Capitolo 24

Ian

Fa freddo.
Adesso mi alzo e chiudo la finestra.
Ma il mio corpo rimane immobile sotto il tocco freddo dell'aria.
Sono pervaso dai brividi, ma non accenno a spostarmi dalla corrente.
Invece rimango ad aspettare.
Aspetto pazientemente fino a quando i miei arti non cedono al peso del gelo, irrigidendosi.
Essere esposto in questo modo ad una forza che non posso controllare è inaspettatamente piacevole.
Ed è un ottimo modo per tenere la mente occupata. È l'unica cosa a cui riesco a pensare.
Freddo. Finestra. Alzarmi.
Ogni parte del mio cervello è occupata a gestire il problema, o almeno, mi piace credere che sia così.
Anche se non è logico.
Del resto, non lo è nemmeno congelare davanti una finestra.

Mentre la corrente risale lungo il mio braccio, diretta al petto, i miei occhi non si schiodano dal soffitto. Non faccio niente per contrastarla.
Mi prenderò un raffreddore.
È così stupido.
Non riuscirò mai a dormire in questo modo. Ammesso che sia quello che voglio.
C'è sempre stata una parte di me attratta da questa sensazione: la sofferenza.
Che sia inflitta o percepita, è sempre un'esperienza interessante. E oggi ne sono stato travolto.
La ritrovavo ovunque.
Ogni ragazzo che si è messo in fila per poter rivivere un ricordo ne era posseduto. Ed erano tutti alla ricerca di un modo per liberarsene, venivano da me, come se io avessi la risposta.
Perché sappiamo provocare sofferenza se poi non conosciamo la soluzione?
Dove abbiamo imparato?
Io, dove ho imparato?
È semplicemente bastato studiare le reazioni umane e il loro modo di agire, o bisogna sperimentarla come vittima?
Ho frugato nella testa dei miei compagni in cerca dell'origine di questa sensazione, senza ottimi risultati.

Ho visto con i loro occhi, ho respirato con i loro stessi polmoni e ricordato episodi ed eventi come se fossero tutti miei.
Ho dissotterrato pensieri che loro non sapevano nemmeno dove fossero nascosti.

Si sono disposti uno dietro l'altro, con un rigore militare che probabilmente si porteranno dietro per tutta la vita.
L'aria era pesante, carica di aspettativa ed emozione, completamente diversa da ora: non riesco a trovare nulla di tutto questo nella mia solitudine, solo i miei sussurri ghiacciati.

Non so come io sia riuscito a farcela.
Non mi sono mai spinto così oltre.
Quaranta persone manipolate nel giro di qualche ora.
Un brivido mi attraversa la schiena, sbloccando i muscoli dal gelo.
Il freddo serve per ricordarmi della mia dimensione corporea.
Provo a muovere le dita, ma sembrano pesanti come blocchi di marmo.
Mi costringono a rimanere ancorato alla realtà, senza la speranza di poter scappare. Posso rivivere quello che ho visto questo pomeriggio senza perdermici dentro.

Chiudo gli occhi poco prima di avvertire i piedi sfregare tra loro per allontanare la brezza ghiacciata.
Secondo i miei calcoli ho appena quindici minuti prima di rischiare di compromettere la mia salute.
Mi basteranno.
Con un respiro profondo mi immergo nel passato, portando l'orologio indietro di qualche ora.

Mi rivedo seduto in modo scomposto, in attesa che l'effetto delle medicine faccia il suo corso. Drew mi ha costretto a prendere qualcosa per il mal di testa, e forse adesso con questa messinscena, sto solo cercando di recuperare il dolore che mi è stato sottratto con una sola pillola.
Cerco di riprendermi quello che è mio.
Ho ceduto solo perché sapevo che non sarei riuscito a mantenere la mia promessa altrimenti, e un leader che non mantiene la parola non ha una lunga reggenza.
Al momento una spaccatura interna è l'ultima cosa di cui ho bisogno.

