se non lo conoscessi penserei che stia provando empatia per il mio compagno. Ma lui non conosce questo tipo di sentimento.
O se lo fa, è solo quando qualcuno gli somiglia. Ma non è empatia, è timore che il destino degli altri sia anche il tuo. Trovare le mie debolezze o quelle di Ian è solo un modo per tracciare una mappa fino alle sue.
Non riesce a provare empatia per gli altri: anche quando crede di farlo, li sta solo usando.
-Forse è meglio che tu vada. Devi controllare se il guinzaglio del tuo cagnolino è stretto bene- mormora sollevandomi il mento con due dita; mi sta quasi sfidando a contraddirlo.
-Non dovrebbe essere un problema- adesso che sa che sto usando Jason non posso mostrare il minimo tentennamento, le sue aspettative sono senza dubbio più alte.
Ancora non riesco a comprendere come possa trovarlo normale, perfino degno della sua stima.
Non perdiamo tempo in altre formalità, semplicemente lui indietreggia per farmi passare e arrivare all'uscita.
E mentre la scorta mi accompagna fino all'ascensore scaccio via i pensieri sulla mia conversazione al telefono con Ian. Avrò tempo per quelli durante la punizione che il mio istruttore ha riservato per me. Non so se posso reggere altre frustate senza svenire.
Immagino che abbia pensato a come farmela pagare già durante la riunione, a partire dall'interrogatorio con le mie foto.
Non avrei mai dovuto permettergli di venire con me.
E forse la parte peggiore di tutto questo è che io avevo veramente bisogno di lui. Ero troppo debole per farcela da sola e detestavo essere trascinata per la Base da quelle guardie.
Avevo bisogno di rivolgergli uno sguardo e fidarmi di lui.
Jason è molte cose, ma non è un traditore. Non posso dire lo stesso di tutte le altre persone in questo incubo: perfino Kira o Jules potrebbero pugnalarmi alle spalle, magari senza nemmeno accorgersene, senza nemmeno volerlo.
Se mio padre spera di usare Jason contro di me spreca il suo tempo. Non mi piace il fatto che lui sappia che lo sto usando, ma anche se un giorno glielo dicesse nel tentativo di cavargli qualche informazione, so per certo che il mio istruttore non parlerebbe.
-So dov'è la mia camera- dico alla scorta liquidandola in fretta. Nessuna delle guardie ribatte o aggiunge altro, nel momento in cui l'ascensore si apre sono libera di andare.
Cammino a passo svelto, il libro ancora stretto al petto. Prima risolvo questa storia con il mio istruttore, prima riuscirò a leggere quello che Ian mi ha scritto tra le pagine.
Questo oggetto è il primo vero contatto che ho con lui, qualcosa che parla solo a me.
Entro nella camera quasi in punta di piedi, osservando la situazione con cautela. Credevo che avrei trovato la luce spenta, l'intera camera immersa nel buio eccetto per la piccola lampada vicino al comodino, l'unica a poter modellare le forme dell'ambiente.
Invece la luce è accesa, illumina l'intera stanza senza lasciare nulla di nascosto allo sguardo. Piuttosto insolito.
Mi aspettavo di trovarlo sul letto, con la cintura già tra le mani, impaziente.
Ma l'unica cosa che trovo poggiata sul materasso è il cappotto che mi aveva sfilato nel corridoio, non ricordavo che lo avesse tenuto per tutta la riunione.
Sto per precipitarmi in corridoio, nella speranza che non sia andato troppo lontano, ma il rumore della porta del bagno mi impedisce di farlo.
Jason, che deve essere appena uscito dalla doccia, mi guarda solo per un attimo, poi si dirige verso l'armadio.
Dovrei iniziare io il discorso, ma ho le labbra sigillate, incapaci di enunciare una singola parola.
Rimango ad osservarlo seduta sul letto, e non so se preferisco lo sguardo delle cicatrici sulla schiena al suo. Alcuni tagli sono così profondi che sembrano non essere mai guariti. In confronto le mie non sono niente, una cintura non potrebbe mai lasciare quei segni.
-Esci?- sussurro, come se non fosse ovvio.
-Ho gli allenamenti del turno di sera-
Spalanco gli occhi sorpresa, non credevo che mi avrebbe risposto.
