Capitolo 27
Drew
-Non dovremmo svegliarli?-
Avverto l'emicrania prima ancora di aprire gli occhi.
È come se qualcuno mi stesse prendendo a martellate sulla fronte. In modo costante, senza mai stancarsi; anzi, sembra che ogni tanto gli scivoli la mano e il chiodo si conficchi più in profondità.
È insopportabile.
Inoltre avverto anche un fastidio al fianco e un atroce dolore alla schiena per la posizione in cui mi ritrovo.
-Signorino Nicholas, la ritengo fortunato a non poter vedere questo spettacolo- la voce di Brian precede una leggera risata che riconosco immediatamente.
Provo a togliermi di dosso il torpore in cui sono immerso, ma ogni mio movimento è bloccato, non solo dal dolore, ma da una massa pesante che fa pressione su di me.
Ancora con le palpebre serrate sento il suono delle bottiglie di vetro scontrarsi in un tintinnio limpido, quasi musicale.
-La situazione è così grave?- chiede il ragazzo.
-Questo lo scopriremo presto- risponde Brian, riportandomi finalmente alla realtà.
Ora mi ammazza.
Sbatto la testa contro lo schienale del divanetto per la frustrazione.
È già mattina, eppure ho l'impressione di non aver dormito affatto.
Accanto a me il corpo di Ian inizia a risvegliarsi, gesto che viene annunciato con un brontolio sommesso.
-Signorini, vi conviene alzarvi e tornare nelle vostre camere prima che vostra madre vi veda così- mi aspettavo che l'uomo fosse più arrabbiato per il nostro comportamento, ma la sua voce non sembra farlo trasparire, non al momento.
O forse è solo questo mal di testa dilaniante a impedirmi di capirlo.
Scorgo i capelli biondi di Nicholas con la coda dell'occhio, in piedi poco lontano da noi.
-Che ore sono?- mormoro mentre cerco di alzarmi con calma, combattendo con gli arti del mio gemello, ancora immerso nel suo riposo.
-Sempre troppo tardi- risponde Brian scoccandomi un'occhiataccia e, come se potesse vederla, Nicholas scoppia a ridere senza riuscire a contenersi.
Almeno uno dei due è di buon umore.
Mi sfrego gli occhi per accelerare il mio risveglio, ma il dolore alla testa non accenna ad affievolirsi.
Il raggio della luce mi colpisce in pieno viso appena Brian apre le tende, costringendomi a serrare le palpebre per il bruciore.
Anche Ian reagisce allo stesso modo, rannicchiandosi contro di me.
-Avevo intenzione di farvi la predica, signorini, ma ho davvero troppe cose da fare oggi-
-Peccato, ero venuto solo per questo- commenta il ragazzino continuando a stare in disparte.
Ogni parola che esce dalle loro labbra ha lo stesso effetto di una lama dietro la nuca.
Vorrei solo tornare a dormire.
-Per quanto mi riguarda, Brian, puoi pure spolverare sopra di me, basta che mi lasci dormire- borbotta mio fratello, ed è come se mi avesse letto nel pensiero.
-Allora forse dovrei iniziare a riempire il secchio per passare il mocio- risponde con un tono tagliente l'uomo che mi ha cresciuto.
Chissà quante volte avrebbero litigato se Ian fosse cresciuto con noi.
Nessuno dei due riesce a tener a freno la lingua se provocato, e di certo Ian non sembra aver paura delle conseguenze.
-Credo sia meglio tornare in camera- e mentre incito il mio gemello ad alzarsi; anche se tiene la palpebre chiuse, so che il sonno ormai lo ha abbandonato.
Appena provo ad alzarmi però, la testa torna a girare furiosamente, costringendomi a ricadere sul divano.
-Hai bisogno di una mano?- e la sua mano tasta il bracciolo, poi arranca quasi graffiando la superficie della stoffa raffinata, fino a quando non trova la mia spalla.
Gli rivolgo uno sguardo e lo trovo a sorridere leggermente, divertito dall'intera situazione, e riderei pure se i postumi della sbornia non mi stessero tormentando.
-Immagino di averne bisogno, sì- sussurro imbarazzato, sento lo sguardo degli altri due presenti su di me.
-Ian, lo stesso vale per te-
-Oh no, sto divinamente. Credo che io e Brian staremo a bisticciare ancora un altro po'-
-Certo, signorino Ian, può benissimo pensare alle sue risposte sarcastiche mentre mi aiuta a pulire-
Questa volta Nicholas sorride abbastanza da mostrare le fossette, e pur ritrovandomi in questo stato, non posso far a meno di trovarlo adorabile.
-Allora andiamo?-
Una volta che poggio il mio palmo sul suo, accogliendo l'invito, riesce a rimettermi in piedi con un solo strattone, dimostrando di avere una forza inaspettata.
Quasi prevedendo il mio senso di vertigine, porta una mano sul mio fianco, in modo da mantenermi in equilibrio.
Mi reggo sulla sua spalla fino a quando non ci chiudiamo la porta del salone alle spalle, solo allora mi concedo di tirare un sospiro di sollievo. Mi sentivo fin troppo osservato lì dentro.
Forse non avrei dovuto lasciarli da soli a confabulare.
Incredibile, non riesco a lasciar andare le mie paranoie nemmeno dopo un'ubriacatura in piena regola.
