Capitolo 18
Alexa
Un sospiro di sollievo riesce a scappare dalle mie labbra quando mi accorgo che nell'ascensore non c'è nessuno.
Sono sola.
Potrei addirittura piangere dal sollievo, e vorrei tanto potermelo concedere.
La me dello specchio incontra il mio sguardo, mostrandomi la dura realtà: al mio volto manca solo il tocco arrossato del pianto per rendermi un mostro.
No, è ancora troppo presto per piangere.
Il mio collo è cosparso da diversi lividi violacei, impossibili da non notare.
Mi sciolgo la treccia in fretta, a volte tirandomi i capelli per disfarla prima.
Non voglio che mio padre li veda.
Forse non è il classico padre premuroso, ma è pure vero che quando mi hanno torturato in precedenza non ero ancora diventata la sua figlia devota.
Non so come potrebbe reagire, e di sicuro non voglio che rovini i miei piani con Jason; è assurdo, ma è una delle poche cose che posso controllare.
Anche se la forma originale dei lividi è stata modellata dalle dita di suo padre.
Per un attimo posso avvertirle, come se fossero ancora lì, premute sulla mia gola.
Mi manca il fiato, sento il battito del mio cuore aumentare il suo ritmo.
Il tintinnio che precede l'apertura delle porte arriva appena in tempo.
Riesce a fermare i miei ricordi prima che degenerino.
Mi concedo qualche secondo per sistemare i capelli ormai sciolti e sperare che la luce soffusa dell'ascensore sia la causa delle mie terribili occhiaie.
Avanzo per il corridoio senza fretta, nella speranza che il tempo sia dalla mia parte almeno in questo.
La verità è che non voglio incontrarlo.
Non so ancora distinguere con chiarezza cosa mi terrorizzi, ma è evidente che qualunque cosa sia è aggrappata alle mie caviglie in modo saldo, impedendomi di andare avanti.
Forse ho paura che mi deluda, che sia peggiore di mia madre.
Lo trovo seduto alla scrivania, la schiena inarcata in direzione del libro che tiene tra le mani, come se volesse entrarvi entro.
È quasi buffo.
È la prima cosa che mi fa sorridere con sincerità oggi.
Casualmente il suo sguardo ricade su di me, sul mio corpo poggiato alla parete.
-Alexa, è un piacere rivederti. Stai meglio?- dovrebbe essere solo un discorso di circostanza, eppure è palese che gli interessi sul serio.
Peccato che le ferite non guariscano in una notte.
-Sì, molto- accenno ad un sorriso non troppo esagerato, non voglio che pensi che stia mentendo.
Quando i nostri occhi azzurri si incontrano, non è necessario aggiungere altro.
Lui sta aspettando, o forse addirittura sperando, che io dica quella parola, ma non posso.
Arthur, io non posso.
Non ora.
Non so nemmeno che cosa significhi avere un padre.
Lui si schiarisce la gola, segnando la fine di questo discorso silenzioso.
-Mi avevi promesso delle risposte- gli ricordo mentre lo osservo alzarsi con calma e venirmi incontro, senza mai avvicinarsi troppo.
Sapere è l'unico modo per gestire la situazione al meglio, non posso continuare a camminare su un filo.
Arthur sorride compiaciuto, facendomi segno di spostarci nel salotto, che occupa l'altra metà dell'appartamento.
Chissà se dorme qui o ha una vera casa.
Non vedo né un letto, né una cucina, ma non mi stupirei se fossero nascoste dietro qualche parete, in fondo prima anche questo posto mi sembrava assurdo.
Non avrei mai immaginato che la Base avesse più piani, addirittura il numero sufficiente per un bel viaggio in ascensore. Il tempo necessario per degli incontri sgradevoli.
Mi invita a sedermi indicando il divano bianco con la mano.
Seguo il suo gioco senza aggiungere altro, adesso ogni suo movimento ha assunto una sfumatura più formale, completamente diversa da prima.
Spero solo che stia risparmiando le parole per la spiegazione, perché ne ho bisogno.
-Vorrei raccontarti una storia- annuncia dandomi le spalle.
