Capitolo 15

Ian

Iniziano sempre i bianchi.
Ogni giocatore possiede sedici pezzi.
Infinite possibilità.
La prima mossa del pedone è una scelta.
Tutto parte sempre da una scelta.
Il resto sono solo conseguenze.
Alexa è avanzata di due caselle, per riuscire ad essere almeno un passo davanti a tutti.
Ma si è solo avvicinata di più al nemico.
D'ora in poi potrà andare solo avanti, senza guardarsi indietro.
Proprio quello che ha fatto.
Eppure, le restanti pedine continuano a muoversi indifferenti, ognuna per la propria strada.

Il gioco degli scacchi è esattamente come la manipolazione.
Bisogna far in modo che individui differenti si muovano tutti per un unico scopo: il tuo.
Che ogni loro caratteristica combaci perfettamente con il piano finale.
Tutti devono fare il mio gioco, seguire le mie istruzioni.
Era tutto più facile alla Base.
Gli avvenimenti erano prevedibili, e le possibilità di errore ridotte al minimo, se non inesistenti.

Sacrifico dei pezzi per far in modo che lei abbia la strada libera, che non venga circondata dal nemico.
Non mi importa quanto mi costerà, è una partita persa se viene catturata.
Organizzo le mosse in modo che raggiunga l'ottava traversa senza problemi.
Da pedone verrà promossa a regina.
Incoronata nel bel mezzo del campo avversario, regnante sul nulla.
Incredibile come sia necessario attraversare tutta la scacchiera da semplice pedone per raggiungere questo traguardo.
Non spinta dall'ambizione, ma dal sacrificio.

Adesso ci sono due regine bianche.
Una non è mai andata via, l'altra ha viaggiato fino ai confini del mondo.
Quella originale non ha affrontato pericoli, è rimasta nel suo territorio al mio fianco, ha lasciato che gli altri si sacrificassero per lei.
Entrambe coesistono nello stesso scenario. Sulla scacchiera. Nella mia mente.
Ed è il tempo di lasciarne andare una.

Con uno scatto la torre nera travolge la prima regina bianca.
Quella vera, quella di sangue.
Vera solo nei miei ricordi, incompatibile con la realtà.
Alexa non avrebbe mai lasciato che qualcuno andasse al suo posto.
Posso muovere tutte le pedine che voglio, ma non riuscirò mai ad impedirle di fare un passo avanti, di spianare la strada a tutti.
Questa è la mia regina.

Un discreto bussare alla porta distoglie la mia attenzione, causando la caduta in battaglia dell'alfiere.
I numerosi ricci di Renee fanno capolino prima del suo viso.
La sua esuberanza sembra sparita, per lasciar posto ad un'insolita prudenza; non è ancora del tutto decisa se entrare.

Ricontrollo ogni passaggio, rifletto sugli errori che hanno condotto l'alfiere ad essere catturato da...
-La regina nera- mormoro fissando il pezzo come se fosse la prima volta.
-Se stai cercando di conquistarmi, ti dico subito che ci sei già riuscito- il suo carattere riaffiora in fretta, non più frenato dall'imbarazzo.
Non parliamo dalla notte della fuga.
È come se quel momento intenso non necessiti altro, nessuna conversazione aggiuntiva.
Io e lei sappiamo.
Oltre me, Renee è l'unica a cui veramente manca Alexa; Drew e Nicholas la conoscevano troppo poco per avvertire questo buco nel petto.
Probabilmente neppure la ragazza che ho davanti la conosce così bene.
Ed è ingiusto che nessuno abbia apprezzato la sua anima.
La voragine che mi sta corrodendo il cuore si nutre di tutte queste emozioni, facendo pulizia al posto mio.

