Capitolo 28

Alexa

Oggi per la prima volta non riesco a credere che i suoi occhi siano uguali ai miei. Forse è la disillusione, o al contrario forse mi sto illudendo che non lo siano, come se questo mi allontanasse dalle conseguenze.

Questa mattina mi veniva da vomitare già appena sveglia. I ricordi vivi della notte continuavano a susseguirsi nella mia testa, e perfino serrare le palpebre non era sufficiente per farli sparire.
Le voci. Il mio pianto disperato. Jason.
Troppo da elaborare, e non so se troverò mai il tempo.
Riprendermi il mio talento è la mia priorità, senza di esso dubito di poter essere utile a Ian o ai ragazzi rinchiusi qui dentro.
Ho provato a parlare con le entità durante il silenzioso tragitto in ascensore, ma una volta interrogate allo specchio non si sono degnate di rispondermi.
Sono stanca di non aver il controllo.

Quando alzo lo sguardo, però, mio padre non può vedere nulla di tutto questo. Non vede la mia notte insonne, né le mie preoccupazioni. Mi sono pure premurata di nascondere con i capelli le macchie rosse che Jason mi ha lasciato poco prima di venire qui.
Mi basta questo pensiero per tornare a sentire le sue mani avide su di me.
Dopo la conversazione su suo padre credevo che il nostro rapporto sarebbe cambiato. Non mi aspettavo gentilezza o rispetto, sarebbe stato stupido anche solo pensarlo, ma speravo che sarebbe stato più facile per me.
Invece la nostra relazione si basa solo sul sesso, sull'appagamento dei desideri, dei suoi, ovviamente.
E dopo aver finito mi ha lasciato sola tra le coperte, senza rivolgermi la parola. Poi, dopo essersi lavato, è uscito, probabilmente diretto in palestra per la lezione. Un atteggiamento troppo distaccato perfino per uno come lui.
L'unica cosa di cui si è premurato è stata non fare pressione sulla mia gamba ferita. Nonostante fosse in preda al piacere, nel momento in cui ha poggiato il palmo sulla mia coscia l'ha rimosso subito, come se si fosse scottato. Non che questo lo abbia scoraggiato dall'approfittarsi del resto del mio corpo.

-Alexa, mi stai ascoltando?- in fretta la sua voce spazza via i miei pensieri.
-Scusa, mi ero un attimo distratta. Dicevi?-
Arthur ha insistito perché il nostro rapporto fosse più informale, come se ci conoscessimo da sempre.
Mi ha praticamente autorizzato a mentirgli.
-Stavo leggendo dei tuoi sorprendenti risultati con le armi da fuoco, hai un'ottima mira- si toglie gli occhiali da lettura per guardarmi meglio.
-Grazie- borbotto imbarazzata, non sapendo che altro aggiungere. È strano, ma sembra sincero. Vorrei lasciarmi andare e godermi i suoi complimenti, ma non posso dimenticare chi è. Anche se questo è quello che avrei voluto sentire da mia madre: essere apprezzata, riconosciuta, sentirmi quasi speciale; mi avrebbe reso la sopravvivenza alla Base un pizzico più semplice.
Certo, mia madre non era solita complimentarsi, ma almeno non ha costruito una prigione sotterranea per qualche assurdo esperimento, a differenza dell'uomo che siede davanti a me.
-Sono davvero impressionato. Qui c'è scritto che hai perfino colpito una moneta- punta l'indice contro il foglio, come se potessi vedere ciò che vi è scritto da questa distanza.
-E considerando gli...- si blocca, incapace di trovare le parole adatte a riassumere la mia vita fatta di bugie e umiliazioni -...incidenti, i tuoi progressi sono ancora più sorprendenti. Il siero ha sicuramente accelerato il processo e ti ha permesso di raggiungere questi risultati così in fretta. Questa è un'ottima notizia, è la direzione verso cui dobbiamo spingerci- alza lo sguardo, sorridendomi. Le sue emozioni sembrano così sincere che non posso far a meno di mettermi sulla difensiva, incapace di credergli.
O forse sono solo invidiosa della sua libertà di esprimersi in modo autentico, chi può dirlo.
Mi chiedo come possa nutrire un interesse tanto genuino sapendo di compiere esperimenti su dei ragazzini.