E anche se non sembra troppo arrabbiato, sono costretta a tirare delle corde che normalmente non toccherei. Anche se adesso sembra tranquillo, non significa che non me la farà pagare prima o poi. E preferisco mi punisca adesso che in un'altra situazione, che potrebbe benissimo coincidere con il giorno dell'incontro con Ian. Lo conosco, lo farebbe senza esitare.
-Manca più di un'ora-
Si irrigidisce leggermente, segno che la sua poca pazienza sta già venendo a mancare.
-Devo sistemare delle cose per l'allenamento, preferisco andare prima- risponde con calma, celando il suo fastidio.
Questo suo atteggiamento mi terrorizza, non so come gestirlo. Lui non si è mai giustificato con me, non mi deve niente. Può uscire a qualsiasi orario senza dirmi dove va e tornare quando vuole.
Non capisco perché finga di essere tranquillo.
Cosa ci guadagna?
Lui non vede l'ora di farmela pagare.
Ma allora perché? Cos'è che non ho capito?
Preferisco senza dubbio gli enigmi di Ian all'interpretazione della mente di Jason.
-Chiedimelo- sbotto d'un tratto, senza riuscire a controllarmi.
Sono già stanca di tutto questo.
Sono così tesa che mi sento mancare il fiato ogni volta che lui fa un passo. Dovrei prendere le mie medicine.
O questa sensazione andrà solo peggiorando.
-Non ho idea di che stai parlando- prende una maglia dal cassetto senza incontrare mai il mio sguardo.
-Jason, chiedimelo e basta-
Lo sento sospirare rumorosamente, le sue dita affondano nel tessuto della maglia pulita.
Perché non reagisce?
Mi ha torturato e aggredito per molto meno.
-Tu lo ami?- anche se controvoglia, questa volta mi guarda, in modo da analizzare la mia espressione.
Desideravo così tanto sentire questa domanda uscire dalle sue labbra, ma adesso mi chiedo se sarò in grado di mentire. Non ho nessuna garanzia che lui mi creda, non dopo che mi ha dato prova di poter scorgere tutte le mie bugie.
Ma se fallissi a convincerlo, non potrei tornare indietro. Tutti i miei sforzi sarebbero vani e mi ritroverei da sola. Senza un vero alleato.
-No- e mi assicuro di guardarlo negli occhi per tutto il tempo necessario. Magari non riuscirà a convincersi che è la verità, ma vedrà che non ho paura, che è la caratteristica per eccellenza dei bugiardi.
Studia il mio sguardo in silenzio, avvicinandosi interessato, come se fosse attratto da quello che vede.
-Ci hai messo un po' a rispondere-
-Credevo volessi una risposta sincera- sollevo un sopracciglio, felice di poter cambiare espressione. Non posso sapere che cosa ha notato nei miei occhi, l'unica cosa che posso valutare sono le future conseguenze.
Jason sospira e si allontana velocemente da me, dirigendosi verso la porta.
-Va bene-
Cosa?
Quasi inciampo mentre scendo dal letto per raggiungerlo e impedirgli di uscire.
Mi aggrappo al suo braccio e lo strattono con tutta la forza che mi è rimasta. Un tempo non sarei riuscita a bloccarlo in nessun modo: è il triplo più forte di me, mi avrebbe trascinato con lui fino al corridoio senza grandi sforzi, ma adesso possiedo forza a sufficienza per farlo almeno fermare.
Potrebbe ignorarmi e proseguire ma sono disposta anche ad agganciarmi alle sue gambe per impedirgli di uscire da qui.
Se lui decide di attraversare quella porta io sono morta.
La mia sanità mentale si basa su poche piccole cose, e il mio ex istruttore è una di queste. Lui, e tutto ciò che stare al suo fianco comporta.
La nostra routine scandita dai suoi turni in palestra e dal mio allenamento; dal suo respiro la notte quando mi sveglio in preda agli incubi o al nervosismo per la mia astinenza forzata. Non posso far in modo che cambi, non adesso.
Non ora che il rapporto con mio padre sta mutando senza che io ne possa prevedere la forma.
Non ora che ho un'occasione di incontrare Ian, e questo dovrebbe essere il mio unico pensiero.
-Va bene? Che razza di risposta è?- esclamo strattonandolo più che posso, ma perfino la forza che mi conferisce il siero non è abbastanza.
-Credevo volessi una risposta sincera- ribatte usando le mie stesse parole, il suo tono è piatto, quasi indifferente.
