Capitolo 39
Drew
Mi ha incastrato.
Avrei dovuto capire di essere fregato nel momento in cui ho scorto i suoi capelli biondi nel corridoio.
-Non credevo che mi stessi aspettando-
Mi ero avvicinato incerto, sebbene durante la riunione non ci fosse stato alcun momento di imbarazzo tra noi, ero comunque indeciso su come comportarmi.
Su quale sarebbe stata la nostra prossima mossa. Perché qualsiasi fosse, l'avremmo fatta insieme.
O almeno, è quello che ho speranzosamente dedotto dal suo atteggiamento.
-Volevo rapirti dopo la riunione, ma Ian è stato più veloce- aveva ammesso con una scrollata di spalle.
-Qualcuno più veloce di te? Questo è piuttosto insolito-
-Diciamo che gliel'ho concesso solo perché mi ha messo a comando del tuo allenamento- e mentre lo diceva non riusciva proprio a levarsi quel sorrisino dal volto.
E nonostante mi avesse infastidito l'idea di Ian di costringermi a un allenamento, il pensiero di passare più tempo con Nicholas non fa altro che ronzarmi in testa.
-Allora, cosa dovrò aspettarmi?- mi ero appoggiato alla parete, guardandolo dall'alto.
-Non hai idea di quanto io possa essere autoritario- in risposta al mio gesto, anche lui si era lasciato andare contro il muro, incrociando le braccia in un buffo tentativo di sostenere le sue affermazioni.
Eravamo fin troppo vicini per sembrare due semplici ragazzi che parlano del più e del meno.
-È da quando ti conosco che ti chiamo "vostra grazia", ho un vago presentimento di quanto tu possa essere tirannico-
Già lo immaginavo a correre per il giardino a darmi ordini, mentre la sua pelle pallida si lasciava toccare dai raggi del sole.
E forse anche dalle mie mani.
In un attimo la mia mente aveva iniziato ad esplorare ogni angolo del giardino, ogni nicchia, ogni nascondiglio in cui avremmo potuto rifugiarci.
-Smettila di spogliarmi con gli occhi e inizia a farlo sul serio- le sue parole sarebbero state perfette per le mie fantasie, ma questa volta mi avevano riportato alla realtà.
Sono state il primo passo verso il baratro.
-Io non ho idea di come tu faccia a beccarmi ogni volta-
-Sarò pure cieco, ma tu non brilli per discrezione- mi aveva ribeccato sorridendo.
-Tu non sei da meno, Nick-
E dicendolo ho sentito le guance tingersi di rosso, in ricordo delle sue battutine durante la riunione. Credevo mi sarei sentito ancora più a disagio nel sentirlo parlare così apertamente del nostro rapporto, invece l'imbarazzo era lo stesso di quando ci ritroviamo da soli, ogni volta che le sue parole pizzicano tutti i miei punti deboli. La presenza di un pubblico, seppur minimo, quasi intimo, mi aveva turbato meno di quanto mi aspettassi.
-Essere sfacciato è uno dei miei tratti caratteriali migliori, non trovi?-
-Non posso che concordare- avevo esclamato prendendolo in giro, anche se in fondo era vero.
-Allora visto che sono sia tirannico che sfacciato, sarebbe coerente da parte mia se ti ordinassi di baciarmi?-
E tastando l'aria a tentoni la sua mano aveva raggiunto il mio braccio.
Avevo cercato di zittire quella quella voce che mi ricordava dove ci trovavamo e che avremmo potuto essere scoperti. È assurdo quanto possano essere spaventose le pareti addobbate di un corridoio. Mi avevano fatto sentire in trappola e a disagio, e baciare Nicholas in quel momento, nonostante lo avessi voluto, sembrava una follia.
I miei occhi continuavano a scattare da un lato all'altro in attesa di veder spuntare qualcuno a coglierci di sorpresa.
-Drew...- aveva sussurrato, forse riusciva a sentire il mio respiro affannato, più nervoso che eccitato.
Non avrei dovuto tentennare.
Continuavo a ripetermi che dovevo farlo, che non importava come mi sentissi, che tutto sarebbe passato non appena avrei toccato le sue labbra.
Ricordo di essermi avvicinato fino a poggiare la fronte sulla sua, al che sarebbe stato stupido non baciarlo, visto che ormai ci ritrovavamo talmente vicini che sarebbe stato impossibile fraintendere la situazione.
Eppure una parte di me continuava a trattenermi, ad impedire che mi lasciassi andare.
-Qual è il problema?- il suo sussurro era leggero e dolce, eppure potevo sentirne la sfumatura preoccupata.
-È che...- mi ero bloccato un attimo, fermo ad osservare il suo viso stretto tra le mie mani: sembrava così fragile, come se potessi distruggerlo da un momento all'altro.
E non volevo che le mie parole facessero questo.
-Puoi dirmi tutto, lo sai- continuava a incalzarmi, ma non desideravo altro che sfuggire dal suo sguardo. Nicholas riesce sempre a riflettere i sentimenti degli altri nei suoi occhi; scappare da lui è come scappare da se stessi.
-Ti senti mai come se ci fosse qualcuno a osservarti con una lente di ingrandimento ogni istante, ogni giorno? Come se un tuo passo falso potesse portare a conseguenze disastrose...-
Non riuscivo nemmeno ad esprimerlo in modo corretto.
Forse ho esagerato questo pomeriggio quando gli ho detto quelle cose. Forse avrei dovuto solo dirgli che non sono abituato alle effusioni in pubblico, che mi sento giudicato da chiunque possa passare di lì.