-So che non ti senti in forma, ma ti assicuro che conviene raggiungere la tua camera il prima possibile-
Nicholas è sempre rimasto poco distante da me, abbastanza lontano da concedermi il mio spazio, ma non troppo da non permettermi di appoggiarmi se necessario.
-Non vorrai approfittarti di me in questo stato...- sussurro nel tentativo di distrarmi dal forte dolore allo stomaco.
-Oh sì, sicuramente un ragazzino cieco e con la mia costituzione potrebbe facilmente avere la meglio su un gigante come te. Devi proprio aver paura di questo- prendendomi in giro si avvicina, in modo da accompagnarmi per dei corridoi che dovrei conoscere da una vita, ma adesso sembrano solo parte di uno sfondo sfocato.
-Perché sto così male?- borbotto tra me e me durante l'intervallo tra una fitta alla pancia e una alla testa.
-Quando è stata l'ultima volta che ti sei ubriacato?- non mi aspettavo che mi rispondesse con un tono serio.
-Mai-
-Allora ti sei risposto da solo. Tranquillo, sono un esperto sull'argomento, hai solo bisogno di stare sotto le coperte e stenderti-
Sembra così sicuro, come se l'avesse fatto migliaia di volte, e io non ho altra scelta che fidarmi e sperare che abbia ragione.
Superiamo la scalinata principale per miracolo, e non senza qualche incidente di percorso della mia affidabile guida.
-Sei sicuro che non abbiano ancora inventato il teletrasporto?- sbuffa spolverandosi i jeans all'altezza delle ginocchia dopo l'ennesima caduta che non sono riuscito a sventare. Non riesco a reggermi in piedi da solo, figuriamoci se posso salvare lui dai suoi stessi piedi. Non per il momento, almeno.
-Sicurissimo-
La porta della mia stanza mi appare come una visione, nutrita dalla speranza di poter stare meglio una volta a letto.
-Scusa Nick per averti portato fino a qui, costretto a fare le scale e a diventare il mio bastone- cerco di articolare le parole correttamente, ma esce tutto sempre così confuso.
-Smettila di scusarti, non mi hai costretto a fare nulla. Anzi, sono contento di sentirmi utile, non mi capita poi così spesso-
Sto per rispondere ma vengo travolto da un conato di vomito che mi spinge a correre in bagno, lasciando Nicholas sulla porta.
Riesco appena a raggiungere il gabinetto che inizio a rimettere tutto quello che ho mangiato ieri.
-Drew?- sento la sua voce nell'altra stanza, mentre parla con il vuoto.
Sono troppo occupato a nascondere la testa nel wc per rispondergli.
-Ma stai vomitando?- sembra più divertito che disgustato, e non posso fare a meno di chiedermi se sia normale.
Il mio stomaco contratto per lo sforzo continua a lamentarsi, segno che questo incubo non è ancora giunto al termine.
Avverto i passi del ragazzino farsi largo incerti, molto più lenti del solito.
-Sto arrivando, credo. Vedi, questa è colpa tua: visto che non mi hai mai portato nella tua stanza, a quest'ora sarei stato un fottuto esperto-
-Non ti conviene venire qui, non sono un bello spettacolo nemmeno per un cieco- riesco a dire appena prima di ricominciare a rimettere.
-Mi stupirei del contrario-
Il mio corpo continua a essere percosso da spasmi che non riesco a controllare, devo solo aspettare che passi.
Con la coda dell'occhio noto la testa bionda di Nick affacciarsi, mentre si regge saldamente allo stipite della porta come punto di riferimento.
Sembra deciso a rimanere, e non ho nemmeno la forza per protestare o convincerlo ad andare via.
Detesto che mi veda in questo stato.
Sono sicuro che mi sotterrerò dall'imbarazzo appena starò fisicamente meglio.
Lo sento avanzare con calma, si lascia guidare dal palmo della mano e compie piccoli movimenti, aspettandosi qualche ostacolo.
-Alla tua sinistra c'è il lavandino- lo informo in modo che non si senta del tutto spaesato.
Osservo incantato le sue dita saggiare la superficie fredda, mentre i suoi piedi si muovono solo dopo che le mani gli hanno dato conferma.
-Tu sei a destra però- riflette ad alta voce mentre si avvicina.
-Sì, ma non vedo come questo ti- un altro conato, sono costretto a perderlo di vista per infilare la testa nel gabinetto e sperare che sia l'ultima volta, inizio a non avere più alimenti da smaltire.
Ho la pelle d'oca e non riesco a smettere di tremare, il mio corpo sembra così caldo a contatto con la superficie di ceramica bianca.
-Avanti, meglio fuori che dentro, no?- il mio sguardo scatta alla mia sinistra, dove trovo Nick seduto a terra, non molto lontano.
-Cristo Nick, che ci fai lì?- sussurro con un filo di voce, la gola in fiamme.
-Faccio il tifo, ovviamente- scrolla le spalle, come se fosse una cosa da nulla, come se non sentisse l'odore.
-Proprio carino- commento scuotendo il capo; è tardi per scappare dalla situazione, e anche se fosse non ne avrei le forze.
-Certo che lo sono, vedo che stai iniziando a tornare sobrio...-
Scoppio a ridere anche se lo stomaco continua a dolere per lo sforzo, ma forse per la prima volta da quando mi sono alzato inizio a sentirmi meglio.