Cerca di sfuggire dalla morsa delle mie dita ma non faccio che conficcarle di più nella pelle del suo braccio. Non ho intenzione di lasciarlo andare. Ho ancora tante carte da giocare e non se ne andrà prima che io le abbia usate tutte.
-Questa non è una risposta onesta- e cerco il suo sguardo in modo da incastrarlo con il mio. Se non ho l'energia per trattenerlo fisicamente, spero di convincerlo in un altro modo.
Se mi vuole abbandonare dovrà dirmelo in faccia.
-Lo è, Alexa. A me non importa se tu lo ami, io non so che farmene del tuo amore-
Le sue parole fanno più male di qualsiasi frustata io abbia mai ricevuto.
Hanno la stessa freddezza e precisione di un colpo di cintura, eppure quello non faceva crollare tutto ciò che avevo costruito. Ho imparato a recitare questo ruolo, che cosa succederà adesso che non devo farlo più?
Questa volta sono io che evito il suo sguardo, perché non so se riuscirò a supplicarlo mentre mi guarda con indifferenza.
-Ti prego, puniscimi e andiamo avanti. Farò qualsiasi cosa per...-
-Non posso punirti, le ferite della volta scorsa sono ancora fresche. A proposito, fammele vedere, devo controllare come stanno guarendo-
Vedendo che non ho intenzione di muovermi né tantomeno lasciare il suo braccio, cerca di accompagnarmi verso il materasso.
-Qualsiasi cosa, Jason. Qualsiasi- mormoro come un disco rotto, non riesco a pensare a nient'altro. È come se mi avesse privato di tutte le energie e l'unica cosa che posso fare è aggrapparmi a lui, nella speranza che non mi faccia cadere.
-Siediti e basta- mi dice, il tono meno gelido di prima. Mi spinge a sedermi sul bordo del letto e lui fa altrettanto.
Ho le guance bagnate e non ricordo nemmeno di aver iniziato a lacrimare come una stupida.
Perché non riesco a lasciarlo andare?
Perché mi sento così?
Quando gli rivolgo un'occhiata con la coda dell'occhio noto che è sorpreso, mi guarda come se fossi impazzita.
Forse lo farei anche io se potessi vedermi in uno specchio.
Non riesco a controllarmi.
Non capisco cosa sta succedendo.
Mi sento solo triste e sconfitta.
Jason mi chiede, questa volta con più dolcezza, di togliermi il maglioncino e io lascio che il tessuto bianco scivoli via da sopra la testa, senza mai rivolgere il capo verso di lui.
L'uomo al mio fianco rimane in silenzio mentre osserva le cicatrici che lui stesso mi ha procurato, quasi ammirandone la fattura. Appena la sua mano sfiora la mia schiena il dolore divampa in un attimo, concedendomi il coraggio di guardarlo. Non è arrabbiato.
O almeno, non lo sembra.
Le ferite continuano a pizzicare sotto il suo sguardo attento e basta che le sue dita si avvicinino troppo per farmi sobbalzare.
Poi, i suoi occhi cadono sulle mie braccia stanche, in particolar modo il braccio sinistro.
-Che cosa sono quelli?- mi avvicina a sé con uno strattone così da guardare meglio i lividi che mi macchiano la pelle. La sua presa è talmente salda che lascerà il segno, ne sono sicura, e fa così male che solo per un secondo mi sento più tranquilla. Questo so gestirlo eccome.
-Solo una nuova medicina che prendo-
-Cazzo, Alexa, non dirmi che è eroina o altro, perché ti giuro che-
-Non ho iniziato a drogarmi, Jason- ribatto, la sua agitazione non fa altro che nutrire la mia calma. Conosco queste dinamiche, so come funziona tra noi.
Questo è normale, non ciò che è accaduto prima.
Sembrava un incubo.
-E allora come lo spieghi?-
Ancora bloccata dalla sua morsa, cerco con il braccio libero la rete del materasso, tastando alla cieca. È lì che nascondo le pillole.
Gli porgo la scatola di siringhe e la Buprenorfina rimasta.
-Sto cercando di smettere e il dolore alla schiena non aiuta a superare i momenti di astinenza- confesso ed è la prima volta che lo dico ad alta voce.
Che ammetto che ci sono parti della giornata in cui non riesco a smettere di pensare alle pillole e ai loro effetti sul mio corpo.
Desidero l'apatia e la serenità che mi provocavano, l'unico modo per sopravvivere qui dentro. E quando il mio cervello realizza che non le avrà inizia a fremere e ribellarsi contro di me.
