Capitolo 42
Drew
-Era da tanto che non passavamo una serata tranquilla insieme- ammette mia madre una volta allontanate le labbra dal bicchiere di vino.
È vero.
Non che prima fossero così frequenti, ma alcune volte capitava che la sera ci incontrassimo nel salotto vicino alla sua camera da letto, poco prima che lei andasse a dormire. Mi chiedeva della mia giornata, della musica e degli studi, e parlavamo un poco fino a quando non si alzava dalla poltrona con la scusa di avere tante cose da fare il giorno dopo, per cui era necessario ritirarsi presto.
Alcune volte, come oggi, Brian ci raggiungeva dopo aver svolto le ultime faccende e aver congedato i camerieri, portandoci lui stesso del tè caldo.
-La nostra vita è decisamente più...caotica di come era qualche mese fa- la voce di Brian è accompagnata dal suono delle tazzine di porcellana che tintinnano al contatto con i piattini finemente decorati. Lo osservo, incantato dai suoi modi eleganti, le sue mani reggono la teiera decise, senza tremare. Non è mai incerto, i suoi movimenti sono sempre fluidi e naturali.
-Se questo è il prezzo da pagare per avere mio figlio di nuovo a casa, sono disposta ad accettarlo-
Avvicino la tazzina alle labbra in fretta, così che le parole non sfuggano al mio controllo.
È praticamente sparita da quando ci sono i ragazzi.
Non era solita a trascorrere giornate in casa nemmeno prima, ma adesso non si ferma neanche per dormire.
Una volta prima di uscire mi ha detto che era necessario che lei stesse fuori città a lungo per sbrigare diverse faccende e assicurarsi di tenere gli estranei e i sospetti lontani dalla nostra casa.
Forse questo è l'ennesimo tentativo di sottrarsi alle sue responsabilità.
Sospiro al sentire il sapore dolce del tè preparato da Brian. Perché oggi sono così cattivo con lei?
Dal momento in cui ho deciso che questa sarebbe stata la situazione perfetta per dirle come stanno le cose, non ho fatto altro che vederla come un nemico, e non come mia madre.
Mi sto già preparando per la guerra prima ancora che il conflitto sia iniziato.
Non voglio ferirla, ma so che lei non avrà lo stesso riguardo nei miei confronti.
Sto solo provando a giocare ad armi pari, ecco tutto.
Non c'è nulla di male in questo.
Ma quando abbasso lo sguardo sul contenuto della tazzina, mentre il liquido scuro si increspa sotto il mio respiro, penso che vorrei solo scappare da qui.
-A proposito, posso sapere perché Ian non è qui con noi?-
-Il signorino non è tornato a casa, il ragazzo con cui è uscito dice che sta bene ma che passerà la notte fuori. "Deve risolvere qualche casino" ha detto- nonostante la buffa imitazione del tono di Maverick, la sua voce non riesce a nascondere una nota preoccupata.
Nemmeno a me piace l'idea che Ian non sia tornato.
Nessuno di noi due sarà tranquillo finché non riceverà notizie da lui in persona.
Mia madre si limita a storcere le labbra, pensierosa, ma non ci rende partecipe di quello che le passa per la testa.
Guardo Brian posare la teiera sul vassoietto, ancora abbastanza piena, nel caso in cui la padrona di casa ne volesse un po' finito il vino.
È piuttosto improbabile che accada, ma lui è sempre pronto anche alla più remota possibilità: c'era un periodo in cui mi continuava a ripetere che il peso di una piccola accortezza fatta in tempo è appena percepibile, ma la sua assenza pesa cento volte tanto.
E non credo che questo suo precetto parli di tè e biscotti.
-Sono certa che Ian sappia quello che fa- esclama alla fine del suo giro di pensieri.
-Sicuramente-
Rimaniamo in silenzio, ognuno riflette sulle parole dell'altro, nella speranza di farsi conforto.
Sono preoccupato per il mio gemello, ma so che sta bene.
Lo sentirei se non fosse così.
O almeno è quello che si dice sempre sui fratelli gemelli: che hanno una specie di sesto senso, un legame che non si ha con nessun altro membro della famiglia.
O forse con nessun altro in generale.
Senza poter far nulla per evitarlo, penso a Nick.
A quanti di questi legami lui abbia con diverse persone. Quello che viene considerato un attributo speciale, un'eccezione, per lui è la normalità.
Sente cosa provo e conosce le mie intenzioni ancora prima che io apra bocca.
L'immagine del pomeriggio in giardino appena trascorso si fa largo nella mia testa. Vorrei sfuggirne, ma il suono delle nostre risate ha già iniziato a riecheggiare, quasi porgendomi una distrazione dalle solite domande di mia madre a Brian sulla gestione della casa.
Avrebbe dovuto allenarmi tutto il giorno, ma la situazione è andata diversamente nelle ultime ore di luce prima dell'arrivo della sera.