All'improvviso cambia atteggiamento: il suo sorriso si ridimensiona fino ad assumere un'espressione più composta, colto da un'aria seria.
Fingo di non averlo notato, lasciando che il mio sguardo vaghi sulle pareti del suo studio. Seguo le linee morbide dei ripiani e mi soffermo sugli oggetti lasciati lì, quasi abbandonati nella loro collocazione.
Con un colpo di tosse mi riporta al nostro discorso, finalmente deciso a proseguire.
-Alexa, volevo chiederti se fossi a conoscenza di possedere altri talenti oltre la predisposizione alle armi da fuoco...- la sua voce stride nelle mie orecchie, ho l'impressione che non gli piaccia questo argomento.
Mi chiedo perché; due secondi fa era sul punto di fare i salti di gioia.
Potrei anche sbagliarmi. Ho dormito poco questa notte, non dovrei fare affidamento sulle mie abilità di percezione.
Da quando mi sono svegliata sono diffidente come un animale in gabbia, prima con Jason e ora con lui. Forse mi sto solo immaginando tutto.
E non posso fare un salto nel buio per delle stupide sensazioni, non quando il rischio è notevole.

Accavallo le gambe, decisa a rispondere in modo vago, senza accennare alle voci. È il mio asso nella manica.
O meglio, potrebbe esserlo se mai riuscissi a controllarle.
-È tutto nuovo per me, non sono abituata a coltivare dei talenti. Sto cercando di abituarmi a queste nuove capacità. Ogni giorno scopro di essere più forte e più veloce di quanto pensassi e...- mi blocco, colta da un ulteriore presentimento.
Questa volta sotto la forma di un sussurro petulante, sottile, che rimbomba nelle mie orecchie.
Lo sentivo mentre parlavo e continuo a coglierlo adesso, come una voce lontana.
Mi concentro sulla sensazione, riscoprendola familiare, in un certo senso rassicurante. Non posso chiudere le palpebre davanti ad Arthur, mi sta già guardando incuriosito e so che dovrò trovare una spiegazione a tutto questo.
Devo solo capire di che cosa si tratta.
Adesso la voce sembra essersi avvicinata, tanto che posso distinguere alcune parole.

Adam...
...Credevo che tu fossi sincera...
Cosa...futuro...