Il mio gemello era rimasto in disparte, per nulla interessato a partecipare, ma nemmeno disposto ad allontanarsi. Durante la nostra chiacchierata in privato, si era autoaffidato il ruolo di controllore e ancora non sembrava cedere.
Sebbene gli avessi assicurato di non manipolarlo mai più, sotto il suo consenso avrei potuto ricompensare anche lui attraverso i ricordi.
In risposta ho ricevuto un movimento del capo incerto, quasi imbarazzato.
E non posso far a meno di essere sempre più curioso su quello che mi voleva rivelare in corridoio.
Ma ho promesso di rispettare i suoi tempi, e le promesse tra fratelli valgono quanto quelle necessarie a mantenere l'ordine sociale.
Se non addirittura di più.

Un altro brivido, questa volta più insistente.

Ripercorro in fretta i frammenti di vita dei miei compagni: le loro vittorie, i loro sogni e sicurezze.
I record erano la maggioranza. Molti di loro mi hanno chiesto di rivivere quell'emozione, la felicità del puro successo. Ed è stato come tornare alla Base, dove situazioni del genere avvenivano di frequente. C'era sempre qualcuno da festeggiare, una festa più o meno grande e qualcuno che batteva le mani.
Per molti il talento costituiva una ragione di vita, il centro del loro mondo, e deve essere stato spiazzante scoprire che non è così.
Ci vuole tempo per lasciarsi scivolare le bugie di dosso. Lo so. E lo rispetto.
Fare un record era un evento pari al compleanno qui in superficie, non era solo un traguardo, portava attenzioni, lusinghe, agevolazioni.
E forse, la vita in cui il massimo della ricompensa era del cioccolato è pur sempre più rassicurante e familiare della feroce realtà.
Hanno paura del nuovo mondo.

Mi basta un attimo per ritrovare quelle sensazioni, il momento in cui la loro gioia è anche la mia. Il loro successo diventa mio, e il loro talento scorre nelle mie vene come se fosse sempre stato lì. Vivo la festa, i loro incontri, mi fanno piacere i complimenti e scelgo con loro i vestiti adatti per l'evento.
Ed era questo che mi aspettavo di vedere in Renee.

Quando è arrivato il suo turno, si è seduta sullo sgabello tenendo il broncio. I ricci che le coprivano il viso, ma non abbastanza per nasconderne l'espressione.
-Scusami, non era mia intenzione manipolarti, ho perso il controllo.- e sebbene ammetterlo mi era difficile, sapevo che lei si meritava le mie scuse quasi quanto mio fratello. Non mi aveva dato il permesso di manipolarla, non ne avevo il diritto.
Il suo sorriso non ha impiegato molto a ricomparire, poco prima di rivolgermi la sua richiesta:
-Voglio vedere Adam-
Le mie mani iniziano a tremare come allora.
-Pensi che ti farà stare meglio?- non volevo minare la sua determinazione con la mia domanda, solo assicurarmi di non ferirla. Questi ricordi sono un'arma a doppio taglio.
E se decidi di proseguire, devi affrontare le conseguenze.
-Io ne ho bisogno, Ian. Non puoi farmi cambiare idea-
Il suo sguardo è quello che mi è rimasto impresso maggiormente, perché lo conosco, perché è un po' il mio. E quando ragioni con il cuore, le conseguenze non sembrano tanto crudeli, perché non puoi soffrire più di così.
-No no, io lo dicevo per me, perché potrei uscirne con dei traumi. Quindi ti prego, nessuna notte di follie a letto o altro- sono riuscito a farla ridere, annullando la tensione che c'era tra noi. Anche se non siamo mai stati grandi amici e probabilmente non ci conosciamo a sufficienza per reputarci tali adesso, abbiamo in comune molte più cose di quanto sembri.
Il dolore della perdita unisce molto di più dei tratti caratteriali affini, perché ci permette di condividere qualcosa nonostante le nostre evidenti diversità.
-Mi dispiace, so che non sarà facile nemmeno per te- fa una smorfia e si stringe le spalle.
Noto l'impazienza del ragazzo dietro di lei, nonostante sia a debita distanza, come il resto della fila.
È inutile perdere tempo.
Mi è sufficiente incontrare lo sguardo di chi voglio manipolare per poter accedere alla loro mente, ma questa volta sento il bisogno di prenderle la mano.
Fa così freddo adesso.