Forse se fosse stato così semplice lo avrei detto.
La verità è che la riunione mi ha dimostrato che mi importa molto poco che i compagni di Ian sappiano o meno della nostra relazione. Allora di chi mi preoccupo?
Dei domestici? Di mia madre? Delle persone del "mio" mondo?
Alcune volte il mondo di Ian non sembra reale, potrebbe essere questo il motivo per cui non mi importa che loro lo sappiano. Sono arrivati così in fretta, potrebbero sparire con la stessa rapidità. Io invece ho passato la maggior parte della mia vita circondato da chi lavora in questa casa e dai membri dell'alta società.
-Non ne ho idea, io tendo a fare il cazzo che mi pare- si era limitato a dire, scrollando le spalle come se non importasse. Come se nessuna delle mie paranoie fosse importante.
E allora perché mi fanno così male?
Cos'è che non riesco a capire?
Non so cosa del suo atteggiamento, non so se il suo modo di fare, il movimento delle spalle o il tono di voce sincero, era riuscito a farmi ridere.
E più ripensavo alla sua risposta schietta, che forse molti avrebbero trovato volgare, e più non riuscivo a smettere. E Nick non aveva fatto altro che seguirmi a ruota, stringendo il mio braccio per reggersi e non finire a terra in preda alle risate.
-Ho notato, vorrei poter essere come te- avevo sussurrato onestamente solo dopo aver smaltito gli effetti di questa situazione paradossale. Quando lui aveva poi poggiato la testa contro la parete, non avevo potuto non notare in piccolo sorriso che gli si era formato in volto.
-A me invece piaci perché non lo sei. Ascolta, anche se non so che cosa si prova, non significa che non possa comprenderlo. Non sono mai stato nella tua situazione, come potrei? Ma so ascoltare e so fare due più due, quindi non c'è nulla di cui tu non possa parlarmi-
Gli avevo sfiorato i capelli con delicatezza, solo per un istante.
-Spesso è un po' più complicato di fare due più due- ammisi con una smorfia, eppure le sue parole sapevano sempre quali note toccare per calmarmi.
Qualsiasi cosa che per anni ho trovato difficile, faticosa -se non impossibile- se detta da lui sembra banale, come se la risposta fosse sempre stata davanti a me.
-Alcune volte non so nemmeno io che cosa mi passa per la testa, e mi confondo e inizio a- ma ero stato interrotto dalla sua stretta, che si era fatta più forte intorno al mio braccio.
-Smettila di pensare- ed era stato l'ordine più dolce che avessi ricevuto.
Un tossire sommesso mi costringe ad allontanarmi bruscamente dai miei ricordi che, seppur freschi, sono già tremendamente ingarbugliati.
-Signorino Drew, ha deciso cosa suonare?-
Non ho ancora capito se Brian sia arrivato in mio soccorso o per assistere al mio crollo nervoso.
-Non ne ho la minima idea. Il brano che avevo composto è ancora impreciso e Bach non mi sembra una scelta azzeccata, visto che dopo un po' fa addormentare perfino me. Non credo che qualsiasi brano di musica classica possa attrarre in qualche modo dei ragazzi non abituati a questo genere, o beh, alla musica in generale.- e nel frattempo osservo le corde dei miei violini: le sento come se si fossero aggrovigliate intorno al mio collo.
Quando Nick mi aveva chiesto di smettere di pensare non gli avevo dato retta, e anche se avevo abbandonato le mie stupide paranoie, la voce di Brian aveva iniziato a riecheggiare nella mia testa.
E mi aveva spinto a porgergli l'invito che non avevo avuto il coraggio di formulare prima.
E sto già pagando le conseguenze della mia decisione impulsiva.
-La smetta di essere così severo con se stesso, sono sicuro che qualsiasi brano scelga il signorino Nick rimarrà sorpreso dal suo talento-
-Il talento è ben altra cosa, Brian. In confronto a loro io strimpello melodie vecchie di centinaia di anni per un pubblico superficiale e borioso- sbotto senza riuscire a trattenermi.
Cristo, perché sono così nervoso?
Con il cuore in gola, mi costringo ad allontanare le mani dagli archetti, prima che possa danneggiarli.
Non mi riconosco. Non ho idea di quello che sto facendo.
Mi sento solo in trappola. Incastrato.
Sobbalzo appena quando il palmo del maggiordomo si posa sulla mia spalla tremante. Il suo tocco sembra essere l'unica cosa che riesce a calmarmi.
A riportarmi indietro mentre vago per la mia testa.
-Che cosa le succede?- mi aspettavo che mi rimproverasse per il mio atteggiamento, invece il suo tono non potrebbe essere più lontano da ciò.
Stringo le sue dita, ancora salde sulla mia spalla, tra le mie, quasi per rimanere ancorato alla realtà.
-Sento di avere paura, e lo detesto- la mia voce è un mormorio tremante e fragile, per un attimo dubito perfino che l'abbia sentito.
-È normale, signorino. La paura fa parte di noi e...-
-Non è la paura che mi preoccupa, ma la mia reazione. Sento che sto scappando e non so se sono abbastanza forte da evitarlo. Adesso che so che mia madre non verrà informata di questa storia non posso non vederla come una via di fuga. E mi odio per questo. Paradossalmente se Ian non mi avesse detto nulla o non avesse fatto quello che ha fatto, sarei stato meglio- confesso un attimo prima di pentirmi di quello che ho detto.