L'ho rincorso fino a quando non avevo più fiato, incapace di stargli dietro. L'ho perso di vista quasi subito dopo la partenza, e dopo l'unica cosa che potevo scorgere ogni tanto erano i suoi capelli biondi tra il verde delle siepi. Solo un per un attimo, un piccolo luccichio che svaniva una volta girato l'angolo. Non sarei mai riuscito a raggiungerlo, e a giudicare dagli sguardi degli altri atleti in giardino, nessuno sarebbe stato in grado.
Accettato il fatto che Nicholas fosse un fulmine, non mi ero ancora arreso all'idea di inseguirlo per tutta la giornata.
Non potevo batterlo nel suo talento, ma conoscevo quel giardino molto meglio di lui.
Così, con calma, avanzando tra i viali rigogliosi e curati, ho iniziato a pensare al tragitto che aveva imparato a memoria. L'aveva percorso così tante volte che non rallentava più per la paura di scontrarsi contro qualche albero. Ma visto il poco tempo a disposizione per memorizzare l'ambiente, lo schema rimaneva sempre lo stesso.
A passo svelto, troppo stanco per ricominciare a correre, mi ero diretto nella direzione opposta, nella speranza di beccarlo alla fine del percorso. Prima o poi ci saremmo incontrati, lui veloce come un treno in corsa, io che mi reggevo appena in piedi.
Detesto ammetterlo ma Ian aveva ragione quando ha detto che non possedevo la preparazione necessaria.
Di certo non sono agile o atletico come loro, ma non ho nemmeno la loro celerità nell'eseguire gli ordini, il mio primo istinto sembra essere bloccarmi. I miei muscoli diventano di pietra e mi è impossibile continuare, soprattutto se l'indicazione arriva all'improvviso.
E più Nick cercava di spiegarmi che a quest'ora sarei già morto, più mi rendeva nervoso.
Non sono abituato a tutto questo.
E una parte di me pensa che non dovrebbero esserlo nemmeno loro.
Ho scorto il mio ragazzino biondo sbucare da dietro un muretto ricoperto di edera, lo osservavo avanzare nella mia direzione senza nessuna incertezza.
Non una volta che le sue gambe dubitassero della sua memoria.
Mi era bastato allungare le braccia e catturarlo in una morsa decisa per fermare la sua corsa.
Ma la sua velocità era tale da spingere entrambi a terra. L'ho stretto come potevo, in modo che non si facesse male mentre rotolavamo sul sentiero di pietra. Ricordo come il suo corpo era avvinghiato al mio, i nostri arti intrecciati e la mia mano sulla sua nuca. Non credevo sarebbe finita così, forse ci speravo soltanto.
-Cazzo, mi hai fatto spaventare!- aveva esclamato appena il suo cuore si era deciso a calmarsi. Lo sentivo martellare sulla cassa toracica, insieme al suo respiro affannoso.
-Ma se senti il mio odore da metri e metri- gli avevo fatto notare senza smettere di sorridere. Non c'era nessuno in quella zona del giardino, potevamo essere noi senza il peso degli sguardi degli altri. Sebbene Nick non abbia nessun problema a rendere esplicita la nostra relazione, allenarsi con lui e con i suoi compagni è stato strano, era una dinamica a cui non eravamo abituati.
-Si ma non potevo prevedere...- gesticolava nervoso cercando di raggiungere con i polpastrelli le mie braccia e le mie spalle -questo- mormorò alla fine.
-Ammettilo che sei solo infastidito dal fatto che ti ho raggiunto-
-Non vale visto che hai barato- e ricordo di aver visto il suo sorriso trasformarsi in una smorfia.
-Nick, non lo dico per giustificarmi, ma sei probabilmente la persona più veloce al mondo, nessuno può raggiungerti senza barare- il suo viso si era illuminato all'istante e aveva subito raddrizzato la schiena in un moto d'orgoglio. Mi è piaciuto vederlo a suo agio, sicuro di sé mentre mi mostrava il suo talento. Lui vede la corsa come io vedo la musica, hanno la stessa importanza nella nostra vita perché solo quando sfoggiamo le nostre abilità sentiamo di avere veramente il controllo. Di essere chi dovremmo essere.
-Sono contento di averti dimostrato che sono molto di più di un bel faccino, di una personalità affascinante, di un corpo divino...-
Nessuno dei due era riuscito a trattenersi dal ridere. Vorrei essere ancora lì, seduto a terra, con le braccia leggermente sbucciate e con quel ragazzino biondo sopra di me. Ancora adesso non so dire quante battute dopo iniziammo a baciarci, ma so che nessuno dei due voleva smettere. Non che ci fossimo trattenuti nei giorni precedenti, ma oltre la sera in cui avevo suonato per lui, non ci era stato concesso molto tempo.
-Stavo pensando che non sarebbe male...- aveva sussurrato al mio orecchio mentre la sua mano si infilava impaziente sotto la mia maglia.
-Cosa?-
-Farlo qui, in giardino- potevo sentire le sue labbra baciare ogni centimetro di pelle dalla mascella al collo. Non riuscivo nemmeno a pensare lucidamente. Sapevo solo di volerlo, più di qualsiasi cosa. Volevo lui, il suo corpo, i suoi capelli arruffati tra le mie dita. Ma ero abbastanza sano da ribattere: -Non faremo sesso per la prima volta tra le formiche-
L'ho sentito ridere sulla mia clavicola mentre le mie mani continuavano a lambire le sue gambe, assicurandomi che fosse comodo su di me.