Cerco di non mostrare la mia delusione: non era quello che mi aspettavo.
- Devi sapere che gli uomini si sentono i padroni, quando la realtà è che in questo mondo valgono quanto delle formiche, non di più, non di meno-
Questa è la grande premessa?
È così che inzia la storia?
-Ci illudiamo di essere importanti, che tutto sia a nostra disposizione; la natura disposta a piegarsi al nostro volere. Invece ogni nostro sbaglio ci si ritorce contro...- scuote il capo, come se si fosse appena svegliato da un brutto sogno, scacciando via le sue parole con un semplice gesto.
-Scusami, non volevo confonderti, sono solo le riflessioni di un vecchio che ha visto troppe assurdità e che è stato costretto a prenderne parte.- solo adesso si gira a guardarmi.
Si riferisce al progetto? Pensavo ci credesse sul serio, ieri era così ispirato.
-Per farla breve: la natura vince sempre, e noi continuiamo a soprenderci. Per questo quando in un terreno devastato da pesticidi è riuscito a farsi strada un germoglio insolito è scoppiato un gran trambusto generale.-
- Una pianta ha attirato così tanta attenzione?-
Arthur sorride, chiamente divertito dalla mia ingenuità.
-Non è solo una questione di botanica, Alexa. La pianta aveva costruito una corazza che tenesse riparato il suo interno, in modo che i pesticidi non potessero depositarsi per via aerea. Le sue radici avevano sviluppato l'abilità di scartare gli agenti chimici che non voleva assumere. Quella pianta sapeva meglio di noi cosa fosse il meglio per lei-
Cerco di non mostrarmi troppo perplessa, non voglio che mi guardi di nuovo in quel modo: come se fossi solo una ragazzina che non sa nulla del mondo.
D'altronde se non lo conosco è solo colpa sua.
-Era il simbolo dell'evoluzione, e una volta che essa viene innescata non si può tornare indietro. Dopo tanti errori, la natura ha deciso che è giusto andare avanti, migliorarsi.-
Si ferma, perso ancora una volta nei suoi pensieri.
-Come finisce la storia?- lo incalzo, non riesco ancora a capire il collegamento con la mia, di storia.
-La pianta venne osservata per mesi, fin quando non si decise di sdradicarla per impiegare le sue proprietà nel settore industriale, nella speranza di innescare una vera e propria rivoluzione. E in un certo senso c'è stata.-
Adesso il suo sguardo è fisso su di me.
-La nuova generazione di piante viene impiegata in molti ambiti, ottenendo effetti sorprendenti. Nessuno avrebbe mai pensato che un giorno gli stessi fattori chimici che hanno consentito l'evoluzione venissero meno, combinandosi diversamente, in modo molto più simile alla componente originaria della pianta. Il mercato di contrabbando su questo prodotto era ancora acerbo, ma già avviato. In breve diventò un prodotto raro, impossibile da coltivare in proprio o da riprodurre chimicamente.-
-Tu l'hai mai vista?-
-No, Alexa. È successo molto prima che io nascessi. Molti sono scettici riguardo la sua esistenza, ma io ho studiato abbastanza da esserne sicuro- afferra un libro dalla libreria posta a sinistra, stracolma di tomi e quadernetti rovinati, tra le pagine sono incastrati diversi biglietti per tenere conto dei passaggi più importanti.
Mi porge un volume dalla copertina marrone, rilegato con cura.
Tra le pagine evidenziate grazie ad un vecchio scontrino sbiadito, di cui è impossibile leggere le parole, è disegnato lo schizzo di una pianta.
Le linee sono precise, il tratto della matita leggermente sfumato nella zona dei petali.
-È conosciuta con il nome di "Res Nova", ma come ti dicevo, è poco più di una leggenda ormai- mormora.
Sfoglio il libro pieno di appunti, schizzi e foto di luoghi completamente diversi: dalle lande desolate ai giardini rigogliosi.
Osservo le parole scritte di sfuggita, il colore della penna in costante cambiamento, così come la grafia.
-Arthur, non capisco. Cosa c'entra tutto questo con me?- ricambio il suo sguardo, ritrovando i suoi occhi blu come i miei; è troppo vicino per ritirarsi.