Rafforzo la stretta della mia mano su quella di Brian, quasi nel timore che scappi, mosso dalle mie parole.
Invece non accenna a ritirarsi, anzi, mi sembra che anche le sue dita si stringano alle mie.
-Signorino, l'unica soluzione è parlare con sua madre. So che non è facile per lei, ma se almeno un poco si fida dell'uomo che lo conosce da quando è nato, mi dia retta. Lei non è fatto per nascondere i suoi sentimenti, per agire in segreto, tutto questo la sta corrodendo-
Brian è l'unica persona che riesce a capire le mie frasi confuse e sconclusionate, spesso lo fa meglio di me.
-E sarei onorato se lei mi concedesse di essere al suo fianco-
Ogni parola pronunciata con il suo tono calmo non fa che scavarsi un posto nel mio petto, e riesco appena a trattenere le lacrime.
E vorrei cercare di controllarmi, ma non ci riesco. Sento solo la sua stretta salda continuare a tenermi in piedi.
Come ha sempre fatto.
-Non potrei mai farlo senza di te, lo sai- la mia voce è così piccola e fragile in confronto alla sua: sono passati anni, ma non sono mai riuscito a raggiungere la sua pacatezza del tono, leggero ma al tempo stesso fermo, solido.
Vorrei avere imparato di più in questi anni.
Adesso ho come l'impressione che sia tardi.
-Lei è molto più coraggioso e capace di quello che crede. Non ha bisogno di me al suo fianco- e questa volta mi invita a girarmi verso di lui, in modo da guardarlo in faccia.
-Forse non ne ho bisogno, ma non voglio non averti al mio fianco, Brian. Anche se ti odio quando hai ragione- sbuffo sfuggendo al suo sguardo, è l'unico modo che ho per non cadere in pezzi. Abbiamo preso una decisione importante insieme, e adesso non è più solo un impegno con me stesso, ma ho legato anche lui a questa situazione difficile.
-Allora deve odiarmi ogni volta, perché non ho mai avuto torto.- commenta con un piccolo sorriso, lasciando comparire una piccola fossetta sulla guancia destra.
Sto per ribattere quando il bussare discreto di Nick pone fine alla nostra discussione.
Mi asciugo in fretta le lacrime che sono scappate al mio controllo: sebbene Nicholas non possa vederle, non mi piace accoglierlo così, con il cuore legato al discorso precedente.
Il ragazzino biondo deve aver avvertito l'atmosfera carica di tensione, perché si ferma sulla soglia, restio a fare un passo nella nostra direzione.
-Ho interrotto qualcosa?- lo sento ispirare profondamente, alla ricerca di indizi su quello che è avvenuto in questa stanza.
Mi chiedo che odore emettano adesso la mia anima e quella dell'uomo al mio fianco.
-No, signorino Nicholas, si figuri. Sono io che ho distratto il signorino Drew tormentandolo come sono solito fare. Abbiamo perso la concezione del tempo, ci dispiace. Se avete bisogno di qualcosa da mangiare non esitate a chiamarmi-
Nick sembra più sereno, anche se non ha del tutto abbandonato l'aria curiosa di poco prima.
-Brian, non devi chiamarmi signorino, tutti mi chiamano Nick-
Osservo il maggiordomo allontanarsi da me con il suo solito passo elegante, dirigendosi verso la porta. Afferra entrambe le mani di Nick, stringendole nello stesso modo rassicurante in cui prima stringeva le mie.
-Io non sono come tutti, signorino Nicholas-
Si guardano negli occhi a lungo, nessuno dei due sembra temere lo sguardo dell'altro. Quello di Brian è maturo e profondo, mentre quello di Nick è intriso della purezza che solo chi riesce a scrutare le anime possiede.
E io ho come l'impressione di non capire cosa stia succedendo, di essere stato tagliato fuori da questo incontro.
Poi, quando entrambi abbozzano un sorriso, si separano, e uno mi viene incontro e l'altro si allontana.
-Vi auguro una buona serata-
E il suono della porta segue le sue parole.
Rimaniamo soli.
Il ragazzino biondo mi osserva, ma non è lo stesso sguardo che ha rivolto a Brian, sembra pensieroso.
-Capisco perché ti fidi tanto di Brian. Ha un ottimo odore, a tratti molto simile al tuo- commenta mentre si lascia guidare dai suoi polpastrelli lungo la parete.
-Mi ha cresciuto praticamente da solo, e da piccolo desideravo tanto essere come lui. Sono io che gli somiglio, non il contrario-
Ripenso al suo modo di porsi, al suo atteggiamento impeccabile in qualsiasi situazione; ero solito seguirlo pieno di ammirazione, catturando con lo sguardo ogni singolo dettaglio del suo modo di essere.
-Invece io non credo sia così. O almeno non solo. Una cosa che ho imparato sugli odori e sulle tracce che lasciamo è che non è una questione cronologica o legata all'età. Un figlio può lasciare la propria sfumatura sulla madre, e non il contrario. È successo questo tra Alexa e sua madre ad esempio. Io credo che quello su Brian sia il tuo odore e che tu in qualche modo abbia cambiato la sfumatura della sua anima-
È così sicuro di quello che dice, eppure a me sembra assurdo. Sono io che ho imparato da Brian, sono io che devo a lui tutto quello che sono.
Come potrebbe essere il contrario?
-Quindi se continuiamo a stare insieme tu potresti percepire il tuo odore su di me?-
Forse potrebbe finalmente sentirlo, sapere qual è l'odore della sua anima.