-Allora lo segno come posto per la seconda volta? O forse è troppo informale e quindi slitta alla terza?- ha fatto finta di rifletterci su, portandosi una mano sotto il mento.
-Quindi sei così sicuro di te da pensare che ci sarà una terza volta?- ho sollevato un sopracciglio, divertito dalla scena. Stare con Nick iniziava ad essere come suonare.
-Penso di essere andato molto bene la scorsa volta, o sbaglio? Magari ho interpretato male, ma ricordo perfettamente di averti sentito dire: "Cristo Nick, non sono mai stato così bene in tutta la mia vita". Ma forse hai bisogno che ti rinfreschi la memoria?- e le sue dita scattarono subito verso la mia cintura, approfittando che fossi troppo occupato a ripensare a quella sera per fermarlo.
Cazzo, ho detto davvero così?
La sola immagine della testa di Nick tra le mie cosce riesce a farmi venire i brividi.
-Drew? Drew!- il richiamo di mia madre è così improvviso che per poco non mi soffoco con il tè.
L'ipotesi che lei possa avere immaginato i miei pensieri mi fa venire voglia di sparire.
-Tutto bene? Non hai detto una parola...- mi guarda con i suoi occhi scuri mentre tossisco, non oso rivolgere nessuno sguardo a Brian, so bene che lo ritroverei a sorridere a sotto i baffi.
Dio che imbarazzo.
-A che stavi pensando?- solleva un sopracciglio, curiosa.
Mia madre non permette a nessuno di conoscere i suoi pensieri, ma ha la necessità di conoscere quelli degli altri, un comportamento che Ian sembra avere ereditato perfettamente.
Alcune volte quando mi ritrovo a parlare con uno dei due mi sento incastrato tra due muri, e a ogni parola li sento avvicinarsi a me bloccando ogni via d'uscita, fino a schiacciarmi.
Io non somiglio a loro due.
Mi sento molto più vulnerabile a livello emotivo; più cerco di togliermi dalla testa i momenti con Nick, più riaffiorano con prepotenza. E Ian dice che si può intuire tutto dal mio sguardo.
-Nulla di importante- mormoro finendo quel poco che è rimasto nella tazzina.
Ancora qualche secondo e mia madre inizierà a torchiarmi come un agente di polizia.
Chiedo aiuto a Brian supplicandolo con gli occhi di intervenire e mi accorgo che anche lui non riesce proprio a nascondere le sue emozioni: si sta divertendo da morire in questa situazione.
Io e lui faremo una chiacchierata più tardi.
-Lo sapeva che Drew ha ripreso a comporre?- annuncia dopo essersi finalmente convinto a fare qualcosa per alleviare il mio imbarazzo.
Per la prima volta dall'inizio della sera il suo viso si lascia andare in un'espressione piacevolmente sorpresa e posa il bicchiere sul tavolino accanto a lei.
-Sul serio? Devi farmi sentire qualcosa, è da troppo tempo che non ti sento suonare-
-Brian esagera, non è nulla di che, ma posso suonare per te ogni volta che vuoi, madre-
Lei solleva un angolo delle labbra, soddisfatta di questa risposta. Sono venti anni che mi alleno a dire quello che vuole e a soddisfare le sue aspettative in ogni campo.
-Invece io credo che abbia trovato una nuova ispirazione. Oserei dire che lei sia stato folgorato- mi volto verso il maggiordomo di scatto, facendolo divertire ancora di più.
Lo so che avevo deciso di parlare a mia madre di Nick, ma in questo momento mi sembra una pessima idea.
-A proposito, vorrei che parlassimo della tua carriera, Drew. So bene che l'arrivo di Ian ha rivoluzionato le nostre vite, ma tu dovresti riprendere le lezioni in modo da completare i tuoi studi. E poi ci sono i concerti e il posto che ti avevano offerto nell'orchestra e...-
-Non sarebbe meglio risolvere la situazione di Ian prima?-
Come può parlare dei miei studi quando il mio gemello potrebbe venire catturato e rinchiuso sottoterra?
Mantengo la calma, mostrarmi preoccupato la metterebbe sulla difensiva e a quel punto la conversazione sarebbe impossibile.
-Sono veramente contenta che i miei figli si siano riappacificati, ma Ian ha le sue battaglie da combattere. E non sono le tue. Noi dobbiamo proseguire con la nostra vita altrimenti ci ritroveremo nei guai, e non potremmo essergli di alcun aiuto-
Il suo tono è serio, non sta contrattando, parla come qualcuno che ha già preso una decisione.
Senza nemmeno chiedermi un parere.
O peggio, dando per scontato che io seguirò i suoi ordini.
-Ian ha trovato un nascondiglio più sicuro per i ragazzi, mi ha detto che si sposteranno a breve- annuncia come se fosse una novità, ma rimane interdetta a vedere che io e Brian già lo sappiamo. Non aggiunge altro, si limita a potarsi le mani intrecciate in grembo, leggermente infastidita. Detesta non avere il controllo della conversazione, ma vista la sua assenza non può sul serio aver pensato che gli equilibri sarebbero rimasti come prima.