Ero curioso di scoprire che ricordo avesse scelto.
Ma non mi sarei mai aspettato di vivere questo episodio.

Vengo catapultato in una lite di coppia, si percepisce subito dall'atmosfera tesa, carica di parole non dette pronte a scoppiare.
Renee stessa in particolar modo è la più nervosa.
Perché ha voluto rivivere questa sensazione?
-Hai idea di che cosa stai dicendo?- la sua voce sembra esausta.
Adam la guarda, seduto sul letto, con indosso quella sua classica maglietta rossa, ormai scolorita, che tanto amava.
Adam. Il mio compagno di stanza. Il mio migliore amico. Mio fratello.
Proprio lui, guarda me in modo deluso, quasi colpevole.
E vorrei urlargli attraverso gli occhi della ragazza che non fa nulla, che lui non ha fatto niente, che qualsiasi cosa la possiamo risolvere. Insieme.
Ma io non sono lì.
C'è solo Renee, e lei ha ben altre intenzioni.
-È così assurdo?- borbotta scrollando le spalle, sulla difensiva.
-Ti farai ammazzare!- la reazione di lei lo spinge ad alzarsi, ad andarle incontro.
-Perché lo ricordiamo solo noi? Perché Ian e Alexa sono fuggiti e a nessuno importa? Dovremmo fare qualcosa...-
- Scappare non mi sembra una soluzione! Sei bravo con i numeri, no? Dimmi, quante possibilità ci sono che ci uccidano? E quante che riusciamo a ritrovarli? E soprattutto, quante che il mondo là fuori sia fantastico come pensi?-
Adam tentenna, colpito dritto al petto, incapace di darle torto. Ma forse la parte più affascinante di lui era questa: era un uomo di scienza, seguiva la logica, ma una parte di lui era sempre così profondamente sognatrice e impulsiva. Ed era quello che per me lo rendeva un genio.
Lui immaginava senza nemmeno aver mai visto il mondo esterno, pianificava impianti e abitazioni per giorni e le vedeva prender vita nella sua mente.
-Renee- sussurra una volta vicino a lei.
-Oh no, non iniziare e-
-Renee, non ti mancano?- la interrompe. Lo vedo trattenersi dal toccarla, per la paura che lei possa respingerlo.
-Certo che mi mancano, ma non capisco perché dobbiamo rincorrerli rischiando la morte-
Lui sospira.
-Non sei curiosa? Non vuoi vedere il mondo là fuori?-
-Non dovresti usare quella parola...-
-Non mi importa, Renee!-
Questa volta è lei che si allontana dal mio ex compagno di stanza.
-Nulla ha più importanza ormai- aggiunge parlando tra sé e sé, con un tono più pacato, evitando lo sguardo dell'atleta.

E io mi sento ferito.
Renee si sente a pezzi perché ha appena capito.
-Ian era l'unico motivo che ti teneva qui- mormora cercando di non perdere la calma ancora una volta.
Adam è costretto a guardarla, e non è mai stato un grande bugiardo.
Non che lei avesse dubbi, forse lo ha sempre saputo.
- Non è così semplice...-
-Io non sono un motivo sufficiente-
Il suo cuore batte all'impazzata, lo sento rimbombare nelle mie orecchie.
-Non intendevo questo- risponde imbarazzato, non è mai stato bravo a tirarsi fuori da situazioni spinose, è sempre stato troppo sincero con le persone.
-Forse no, ma è la verità-
Gli lancia un'occhiata, più vicina alla porta che a lui.
E osservando la scena da estraneo, mi rendo conto che io e Renee abbiamo la stessa maledizione: non importa quanto le cose possano cadere a pezzi, il nostro aspetto non si sottometterà alla situazione.
È ferita, ma nessuno potrebbe dirlo guardandola adesso: conserva comunque la grazia di una dea.