-Penso che percepirei una leggera differenza, dubito riconoscerei il mio odore, ma credo che sentirei che sei cambiato-
Sono veramente cambiato da quando ci siamo conosciuti.
Fino a un mese fa non sarei riuscito nemmeno a immaginare di dover dire a mia madre certe cose.
Come fa a percepire così chiaramente la mia anima se continuo a trasformarmi, a confondermi e a tornare indietro?
-Sai, è sorprendente vedere come il mio talento non ti faccia paura- riflette ad alta voce, avvicinandosi con passo cauto.
Gli vado incontro immediatamente, in modo che abbia un punto d'appoggio.
-Perché dovrebbe?-
Le sue mani si posano sulle mie braccia, e forse in modo inconsapevole, si rilassa una volta che mi ha trovato.
-Le persone non vogliono che gli altri vedano come sono fatti davvero. Tuo fratello è uno fra questi. Ma tu non ti sei nemmeno posto il problema, vero? Al massimo ti ho reso nervoso in qualche occasione, ma per il resto non temi che io possa scovare una parte di te che tieni nascosta, perché non c'è-
Abbasso lo sguardo, imbarazzato.
-Sai che dicendo così mi rendi ancora più nervoso?-
Il ragazzino scoppia a ridere tra le mie braccia e io cerco di reggerlo come posso, cercando di non farlo cadere. È incredibile la naturalezza con cui si abbandona alla mia guida.
-Lo vedo, stai tremando!-
-Ma che devi vedere tu...-
E prima che possa pentirmi della battuta squallida che ho fatto, lui mi tira a sé, facendo scontrare le nostre labbra.
Di scatto le mie dita si stringono sul suo maglione pesante, cercando di sentire la sua pelle sotto la superficie di lana. È come se il mio corpo stesse decidendo da solo, incapace di trattenersi.
-Avevamo un bacio in sospeso- mormora lui poco dopo essersi preso quello che voleva.
Sorridiamo entrambi come degli stupidi, la fronte l'una contro l'altra e per un attimo sono tentato di ritornare a baciarlo.
È così vicino.
Ci vorrebbe un attimo.
-E abbiamo anche un concerto privato in sospeso, anzi, non è proprio iniziato- mi ribecca ridacchiando.
-Non penso di aver mai usato le parole "concerto privato" quando ti ho invitato...-
-Hai detto che avresti suonato per me-
Ogni secondo che passa continuo a pentirmi di questa idea.
-Non posso proprio rimangiarmi la parola, vero?-
Nick scuote quella testolina bionda che si ritrova e fa per allontanarsi, ma riesco a trattenerlo.
-Scegli il violino- gli sussurro all'orecchio e mentre lo guido con cautela verso il tavolo al nostro fianco.
-Tu lo sai che non so nemmeno come sono fatti, giusto?-
Non voglio che la musica sia solo una cosa mia. Non voglio suonare per lui come faccio davanti a un pubblico in un teatro.
Voglio che sia un momento nostro.
Lui non deve solo ascoltare, ma sentire con tutti gli altri sensi che cosa si prova.
Avvicino la sua mano al violino più vicino, e per un attimo si ritrae, sorpreso.
Poi, quando vedo le sue dita schiudersi lentamente, gli rifaccio assaggiare le corde dello strumento.
I suoi polpastrelli strisciano sulla superficie della cassa, producendo un suono sgradevole, che però allenta la tensione che si era creata.
Lascio che tocchi tutto ciò che c'è sul tavolo: tutti gli archetti e i violini, le corde di riserva e le custodie in pelle.
Il suo corpo è posizionato tra le mie braccia, in ogni suo movimento mi sfiora, anche se per poco, lasciandomi il duro compito di trattenermi.
Dovevo continuare a baciarlo prima quando ne avevo l'occasione.
Ci saremmo scordati entrambi di questa faccenda del concerto privato, e forse le note che avrei sentito sarebbero state altre.
-Usa questo-
Guardo in basso, curioso di vedere il violino che ha scelto per me.
E quando seguo la sua mano con lo sguardo per individuare lo strumento non posso fare a meno che ridere brevemente.
-Certo che sei proprio un principe eh- commento raggiungendo le sue dita che continuano a lambire la superficie ruvida della cassa.
-Mh?-
-È uno Stradivari-
-Non ho idea di che significhi-
-È uno dei violini più costosi della mia collezione, è vecchio, ma è ancora in perfette condizioni. Forse lo sarà per sempre considerato la sua ottima fattura-
Nick allontana la mano di scatto, come se si fosse bruciato con il fuoco.
-E tu mi lasci toccare una cosa del genere? Ma lo sai quanto sono sbadato con gli oggetti?- sembra veramente sorpreso, se non scioccato, dal mio comportamento.
Non riesco a non trovare la sua apprensione per le mie cose un gesto tenero.
Lo accompagno sul piccolo divanetto in velluto e io mi siedo poco distante, anche se vorrei evitare di colpirlo mentre suono.
Faccio un respiro profondo mentre cerco di trovare qualcosa da dire o di perdere tempo in qualche modo.
-La verità è che avevo scritto un po', dopo anni in cui avevo smesso di comporre e...-
-Perché avevi smesso?- mi interrompe appoggiandosi alla spalliera e reggendosi la testa con il palmo della mano.
-Pensavo di non avere nulla di interessante da dire. Quando ho iniziato a studiare i grandi maestri mi sono concentrato solo sulle loro voci e molto poco sulla mia.- ammetto con una smorfia.
La pensavo così fino a qualche giorno fa.