-Una volta che l'evoluzione viene innescata non si può tornare indietro-
-Questo lo hai già detto-
Lui sorride leggermente.
-Nessuno ha detto che è limitata al regno vegetale. Il meccanismo della sopravvivenza nel suo stato più puro è riuscito a coinvolgere il regno animale, in una forma recessiva.-
-Quindi le persone conservavano questo gene senza saperlo?-
-Può metterci anni a manifestarsi, se non secoli. Circa trent'anni fa il gene si è manifestato in alcuni individui in forma di deformazioni fisiche. All'inzio questi sintomi non erano stati circoscritti in un unico fenomeno, vista la lontananza geografica dei casi. In seguito si scoprì che solo le persone discendenti da chi era stato in diretto contatto con la Res Nova avevano ereditato il gene.-
-Quindi ho il gene di una pianta?- sollevo un sopracciglio, è assurdo.
-Non esattamente, quello è incompatible con il nostro sistema molecolare. Hai ereditato il meccanismo evolutivo, è questo che sono quelli che chiamate "talenti"-
Rimane in silenzio per qualche secondo, aspettando che ogni informazione vada al suo posto nella mia testa.
Ci sono ancora così tante cose che non si spiegano.
-Perché creare la Base?-
Arthur si siede sulla poltrona di fronte alla mia, e io mi ricordo di avere ancora il suo libro sulle gambe.
-Immagino tu sappia del Patto...-
Annuisco, anche se non ho ancora ricevuto le risposte che volevo.
-Quando si scoprirono le proprietà della Res Nova, ormai diventata introvabile, sul corpo umano, la situazione andò fuori controllo. Diverse persone sparirono per essere sottoposte a degli esperimenti nel tentativo di estrarre il fattore evolutivo, molti vennero sospettati di possederlo e dovettero cambiare identità e nascondersi per evitare problemi. L'umanità aveva perso di vista ogni tipo di etica e morale nell'ambito scientifico, disposta a tutto per ottenere il risultato desiderato. Per questo le principali potenze mondiali si riunirono per sancire il Patto, uccidendo il progresso scientifico. Ogni esperimento deve essere approvato da tutte le nazioni del Consiglio, perché un'eventuale scoperta o innovazione non riguarda solo lo stato in cui è avvenuta, ma tutto il pianeta ne è inevitabilmente coinvolto.-
-Tu non hai ricevuto il permesso?-
-Non l'ho nemmeno chiesto, sapevo che stavo per fare qualcosa di sbagliato. Ascoltami Alexa, io lo so che può sembrare assurdo, ma quando ho scoperto che tu avevi il gene in forma dominante ho subito pensato che questo non era il mondo per te, perché saresti stata diversa in un modo imprevedibile. Io volevo concentrarmi sull'ambito sociologico dell'esperimento, volevo creare una comunità senza storia, senza diacriminazioni sociali e vedere come si sarebbe evoluta. Ma sarebbe stato impossibile costruire tutto questo senza dei fondi piuttosto ingenti, e non tutti vogliono quello che interessa a me. Le persone potenti sono sempre alla ricerca di qualcosa che non possono comprare, nella speranza che qualcuno la renda acquistabile. Mi hanno consentito di sviluppare il progetto a condizione di lavorare sull'estrazione del gene e sulla possibilità di trasmetterlo ad un altro organismo-
-Perché dovrebbero volere i nostri talenti?-
Non sono sicura che sappiano cosa si prova a svegliarsi di notte con gli incubi dovuti alle visioni, a pensare a tutte le possibili conseguenze di un'azione, a rendersi conto che è solo colpa tua.
-Perché è come avere uno scopo nella vita, ed è quello che tutti desideriamo ardentemente. Chi possiede un talento fisico ed è specializzato in un determinato sport sa già che quella è la sua abilità, non ci sono dubbi. Non può sbagliare. Invece noi continuiamo a provare diverse cose, imbocchiamo pessime strade e non sappiamo mai se è quello che dovremmo fare. Tutti vogliono qualcosa che li renda speciali.-
-Quindi questi vent'anni avete lavorato ad un modo per portarci via il gene?-
Mio padre sospira, la mascella leggermente contratta.