-So che è difficile da ammettere, non pretendo che tu lo faccia-
-Puoi smetterla di essere drammatica per un minuto?-
Anche Adam lo sa, lo ha sempre saputo. È quello che vedeva in me. E non posso nemmeno immaginare quanto gli faccia male.
Litigare con una persona perfetta, a cui la faccia non diventa rossa per la rabbia, che rimane sempre splendida nonostante la fronte corrucciata.
Non è facile.
-Io sono drammatica!? Tu vuoi pianificare una fuga!-
-Abbassa la voce- le intima e con uno scatto fulmineo le tiene il braccio. Non l'ho mai visto così paranoico.
Le sue dita avvolgono il polso della ragazza, e le avverto anche io, le sento mentre riscaldano i miei arti ghiacciati.

-Io...ho fatto quello che potevo. Non voglio trattenerti qui, se non è questo che vuoi- respinge le lacrime con uno sforzo, di cui Adam non so accorgerà mai.
-È il mio sogno da sempre, io devo...-
-Vedere il sole, sì, lo so- mormora sconsolata, la rabbia sembra essere sparita.
-Vorrei che tu lo capissi-
Ed è come ricevere un pugno allo stomaco, sia per me che per lei. Qualcuno ti ha mai capito sul serio, Adam?
Ti ho mai apprezzato come meriti?
Deve essersi sentito così solo.
Renee accenna ad un sorriso amaro, mentre lascia scorrere i polpastrelli tra i capelli castani del ragazzo.
-Oh, ma io lo capisco bene. È per questo che mi sto facendo da parte- scuote il capo leggermente, allontanandosi da lui, ma viene fermata all'istante.
-Che vuoi dire, Renee?-
Sofferenza.
Perché facciamo certe domande se già sappiamo la risposta?
Forse soffrire è l'unico modo per aprire gli occhi.
Come alla nascita.

Lei sospira, cercando il tempo per trovare le parole.
E finalmente lo capisco.
Il motivo per cui sono qui. Siamo.
Perché ha scelto questo ricordo.
Conosco questa sensazione.
È il momento esatto in cui capisci di amare qualcuno, e che faresti di tutto per renderlo felice. Qualsiasi cosa.
Anche dimenticare te stesso per qualche minuto.
-Perché una persona come te sta con una come me?- riesce appena a dirlo tra le labbra tremanti.
E Adam, l'uomo che creava intere porzioni di realtà con la sua mente, e le rendeva vive sulla carta. Considerato uno dei più abili della Base. Mio fratello, la persona migliore che io abbia mai conosciuto.
Per una volta, non aveva una risposta.

Mi alzo dal letto di scatto, strappato dalle braccia della storia.
Tutti i miei muscoli sono indolenziti e rigidi, è faticoso perfino stiracchiarmi. Le mie dita hanno assunto una sfumatura arrossata, dove le vene blu si fanno largo, ben visibili.
Mi costringo ad avvicinarmi alla finestra per chiuderla, ogni passo mi ricorda quanto stupida sia stata questa idea.
Un giorno il mio corpo chiederà il conto.
Riesco appena a bloccare le ante in legno, con uno sforzo incredibile del polso, rigido come il marmo.
Devo riscaldarmi.
I miei denti hanno già iniziato a battere senza che possa controllarlo.
I brividi mi seguono fino al regolatore della temperatura per la camera. 
Frugo tra i cassetti in cerca di una coperta, nella speranza che la frenesia dei miei movimenti mi distragga dal freddo. Posso eliminarlo dalla mia testa, posso far finta che non esista.
Metto a soqquadro ogni angolo, senza curarmi del frastuono che sto provocando nel pieno della notte.
Vivo in questa stanza da più di un mese, eppure mi sento ancora un estraneo. L'ho sempre vista come un'abitazione provvisoria, un semplice punto d'appoggio come tanti altri che ho avuto.
Che abbiamo avuto. Io e lei.
Questa volta i brividi che mi pervadono sono ben diversi da quelli precedenti.
Il mio sguardo si posa su un biglietto di carta, caduto durante la mia frenetica ricerca.
So bene di che cosa si tratta.
Questo pomeriggio ho avuto abbastanza intraprendenza da liberarlo dalla busta, ma non sufficiente coraggio per aprirlo.
Lo raccolgo con calma, insieme al copriletto che sono riuscito a recuperare, ignorando i muscoli ancora ghiacciati.
Li sento urlare in questo dolore immobile.