Ho sempre creduto di non aver cose abbastanza importanti di cui parlare, di non avere una voce così rumorosa da farsi ascoltare, ammesso che qualcuno fosse stato disposto a farlo.
Lo studio della tecnica negli anni ha azzerato completamente la mia personalità artistica, insegnandomi solo ad essere l'eco di grandi cose che però non mi appartenevano.
-E perché adesso hai ripreso?-
Le sue domande sono incalzanti, eppure non lo fa per mettermi a disagio, riesco a leggere chiaramente la curiosità nei suoi occhi. Deve essere tutto nuovo per lui.
D'altronde noi non abbiamo mai parlato della mia vita quotidiana o della mia musica.
-Non lo so. Credo sia stata colpa tua-
Nick si punta un dito al petto sorridendo, quasi non potesse crederci.
-Beh, sai ogni volta che provavo a concentrarmi per suonare Vivaldi, sentivo il mio cuore fare...- e in fretta il mio archetto cerca le corde, sfregandole con forza ma senza perdere velocità. È il tipo di ritmo che ho messo anni a gestire, invece adesso mi sembra così naturale seguirlo, come se fosse veramente il battito impazzito del mio cuore.
Non posso fare a meno di ridere quando Nick spalanca la bocca dalla sorpresa.
E se di solito mi fermerei per smaltire le risate, e solo dopo essermi assicurato di avere il controllo riprenderei, oggi ignoro qualsiasi cosa io abbia sempre fatto.
Non mi interessa se il suono delle mie emozioni si amalgama con le note, se lui può sentire il mio respiro, le mie dita meno precise per via delle risa: è un componimento vivo, non mi è permesso averne totalmente il controllo.
Quello che più mi spaventava di avere Nicholas come spettatore era che lui non può essere ingannato.
I virtuosismi, i gesti esagerati che servono per ammaliare il pubblico, con lui sono inutili.
Sente solo le note, la musica nella sua purezza.
E un tale orecchio è la gioia e il terrore di ogni musicista.
Perché voglio che senta ogni sfumatura del suono, ogni passaggio, ma al tempo stesso è come se nulla potesse distrarlo dai miei errori.
Per questo ho abbandonato l'idea di un'impostazione rigida, nessuno spartito da seguire, nemmeno nella mia testa.
-E non parliamo di quando mi prendi per mano!- esclamo poco prima di cambiare ritmo, questa volta più soave. Premo l'archetto in modo che le corde siano strette tra loro il più possibile, come quando lui si lascia guidare dalle mie mani.
E anche questa volta lo sto accompagnando, ma anche io ignoro la meta.
Potrei portarlo in qualsiasi posto, in terre che lui non conosce nemmeno, basta qualche colpo d'arco per dipingere qualsiasi luogo. Le diverse culture che ho studiato si specchiano nella loro musica, così che i loro brani riproducano naturalmente il caos e la vivacità di una metropoli o la serenità dei luoghi in riva alle foci d'acqua.
Ci sarebbero così tante cose da mostrargli, eppure mentre insisto per mantenere il legato nessuno di quei suoni mi sembra adatto.
Non c'è nessun brano che io conosca in grado di darmi quello che cerco. Ed è probabilmente quello che ha causato il mio nervosismo poco prima che Nick arrivasse.
Tra poco sarò costretto a rompere la posizione del legato, e dovrò aggrapparmi a qualcos'altro.
Quindi sono costretto a condurlo, con i crini ancora schiacciati tra loro, in un posto che nemmeno io sento di conoscere bene.
È un po' un salto nel buio.
Schiudo le labbra per dire qualcosa, forse per avvisarlo, ma rinuncio prima che la mia voce possa uscire.
Ian ritiene che io mi esprima meglio con la musica che con le parole, e chissà che se smettessi di farfugliare giustificazioni e mezze verità le persone potrebbero capirmi meglio.
La cassa del mio strumento inizia a produrre note basse, più cupe delle precedenti e molto più lunghe.
Portarlo nella mia testa era l'ultima cosa che volevo.
Chiudo gli occhi, non ho bisogno di guardare, il mio archetto conosce la strada.
E quando eseguo uno spiccato non controllato, posso sentire le mie emozioni sotto le dita, nascoste dietro ogni corda. Quasi per paura l'archetto rimbalza senza freni, allontanandosi in fretta da tutte le ferite scoperte che ha individuato.
Non era mia intenzione parlargli della mia paura questa sera, avrei voluto una serata normale, tranquilla.
Avrei voluto mostrargli quel poco che so fare, quella minuscola porzione di talento che ho. Mi sento così piccolo in confronto a lui, in confronto a Ian e ai suoi compagni.
Sono sicuro che possa sentire le mie insicurezze stridere insieme alle corde, come se non potessero essere separate.
Mi dispiace di essere così.
Non so che odore abbia la mia anima, ma so bene che la mia melodia è buona, piacevole da ascoltare una volta, ma angosciante da sentire ogni giorno.
Alcune volte vorrei essere diverso.
Vorrei...
E in fretta le mie dita arrancano per togliersi di dosso le mie vere emozioni, ritornando ad essere precise e salde.
Il bariolage che ne consegue è perfetto, cancella ogni traccia dell'atmosfera precedente. Sono abituato ad eseguirlo, l'ho fatto talmente tante volte, l'ho imparato, controllato e migliorato per anni.
È ciò che mi viene meglio.
Ma non è ciò che sono.
Né Nick né il più severo dei critici musicali potrebbero trovare un errore in questa sequenza.