-Giochi da solo?-
Sollevo un sopracciglio, stupito.
Non mi aspettavo tutto questo tatto, lei è più il tipo da battutine.
Non ironia come quella di Evans; più frasi divertenti sul serio, scherzose.
Cercava di tirarmi su di morale, quando è entrata qui.
-Non sto giocando, mi aiuta a pensare-
Regolo la voce in modo da non sembrare troppo scortese, alla fine è stata gentile a venire a trovarmi.
-In che modo?- prende una sedia e la trascina fino al tavolino di legno intagliato, su cui è adagiata la scacchiera.
Sospiro, non è certo passata per un saluto.
-Mi piace avere tutto sotto controllo, gli scacchi mi costringono a ragionare in maniera lucida- ammetto dopo qualche minuto di silenzio; se vuole restare dovrà farlo alle mie condizioni.
-Non ti stanchi mai?-
-Di cosa?-
-Di scegliere con la testa-
Distolgo l'attenzione dalle pedine per voltarmi a guardarla, incrociare i suoi grandi occhi marroni.
Mi chiedo in fretta se devo mentire, se posso evitare l'argomento con qualche parola, ma conoscendo quanto sia testarda è improbabile.
-No, fa parte del mio carattere- ribatto facendo una smorfia.
Per Renee deve essere impensabile, lei è una persona che vive il momento, coglie l'attimo, o in qualunque altro modo si dica.
-E poi, quando ho usato cuore sono finito qui, in questa situazione di merda- mi lascio scappare le parole dalle labbra; è più un rimprovero a me stesso che una confessione ad un'amica.
-Non mi sembra una situazione di merda visto che hai salvato un centinaio di persone-
-Credimi, poteva andare meglio- borbotto incrociando le braccia al petto.
Più mi costringo a stare da solo, più soffro la compagnia; se continuo così diventerò sufficientemente misantropo da mollare tutto e nascondermi su una cima di montagna.
-Tutto nella vita potrebbe andare meglio, ma è inutile piangere il passato se non ci lavori nel presente-
Non l'ho mai vista così seria, perfino lei ne è talmente sorpresa da distogliere subito lo sguardo, concentrandosi sulla parete di fronte.
Non è così facile per me.

-Sto facendo progressi, ho iniziato la partita per ragionare sulle prossime mosse da fare- mormoro fissando la pedina dell'alfiere, ancora abbattuta in mezzo al campo.
La ragazza osserva con attenzione senza dire una parola: si sofferma su ogni pezzo e sulle loro rispettive posizioni.
-Non capisco- ammette dopo qualche minuto.
-Andiamo Renee, non devi fingere di essere stupida con me-
Lei mi rivolge un sorriso sincero.
-Alcune volte rende tutto più facile-
Lo so.
È una forma di manipolazione pure questa.

-Che ruolo hai tu in tutto questo?- si avvicina di più per poter allungare le dita verso la pedina del re.
-Il re è l'unico pezzo che non può essere catturato, ma solo minacciato. Prospettiva allettante, ma significherebbe vivere sotto una campana di vetro per tutta la partita- rifletto ad alta voce.
Eppure Renee ha mosso un punto importante: io non posso rimanere dall'alto a guardare, sono una pedina come tutti gli altri.
Sollevo con attenzione il cavallo nero, assicurandomi di non urtare qualche altro pezzo.
Lei aggrotta la fronte, perplessa.
-Ogni volta che il cavallo fa una mossa, finisce sempre in una casella di colore diverso da quella di partenza. Passa dal bianco al nero ogni singola volta: questo è il mio ruolo-
È solo una metafora, ma è molto più di quanto io abbia detto in questi ultimi giorni.
Forse non dovevo aprirmi così tanto.
-Non vedo il problema- alza le spalle, indifferente.
Sta fingendo di non capire, non è possibile che non...
-Nessuno fa solo scelte giuste, nessuno si "muove" senza incrociare una casella di un colore diverso. Non puoi pretendere di andare avanti senza accettarlo-
Adesso non sembra più la ragazzina solare che si è imbucata nel mio studio.
È cresciuta, come tutti gli altri.
Questa situazione li ha costretti ad aprire gli occhi, ad accettare la realtà in fretta.
-Vorrei solo fare la cosa giusta- ammetto sospirando.
Ho sempre pensato solo a me stesso, non sono in grado di portare il peso di tutti.
Temo che quello che sia il meglio per me, non lo sia per loro.
-Non è detto che la cosa giusta passi per le caselle bianche- aggiunge lei.

Rimango in silenzio ad osservare la schiera ormai scomposta di pedine.
La partita è già iniziata, non si può tornare all'ordine primario.
Dobbiamo per forza andare avanti.
-Le pedine si muovono in modo diverso da come mangiano- la soluzione scappa dalle mie labbra in un soffio.
Il guizzo di un'idea.
Balzo in piedi, sento le gambe doloranti per il lungo tempo passato seduto.
-Che significa?- quasi in risposta si alza pure lei, trasportata dalla mia irruenza.
Devo iniziare adesso.
-Ti spiego mentre camminiamo, però muoviti!- esclamo raggiungendo la porta con grandi falcate.
Non mi sentivo così da tempo.
Forse è un segnale che non dovrei prendere questa decisione.