-Hai già preso la dose di oggi?- mormora senza staccare gli occhi dalla confezione.
Scuoto il capo e penso a Jules, sperando che non stia ad aspettarmi in infermeria troppo a lungo. Quel ragazzo riesce appena a tenere la siringa in mano, per questo sono ricoperta di lividi bluastri.
Non è esattamente il miglior infermiere, ma è discreto come alleato.
Jason afferra un po' di cotone da un cassetto del comodino, ancora pieno delle sue medicine, e del disinfettante.
So perfettamente quanti farmaci ci sono in quel cassetto, il numero esatto delle pillole in ogni scatola. Li ho contati tutti, per sicurezza, nel caso mi servissero.
Solo quattro di metadone.
-Credevo non volessi immischiarti in questa storia- rifletto ad alta voce e in risposta serra la mascella, come se si stesse trattenendo dall'aggiungere altro.
Mi trascina sulle sue gambe, in modo che io stia a cavalcioni su di lui. È terribilmente strano essere così vicina all'uomo che ho smesso di supplicare appena qualche minuto fa. Alla stessa persona che pensavo volesse lasciarmi da sola.
Sobbalzo quando sento il tocco freddo del cotone bagnato sulla mia pelle, anche se i suoi movimenti sono delicati e meticolosi.
-Perché lo stai facendo?- dovrei tenere la bocca chiusa e non fare domande di cui potrei pentirmi, ma non riesco ad andare oltre quello che è appena successo.
E se non faccio chiarezza nella mia testa non riuscirò mai a lasciarmi questa storia alle spalle.
-Perché ti stai distruggendo un braccio- e quasi per intimarmi di smettere con le domande preme su un livido facendomi tremare dal dolore.
Eppure perfino lui sa che non è sufficiente per zittirmi, non fino a quando non capisco a che gioco sta giocando.
-Quindi prima mi dici che devo cavarmela da sola, poi che non ti interessa se ti amo o meno e ora invece sei qui a farmi da infermiere-
Lo guardo soffocare una risata tra le labbra, deve trovare divertente qualcosa che non riesco ad afferrare.
-Sai, ti invidio molto. Vorrei anche io vedere il mondo e le relazioni come fai tu: con la convinzione che l'amore basti o che addirittura duri. È una concezione che trovo molto stupida negli altri, ma in te, dopo tutto quello che hai passato, lo trovo tenero. Ti ho detto la verità prima, io non voglio il tuo amore. Non saprei che farmene-
Sto per ribattere ma sento l'ago premere contro la mia pelle e farsi strada fino a quando la siringa glielo permette.
-Shh- mi intima a un passo dal mio viso, mentre mi tiene ferma per il braccio. Le sue mani sono decise e abili, impossibile confrontarle con quelle tremanti di Jules. Quando il medicinale inizia a bruciare cerco inutilmente di divincolarmi senza avere possibilità di sfuggire alla sua morsa.
Tira via la siringa in un unico gesto fluido e tampona con un altro po' di cotone e disinfettante.
Rimango in silenzio, con gli occhi chiusi e le labbra tremanti, in attesa che il dolore passi. Ho bisogno solo di qualche secondo.
-Io non sono in grado di amare, Alexa. Non ci riuscirei nemmeno volendo. E ho visto e vissuto molte più cose di te, so già che è un sentimento che non mi interessa. Non ti dà nessuna garanzia e non dura nel tempo- sussurra al mio orecchio poco prima di baciarmi il collo.
Lui non ha mai voluto lasciarmi andare.
Ma mi è bastato il solo pensiero che potesse farlo per mandarmi in crisi.
-Perché dovremmo volere l'amore se abbiamo molto altro?- le sue mani iniziano a salire lente sulla mia schiena, costringendomi ad aprire gli occhi quando percorre le mie ferite. Forse tra una settimana smetteranno di pizzicare.
-Queste non potrai mai più levartele di dosso. Continuerai ad odiarmi per tutta la vita per quello che ti ho fatto, e io farò altrettanto-
-Io non ti ho mai fatto nulla, Jason- ribatto, e il mio tono riporta con sé una lieve sfumatura di rabbia.