-Te l'ho detto, io sono...-
-Un esperto in sbronze, già. Eppure credevo lo reggessi bene l'alcol, Ian mi ha detto che sei una spugna-
Lo osservo schiudere le labbra, sorpreso.
-Gentile Ian a sputtanarmi in questo modo- borbotta fingendosi offeso.
-Quindi è vero?- almeno parlare con lui mi distrae dai brividi che attraversano il mio corpo.
-Ti toccherà bere con me per scoprirlo- e conclude facendomi l'occhiolino, che idiota.
-Dopo questa esperienza non penso che riproverò tanto presto-
-Beh, almeno hai la certezza di aver già affrontato il peggio. Una volta mi sono svegliato quasi immerso nel mio stesso vomito, è stato-
-Oh ti prego!- la sola immagine mi provoca un nuovo conato che sono costretto ad assecondare, il mio corpo è diventato troppo debole per opporsi.
Riesco a sentire la sua risata cristallina unicamente dopo aver smesso di tossire gli ultimi residui.
-Non ci posso credere- riesce a dire tra una risata e l'altra, quasi con le lacrime agli occhi.
-Sono contento che tu riesca a trovare il lato divertente anche in queste situazioni...- borbotto pulendomi la bocca, disgustato dal sapore che mi terrò per un po'.
Mi rannicchio nel tentativo di attutire i brividi, fa così freddo.
Proprio come se lo avesse percepito, Nicholas torna immediatamente serio, lasciando solo in un leggero sorriso la traccia dell'allegria precedente.
-Avanti, aiutami ad accompagnarti a letto- fa un respiro profondo prima di provare ad alzarsi, lentamente, cercando di mantenere l'equilibrio. Mi porge la mano, o almeno ci prova stendendo il braccio in avanti, un po' troppo in alto perché io da terra possa afferrarlo.
-Non so se ti conviene toccarmi in questo momento-
-Oh ma smettila, ti devo ricordare del bagno nel vomito che io h-
-NO- lo interrompo prima che possa ricominciare con questa storia, il mio stomaco non lo reggerebbe.
-Ti prego, no- aggiungo con meno irruenza mentre lui si trattiene dal ridere per l'ennesima volta.
-Allora? La afferri questa mano o no?- mi incalza sollevando un sopracciglio.
-Sei incredibile-
Nonostante io mi sia pulito più volte, continuo a sentirmi sporco: forse è il sapore acido ancora sulla mia lingua o l'odore nauseante che è rimasto impresso nella mia mente.
Nicholas mi tira su per la seconda volta, con la stessa facilità di mezz'ora fa, come se non pensassi nulla.
Mi avvicino al lavandino per sciacquarmi la faccia, e lui rimane ad aspettarmi poco lontano.
L'acqua fresca non allevia il senso di sporcizia che mi porto addosso, ma almeno mi sento meno stordito.
Perfino camminare mi risulta più naturale, e non sono costretto ad aggrapparmi a lui ad ogni passo.
Mi libero delle scarpe in fretta, lanciandole in un angolo e rompendo in un istante l'ordine quasi perfetto della mia camera. È un'ordine solo di facciata, come molte cose della mia vita, ma riesce comunque a darmi sicurezza.
Ma al momento non mi importa granché.
Mi lascio andare sul letto, stremato.
L'unico movimento che mi concedo è quello del capo, in modo da poter guardare Nick che tasta delicatamente le lenzuola per riuscire a coprirmi.
-Tranquillo, faccio da solo- ma lui mi zittisce tirando con un unico movimento fluido le coperte fin sopra i miei capelli.
Poi con i palmi controlla che siano stese bene e che mi tengano al caldo. Nonostante io sappia che non è per nulla facile per lui, questo ragazzino riesce a far apparire qualsiasi sua azione in modo naturale.
-Adesso devi solo riposare, ti assicuro che quando riaprirai gli occhi andrà meglio- sussurra sollevando un angolo delle labbra, non in modo ironico ma dolce, forse affettuoso. È strano, è un lato di lui che non avevo ancora visto, non che dubitassi della sua esistenza, ma non avevo ancora avuto l'occasione per constatarlo con i miei occhi.
Ho sempre pensato che nel nostro rapporto fosse mia la responsabilità, che io dovessi prendermi cura di lui, non il contrario.
-Dico sul serio, Drew. Dovresti riposare- mi ribecca come se mi avesse letto nel pensiero.
Ma io sono troppo occupato ad osservare le sue ciocche bionde per dargli ascolto. Mi sembra incredibile di avergli accarezzato i capelli più volte, e quanto vorrei farlo di nuovo.
-Nicholas-
-Dimmi-
-Puoi restare, per favore?- le parole scappano dalle mie labbra prima che io possa fare qualcosa per impedirlo.
Il suo sorriso appena accennato diventa più evidente e luminoso, facendomi dimenticare per un attimo l'imbarazzo.
-Chi ti ha detto che avevo intenzione di andarmene?-
-Puoi stenderti, se vuoi- sussurro quasi sperando che non abbia sentito, il viso coperto a metà dalle lenzuola.
Perché continuo a dire cose così stupide?
Nick lentamente fa il giro del materasso, seguendone la forma attraverso il tatto. Lo osservo in ogni sua mossa in silenzio, ammirando il metodo perfetto che usa per calcolare le distanze.