Mi concedo solo un respiro profondo prima di iniziare una conversazione di cui mi pentirò.
-Madre, capisco la tua preoccupazione, ma io non posso rimanere qui e andare avanti con la mia vita mentre non so se mio fratello è vivo o no. Abbiamo passato gli ultimi vent'anni così ed è stato tremendo- inizio cauto, quasi sondando il terreno.
Ci guardiamo negli occhi, questa volta sul serio.
Senza frasi di circostanza, senza regole di etichetta. Solo io e lei.
Siamo gli unici a sapere quanto abbiamo sofferto. E non riesco nemmeno ad immaginare cosa stia pensando Brian, colui che ha dovuto badare ad entrambi per così tanto tempo. Ignorare il suo ruolo nella nostra vita sarebbe da stupidi.
Ancora prima che iniziassimo a bere il tè prima di andare a letto, nelle serate tranquille come questa, Brian faceva un giro ben diverso.
Controllava che tutto in casa fosse al suo posto, stilava una lista di cose da fare il giorno dopo e poi mi raggiungeva nella mia stanza.
Stava con me tutto il tempo necessario per farmi addormentare e quando chiudeva la porta augurandomi buonanotte, lui non andava nella sua camera a riposare, ma si dirigeva in quella di mia madre. Le chiedeva come stesse quel giorno e la invitava a fare una passeggiata in giardino, in silenzio, la sera, quando tutti erano andati a dormire ma le luci erano ancora accese.
Era l'unica volta in cui lei usciva di casa e, forse, lui era l'unica persona con cui lei parlava, oltre i medici e una cameriera.
Quindi se lei vuole fingere che questo dolore non ci sia mai stato e vuole raccontarsi che adesso siamo molto più forti e possiamo sopportarlo, perché non guarda negli occhi l'uomo al mio fianco?
É facile sostenere il mio sguardo, perché entrambi raccontiamo solo una parte della storia, la nostra.
-Drew, apprezzo la tua solidarietà nei confronti di Ian, ma non posso rischiare di perdervi entrambi. Non voglio che tu faccia niente di pericoloso- questa volta il suo tono è meno sicuro, quasi fragile. Quello che dovrebbe essere segno di cedimento in realtà è un avvertimento a non tirare troppo la corda.
-Allora non dovevi accettare di far venire i ragazzi qui. Non dovevi combinare un incontro con i militari con quel ballo e non dovevi coinvolgere Margaret. Ormai siamo dentro questa storia, mamma.-
La mia voce non è mai stata così ferma, stento a riconoscermi.
Più lei perde potere nella conversazione e più io ne guadagno, è come un tira e molla.
-Qualsiasi cosa tu abbia deciso, io volevo dirti che seguirò Ian-
Sono giorni che ci penso.
Ho riflettuto su come dirglielo. La parte più vigliacca di me ha suggerito di sparire il giorno della partenza dei ragazzi e lasciarle una lettera. Ma non potevo farle questo, e non potevo farlo a me stesso.
Questo pomeriggio l'ho detto a Nicholas. Non so perché stessi aspettando, forse per l'ennesima volta avevo paura.
Anche se avevo quel ragazzino seduto su di me, anche se lo stavo baciando ovunque, temevo di star immaginando tutto. Magari lui non voleva veramente che io li seguissi, forse quella sarebbe stata la scusa perfetta per mettere fine alla nostra relazione, per liberarsi di me.
Quando gli ho rivelato questi pensieri è scoppiato a ridere. Non per prendermi in giro, anzi, continuava a ironizzare e a chiedermi dettagli delle situazioni che esistevano solo nella mia testa. Non ho mai conosciuto nessuno che riuscisse a smontare le mie paure con così tanta facilità, di solito le persone sono solite accrescerle senza nemmeno accorgersene.
-Brian, vorrei un tuo parere- mormora toccandosi le tempie come se avesse mal di testa. Eccola che inizia. È un copione che conosco bene, ma di cui non ho mai visto l'atto finale.
Il maggiordomo si irrigidisce all'improvviso, e parla solo dopo aver posato la tazzina sul vassoio.
-Io credo che se il signorino Drew ha deciso di seguire il fratello, non c'è nulla che possiamo fare per fermarlo. Possiamo non condividere la sua decisione o essere preoccupati, ma questo non cambierà le cose-
La voce di Brian è esterna a qualsiasi gioco di potere ci sia tra me e mia madre. È solo pacata ed elegante, impossibile da contraddire.
La padrona di casa sospira e si tocca i lunghi capelli neri, riflettendo sulla discussione.
Dovrei dirglielo. Questo è il momento.
Non ricapiterà mai più.
Eppure ogni volta che provo ad aprire la bocca sento la gola annodata, incapace di produrre qualsiasi suono.
E se mi odiasse?
Avevo fatto la stessa domanda a Nick, qualche ora prima. Il cuore rimbombava nella mia testa proprio come adesso.