-Io ti odio perché riesci sempre a rialzarti, non importa quanto sia doloroso. Guardati, poco più di vent'anni e cerchi di gestire una dipendenza da farmaci da sola. E poi ti attacchi al mio braccio piagnucolando come una bambina perché non ti amo. Sei tutto quello che io sarei potuto diventare se avessi fatto scelte diverse. E alcune volte mi odio perché vorrei essere come te-
Entrambi nutriamo una parte dell'altro che consideriamo la peggiore.
Lui mi fa sentire debole, piccola e incapace di fare un passo da sola. Accende quella parte di me che odio, quella che pensa di meritarsi tutto questo. Quella che ha vissuto per anni sotto le torture e gli abusi, e che in fondo crede di non poter sopravvivere in altro modo, che non si aspetta di essere trattata diversamente. So che è viva dentro la mia testa. È quel brivido che precede il tocco della cintura, è la mano avvolta intorno al mio collo da cui non posso sfuggire. È quella sensazione orribile di sentirsi al proprio posto in tutte queste situazioni.
-Tu sei mia, Alexa. Anche se lo volessi, non riusciresti a rompere questo legame-
È la verità?
Non potrò mai lasciare andare questa storia?
Mi costringe a guardarlo tenendomi per il mento, le sue dita ruvide si aggrappano al mio viso.
Esita prima di riprendere il discorso, come se fosse indeciso se dirlo o meno.
-E io sono tuo, anche se lo detesto-
Non ho mai avuto niente in vita mia.
Io gli ho mostrato diverse volte che può scegliere se essere un mostro o meno. Ha lasciato che gli facessi la barba, che mi schierassi contro suo padre.
È la parte di lui che detesta, ma è l'unica che mi costringe a restare.
Ed è mia.
Mi appartengono tutte le volte in cui si cambia al buio la mattina presto per non svegliarmi.
Tutte le volte che ruba qualcosa di dolce dalla mensa e me lo lascia sul comodino.
Ogni carezza o abbraccio dato sotto le coperte sono merito mio.
Ed è strano perché non mi è mai stato concesso il lusso di avere nulla: non ci sono oggetti personali alla Base.
L'orologio di Ian era l'unica eccezione alla regola, ma anche quando l'ho vinto in quella scommessa, sapevo che non mi sarebbe mai appartenuto.
E fuori da qui, ogni volta che credevo di aver costruito qualcosa di mio, l'eco di questo posto trovava il modo di distruggerlo.
Non ho una casa, né una famiglia.
Ho mai avuto Ian?
Non nel senso che intende Jason.
Mi bacia tirandomi contro di lui con forza. In fretta la sua mano raggiunge il gancio del mio reggiseno, come se avesse aspettato fin troppo tempo per farlo.
Non dovremmo farlo, non adesso.
Le sue parole continuano a echeggiarmi in testa mentre ci baciamo, e non ho il tempo di mettere i pensieri al loro posto.
Il sesso tra noi è sempre stato una recita, l'ennesima punizione che dovevo subire per restare a galla.
Volevo solo sopravvivere e guadagnarmi la sua fiducia.
Ma adesso non c'è nulla di programmato nel percorso delle mie dita tra i suoi capelli o in quello delle mie gambe avvolte intorno al suo busto.
Non posso farlo.
Ho sempre tenuto la mia testa fuori da questa storia, non mi sono mai fatta coinvolgere emotivamente in nessuna delle volte in cui abbiamo scopato.
È solo questo, nulla di più.
È una questione del corpo, non della testa.
Posso sentire la mia pelle arrossarsi subito dopo ogni bacio, mentre la sua barba continua a sfregare contro il mio petto.
Vorrei avere più tempo per pensare al suo stupido discorso del legame, dell'amore e tutto il resto.
Vorrei non avere la mente affollata dalla sua voce.
Ma lui mi ha già spinto contro il materasso, sotto il suo corpo.
Non mi lascia il tempo di smaltire l'euforia del buprenorfene o del peso delle sue parole, le sue mani hanno già raggiunto l'orlo dei miei pantaloni.
Ho il fiato corto, le guance arrossate e il seno torturato dai suoi morsi.
Non dovrei sentirmi così.
-Jason, aspetta- sussurro quando riesco a trovare la forza di parlare. Le sue dita hanno già incominciato ad accarezzarmi e io non riesco a stare ferma, ho appena il controllo delle mie gambe tremanti.
-Che c'è? Vuoi andare in corridoio a farlo? Così avranno foto di noi da guardare- risponde staccandosi solo per il tempo necessario di togliersi la maglia.