Lascia che le sue gambe sfiorino il bordo del letto, così si assicura di essere vicino, poi, prima di sedersi, e immagino che per lui possa essere come un salto nel vuoto, fa in modo che entrambe le sue gambe tocchino la fiancata, sicuro di trovare qualcosa di soffice una volta lasciatosi andare.
Avrebbe potuto camminare accovacciato, toccando direttamente il materasso con le sue mani, ma sarebbe sembrato molto più incerto e sicuramente si sarebbe mosso più lentamente.
Una volta disteso, riesce a entrare sotto coperte con facilità, e mi sento ancora più stupido solo per aver provato a spostare le lenzuola per aiutarlo.
È strano sentire il suo corpo così vicino, o meglio, la possibilità di avere il suo corpo così vicino.
All'improvviso vengo folgorato dalla consapevolezza di aver fatto una mossa stupida, come se la mia lucidità stesse tornando a galla tutta in una volta.
-Mi sento così in imbarazzo- mi lascio sfuggire mentre mi nascondo come un bambino.
-Perché io sono nel tuo letto e non abbiamo ancora scopato? Tu mi avevi detto che non potevo approfittarmi di te!-
Gli mollo una gomitata sul fianco, annullando per un attimo la distanza tra noi.
-No, per aver finito di vomitare davanti a te solo qualche minuto fa- nonostante la sua provocazione mi abbia distratto, continuo ad avere le guance in fiamme al solo pensiero che abbia dovuto badare a me in una situazione del genere.
Vorrei sprofondare.
-Se vuoi posso mettermi in ridicolo in innumerevoli modi diversi, così ti sentirai meglio-
-Davvero, come hai fatto a restarmi accanto mentre rimettevo pure l'anima?- cerco di fargli capire che sono serio, ma ha già messo su la sua espressione ironica, devo concludere che la nostra conversazione sia spacciata ormai.
-Vuoi che io ritorni sulla storia dell'immersione nel vomito?-
Rabbrividisco, eppure cerco di non farmi condizionare troppo, anche se il mio stomaco si contorce solo a sentire queste parole.
-Puoi rispondere anche senza citarla-
-Ma cosa vuoi sapere, Drew? La tua è una reazione fisiologica normale e so come gestirla, o almeno credevo di saperlo, non avevo idea che fossi così impressionabile! - e si mette a ridere brevemente al pensiero.
Spero di poter avere lo stesso atteggiamento nei confronti della mia stupidità, domani.
-E poi so che tu avresti fatto lo stesso per me- mormora senza distogliere gli occhi dal tetto; finalmente serio.
Ha ragione, l'avrei aiutato senza pensarci un attimo.
-Anzi, sono quasi contento che sia successo. Cioè sì, mi dispiace per il tuo stomaco, fegato e quant'altro, ma sono felice di averti dimostrato di poterti essere utile-
-Non c'è bisogno che me lo dimostri, non-
-Oh, ma per favore!- mi interrompe sbuffando, a metà tra il sorriso e il rimprovero.
-Lo sai che devo, non solo con te, ma con chiunque. E per me va bene, davvero. Te l'ho detto prima: mi piace essere utile, sentire di poter aiutare e non essere aiutato. Perché spesso ho l'impressione che nessuno ritenga che io possa essere affidabile-
-Ti devo ricordare dell'episodio del vomito? Non è proprio una garanzia- lo prendo in giro con la stessa arma che prima usava contro di me. Non so perché, ma adesso che finalmente stava per avviare un discorso serio, ho sentito il bisogno di alleggerire la situazione, quasi per salvaguardarlo dal malessere. E forse è proprio l'applicazione del suo discorso.
Gli scocco un'occhiata per controllare la sua reazione, ma lui sembra divertito, probabilmente sta ripensando al fatidico evento.
-E comunque, io mi fido di te- ammetto dopo un po'.
Cazzo Drew, ti sei bevuto pure il cervello?
Perché devi sempre complicare tutto?
Stavamo scherzando, non c'era bisogno di appesantire la conversazione. Non mentre sono ancora stordito dall'alcol.
Le mie parole aleggiano nell'aria e si ripetono innumerevoli volte nella mia testa, per tormentarmi.
Lo sguardo del biondo, però, sembra illuminarsi sentendole.
-Mi affideresti anche uno dei tuoi violini?- e solleva un sopracciglio, incuriosito.
-Pure il più prezioso-
-Wow, allora ho davvero fatto colpo-
-Idiota- sbuffo, girandomi dall'altro lato come se potesse vedere la mia espressione.
-Anche io mi fido di te, Drew. Suona un po' stupido dopo che mi sono fatto scarrozzare in giro per tutta la casa-
Riflette ad alta voce, mentre io non posso fare a meno di lasciare che mi si dipinga in volto un sorriso. Mi sento così stupido.
Eppure avevo un disperato bisogno che lo dicesse. Che la sua risposta arrivasse chiaramente alle mie orecchie. Spesso mi sento inadeguato pure se sto dando il massimo per cercare di aiutarlo, ho sempre il timore di sbagliare qualcosa, di farlo sentire fuori posto. E visto che la maggior parte delle volte cela i suoi sentimenti dietro il suo bizzarro senso dell'umorismo, è difficile capire se ho commesso un errore o no.
-Quindi, bè, grazie per non aver venduto i miei organi al mercato nero- aggiunge facendomi scoppiare a ridere in modo inaspettato, richiamando il nostro primo incontro. La sua ironia è affilata e precisa come una lama, sa sempre dove colpire per avere la meglio.