-Si è rivelato più difficile del previsto. Nell'età dell'infanzia il gene è ancora instabile, difficile da localizzare. Con gli anni speravamo che si sarebbe stabilizzato e l'estrazione sarebbe avvenuta senza rischio per il portatore, ma non è stato così. Per far in modo che il gene possa legarsi ad un altro codice deve essersi sviluppato completamente nel corpo orginario...-
-Quindi avete iniziato a lavorare sul siero- aggiungo io.
-Esatto. In teoria il siero doveva accelerare lo sviluppo del talento, portandolo alla sua massima portata.-
Questo è l'ultimo stadio del mio talento? Sentire delle voci confuse?
-Ci stiamo ancora lavorando, ma credo di star percorrendo la strada giusta- mi guarda abbozzando un sorriso; evidentemente io sono il loro ultimo tentativo.
-Adam non è un buon risultato?- insinuo senza provare ad essere più delicata, non riesco ancora ad accettare quello che gli hanno fatto.
Era un ragazzo straordinario e non ha chiesto tutto questo.
-Spero vivamente che tu mi creda quando ti assicuro che io non voglio il male di questi ragazzi, non ne avrei motivo. I talenti che riguardano la sfera mentale sono i più delicati, e le possibilità di non intaccare l'ospite sono minime. Mi dispiace che quel ragazzo abbia perso la sua personalità e forse una volta ripreso dal siero i metodi di rieducazione sono stati troppo duri, ma non era questo che desideravo per lui-
Se Ian fosse qui saprebbe cosa fare.
Lui conosce le persone, avrebbe inquadrato mio padre in uno dei suoi accurati profili psicologici.
Saprebbe se l'uomo che mi sta davanti mi sta mentendo o no.
Eppure è come se io lo conoscessi da sempre.
Arthur non è avido, non vuole il potere, ma solo la conoscenza, il sapere; il suo studio pieno di libri ne è la prova. Il suo modo di comportarsi non è incoerente, è solo quello di un uomo che è sceso a compromessi.
Forse sto solo cercando di giustificarlo, nonostamte quello che ci ha fatto.
Quello che mi ha fatto.
Una parte di me vuole che lui sia innocente, credere che lui mi voglia bene come un padre normale.
Credere che questa volta andrà meglio che con mia madre.
Ma non posso fidarmi di lui.
-Come hai fatto a trovare tutti gli altri? Come facevi a sapere che avevano il gene?-
-Ottima domanda. Il libro che vedi non è sempre appartenuto a me, ma è il lavoro di diverse generazioni della mia famiglia. Trovare i portatori del gene è stato meno complicato del previsto avendo le loro ricerche. Visto che si può sviluppare solo in forma diretta il numero è piuttosto contenuto. In seguito basta seguire gli spostamenti di un individuo e le successive generazioni. È ovvio che molti dettagli sono imprevedibili, le eccezioni sussistono sempre, ma durante gli anni abbiamo aggiustato il tiro-
-Che intendi?-
-Abbiamo trovato alcuni ragazzi dopo, non tutti sono arrivati alla Base da neonati e -
Lo interrompo.
-Perché non ci siamo mai accorti dei nuovi arrivati?-
È assurdo.
Noi siamo cresciuti tutti insieme, nessuno ricorda una vita fuori da qui.
Nessuno conosce i suoi genitori.
-Alexa, avete vissuto in un mondo finto per vent'anni. Non avete una storia a cui aggrapparvi, non avete oggetti personali. Tutto quello che vi diciamo per voi è la verità. Quando la situazione iniziava a prendere una...- si ferma per un attimo, pensandoci.
-piega imprevedibile, ecco, cambiavamo la storia a nostro vantaggio. Immagino che qussta mattina tu ti sia chiesta perché tutti conoscessero il tuo vero cognome.
Non hai idea di quanto sia plasmabile la mente umana, soprattutto in questo contesto. La vostra vita è controllata da un team di esperti, che si occupa di studiare dei metodi di manipolazione visiva, o anche acustica, volti a farvi credere quello che noi vogliamo.-
Mi irrigidisco visibilmente, non posso farne a meno, e so che lui l'ha visto.