Proprio mentre stavo per slacciargli i pantaloni, sul punto di cedere all'idea di farlo sul serio in giardino, avevo sentito chiaramente la voce di mia madre percorrere i viali con una cameriera. In fretta avevo stretto Nick al petto, trascinandolo all'ombra della siepe dietro cui ci eravamo rifugiati.
-Drew, che cos...- lo avevo zittito con un bacio, di fretta, senza metterci troppa passione. Dovevo rimanere all'erta, capire quanto fosse vicina. Non riuscivo a distinguere il suono dei suoi passi da quello del mio cuore impazzito, avevo la percezione che stesse camminando con la stessa rapidità. Se lo avesse scoperto in quel modo sarebbe stata la fine.
Vedendomi con un ragazzo sulle gambe e con le sue mani sotto la mia maglia, avrei attaccato molto più della sua idea tradizionale di coppia. Avrebbe iniziato a parlare di decoro e etichetta e si sarebbe aggrappata a qualsiasi cosa pur di mostrarmi di avere ragione. Sarebbe stato un disastro.
Nicholas aveva smesso di accarezzarmi e aveva lasciato riposare la sua testa su di me, ascoltando il fracasso prodotto dal mio cuore e il mio fiato corto non per l'eccitazione. Aveva aspettato pazientemente che le due donne cambiassero strada e che le loro voci si allontanassero, disperdendosi tra le foglie dei cespugli di rose. Non aveva detto una parola fino a quando non avevo mormorato un "mi dispiace", troppo debole per essere sufficiente.
-Tu pensi che ci sia qualcosa di male in quello che facciamo?- aveva chiesto d'un tratto. Il suo tono era sereno, non era turbato dal mio comportamento, ma la sua domanda sembrava celare molto di più.
-No, io...- mi aveva lasciato interdetto. Non lo pensavo, ma al tempo stesso una parte di me si è sempre comportata come se dovessi nasconderlo.
-No, Nick. Non lo penso.- ammisi in fine, perso ad osservare le mie dita vagare sulla sua pelle sudata, sembrava brillare sotto la luce del sole. -Ma non credo che importi. Non fino a quando lei pensa il contrario. È che non voglio deluderla-
-Perché dovresti? Da quanto ho capito hai passato la tua intera vita a compiacerla...-
-E se adesso iniziasse ad odiarmi?- mi tremava la voce. Riflettere su questa possibilità fa molto meno male che dirlo apertamente, lo fa sembrare più vicino alla realtà.
-Allora forse lei non merita di averti come figlio-
Si era pentito della sua frase quasi subito, mordendosi il labbro come se gli fosse scappata in un momento di distrazione.
-Scusami, non dovevo dirlo. Non ho avuto nessun tatto nonostante sapessi che è un argomento difficile per te. Cazzo scusami, veramente. Non devi ascoltarmi. Che ne so io? Non ho mai avuto dei genitori, non ho idea di cosa si provi, non dovrei darti consigli- non capitava spesso di vederlo così. Continuava a scusarsi, toccandomi appena, come se avesse paura che mi ritraessi, che a un certo punto non avrebbe più trovato il mio corpo lì dove lo ricordava.
In verità non mi aveva offeso con le sue parole.
Anzi, mi ero sentito come se avesse aperto una porta che non avevo considerato. Una possibilità che forse era stata nella mia testa, ma che non avevo avuto il coraggio di far diventare reale.
Non avevo mai messo in discussione il ruolo di mia madre nella mia vita. Ho sempre dato per scontato di vivere per accontentarla, per renderla felice. Come se i nostri percorsi fossero intrecciati indissolubilmente: se io fossi inciampato, anche lei avrebbe fatto altrettanto. E se non fosse così?
-Non devi scusarti, Nick-
- È che detesto sentirti tremare ogni volta che c'è la possibilità che lei lo scopra. Per quell'istante non riesco nemmeno a riconoscere l'odore della tua anima. Io non so com'è avere dei genitori, ma so cosa si prova a vivere in una gabbia, Drew.-
Mia madre si alza dalla poltrona di velluto e si dirige alla scrivania in fondo alla stanza.
È appena iniziato il secondo atto. Ci ignorerà fingendo di avere cose più urgenti da fare, e si rifugerà nel lavoro per per scappare dai suoi stessi pensieri.
-Se per questa sera abbiamo finito...- indica con un raffinato movimento del capo le carte impilate sul tavolo.
Mi ha già concesso di seguire Ian nel nuovo rifugio, è già qualcosa.
Non dovrei esagerare.
So già che passerà la serata a rimproverarsi di aver chiesto pubblicamente un parere a Brian, è difficile che lo contraddica davanti a me. Sa che la situazione nella stanza diventerebbe ingestibile perfino per lei, abituata a contrattare con le persone dell'alta società.
Il problema di mia madre è che vede ogni questione come un affare, dove entrambe le parti dovranno perdere qualcosa, ma lei dovrà sempre guadagnarci.
-In realtà c'era qualcos'altro di cui ti volevo parlare-
Non posso andarmene senza dirglielo.
Di scatto la mano di Brian si posa sul mio ginocchio, in segno di conforto. È incredibile come riesca a calmarmi solo standomi vicino. Lei la nota e il suo viso si rabbuia.