Riuscirebbe a tirarmi su il morale in qualsiasi occasione.
Anche lui ha stampato sul viso un leggero sorriso soddisfatto, mi basta lanciargli uno sguardo con la coda dell'occhio per accorgermene.
Mi volto sul fianco, in modo che possa osservare meglio le sue reazioni mentre parliamo.
-Posso sentire per intero la storia del vomito?- esordisco con curiosità e spero che lui mi accontenti, anche se una parte di me spera l'esatto opposto.
-Sei sicuro che non tornerai a rimettere?-
Controllo velocemente le condizioni del mio stomaco ascoltando i suoi brontolii e versi, ma sembra tutto in regola.
-Abbastanza. E poi, non credo di aver altro da espellere-
-Immagino che tu non voglia davvero sapere qual è il vero limite...E comunque la storia non è nulla di che-
-L'abbiamo citata fin troppe volte questa sera per non conoscerla tutta- mi giustifico, deciso a portare avanti questo discorso. Nonostante sembri restio, il suo tono non mi induce a lasciar perdere. Non è carico delle sfumature che solitamente aggiunge per farmi capire le sue vere intenzioni sulla conversazione, o almeno, per ora non colgo nulla del genere, ma l'alcol potrebbe anche aver indebolito le mie capacità di percezione.
-Okay, beh, avevo detto che mi sarei messo in imbarazzo, quindi... Mi trovavo a una festa per un record e-
-Un record?- lo interrompo.
-Sì, sono i nostri compleanni, solo che possono avvenire più volte l'anno. Appena superi il record precedente nel tuo talento, si è soliti dare una festa.-
-E tu quanti ne hai festeggiati?- affondo la guancia nel cuscino mentre lo osservo pensare alla risposta.
-Una centinaia, credo-
-Scherzi?-
-Corro da quando sono un bambino, e poi alla Base non c'era molto altro da fare se non concentrarsi sul proprio talento- alza le spalle, e io non posso far a meno di desiderare di vederlo scattare per il giardino. C'è qualcosa di assurdo in questi ragazzi quando si dedicano alla loro abilità, è come se venissero investiti da una luce particolare, che li rende più divini che umani.
-Dicevo, ero a questa festa, non mi ricordo di chi fosse, ero andato solo per staccare dagli allenamenti e svagarmi un po'. Peccato che il giorno dopo dovessi sostenere degli esami fisici piuttosto faticosi...- si ferma, e io pendo dalle sue labbra, ansioso che continui a raccontare.
Storce la bocca ripensandoci, come chiunque stia affrontando i residui di un brutto ricordo.
-Non so se ti è mai capitato di pensare a come sarebbe se mollassi tutto, se smettessi di fare quello che ti rende felice e buttassi nel cestino ore, se non anni, di fatica. Questi sono stati i miei pensieri una volta trascinato dall'euforia della situazione, e mi sono bastati solo tre sorsi per avere il coraggio necessario. Nella maggior parte dei casi, questi rimangono pensieri, nulla di grave, solo dei piccoli sfoghi della fantasia. Invece io sono stato abbastanza coglione da voler vedere gli effetti di una decisione del genere, sapere che cosa avrei provato.
Ho bevuto superando i miei limiti, che conoscevo bene; ironico che io abbia superato un mio record distruggendo le mie possibilità di ottenerne un altro.
Dopo aver deciso di mandare a monte qualsiasi mio piano, sono stato colto da una strana sensazione: avevo deciso che avrei osservato la mia rovina, eppure non mi sentivo libero come credevo. Cercavo la compagnia per distrarmi e non pensare alle inevitabili conseguenze. Raggiungevo ogni gruppo di ragazzi con il bicchiere già in mano, pronto a brindare con loro sulla mia sconfitta.
E poi non ricordo molto altro; Ian ha ragione, ci vuole una gran bella dose di alcol per stendermi, e quella volta avevo esagerato. Non so come sono tornato in camera, ricordo solo che la mattina presto le assistenti mi hanno svegliato con irruenza, per la paura che fossi affogato nel mio stesso vomito.-
Sospira e scuote il capo, sembra arrabbiato con se stesso. Automaticamente il mio braccio si stende per cercare la sua mano sotto le lenzuola, è l'unico modo in cui posso mostrargli il mio supporto senza intaccare l'atmosfera che le sue parole hanno creato.
-La parte divertente è che mi aspettavo così tanto da questa sensazione che sono rimasto deluso. Pensavo che rovinare i miei sacrifici sarebbe stato devastante, un sentimento del tutto nuovo. Invece, dopo un'ora passata in silenzio con me stesso, sono uscito dalla mia camera e mi sono accorto che il mondo andava comunque avanti. A nessuno importava nulla. Avevo fallito, certo, non potevo cambiarlo, ma non era nemmeno il dramma che mi aspettavo. Anche se erano mesi che mi allenavo, sarebbe passata anche questa sensazione prima o poi.- riflette mentre lo sento stringere la presa e intrecciare le dita con le mie, per poi portarle sopra il suo petto.
E per fortuna che le nostre mani sono vicine al suo cuore e non al mio, altrimenti avrebbe sentito chiaramente il battito impazzito che non riesco a regolare. Vorrei dare la colpa all'alcol, ma credo di essere ormai sobrio da un pezzo.