Non c'è assolutamente nulla che non va.
Quando apro gli occhi, scorgo sotto le ciglia le labbra di Nicholas curvate in un piccolo sorriso.
Sapevo che gli sarebbe piaciuto.
È uno dei miei punti forti.
Forse avrei dovuto iniziare direttamente da questo e non perdermi nella mia testa.
Accarezzo le corde con grazia, come mi è sempre stato insegnato, dosando la forza in ogni battuta.
Conosco il passaggio successivo a memoria, so già cosa fare.
Salto da una nota all'altra inclinando l'archetto così che il suono esca nel miglior modo possibile.
Sol Do La Fa bemolle.
Cristallini, impeccabili.
E mi rendo conto che stavo trattenendo il fiato solo quando concludo il brano con l'ultimo colpo d'arco.
Con la coda dell'occhio provo a guardare Nick per coglierne la reazione.
È rannicchiato con le ginocchia al petto, solo adesso mi accorgo che indossa due calzini di colore diverso.
Uno bianco e l'altro grigio.
Riderei se non avessi un peso enorme sul petto, e non fa che crescere insieme al suo silenzio.
Solo quando finalmente incontro il suo sguardo mi accorgo che è come se si fosse perso nella sua testa. O nella mia.
-Nick?-
Non mi risponde, è tornato pensieroso.
Cristo, forse l'ho annoiato.
Cerco di sciogliere le spalle tese quanto le corde del mio violino, mentre mi alzo dal divanetto per posare lo stradivari.
-Puoi suonare ancora per favore?- mi chiede con un filo di voce quando gli do le spalle.
Sussulto, non mi aspettavo una reazione del genere.
Non aggiunge altro, non accenna a darmi altre spiegazioni
-Io? Sì, certo, cioè...cosa- farfuglio avvicinandomi di nuovo, con il violino stretto tra le dita.
Nick ride leggermente e quando mi siedo al suo fianco vedo la sua mano cercarmi per tutto il cuscino, si arresta solo quando trova la mia.
E sebbene io debba reggere l'archetto e lo stradivari solo con la destra, non ho intenzione di lasciare andare la presa.
-Quindi è questo che facevi prima che arrivassimo noi? Ammaliavi persone innocenti con la tua musica?-
-Innocenti e paganti, sì-
-Sei proprio uno stronzo allora- scuote il capo sorridendo.
-Perché dici questo?- mormoro posando a terra lo strumento.
-Fai sentire alle persone parti della tua anima e per tutta la durata del brano gli fai credere che loro abbiano una possibilità di conoscerti, di averti. E poi...-
-E poi?-
-Smetti di suonare e tutto sparisce come se non fosse mai esistito. E mi sembra di sapere di te meno di prima-
Spalanco gli occhi, sorpreso.
Nessuno aveva mai definito le mie esibizioni in questo modo.
-E questo è un problema?-
Ho quasi paura della sua risposta.
-No, Drew. È un talento fantastico- e quando sorride sinceramente nel suo viso compare una piccola fossetta.
Il mio viso invece deve essere diventato rosso per l'imbarazzo, non riesco a non pensare a quello che ha detto.
Io non ho mai avuto un talento.
Non come il loro. Non ci vado nemmeno vicino.
-Nick, io non suono così ai concerti, e...-
-Suoni come nell'ultima parte?- mi interrompe, divertito dal sentirmi in difficoltà.
-Qualcosa del genere. Io non metto mai la mia anima a nudo come ho fatto prima. È stato solo...non lo so, l'ho fatto per te, credo.-
-Bè, spero che metterai a nudo anche altro questa sera-
Entrambi scoppiamo a ridere all'improvviso, senza riuscire a controllarci. Appena cerco di afferrargli il viso per baciarlo, lui preme il palmo sulle mie labbra, non prima di avermi tastato la faccia in modo confusionario.
-Non ho finito di parlare, smettila di pensare sempre al sesso, Drew-
Strabuzzo gli occhi, incredulo. Vorrei rispondergli, ma si assicura che le mie labbra siano ben sigillate.
Che stronzo.
-Ho notato che hai cambiato la forma della composizione nell'ultima parte. Ho notato anche che ti spaventava suonare davanti a me. O meglio, ti spaventa farmi ascoltare quello che senti nella testa. Ed è davvero stupido, Drew. Io sento la tua anima, io so come sei fatto dentro, ma quando inizi a suonare è come se ogni parte di te si illuminasse, e perfino io riesco a percepirlo. E mi piace da impazzire, è come se tutto andasse finalmente al suo posto. Come se ti vedessi veramente-
Continuo a ripetermi che se potessi parlerei, ma la verità è che non saprei cosa dire. Nessuno mi ha mai capito in questo modo.
Ho sempre avuto paura di essere troppo e troppo poco al tempo stesso.
Di non essere abbastanza e di essere difficile da sbrogliare.
-Mi piace ogni parte della tua melodia, ogni nota- mormora come se potesse leggermi nel pensiero. E siamo così in sintonia in questo momento che non mi stupirei se riuscisse a farlo.
Vorrei che smettesse di parlare, non ne abbiamo bisogno. Non c'è nulla che io non possa dirgli suonando e lui guardandomi negli occhi.
È così bello essere capiti.
-Sarò tuo fino a quando mi illuderai di poterti avere- questa volta il suo tono è meno etereo di prima, le sue parole sono solide come quelle di una promessa.
È questo quello che faccio?
Illudo le persone con la mia musica?
Nicholas fa scivolare via la mano dalla mia bocca, con delicatezza, quasi non volesse andarsene.