Riconosco questa voce. Anche se riesco a cogliere solo dei frammenti sparsi nel tempo. Li catturo poco prima che riescano a sfuggirmi perdendosi tra il brusio di fondo.
È la voce dell'uomo che ho di fronte.
È così reale che devo controllare con i miei occhi che le sue labbra non si siano mosse.
Cos'è? Un avvertimento?
-Alexa, stai bene?- Arthur del presente interrompe la mia improvvisa immersione nel futuro.
Perché parliamo di Adam? Cosa c'entra con noi due?
Non ho il tempo di riflettere; una visione così scheggiata mi è più di intralcio che di aiuto.
Al momento devo solo cercare di non fare una mossa falsa.
-Scusami, mi ero persa a guardare la libreria alle tue spalle. Dicevamo?-
-Mi stavi parlando della tua esperienza, dei tuoi talenti- continua ad insistere su questo punto e non fa altro che insospettirmi.
Le voci non mi hanno contattato per caso, c'è sempre un motivo dietro gli echi del futuro. Significa che devo cambiare strategia e sacrificare il pezzo vincente. È l'unica cosa che mi viene in mente adesso.
-A questo proposito, vorrei parlarti di un problema che ho riscontrato negli ultimi giorni. Alla Base, nonostante fossi sotto il controllo dei farmaci inibitori, ho scoperto di avere la capacità di vedere il futuro-
Mi interrompe, facendo rumore nell'afferrare una penna da un vasetto cilindrico.
D'istinto mi irrigidisco e avverto il cuore accelerare in un improvviso scatto, come se fossi stata scoperta.
Sapevo che avrebbe suscitato il suo interesse, del resto la sua passione ci ha portati ad essere rinchiusi qui sotto, e il mio talento gli potrebbe essere incredibilmente utile. Per questo volevo nasconderlo, tenerlo lontano da lui e i suoi collaboratori, invece sono costretta a dargli questo vantaggio.
Ammesso che le voci dicano la verità.
-Quindi sotto forma di visioni?-
-Dipende, non c'è mai stata un'unica modalità.-
Lui annuisce mentre continua ad annotare le mie parole. La penna guizza così in fretta che in poco tempo ha già riempito metà pagina.
-Sono a comando?-
-No, non ho mai deciso cosa vedere, ma spesso sono state d'aiuto per prevedere situazioni di pericolo, come un impianto d'allarme-
L'ultima volta che ho provato a prendere il controllo l'entità del Futuro mi ha messo a dormire per giorni, spegnendomi come si fa con una macchina. Adesso che il nostro legame si è sciolto riprovarci potrebbe essere più sicuro, ma non so se ho il coraggio di farlo. Sto già rischiando troppo raccontando tutto questo a mio padre e il mio cuore non la smette di ricordarmelo: lo sento intromettersi tra una parola e l'altra.
-Interessante. Hai visto qualcosa da quando sei qui?-
-No. Ho cercato di ritrovare un contatto, ma da quando ho assunto il siero gli equilibri sembrano essersi spezzati- confesso preoccupata, il primo stato d'animo autentico della conversazione.
Lo osservo annuire con lo sguardo rivolto su ciò che ha scritto, anche quando smetto di parlare lui continua a scribacchiare in fretta, assorto in chissà quale ragionamento.
Ho commesso un errore. Non avrebbe dovuto saperlo.
Continuo a ripeterlo nel tentativo di zittire quella parte di me che cerca la sua approvazione. Quella parte che vuole sentirsi apprezzata da lui.
Ma non sono qui per giocare alla famiglia felice, devo cercare essere utile ai ragazzi all'esterno. Nulla di più.

-È veramente impressionante, Alexa. Sono felice che tu me ne abbia parlato, mi chiedevo cosa ti impedisse di farlo. Il primo rapporto di Adam su di te era piuttosto confusionario su questo aspetto del tuo talento. Ma sono sollevato che ci siamo finalmente chiariti- mi sorride e non riesco a capire se stia recitando o meno. So solo che indirettamente mi ha mandato un avvertimento: qualsiasi cosa io faccia prima o poi la scopriranno.
Non hanno mai smesso di sorvegliarmi e non posso sottovalutarli ancora. Mi stanno braccando.
In effetti non gli ho dato garanzie per fidarsi di me; immagino che l'esecuzione dei funzionari sia stata una cosa da nulla per loro.
-Non era mia intenzione nasconderti nulla, io stessa non so cosa stia succedendo-
-Non abbiamo mai studiato un talento del genere, gli effetti del siero sono sconosciuti perfino a noi. Ma sono sicuro che lo scopriremo insieme- lascio che mi prenda la mano e la stringa in un gesto sincero, di conforto.
Respiro profondamente, come se tutti i miei problemi fossero scomparsi in un istante, non posso permettergli di leggere nella mia testa.
Come ho fatto a dimenticarmi dell'interrogatorio di Adam?
Era ovvio che riferisse qualsiasi impressione ai suoi superiori.
E lui sapeva che avevo visto il futuro perché era lì mentre parlavo con Ian, era lì mentre gli dicevo addio.
Cazzo, lui è stato il fottuto motivo per cui gli ho detto addio.
Questo posto ti porta ad impazzire lentamente.
Sembrano passati mesi da quando è successo. E continuo a dimenticare pezzi di me e della mia storia perché qui è tutto così confuso. Non sai se è giorno o sera, che cosa è reale e di chi fidarti.
Chissà se Jason parlerà. Gli racconterà del mio crollo di questa notte? Non sembra devoto come Adam, ma non ho certezze che non lo farà.
Non ho tempo per pensarci adesso.
Rischio solo di confondermi.
C'è solo una cosa che posso fare ora per salvarmi.