-Deve essere stato difficile per te affrontare i postumi della sbornia da solo- commento cercando un modo di ignorare i pensieri generati dalla nostra stretta: i miei polpastrelli saggiano il dorso della sua mano, cercano la sua pelle morbida e incontrano le vene sporgenti per la forza impiegata nel mantenere salda la presa. Ne vorrei di più. Percorrere con le mie dita ogni parte del suo corpo, scoprire tutto quello che non so e imprimerlo nella mia memoria attraverso il tatto.
Ma qualcosa mi dice che non è ancora il momento. Forse è solo la mia stupida paura, il pensiero di poter rovinare tutto in una sola mossa.
Ho pure la benedizione di Ian, nulla dovrebbe mettersi tra me e lui, eppure sento che c'è un muro che non posso ancora oltrepassare.
Un piccolo sorriso cancella ogni traccia delle emozioni precedenti, legate al passato, e gli conferisce una luce nuova.
-Pensi sempre a come io mi senta...-
-Lo so, non posso farci nulla, me lo chiedo costantemente. È stupido, vero?- scuoto il capo, forse non avrei dovuto dirlo.
-No, per nulla-
Sobbalzo quando scioglie la nostra stretta, e non posso far a meno di pensare di aver fatto qualcosa di sbagliato. Poi sento il suo corpo spostarsi e rotolare vicino a me, attaccandosi al mio busto e avvolgendolo in un abbraccio.
Dovrei fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma ogni mio muscolo è bloccato dall'emozione di poterlo finalmente tenere stretto. La sua testolina bionda mi solletica il collo, ma non mi infastidisce, anzi, lo fa sembrare più reale. Perché non posso credere che Nicholas abbia appoggiato il capo sulla mia spalla e sia avvinghiato a me in una morsa che non ha intenzione di sciogliere.
-Grazie per tutto quello che hai fatto per me- sussurra contro il mio cuore, come se parlasse direttamente a lui.
Rivedo in breve il nostro primo incontro, quando l'ho preso in braccio, il fascicolo con i suoi dati personali, il taglio di capelli e gli incontri in corridoio.
È incredibile quanti ricordi si possano costruire con qualcuno in così poco tempo. E se ripenso alla mia vita prima di incontrarlo, prima di conoscere Ian e Alexa, rivedo un ammasso di eventi sbiaditi. Forse perché incontrare mio fratello era l'unico pensiero che rimaneva costante e mi spingeva ad andare avanti in una quotidianità che detestavo. Ho sempre pensato che ci fossero troppi spazi vuoti nella mia vita, troppe persone che mancavano all'appello, e a ogni passo mi sembrava di annegare.
Stringo il suo corpo ricambiando la stretta, incerto, quasi con il timore di fargli male. Sembra così fragile in questo momento, capita solo quando abbassa tutte le barriere che si è costruito: il sarcasmo, i modi di fare estroversi e affabili. E ho il massimo rispetto nei suoi confronti per aver sviluppato delle ancore che possano tenerlo in piedi ogni giorno, ma adesso mi sembra quasi di stringere la sua anima tra le braccia. Ed è così bello essere veri con qualcuno.
Mi sembra il momento giusto per chiudere gli occhi e lasciare che il tempo lenisca il mal di testa e tutti gli altri malesseri.
Sono così sereno che non mi preoccupa più che Nicholas possa sentire il battito emozionato del mio cuore. Forse è la colonna sonora più adatta.
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Mi risveglio per la seconda volta.
Apro gli occhi con calma, aspettando che sopraggiunga l'emicrania, ma tarda a presentarsi.
Invece sento gli arti indolenziti per aver mantenuto l'abbraccio durante tutta al dormita, eppure non ho intenzione di lasciarlo andare adesso.
Inclino il capo per poter osservare Nick che sta ancora dormendo, calato in un sonno che sembra imperturbabile. Senza pensarci faccio scorrere le dita tra i suoi capelli dorati, incantato dall'atmosfera di pace che emana il suo viso. Ha dei lineamenti così dolci: le labbra rosee appena dischiuse, la pelle candida e le ciglia lunghe. È così bello.
Il mio cuore torna a battere furiosamente al ritmo dei miei pensieri.
Forse ieri ero troppo stanco per notarlo, ma la sua vicinanza non fa altro che farmi desiderare di più, delle libertà che non posso concedermi. Mi limito a far scorrere i polpastrelli sulla nuca, dietro le orecchie, senza mai stringere troppo o tirarli. Quando inspira, il suo petto preme contro il mio, rassicurandomi.
Ripenso alla nostra conversazione di qualche ora fa con leggerezza, piuttosto insolito per la mia mente solita alle paranoie.
Sono stato un po' impulsivo, ma non mi pento di essere riuscito ad aprirmi con lui.
Nicholas scuote leggermente la testa, andando incontro alle mie carezze mentre rafforza la stretta intorno al mio busto.
-Buongiorno- mormoro con delicatezza, nella speranza di non rompere la tranquillità che inonda la stanza. E soprattutto senza far sembrare la situazione strana.
Per la prima volta da quando mi sono svegliato mi ricordo di poter guardare l'orologio e controllare l'orario.
Ho perso completamente la testa.
18.30
Non è più mattina, ma il pomeriggio dello stesso giorno in cui Nick e Brian mi hanno trovato.
-Sei comodo- borbotta lui contro la mia maglia, la voce ancora roca lo fa sembrare più grande, ed è terribilmente sensuale.