E con la stessa cautela mi avvicino a lui, facendo scontrare il mio naso con il suo. Gli sto chiedendo il permesso per riprendere da dove eravamo rimasti.
Il ragazzino biondo sorride e poi schiude le labbra lasciandomi l'accesso. Lo stringo a me in fretta, con un'urgenza che non gli ho mai mostrato.
Perché crede di non potermi avere?
Sono qui, non vorrei ritrovarmi da nessun altra parte. Solo sentire i suoi capelli chiari tra le dita mi manda fuori di testa.
E ho sempre pensato che una volta arrivato il momento avrei dovuto rallentare, di dovermi trattenere per non sommergerlo con tutto questo.
Invece Nick regge il mio ritmo alla perfezione, come se seguissimo lo stesso spartito. Credevo che sarei stato troppo avido, troppo impaziente o addirittura soffocante, e anche se lo fossi, lui lo è in egual modo.
Di sicuro non sembriamo gli stessi ragazzi di quella sera in giardino, la prima volta che ci siamo baciati.
Fino ad oggi siamo sempre stati cauti, non ci siamo mai spinti troppo oltre i baci innocenti che si danno gli adolescenti al liceo.
Questa sera posso finalmente esplorare il suo corpo, in ogni sua parte, in particolare quelle che mi hanno tenuto sveglio per diverse notti.
Mi allontano dalle sue labbra solo per un secondo, il tempo di sentirlo brontolare scontento.
Chi è che pensa solo al sesso ora?
Stringo i suoi fianchi con cautela, appena prima di sollevarlo e guidarlo sulle mie gambe.
Mi lascio andare contro lo schienale del divanetto mentre osservo il mio ragazzino dal basso.
Voglio il suo odore su di me.
Le dita veloci di Nick cercano i bottoni della mia camicia, stropicciandola e tirandola per la fretta. Mi sarà impossibile uscire da questa stanza fingendo che non sia successo nulla tra noi.
Quando finalmente trova il primo bottone, quello del colletto, mi lascio scappare un sospiro di sollievo.
Mi sento intrappolato nei miei vestiti, ancora legato alla persona che dovrei essere.
Ma quando le labbra di Nick tornano sulle mie smetto di pensarci immediatamente. Esiste solo la sua bocca calda, le sue gambe strette intorno al mio bacino, il modo in cui è avvinghiato a me.
E se la mia lingua non è mai stanca di sfiorare la sua, le mie mani vogliono molto di più.
Con il cuore che batte all'impazzata lo aiuto a togliersi il maglione, liberandolo dall'abbraccio del tessuto morbido.
È la prima volta che lo vedo senza maglia.
Senza che possa controllarmi, le mie dita scattano per assaggiare la sua pelle. Ho aspettato tanto questo momento, e adesso ho l'impressione che tutto potrebbe sparire da un momento all'altro.
Mi costringo a frenarmi, a ritrovare quel briciolo di compostezza che mi caratterizzava prima di conoscere il ragazzino seduto su di me.
E sebbene io continui ad esaudire tutte le richieste della sua lingua, lascio che le mie mani siano più caute.
Non voglio affrettare troppo le cose, non adesso che sto conoscendo il suo corpo, che posso finalmente toccarlo.
Percepisco ogni guizzo dei muscoli sotto il palmo quando accarezzo la sua schiena. La sua pelle è così bianca che sembra porcellana, con cui condivide anche la delicatezza: basta che io stringa appena più forte per farla arrossare. Per un attimo temo di avergli fatto male, ma quando schiaccia il suo petto contro il mio, il suo cuore non fa altro che confermarmi la sua eccitazione.
Mi piace sentire come batte contro la cassa toracica, quasi parlando con il mio.
Continuo a sfiorare la sua schiena lentamente, tracciandola con la punta delle dita. Vado su e giù diverse volte, e quando sento di essere vicino alla sua cinta torno in alto, allontanandomi in tempo. Posso sentire il suo cuore accelerare ogni volta che lo faccio.
E quando finalmente arrivo al suo sedere lo ignoro e proseguo fino a posare le mani sulle sue cosce.
Per un attimo avevo scordato che fosse un atleta, e quando avevo stretto la morsa sulla sua pelle non mi aspettavo di trovare dei muscoli tesi, rigidi e sodi.
Perfino il tessuto dei jeans non riesce a nasconderli, così che io possa saggiarne la consistenza.
Come immaginavo, ogni cosa del suo corpo mi lascia incantato.
Resterei tutto il giorno a toccarlo, sentendo cosa la sua pelle ha da dirmi.
Nicholas sussulta quando lo afferro per le gambe e lo stringo a me il più possibile. Si stacca dalle mie labbra con un piccolo sorriso, la fossetta è ancora lì.
-Per quanto ancora continuerai a torturarmi?- la sua voce cerca di uscire spavalda, ma sembra sul punto di spezzarsi. È raro che lui perda il controllo in questo modo.
-Non saprei, fino a quando continuerai a reagire così?- e affondo le dita nelle sue cosce, facendolo sussultare di nuovo.
-Se vuoi qualcosa, perché non me lo dici chiaramente?- aggiungo sorridendo. Non mi sono mai sentito così a mio agio in situazioni come questa: c'era sempre qualcosa che mi bloccava, che temevo di sbagliare, oggi invece mi sento tranquillo come non mi capitava da tempo. Voglio Nick tanto quanto lui vuole me.
Il ragazzino biondo si tocca il labbro superiore con al lingua, quasi pensando alla mia proposta.