-Io...ho conosciuto una persona e...-
Mi sento la testa vuota. Ho scordato qualsiasi cosa volessi dirle. Non è rimasta una parola dei lunghi discorsi preparati nella mia stanza, camminando avanti e indietro, ipotizzando ogni scenario.
Non ricordo nulla.
-E dunque?- mi incalza, il tono si trova in una sottile zona tra curioso e impaziente.
Come faccio a dirglielo? E se il suo odio diventasse reale?
Fin quando è nella mia testa posso gestirlo, ma riconoscerlo nel suo sguardo...
-Ecco, è uno dei più cari amici di Ian e-
-Per caso parliamo di quel ragazzino non-vedente a cui badi di solito?- mi blocco, pietrificato dalle sue parole. Lo sapeva? Perché non ha mai detto nulla a riguardo allora?
Analizzo la sua espressione e non sembra esserci traccia di delusione o risentimento, ho l'impressione che sia distante. Forse ha esagerato con il vino.
-Quindi...cioè, a te sta bene? Non hai nulla da dirmi in merito?- vorrei stringere la mano di Brian, ma i miei muscoli sono ancora bloccati dall'assurdità di questa situazione. Non è da lei.
-Perché non dovrebbe? Alcune cameriere mi hanno detto di averti visto contento dopo tanto tempo. E Brian dice che sei tornato a comporre. Forse l'arrivo di questi ragazzi della Base ha giovato più di quanto pensassi alla tua vita, è tanto che non avevi degli amici- per fortuna è troppo occupata a sistemare i documenti sul tavolo per prestare attenzione alla mia espressione, avrebbe capito tutto solo guardandomi. Potrei lasciarla nella sua bolla e illuderla, poi iniziare una vita completamente slegata dalla sua. Per farlo però dovrei uscire dalla stanza senza incrociare lo sguardo di Brian, basterebbe appena un attimo per farmi desistere.
-Mamma, io e Nicholas abbiamo una relazione- dico di scatto, è stato sufficiente sentire i muscoli delle gambe tesi, pronti ad alzarsi e scappare. Non è quello che voglio.
Mia madre non reagisce con la stessa rapidità delle mie parole, rimane in silenzio, quasi non mi avesse sentito. La mano del maggiordomo si fa più forte intorno al mio ginocchio e questa volta riesco finalmente a posare la mia sulla sua.
Quando lei alza il capo rabbrividisco istintivamente, ancora prima che lei dica una parola. Ma i suoi occhi scuri non puntano me, ma l'uomo al mio fianco.
-Tu lo sapevi-
-Sì- ammette lui, anche se non era necessario. Non è mai stata una domanda.
-E non hai ritenuto necessario dirmelo?- le sue labbra sono una linea sottile.
-Non mi sembra che questo sia uno dei miei compiti. Spettava al signorino Drew decidere quando e come parlargliene-
Non si sono mai confrontati così duramente.
Nessuno dei due è il tipo che urla per prevalere, sono entrambi troppo avvezzi ai modi dell'etichetta che non riuscirebbero a farlo nemmeno se volessero. Se iniziassero a urlare forse l'atmosfera della stanza sarebbe meno inquietante: da quello che ho sempre osservato, quando le liti sono accese e rumorose le persone buttano fuori tutto ciò che hanno, ma se la discussione è gelida, il peso di ciò che non viene detto è come un pugno nello stomaco. E nessuno dei presenti riesce a capire quanto grande sia quello che le loro parole celano.
-Lo hai rivisto accadere e non hai detto niente. Hai lasciato che tutto proseguisse sotto i tuoi occhi, proprio come un tempo-
Questo è rancore. È così forte che quasi ne sento la consistenza, e sono sicuro che se Nick fosse qui ne sentirebbe l'odore.
-Sono ragazzi, è giusto che nessuno di noi due intervenga. Questa storia non ha nulla a che fare con la tua, Milene-
Il mio sguardo scatta da Brian a mia madre, incredulo. Di che cosa stanno parlando?
-Proprio perché è solo un ragazzo dovevi intervenire- le sue parole sono taglienti, colme di risentimento. Per un attimo distoglie lo sguardo dal maggiordomo e i suoi occhi cadono su di me.
-Drew, tu non sei veramente innamorato. Credi di esserlo. La verità è che quel ragazzo ti fa pena e vorresti solo aiutarlo. Io ti conosco, sei mio figlio, tu non vuoi veramente tutto questo. Ti dispiace che lui non abbia la nostra vita, una casa o una famiglia, e questo influenza le tue emozioni, ma credimi, non c'è nulla di reale in questo. Questo sentimento passerà così com'è nato-
Non posso credere che abbia preso questo discorso.
-Nick non è come mio padre. Stavate parlando di questo, no?- la mia voce si intromette in modo irruento tra i due, creando una situazione scomoda.
Non osano rispondermi.
E tutto questo mi sembra assurdo.
Tra i numerosi scenari che avevo immaginato, questo è semplicemente ridicolo.