Non mi dispiacerebbe svegliarmi ogni giorno così. Per niente.
-Tu sei un po' pesante-
-Sul serio?-
-No, tranquillo-
-Tanto non mi sarei spostato comunque- conclude schiacciandosi di più contro di me.
Se qualcuno mi avesse detto che bastava ubriacarmi e vomitare davanti a lui nel bagno per renderci così intimi, sarei inorridito solo al pensiero.
Rimarrei nella nostra bolla per sempre, ma inizio a temere che dopo tutti i miei incontri ravvicinati con il gabinetto potrei puzzare, e non è proprio la migliore condizione per flirtare con un ragazzino cieco.
Provo a scostare Nick con delicatezza, invitandolo con i palmi a rotolare alla mia destra; non sembra funzionare.
Anzi, si aggancia ancora di più, se possibile, alla mia maglia, e incastra le sue gambe tra le mie, bloccandomi ulteriormente.
-Cerchi di liberarti di me?- chiede sorridendo.
-No, Nick. Vorrei solo andarmi a fare una doccia-
-Fantastico. Posso venire anche io?-
Questa volta pizzicandogli il fianco riesco a spingerlo sul materasso senza troppa fatica.
-Fa' il bravo- esclamo prima di scombinargli i capelli con forza, solo per dargli fastidio.
Mentirei se dicessi di non aver pensato alla sua proposta anche solo per un istante. Ho bisogno di schiarirmi le idee e riflettere a mente lucida su cosa fare adesso.
Che cosa siamo noi? Com'è la nostra relazione?
È una cosa seria? Potrebbe diventarlo?
Mi tolgo i vestiti sporchi e mi infilo nella doccia continuando ad analizzare queste domande.
E se speravo di trovare una risposta, una volta aperto il getto d'acqua calda la mia mente non fa altro che fantasticare.
Penso a quanto mi piacerebbe tornare lì e baciarlo, sentire di nuovo le sue braccia stringersi intorno al mio corpo.
E vorrei spogliarlo lentamente, assaggiando il suo corpo con la lingua.
Dovrei smetterla di pensare a questo.
Ho il fiato corto solo a immaginare quel ragazzino che geme grazie a me.
Forse dovrei parlargli.
Dirgli quello che provo una volta per tutte.
Già, forse.
Esco dalla doccia prima di rimanere bloccato nelle mie fantasie, perdermi nei miei soliti "e se".
Sospiro mentre mi asciugo i capelli con un panno, strofino con forza, quasi per grattare via le mie idee più stupide.
Alla fine stiamo bene così, non vedo perché rovinare il nostro rapporto.
Posso aspettare per dirglielo, non ho fretta.
Anche se prima o poi questa situazione finirà, Ian ha ragione, non possono continuare a vivere qui, sono troppo scoperti.
Significa che prima o poi andranno via...
Trovo i vestiti puliti in un cassetto, e una volta indossati i pantaloni neri mi sento una persona nuova.
Il malessere della sbornia sembra solo un brutto ricordo nemmeno troppo vicino nel tempo.
Prima di mettere la camicia torno in camera per controllare che Nick stia bene.
Lo trovo seduto sul materasso, i capelli davanti gli occhi e ancora in disordine dopo il mio gesto, l'espressione assonnata.
-Quindi che ore sono?- chiede sbadigliando, e con i capelli così arruffati ricorda vagamente un cucciolo di leone.
Ricontrollo l'orologio digitale sul comodino: 18.56
-Quasi le sette-
-Di mattina?-
-Di pomeriggio-
-Ah- rimane ad analizzare la risposta corrugando la fronte, mentre io inizio ad arrotolare le maniche della camicia bianca.
Chissà a cosa sta pensando.
Stiro con le dita il tessuto soffice e fresco, in modo che mi calzi perfettamente; se rincontrerò Brian almeno non potrà ribeccarmi sull'abbigliamento, come è solito fare quando è di cattivo umore.
Dovrei andare a parlargli.
-Allora possiamo scendere al piano di sotto, mangiare qualcosa, andare a correre in giardino e poi tornare di nuovo a dormire- propone dopo la sua silenziosa riflessione.
-Hai tutto organizzato vedo- sorrido spontaneamente. Non è male come programma, non vedo l'ora di osservare il suo talento all'opera.
-Perché, hai altro da fare? Ormai la giornata è andata-
-Va bene. Va bene, lo sai che sono ai tuoi ordini-
-Era questo che volevo sentire! Temevo che dopo questa sera ti fossi scordato del tuo compito di servirmi e riverirmi- adesso anche lui non può fare a meno di sorridere, anche se cerca di controllarlo.
-Non potrei mai, mio signore-
Due colpi alla porta interrompono la nostra piccola commedia.
Senza attendere un secondo di più la porta viene aperta di scatto, mostrando la testa castana di Margaret invadere il nostro spazio.
-Drew, scusami, hai visto I...oh- esclama sorpresa, i suoi occhi sono fissi su Nicholas, che si trova ancora nel mio letto.
E anche se non può vederla, sono sicuro che sente il suo sguardo sopra di lui.
Cazzo.
Rimango pietrificato, lasciando i primi bottoni aperti, incapace di continuare.
Cazzo, cazzo, cazzo
-Uhm, dicevo, sai dove si trova Ian?- cerca di fingere di nulla, ma la sua espressione parla chiaro, e la sua mente va di sicuro a mille.