Perché sento che questa volta non è come tutte le altre?
Ci sono troppi sentimenti nell'aria per essere solo sesso. Non solo quelli tra noi, mi sembra di aver condotto fino a qui anche le emozioni della riunione. La preoccupazione per l'interrogatorio, l'imbarazzo fino alla vergogna, il sollievo causato dalla voce di Ian, giacciono tutti in questa stanza.
È un groviglio pericoloso e mi sembra di star solo ingarbugliando i fili sempre di più. Non sono abbastanza lucida per fare chiarezza.
L'orologio di Jason lo costringe a fermarsi prima di ritornare sopra di me, come il predatore che è sempre stato.
Silenzia il fastidioso suono di una notifica e sbuffa seccato.
-Devo andare, starò via un paio d'ore- commenta tornando ad assumere il suo ruolo di istruttore.
Evito di emettere un sospiro di sollievo, anzi, recito la mia parte e gli chiedo di restare, anche se già so che non è possibile.
Ho bisogno di stare da sola.
Mi afferra una coscia con forza, quasi strattonandola verso di sé, e poi, lentamente e con dedizione inizia a baciare il suo interno.
-Ho la mezza idea di legarti al letto fino al mio ritorno- non smette di accarezzare la mia pelle con la lingua fino a quando non mi sente tremare.
Pessima idea.
-Lasciami libere almeno le mani, mio padre mi ha chiesto di vederci per parlare del libro e io devo ancora scoprire se ci sono altri messaggi-
Se prima non vedevo l'ora di scoprire quello che mi aveva scritto Ian, adesso ne ho paura.
Molta di più dell'uomo che sta davanti a me. So che appena Jason uscirà dalla stanza tutte le emozioni rannicchiate negli angoli mi salteranno addosso.
E l'unica cosa che riesco a pensare è che questa medicina non è sufficiente per combatterle.
Il proprietario della stanza mi afferra per il braccio e mi bacia ancora, anche se io riesco appena a reggermi in piedi.
Rimango sorpresa da quella parte di me che abbocca alla sua trappola e lo stringe aggrappandosi alle sue labbra.
È come se non potessimo separarci.
Mio padre crede che io abbia messo a Jason un guinzaglio al collo, ma solo quando esce dalla nostra camera inizio a notare il filo del mio.
Questa relazione alla fine distruggerà entrambi.
E non ho idea di come arrestare la crescita del nostro legame, forse mi sono spinta troppo oltre.
Avremmo dovuto continuare a vivere secondo le regole del nostro precedente rapporto e forse in questo modo il nostro legame si sarebbe spento col tempo.
"Non potresti andartene nemmeno se lo volessi"
È la verità?
Ho rinunciato a tutto per costruire una prigione ben più solida di quella in cui mi trovo?
Prima di aprire il libro, vado in bagno a lavarmi e mi infilo un maglione pulito. Mi sento terribilmente sporca a leggere i messaggi di Ian con il segno dei baci di Jason sul corpo.
E vorrei rimandare a un momento migliore, ma non ho idea di quando arriverà.
Né so se voglio veramente che accada.
Ho paura di scoprire cosa penserà di me.
Debole, piena di problemi e senza un vero controllo del mio talento.
Gli sarò più di intralcio che utile.
Serrando le labbra mi costringo ad aprire il libro, sfogliando le pagine fin quando le scritte verdi non tornano ad apparire.
La sua scrittura risalta tra le nozioni di economia e i dati delle statistiche, lasciando che io intraveda il senso di tutto questo.
Perfino Jules non mi è stato d'aiuto nell'interpretarlo, fornendomi solo un riassunto degli argomenti principali trattati. Avanti Ian, non posso credere che tu abbia scelto un libro a caso.
Le lettere scritte in corsivo richiamano subito la mia attenzione, impedendomi di rimuginare troppo su questo pensiero.
Evans, se sei sorpresa di leggermi in queste pagine è del tutto ragionevole, lo sono anch'io. Sorpreso intendo, ragionevole non sempre. Credo di star rischiando fin troppo a scriverti questi appunti invisibili ma ho l'impressione che sia necessario ai fini del piano che sia io a spiegarti cosa succederà.
Le lentine perderanno efficacia in 48 ore e pian piano questo testo sbiadirà fino a scomparire.
La sua scrittura conserva ancora un verde acceso, ma non ho idea di quanto tempo ancora sia rimasto.