-Ian!- Renee ci mette poco a raggiungermi, per nulla affaticata dall'inseguimento.
-Ian, ma che problemi hai? Eri un vegetale fino a due minuti fa-
Concentrarmi sulla sua voce mi è impossibile al momento, ci sono troppe cose che devo calcolare.
Il ritmo dei miei passi mi aiuta a dare un ordine ai pensieri, scandisce il tempo.
Scarto un'idea ogni quattro passi, circa.
È solo un piano appena abbozzato, non ha ancora preso forma.
Non so nemmeno se funzionerà.
O se ne sono in grado.
Non sono più quel ragazzino che crede di poter avere il mondo in pugno, di essere indistruttibile; fa ancora più male quando cadi da un punto così alto.

La ragazza che mi sta accanto mi afferra per una spalla, decisa a non mollarmi, costringendomi a fermare il flusso di pensieri.
-Ti va di dirmi che cosa sta succedendo?- protesta sbuffando.
-Le pedine si muovono in modo diverso da come mangiano- ripeto.
-E quindi?- solleva le sopracciglia in attesa che io continui.
-Puoi andare avanti quanto vuoi, ma sarai obbligato a fare scelte diverse per sopravvivere.-
Con la coda dell'occhio scorgo un ragazzo superarci.
Scivolo via dalla stretta di Renee per riuscire a parlargli; non l'ho nemmeno visto in volto, ma poco importa.
-Avvisa tutti di farsi trovare nel salone principale tra dieci minuti- lascio trasparire l'urgenza nella mia voce, ma non sembra essere sufficiente a sbloccarlo dalla paralisi.
Il suo sguardo continua a vagare su di me, incredulo.
-Sì, sono io. Sto bene, grazie. Ora vai- gli mollo due veloci pacche sulla spalla nella speranza di riattivare la sua circolazione.
Come un cavallo da corsa che viene incitato, annuisce e inizia a correre.

Mi scappa un sospiro di sollievo.
Finalmente mi riconosco.
Ho l'impressione di aver passato gli ultimi giorni rinchiuso in me stesso, prigioniero della mia mente.
E adesso sono libero.
Mi volto nella direzione di Renee, ancora pietrificata accanto alla parete.
-Andiamo Renee, il tempo non è quasi mai a mio favore-
-Alexa mi aveva avvertito sul fatto che saresti impazzito- nemmeno lei sa se è seria o meno.
-Invece io penso che sarebbe contenta di vedermi così- esclamo mentre mi dirigo verso la scalinata. Aspetto il suono dei suoi passi prima di scendere il primo scalino.
Alexa ha sempre voluto che usassi la testa.
Si fida di me.
Sa che trovo sempre una soluzione.

-Che cosa significa quella frase?- la ragazza bruna non è pronta a lasciar cadere il discorso.
-Le pedine sono costrette a mangiare, non possono sottrarsi, anche se significa muoversi in diagonale-
So che la mia spiegazione non è sufficiente, ma lo capirà presto.

Quando entriamo nel salone sono già presenti un sufficiente numero di ragazzi da creare un leggero brusio che echeggia per la stanza.
Per la prima volta nella loro vita non sopprimono la curiosità, ma ne vivono ogni istante.
Ci mettono qualche minuto ad accorgersi della mia presenza, attirati dall'aspetto appariscente di Renee, dai suoi jeans colorati a chiazze di vernice e dal maglione verde smeraldo.
-Che cosa vuoi fare?- mi chiede ignorando gli sguardi dei presenti.
-Una follia-

Mi schiarisco la voce abbastanza rumorosamente da indurli al silenzio.
Solo quando incrocio i loro sguardi mi accorgo di quanti siano.
Forse rispetto a coloro che sono rimasti non sono molti, ma sono stato rinchiuso nel mio studio così tanto da non rendermi conto che sono almeno duecento.
Duecento persone dipendono da me.
Da quello che sto per dire.