Poi, con cautela, si avvicina a me, ancorando le dita alla mia mascella, così da impedirmi di allontanare il viso.
-Mi conosci bene, Drew. Sai che non te la darò mai vinta, quindi se intendi giocare con me, stai attento alle conseguenze- e con i denti tira leggermente le mie labbra, quasi mi stesse sfidando e ammonendo allo stesso tempo.
Riesce a eccitarmi solo parlando, e penso che lo sappia.
-Come volete, Vostra Grazia- ribatto facendolo ridere, ma solo per qualche secondo, poi torna a baciarmi come se ne sentisse già la mancanza. E un po' la sentivo pure io.
Lascio che una mano si infili tra i nostri corpi, aprendosi una strada stretta verso i bottoni dei suoi jeans.
Mi basta toccarlo appena perché dalle sue labbra esca un gemito.
Premo sulla punta solo per un attimo e Nicholas si stacca dal nostro bacio per cercare di regolare il respiro.
È caldo come la sua bocca e prima di stringerlo completamente nel palmo della mano, mi diverto ad andare su e giù con la sola punta delle dita, come facevo prima sulla sua schiena.
-Spero di aver indovinato i vostri desideri nel modo corretto, Vostra Grazia- sussurro sulle sue labbra, a un soffio dal suo viso teso, quasi stesse cercando di trattenersi.
E sebbene ci stia provando, non riesce proprio a impedire che l'ennesimo gemito gli sfugga quando prendo la sua lunghezza in mano.
Ed è uno dei suoni migliori che io abbia sentito.
Quando inizio a baciargli il collo posso sentire la sua gola vibrare ad ogni ansito. È come la cassa di uno strumento, qualsiasi sua emozione risuona sotto le mie labbra, le sento prima ancora che abbiano voce. E non vedo l'ora di portare questo strumento al limite.
Mi basta ascoltarlo per capire cosa fare: con quanta pressione stringerlo e a che velocità gli si mozza il fiato.
Faccio un po' quello che vuole, e un po' quello che voglio io.
Mi irrigidisco quando le sue dita trovano la mia cintura e si intrufolano nei miei pantaloni.
-Cazzo, Nick, hai le dita fredde- mi lascio scappare ridendo.
-Oh, scusa- toglie le dita all'istante, come se non fosse mai successo, e se le porta in bocca, bagnandole con la lingua. Rimango incantato a osservare l'indice e il medio sfiorare il suo labbro inferiore prima di tornare sul mio membro. La morsa delle sue dita è salda, ma al tempo stesso scivola lungo la mia erezione grazie alla saliva.
Questa volta è il mio battito ad andare fuori controllo, e cerco di concentrarmi sul corpo di Nicholas, ma riesco a stento a tenere gli occhi aperti. Non riesco a non pensare alla naturalezza con cui lo ha fatto, a come ogni volta che muove quella mano io venga colto dai brividi.
È terribilmente bravo.
Con la mano libera mi accarezza i capelli, nello stesso modo in cui io toccavo i suoi.
Stiamo imparando a conoscere i nostri corpi attraverso l'altro. È come se avessi vissuto vent'anni senza sapere che cosa stesse cercando la mia pelle, e adesso mi sembra che ci sia un'unica risposta.
Torno a baciarlo ed esploro la stessa bocca che prima ha accolto le sue dita, le stesse che adesso si trovano nei miei boxer.
Nick geme di nuovo e cerca di sfuggire dalle mie labbra, e immagino che sia al limite. Lo afferro per la nuca, stringendo le sue ciocche bionde in una presa ferrea così da impedirgli di allontanarsi.
Non ho intenzione di cedere adesso.
Sfrego il mio palmo con forza mentre sento la sua lunghezza tremare sotto il mio tocco. Libero le sue labbra solo per vederlo venire sotto i miei occhi.
Poi, il suo viso trova posto nell'incavo del mio collo, mentre si accascia completamente su di me.
Lo stringo tra le mie braccia con tutta la forza che mi rimane, e ascolto il suo respiro affannato come se fosse la migliore delle melodie.
-Allora a questo sono serviti tutti quegli anni di pratica con il violino...- mormora dopo un po'.
Si schiaccia contro di me, rimanendo avvinghiato al mio busto. Ogni tanto la sua schiena è pervasa dai brividi e non so se stia ancora smaltendo l'orgasmo o senta freddo.
Allora lo accarezzo con più insistenza, cercando di far riscaldare il suo corpo come posso.
Mi piace prendermi cura di lui.
Così come lui si prende cura di me.
-Se questo è quello che riesci a fare con le dita, immagino con altro...Sai, vorrei dirti che non me lo aspettavo, ma ho un certo fiuto per queste cose-
Adesso è tornato il ragazzino biondo a cui piace provocarmi, e non posso trattenere un sorriso sincero.
-Non so di cosa tu stia parlando-
-Oh ma per favore! Parlo della tua faccia d'angelo, i tuoi modi educati e innocenti, e invece guarda cosa riesci a fare!- scoppiamo a ridere entrambi appena finisce la frase.
Eppure anche se fingo di nulla, non posso dargli torto.
-Allora, riesci a sentire il tuo odore su di me?-
Nick si scosta dalla nicchia che aveva trovato tra il mio collo e la spalla e posa le mani sul mio petto, per reggersi meglio sulle mie gambe.
-Ci vorrà molto più di questo, ma so cosa potrebbe aiutare...-
E in qualche secondo lo vedo scendere e mettersi in ginocchio.
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