Mi alzo in piedi, scostando con cura la mano dell'uomo che mi ha cresciuto. Per un attimo le sue dita oppongono resistenza, così da intimarmi di restare. Ma si sbaglia, io non voglio andare via, anzi, ho bisogno di avvicinarmi alla donna rimasta seduta, protetta dalla sua scrivania. Come se con il suo lavoro e i suoi impegni avesse creato un muro tra noi e lei.
-Non conosci Nicholas- le dico, ma suona più come una riflessione a voce alta.
La sua accusa è dolorosa, la percepisco nelle ossa, quasi si fosse scagliata contro di me.
Non ho mai provato questa sensazione per nessuno all'infuori di Brian.
- E tu non hai conosciuto tuo padre. Sei troppo giovane per sapere quanto le persone possano essere approfittatrici-
Non riesco nemmeno a sostenere il suo sguardo.
-E io che credevo che mi avresti odiato perché mi ero preso una cotta per un ragazzo- adesso mi sembra tutto così stupido.
-Drew! Io non potrei mai odiarti, sei mio figlio. Posso non condividere le tue scelte, ma voglio solo il tuo bene.
E vorrei che mi ascoltassi quando ti dico che nulla di quello che pensi di provare è vero. Onestamente mi aspettavo che sarebbe successo, prima o poi-
-Di che parli?- non mi sono mai rivolto a lei in questo modo, e mi accorgo di quanto suoni strano solo dopo che le parole sono scappate dalle mie labbra.
Non riesco nemmeno a stare fermo.
-Tutto questo, Drew. È solo un capriccio. Vuoi dirmi che è un caso che tu abbia scelto proprio questo ragazzo, l'opposto delle persone che hai sempre frequentato. Non so perché tu voglia punirmi, ma...-
-Milene, non-
-Questa è una conversazione tra me e mio figlio, Brian. Stanne fuori- la sua voce somiglia al ringhio di un animale.
Cristo, non posso credere che lo abbia detto.
Fermo la mia passeggiata nervosa, costringendomi a non abbandonare la stanza. Odio discutere con lei.
Tutto questo non porterà a nulla.
-Dicevo, so di essere stata assente ultimamente, ma non mi sembra un motivo valido per-
-Sei sempre stata assente, mamma-
Questa volta non le risparmio la verità. Forse è bene che la senta per una volta, invece che essere circondata da persone che le danno sempre ragione.
Mi avvicino alla sua scrivania, a ogni passo le mie gambe sembrano di piombo.
Lei non si ritrae, ma i suoi occhi scappano soffermandosi in ogni punto della stanza, spaventati dal confronto.
-Mi dispiace che mio padre ti abbia ingannata e che se ne sia andato. Mi dispiace per tutto quello che ti è successo dopo e mi dispiace che siano riusciti a strapparti il mio gemello dalla culla. Ma non mi dispiace per star andando contro le tue aspettative, madre. Questa è la mia vita e non gira intorno a te. Almeno, non da ora. Non mi innamoro di un ragazzo cieco per farti un dispetto, non mi unisco ad Ian perché voglio farti soffrire, faccio tutto questo perché è quello che ritengo giusto per me. Cresci un po', mamma-
Non posso credere di averlo detto.
L'ho pensato così tante volte sentendomi tremendamente in colpa, nascondendo questi sentimenti ad ogni costo. Credevo di essere un pessimo figlio.
La sua espressione sconvolta è la conferma che l'ho fatto sul serio.
Io non credevo nemmeno di esserne in grado.
-Drew, non ti riconosco. Tu non...-
Un tempo questa frase mi avrebbe distrutto, adesso è un sussurro flebile che le mie orecchie percepiscono appena.
-Perché? Magari perché non sto facendo quello che vuoi? Perché non cerco di adularti come fanno tutti?-
-Signorino Drew, si ricordi che sta parlando con la donna che lo ha messo al mondo-
Quello che dovrebbe essere un rimprovero mi spinge solo a continuare a dire la verità.
Per una volta non mi interessa quanto male può farle.
Non sono mai stato così furioso.
-Ah si? Oltre questo che cosa hai fatto, madre? Certo, oltre mettermi degli standard impossibili... Dove sei stata? Quando mi hai cresciuto?-
La vedo sussultare ad ogni domanda.
-Non dire così, io ho fatto del mio meglio...-
-No, io ho fatto del mio meglio. Io ci ho provato, per tutta la vita. Ogni singolo giorno. Quindi per favore, non venirmi a dire che anche tu lo hai fatto- mormoro poco prima di allontanarmi.
Per un attimo rivedo lo sguardo di una donna che non incontravo da anni. Riconosco i suoi occhi privi di luce, e non perché ciechi come quelli di Nicholas, ma spenti e irraggiungibili.
Ho visto questa donna anni fa, in un pomeriggio in cui aveva preso coraggio ed era uscita dalla sua stanza dopo settimane. Le ero andato incontro, chiamandola, e lei mi ha rivolto lo stesso sguardo che ha adesso. Non ha ricambiato il mio abbraccio, anni fa, quando mi sono buttato a terra abbracciandole le ginocchia e piangendo, e non lo farà ora. È sempre la stessa donna stanca e fragile che era un tempo, negli anni è solo diventata più brava a nascondere la sua depressione.