Sento il cuore sprofondare, sono finito di un incubo. Che cosa le impedirà di dire tutte le sue congetture a mia madre?
-Dovrebbe essere nella sua stanza- risponde Nick, scrollando le spalle, finge che l'atmosfera non sia improvvisamente cambiata.
-Ovvero?- adesso Margaret sembra quasi divertita, come se questa fosse la svolta che non si aspettava di un romanzo. Peccato che in realtà sia la mia vita.
-Secondo piano a destra, terza porta sempre alla tua destra- non volevo che il mio tono di voce uscisse così gelido, ma non riesco proprio a controllarmi. Per tutti questi anni sono sempre rimasto cordiale con chiunque avessi davanti, ad ogni ricevimento, ogni festa o riunione, ma oggi sembro aver dimenticato tutto.
-Perfetto, grazie. Scusate per il disturbo. Drew, la prossima volta chiudi a chiave-
La prossima volta perché non aspetti che io ti inviti ad entrare.
L'educazione di base.
Sparisce in fretta com'è comparsa, ma lascia nella stanza i pezzi dell'atmosfera ormai rovinata.
Sospiro rumorosamente mentre mi lascio andare sulla scrivania, in cerca di un'idea su cosa fare adesso.
Quanto tempo ci metterà Margaret per riferire tutto a mia madre?
Non doveva saperlo così. Anzi, non avrebbe dovuto saperlo proprio.
Dovrei inseguirla per chiarire la situazione? Funzionerebbe?
-Se devi andare, vai- commenta Nick rompendo il nostro silenzio. Il mio sguardo sale sul suo corpo, ancora avvolto tra le coperte, la testa abbassata mentre gioca con le sue mani.
-No, posso risolvere la situazione, devo solo pensarci su...- più cerco di allontanare il pensiero, più torna a cercarmi. Mia madre impazzirà. Specialmente se non glielo dico io.
-Ripeto: puoi andare se pensi sia il caso- la sfumatura della sua voce però si scontra con le sue parole.
Non dovrei andare.
Margaret sarà già arrivata al terzo piano.
Non posso.
-Sto tornando- annuncio in un soffio prima di correre all'inseguimento.
Nick ha capito, sa che devo farlo.
Credo.
Salgo le scale di fretta, per poco non investo una cameriera che porta il cesto della lavanderia.
Scorgo Margaret nel corridoio, non molto lontana dalla stanza di mio fratello. Si volta appena sente il suono dei miei passi veloci, il suo giro su se stessa fa sollevare leggermente la gonna bianca.
-Che c'è, Drew?-
E quasi non le scoppio a ridere in faccia.
Cosa c'è?
Mi sono fatto una corsa incredibile solo per raggiungerla e lei fa la vaga chiedendomi cosa c'è.
Poi i suoi occhi si illuminano di una scintilla che conosco bene, forse è proprio quello che piace a mia madre di lei. Mette su l'aria di chi è superiore, di chi non può essere sfidata.
-Comunque non pensavo che tu fossi...- e si morde il labbro fingendo di non volerlo dire.
-Io fossi cosa, Margaret?-
-No, dico, adesso capisco perché non c'è mai stato nulla tra noi nonostante tutto il tempo che abbiamo passato insieme. Tua madre dovrebbe-
-Lo capisci che non glielo puoi dire, vero?- la interrompo, non ho tempo per i suoi giochetti.
Lei si diverte a esercitare il suo potere sugli altri, come se il suo valore dipendesse da questo; l'ho sempre trovato piuttosto patetico.
-Se viene fuori il discorso, perché no?-
-Perché non sai nulla di me, né di Nick. È stato solo un malinteso-
-Certo, immagino che quel ragazzo sia spuntato nel tuo letto all'improvviso. Ma per piacere, Drew! Dormi fino alle sette di sera, passi il tempo con uno che non sembra nemmeno maggiorenne, se non lo dico io a tua madre, lo noterà da sola sicuramente-
È inutile, non si può ragionare con lei.
Pensa solo a ciò che le conviene.
-Che cosa vuoi?- dico in un sussurro.
-Prego?-
-La tua informazione ha un prezzo, immagino. Non faresti questa scenata se non ti servisse per guadagnare punti con mia madre, quindi, ripeto, che cosa vuoi?-
La sua risata cristallina rimbomba per il corridoio vuoto, immagino che la sfoggi nelle migliori occasioni.
-Tu non vali ancora nulla nella società, è stupido anche solo proporlo.- si volta, in segno che la conversazione è chiusa.
-Nulla di personale, Drew. Sostengo anche i vostri diritti!- scrolla le spalle, interrompendo per un attimo il suo passo elegante.
Non penso di aver odiato qualcuno più di lei in questo momento.
Torno in camera sconfitto, una voragine nel petto e la testa piena di pensieri. E imprecazioni. Soprattutto quelle.
Mi dispiace solo aver perso tempo lasciando Nick da solo.
Sono già pronto a scusarmi con lui, a rispettare il suo programma alla lettera, perfino a portarlo in braccio ovunque lui voglia.
È il minimo che possa fare.
Senza che io possa muovere un muscolo o dire qualcosa, lo vedo sfrecciarmi davanti, quasi travolgendomi.
Dovrei inseguirlo, spiegargli tutto, avere il coraggio per dirgli la verità.
Ma me lo merito.
E poi, quel ragazzino corre dannatamente veloce.
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