Devo calcolare dal momento in cui le ho messe? O erano già attive prima?
Quindi se sei di fretta e hai bisogno di risposte, leggi pagina 78, 132, 156
Se invece vuoi perdere tempo a chiacchierare con me puoi continuare a leggere girando pagina.
Chiacchierare?
Come ha intenzione di farlo?
Rimango a fissare il numeretto in fondo alla pagina, indecisa su cosa fare.
Dovrei trascrivere le informazioni del piano su un altro foglio e tenerle al sicuro nel caso succeda qualcosa al libro, ma il mio cuore non riesce a rallentare la corsa da quando ha riconosciuto Ian nel testo.
Ho bisogno di lui.
Giro pagina e metto a tacere i sussurri delle mie emozioni, sono come in guardia intorno al letto, in attesa di assalirmi.
Evans, vorrei solo sapere come stai.
Non devi dirmelo adesso, so già che mi mentiresti.
Devi dirmelo quando ci vedremo. Devi guardarmi negli occhi e dirmi la verità, non importa quanto possa essere brutta.
Abbiamo passato di peggio.
Come farò a guardarlo negli occhi e a dirgli di tutti i farmaci che ho preso?
Di tutto quello che ho fatto con Jason?
Di tutte le persone che ho ucciso, delle mani che mi hanno toccato, delle punizioni che ho ricevuto.
Non sono più in grado di quantificare il peggio ormai.
Non voglio che mi racconti quello che ti è successo, non in quel momento. Mi devi solo dire qualcosa, anche di stupido, e io capirò. Ho solo bisogno che ti apri con me per un secondo. Avremo tempo per parlare meglio.
Non riuscirei mai a mentirgli.
Non così, non la prima volta che lo vedo dopo tutto questo tempo.
Quanto è passato?
Mi sembra di non aver mai lasciato la Base.
E che tutto quello che abbiamo passato all'esterno sia stato solo un sogno.
Giro pagina e cerco le sue note tra le righe, tirando un sospiro di sollievo quando ne trovo altre.
Non può troncare il discorso in quel modo, anche io devo sapere come sta.
Ti sembrerà assurdo ma questa mi sembra la prima vera conversazione da giorni.
Mi strappa un sorriso.
Ci credo eccome.
Ho preso una decisione e non so ancora calcolarne le conseguenze.
Alcune volte mi sembra di star commettendo gli stessi errori del passato.
Ian, che stai facendo?
È probabile che si sia chiuso in se stesso e abbia lasciato tutti gli altri fuori.
Speravo che Drew lo avrebbe aiutato, che gli avrebbe impedito di farlo.
Tra me e Drew va bene, lo so che ci stai pensando.
Se dubiti di me, Evans, aspetta di vederci insieme.
Ti assicuro che mi sono comportato bene con lui. La maggior parte del tempo.
Adesso smettila di sorridere, mi dirai che avevi ragione di persona.
Ma più cerco di smettere più le mie labbra si curvano all'insù, talmente tanto che mi fanno quasi male.
Sento di essermi persa così tante cose.
Avrei voluto essere al suo fianco.
Temo di non essere all'altezza del compito che mi hai affidato.
Non sono un leader, sai che non lo sono. Mi conosci meglio di chiunque altro.
È vero, non lo è.
È molto meglio di questo.
Ian è un giocatore.
Il suo modo di pensare non sarà adatto a guidare un gruppo di ragazzi, ma sa come vincere ogni partita.
Ed è quello di cui abbiamo bisogno.
La verità è che sono giorni che cerco di controllare il mio lato irrazionale. Mi sono detto che era per il bene della missione e del gruppo, ed il minimo che potessi fare per rivestire il ruolo di capo.
Ma in realtà ho paura.
Perché ogni volta che chiudo gli occhi rivedo i nostri giorni insieme nel minuscolo divano-letto di Chloe. Ti sento ridere e prendermi in giro.
Sono così reali, così vividi che alcune volte mi sveglio per controllare che tu stia dormendo al mio fianco.
E mi sembra di perderti ogni volta.
Sei l'unica che poteva ritorcere il mio talento contro di me.
Jason dice che l'amore è un sentimento che non dà nessuna garanzia, che non dura nel tempo.
Allora perché mi ritrovo rannicchiata sul letto a piangere come una stupida leggendo delle parole che mi sembrano fatte della stessa sostanza?
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