Avrei dovuto capirlo prima.
Non c'è mai stato nulla che potessi fare per aiutarla.
Neanche donarle il controllo sulla mia vita.
Quando mi chiudo la porta alle spalle scopro che sto tremando, le dita riescono appena a stringere la maniglia.
Sono così arrabbiato.
Non solo con lei, ma anche con me stesso: per non aver avuto il coraggio di dirle queste cose prima.
Non ho fatto altro che commettere errori fino ad ora.
Mentre percorro il corridoio posso udire i passi di Brian raggiungermi, non deve essere stato un bello spettacolo.
-Mi dispiace che ti abbia detto di stare fuori dalla conversazione- ma quando mi giro per incontrare lo sguardo del maggiordomo, lo scopro accigliato, se non deluso.
- A me invece dispiace averla vista così severo con sua madre, se non addirittura crudele-
Le sue parole colpiscono dritte al petto, sono sempre state molto più affilate di quelle di mia madre. O almeno, contro di me.
-Credi che mi sia piaciuto, Brian? Sto malissimo per quello che le ho detto, ma dovevo farlo- in fretta torno a camminare; sono troppo stanco per un'altra discussione.
-No, non doveva. Capisco che lei è arrabbiato e mi creda, ha tutte le ragioni per esserlo. Ma prendersela con lei in quel modo, non è affatto qualcosa che mi aspettavo- erano anni che non mi parlava in modo così austero.
-Ah, stai dalla sua parte adesso?-
-Non sia infantile, la prego- il suo passo elegante viene sostituito con uno più affrettato, nel tentativo di starmi dietro. Io vorrei solo che la smettessimo di litigare.
-È così, Brian. È un mese che mi dici che devo essere me stesso e che devo vivere la mia vita senza pensare a tutte le imposizioni di questa casa. E adesso che succede mi volti le spalle?- mi volto verso di lui, con la voce carica di tutto il mio senso di colpa.
-Io sono sempre dalla sua parte, Signorino Drew! È proprio questo il problema!- mi urla contro, ha finalmente reso palese l'ombra dietro alla discussione con mia madre.
E io devo raccoglierne le conseguenze.
-Che intendi?-
-Che è il legame che c'è tra noi a far soffrire sua madre- ammette con un lungo sospiro, come se dire quelle parole gli fosse tremendamente difficile.
-Stiamo sempre a spalleggiarci l'un l'altro, è come se avesse due tigri sempre pronte ad aggredirla. Qualsiasi cosa succeda sarà sempre in minoranza, diversa da noi. Mai coinvolta. E adesso che anche Ian sta costruendo un rapporto anche con me lei si sente abbandonata. Estirpata dal ruolo di madre-
-Tutto questo è colpa sua, non nostra- è l'unica cosa che ho da dire.
Brian solleva le sopracciglia, sorpreso dalla mia reazione.
Credevo che lui ci sarebbe sempre stato per me.
Eppure ho l'impressione che anche lui mi preferisca quando fingo di essere il figlio perfetto.
Scappo da questa lite collaterale con le lacrime agli occhi. La rabbia sta già scemando, e quella era la parte più facile da controllare.
Scendo le scale di corsa, la vista annebbiata mi costringe a saltare qualche scalino e per un attimo, poco prima che i miei piedi tocchino il pavimento, mi sento il cuore in gola.
Perché fa così male?
Quasi in automatico, i miei piedi mi conducono verso la stanza di Nicholas. E quando arrivo alla sua soglia sono così stremato che devo reggermi alla parete.
Io non volevo che finisse così.
Non volevo ferire nessuno.
Volevo solo...
Nick da dentro chiede chi sia, ma non ho la forza di parlare. So che se aprissi la bocca inizierei a singhiozzare come un bambino.
-Oh, sei tu- non fa in tempo a spalancare la porta che il mio corpo crolla a terra con un tonfo, in ginocchio ai suoi piedi.
Il suono della sua voce mi ha fatto perdere ogni forma di autocontrollo.
Il ragazzino biondo mi stringe a sé come può, ancora sorpreso dal mio gesto.
Non diciamo nulla per diversi minuti.
Io lascio riposare la testa contro il suo stomaco e lui mi accarezza i capelli con delicatezza. E se chiudo gli occhi e mi concentro sulle sue dita, posso fingere che non sia successo nulla.
Che siamo ancora in giardino, dietro quella siepe.
-Ti prego dimmi che non è stata tutta colpa di quello che ti ho detto- sussurra preoccupato.
Scuoto il capo, sfregando il naso contro la sua pancia.
In realtà le sue parole si sono ripetute nella mia testa più volte nel corso della discussione, ma non è necessario che lui lo sappia.
Perché se dovessi essere sincero anche con lui dovrei dirgli che non mi sarei mai schierato contro mia madre prima di incontrarlo.
Che avrei continuato a vivere una vita di vetro, infelice.
Che mi sarebbe stato impossibile comporre qualcosa di nuovo e tornare ad amare il mio talento.
E che probabilmente non avrei mai amato nessun altro nel modo in cui io amo lui adesso.
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