Mi trascino fino al termosifone, ormai tiepido, ma più che necessario.
Avvolgo le mie gambe con la coperta morbida e aspetto fino a quando i brividi non cessano.
Mi concentro sulla respirazione, ascoltando il mio corpo, rannicchiato contro la fonte di calore.
Presto finirà.
Va tutto bene. Sto bene.

Stringo tra le mani il biglietto, indeciso se aprirlo: è il momento giusto?
Una volta presa una decisione, rimarrà impressa nel passato per sempre, senza nessuna possibilità di cambiarla.
E avrà il potere di tormentarmi.

Oh, fanculo.
Ho delle responsabilità verso i miei compagni, non posso permettermi scelte egoistiche.
Potrebbe anche non essere di Alexa.
Potrei anche preoccuparmi per nulla.
Con le dita tremanti per gli ultimi residui di gelo, dispiego lentamente il foglietto di carta.

"Non hai perso la testa, vero Mitchell?
Spero di rivederti presto."

È lei.
L'unica persona che alla Base, oltre i professori, mi chiamava per cognome.
E ancora una volta dimostra di conoscermi meglio di quanto lo faccia io. Forse se avessi avuto sue notizie prima, la maggior parte degli avvenimenti degli ultimi giorni non sarebbe successa.

Rileggo il breve messaggio una ventina di volte, con la sua voce.
È così familiare. Il suo modo di parlare, ogni termine.
L'ultima frase. Mi ha dato un salvagente a cui aggrapparmi.
"spero di rivederti presto"
Sono parole mie, non sue.
E sono uscite dalle mie labbra quella che sembra una vita fa, una vita diversa, quando tutto è iniziato.
La prima volta che ci siamo incontrati. Quando ancora non sapevo in quanti guai mi avrebbe messo, né il fatto che dovessi fare una relazione su di lei.
Eravamo solo due sconosciuti che si scontrano ad una festa, e che iniziano a baciarsi senza nemmeno conoscere il rispettivo nome.
Non ha scritto quella frase tanto per dire, né è probabile un nostro incontro nell'immediato futuro, voleva solo farmi ricordare che cosa siamo stati quando non eravamo niente.
Sa bene che mi basta qualche parola per rivivere determinate situazioni: le voci acute delle cantanti, la musica assordante; mi viene da ridere, Drew sarebbe inorridito dalla nostra concezione di musica alla Base. Sento i corpi passarmi accanto distrattamente, ognuno preso dai propri pensieri, soli in compagnia.
Avevo perso di vista Adam già da un po', era stato trascinato via da una ragazza che più tardi avrei scoperto essere Renee.
Le luci soffuse e colorate, la solita palestra che all'improvviso sembrava troppo piccola per contenerci tutti.
Il mio corpo percepisce di nuovo la botta dovuta al nostro scontro.
Si muoveva così veloce che è un miracolo che non sia inciampata su qualcuno prima di trovarmi.
La rivedo nella mia testa come quella sera: i capelli castani sciolti, insaccata in un vestito nero dai dettagli particolari, opera della sperimentazione della sua compagna di stanza.
E assaggio le sue labbra ancora una volta, coinvolto nel vortice di emozioni del passato.
Il ricordo di quel bacio si mescola con tutti gli altri, tutti quelli che ci siamo scambiati dall'inizio della nostra folle relazione. Quelli più passionali si confondono con quelli dati in fretta, quelli semplici e quelli d'addio. Rivivo i luoghi: la palestra, la mia camera, la casa di Celine, quello strano bar nascosto; e mi godo ogni istante, perché adesso non c'è più tempo.

Riapro gli occhi ancora scosso, appena uscito dal vortice dei miei pensieri.
Il mio corpo ha smesso di tremare.
Mi basta toccarmi le guance per riscoprirle bagnate.
Non posso continuare così.
E sono costretto ad alzarmi e andare a trovare l'unica persona disposta ad ascoltarmi nel cuore della notte.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top