Tutto questo è orribile.
-Non è mia intenzione spaventarti, Alexa. Mi dispiace che non ci sia un modo migliore per dirlo, e se hai preso da me in questo so che preferisci una schietta verità a qualsiasi altra cosa. Vuoi che continui?-
Chiudo gli occhi per scappare dal suo sguardo per un attimo.
Tutto questo non riguarda solo me, non sono qui per piacere.
Il mio scopo è raccogliere informazioni e riferire il più posssibile. Quello che voglio non è importante adesso.
Annuisco senza aggiungere altro.
-Alcune volte le situazioni sfuggono al nostro controllo e dobbiamo riparare i danni che abbiamo causato al vostro fragile mondo. Quello che mangiate, perfino l'aria che respirate è gestita da noi. La riprogrammazione è facilitata dalla presenza di una droga che vi stordisce e che rende la vostra mente più predisposta agli stimoli subliminali. Durante la notte nelle vostre camere verranno riprodotte delle registrazioni, voci, colori che prenderanno il posto di quello che vogliamo che non vi ricordiate. Non possiamo rimuovere nessun ricordo, ma lo seppelliamo in modo che sia più difficile per voi ritrovarlo.-
-Se non ne parli, non ne hai ricordo-
Io ed Ian lo avevamo scoperto tempo fa, ma sentirlo così è decisamente peggio.
Le nostre menti sono trattate come computer, senza nessun riguardo per i nostri sentimenti. In realtà a nessuno dispiace per quello che è successo ad Adam, perché è esattamente come ci volevano fin dall'inizio.
Non abbiamo scelto noi di stare qui.
Nessuno di noi ha mai pensato di avere un'alternativa.
Arthur si alza, sospirando, come se non fosse facile nemmeno per lui.
- Tua madre non voleva questo per te. Quando ha visto che piega stava prendendo il progetto mi ha minacciato di portarti via, anche se sapeva che non sarebbe servito a nulla.-
Invece ha deciso che sarebbe stato meglio farmi vivere in un esperimento come membro in fondo alla scala sociale.
Sobbalzo di nuovo quando Arthur afferra le mie mani.
Sembra che gli dispiaccia.
Oppure crede di essere dispiaciuto.
Spesso non si percepisce la differenza.
Perché siamo così simili?
Il suo pollice accarezza il dorso della mia mano con delicatezza, un gesto semplice, senza farlo sembrare strano.
-Ieri ci ho pensato a lungo, e credo che sarebbe un bene per te uscire dalla Base. Sei autorizzata ad uscire tutte le volte che vuoi, tanto conosci già tutta la verità.-
Non capisco.
Perché dovrebbe farlo?
Si fida di me così tanto?
-Certo dovremmo metterti un ricevitore GPS ma...-
-Tu vuoi che Ian mi trovi.- taglio corto, vorrei ritirare le mani dalla sua stretta, ma non posso farlo.
-Sì, potrebbe essere utile, soprattutto se ti conducesse al luogo in cui sono rifugiati-
È solo un'altra strategia, un altro modo per controllarmi.
-Quindi vuoi che faccia da esca o che sia libera?- sollevo un sopracciglio, infastidita. Mi sento ferita come se avessi già inziato a fidarmi di lui, e forse un po' l'ho fatto.
-Entrambe- stringe le mie dita tra le sue, basta questo per farmi ricomporre.
-Scusami, hai ragione. Gli altri ragazzi sono la nostra priorità, apprezzo il fatto che tu mi abbia detto la verità- accenno ad un sorriso, rilassando i miei muscoli, e lui sembra fare lo stesso.
Il nostro rapporto non sarà mai vero, perché io non posso essere sincera con lui.
È stato stupido crederci.
Nota:
Scusate per il ritardo! Questi ultimi giorni sono stati pieni di impegni e per farmi perdonare vi mollo un disegno di Nick che ho fatto settimane fa.
Il prossimo capitolo uscirà presto, giurin giurello^^
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