-Vorrei iniziare scusandomi per essere stato assente. So che tutto questo è nuovo per voi e che siete ansiosi di vedere com'è fatto veramente il mondo, di incontrare le vostre famiglie...- mi fermo.
I loro occhi brillano sentendo le mie parole, sanno che sta per arrivare un "ma", eppure sono così attratti da questa nuova prospettiva, dalla nuova realtà, come se nient'altro fosse più importante.
Nessuno di loro avrebbe mai immaginato di poter rivedere la propria famiglia, né di averne sul serio una.
-Ma c'è un prezzo troppo alto da pagare.- la mia mente sa che ricordi rinfacciarmi.
In un attimo rivedo il viso dolce di Celine, i capelli arruffati di Chloe la mattina, i loro litigi e le smorfie.
-Credetemi, non volete pagarlo- mi si incrina la voce senza che io possa impedirlo. Un tempo l'avrei visto come un errore, una falla nel mio sistema perfetto; ora mi rendo conto che è quello di cui hanno bisogno.
Di cui ho bisogno.
Non posso vivere su un piedistallo se devo guidarli, devo essere uno di loro.
Una pedina nella scacchiera.

-Fino a quando saremo ricercati, non potremo abbassare la guardia. Pensate di essere usciti dalla Base, ma in realtà è ancora qui- mi porto l'indice alla tempia, dando inizio a un nuovo tipo di mormorio, più preoccupato che curioso.
-Dobbiamo trovare un modo per sbarazzarci di questo problema-
I ragazzi in prima fila annuiscono, sembrano abbastanza persuasi dalle mie parole.
È stato facile fino ad ora.

-Ma sarà impossibile farlo se le persone che amiamo sono ancora bloccate lì dentro.-
Posso leggere nel loro sguardo il nome a cui ognuno sta pensando.
Duecento sono tanti, ma non abbastanza.
Ne sono rimasti più del doppio alla Base.
-Abbiamo bisogno di un piano per tirarli fuori!- esclama una voce femminile, sepolta tra la folla.
Molte altre voci si sollevano per concordare, altre invece per porre delle domande che si perdono nel frastuono.
-Ma come facciamo?-
-Loro non conoscono la verità!-
-Non sono voluti venire... -
-Che cosa gli avranno fatto?-

Basta un semplice battito di mani per arrestare il caos.
È quello che ci hanno sempre insegnato: puoi protestare quanto vuoi, ma ad un certo punto dovrai far silenzio.
Non pensavo che avrei mai ringraziato Cox per i traumi che ci ha causato.
Almeno adesso pendono tutti dalle mie labbra.
-Pensate se fosse possibile convincerli tutti a rivoltarsi contro i guardiani. Che tutti riescano ad unirsi come una cosa sola...-
Scorgo la mia idea vagare tra loro come uno spirito irrequieto, passare da bocca a bocca.
-Anche se ci riuscissero, potrebbero sparargli- un'altra voce anonima.
Mi scappa un sorriso nervoso, non pensavo sarebbe mai arrivato questo momento.

-Posso darvi la certezza assoluta che nessuno li toccherà-
I pedoni si muovono in modo diverso da come mangiano.
Niente è come sembra.
La scelta giusta alcune volte è quella sbagliata.

-C'è una cosa che non sapete di me- annuncio deliziandomi dei loro sguardi spaesati.
Non sanno nemmeno che cosa pensare.
Non posso credere che lo sto facendo davvero.
-Sui miei talenti- specifico torturandomi le mani.
Non so più se è una buona idea.
Ma ormai ho fatto la mia mossa, non si torna indietro.
-Io posso manipolare le persone-
Pensavo che dirlo sarebbe stato un sollievo, invece mi fa sentire solo più esposto.
È un segreto che ho mantenuto per tutta la vita, e che avrei preferito rimanesse celato.
-Non più di tre contemporaneamente, per ora. Ma se potessi usare questo tempo per allenarmi, potremmo vincere questa guerra senza che nessuno di voi rischi la vita.-
Un tempo forse non avrei nemmeno chiesto il loro consenso, e il mio segreto sarebbe rimasto intatto.

-Che cosa intendi per "manipolare"?-
Sospiro.
È una domanda legittima, ma non c'è un modo carino per rispondere.
-Significa che per un breve periodo di tempo i vostri corpi saranno sotto il mio assoluto controllo.- mi stringo le spalle mentre aspetto che si confrontino tra loro, hanno tutto il diritto di farlo.
- So che vi sto chiedendo tanto, anzi, troppo. Tutto questo richiede una fiducia che forse non mi merito. In cambio però, vi permetterò di rivivere nella vostra testa uno dei vostri ricordi migliori-
La fiducia ha un prezzo, e io lo posso pagare.
Nessuno ha il coraggio di aggiungere altro.
Scacco al re.

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