Mi mordo il labbro fingendo di trattenermi, ma i miei occhi hanno già iniziato a lacrimare.
Inizio a piangere a piccole dosi, sondando il terreno, o forse perché una parte di me desidera mantenere una dignità.
Temo che sia un po' tardi per quello.
Ho già venduto il mio corpo e affrontato alcune delle mie paure, per quanto ancora dovrò fingere di aver conservato la mia integrità? È piuttosto ridicolo ormai.
Quando vedo il suo sguardo intenerirsi so che è il momento giusto per singhiozzare.
Sento le guance tingersi di rosso e gli occhi gonfi per lo sforzo. Sto fingendo, ma ho bisogno di accedere a ricordi reali per permettere alle lacrime scorrere sul mio viso.
Ripenso a tutto ciò che mi tormenta anche quello che non voglio ricordare.
Celine e Chloe.
Rivedo nella mente il loro corpo disteso sul pavimento, privo di vita.
Il corpo della madre fuso con l'oscurità della sua camera.
Ricordo la prima persona che ho ucciso. Solo un ragazzo della nostra età.
E poi davanti a me si susseguono i volti delle persone che mi hanno costretto a giustiziare, persone che non mi avevano fatto nulla.
Non le conoscevo nemmeno.
Eppure è toccato a me porre fine alla loro vita prima del tempo.
Non ne avevo alcun diritto.

Arthur si alza dalla scrivania, avvicinandosi con cautela. Riesco a osservarlo sotto le ciglia mentre si muove in modo impacciato, incerto su cosa fare.
Inizio a tremare leggermente in modo da indurlo ad abbracciarmi, nonostante un contatto fisico sia l'ultima cosa che desidero al momento.
Le sue mani sono ferme, a tratti rassicuranti, se è quello che voglio credere.
Arresto lo sfogo in modo graduale, guidata dai miei respiri profondi mentre serro le palpebre per rimuovere ogni traccia dei volti delle persone che ho ucciso.
Basta.
Non è più necessario.
Detesto trattare i miei ricordi così, ma ho altra scelta?
Sollevo il capo verso mio padre, lasciando che la finzione si confonda con la realtà: può vedere solo la mia tristezza, non che cosa ne è la causa, e fino a quando non troverà un modo per entrarmi nella testa posso usarlo a mio vantaggio.
-È che...mi sento così...- provo a mormorare e mi aggrappo alle sue spalle, in modo che l'abbraccio diventi più forte.
-Vorrei sul serio esservi utile, ma non so cosa fare. È come se non fossi abbastanza...- continuo a farfugliare scuse, tutte quelle che mi vengono in mente.
Poi, una volta avvicinate le labbra al suo orecchio sferro il colpo finale.
-Vorrei solo vederti fiero di me-
Ricorro al tono più sdolcinato che possiedo, incrinato solo da qualche saltuario singhiozzo.
Piangere a comando.
Ian sarebbe così fiero.

Nota autrice:
Mi spiace che il capitolo sia meno lungo del solito e qualitativamente meh, ma sono piena di verifiche (e il mio elaborato per la maturità purtroppo non si scrive da solo).
MA ho già intenzione di farmi perdonare con un what if a giugno su Nick e Drew.
Grazie come al solito per la pazienza.
Vi voglio bene❤️

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