Capitolo 5

Alexa

Eccola lì, la tipica confusione che caratterizza le feste. Gruppi di persone ovunque, parlano, ballano e si baciano, ognuno trova il suo posto dentro questa specie di puzzle vivente. L'atmosfera è impressa dell'odore di corpi sudati, solo a sfiorarli mi manca il respiro; non sarò mai tranquilla in un posto così affollato.

-Sono sicura che te la caverai- esclama Renee mettendomi una mano sulla spalla, in una specie di gesto comprensivo e rassicurante. Forse per una volta si sta sforzando di capire come mi sento, abbozzo un sorriso.

-Ci si vede!- mi urla cercando di sovrastare le altre voci, poi sparisce dietro alle tante figure anonime che mi circondano. Come al solito, mi sbagliavo.

Rimango da sola a fissare guardinga persone che non si sono nemmeno accorte della mia presenza, mi stringo le spalle e cerco di trovare un posto relativamente sicuro. Questa volta non c'è nessun ballerino o dei musicisti, ma solo alcune ragazze che cantano, tutte e sei hanno tonalità vocali differenti, non hanno bisogno di un sottofondo strumentale per riuscire ad animare il pubblico. La musica che tutti sentono nelle vene io non riesco a percepirla, non mi viene naturale muovermi a ritmo delle loro voci, mi limito ad ascoltarle in silenzio. La voce più potente copre le altre, che donano alla principale delle lievi sfumature che sarebbe impossibile ottenere cantando singolarmente. Saper cantare è un talento molto venerato alla Base; i cantanti sono invitati a qualsiasi festa, siedono ai tavoli speciali ed hanno l'ammirazione di molte persone.

Probabilmente non farebbe per me, l'attenzione non è qualcosa che riesco a gestire o che sono abituata a ricevere. Torno a guardare la folla, sembrano tutti così felici, come se non volessero stare da nessun'altra parte. La Base è l'unico posto che conosciamo, come fanno a non desiderare nient'altro? La loro piccola e limitata visione dell'universo mi infastidisce, non riesco a spiegarmi la loro mancanza di curiosità; potrebbero davvero vivere per sempre qui sotto?

I miei pensieri vengono interrotti da due occhi castani, li sento osservare il mio corpo e piegarmi con il solo sguardo. Il ragazzo di questa mattina mi osserva, riesco a riconoscere il suo viso da dietro la spalla di una ragazza. Un brivido mi attraversa la schiena, non riesco a muovermi.

Lui fa un cenno dietro di sé, in breve tempo riesco a individuare tutto il suo gruppo avvicinarsi. Ho solo qualche secondo per sperare di seminarli, ma le mie gambe non rispondono. Faccio un respiro profondo, visto che i miei sensi non collaborano, devo ragionare.

Non mi faranno nulla; troppe persone e poco spazio, se gridassi lo udirebbero tutti e calerebbe il silenzio intorno a loro. Potrebbero trascinarmi con forza in qualsiasi stanza e il fracasso della festa coprirebbe la mia voce. Sono spacciata; se non oggi, domani o tra due settimane, non importa, sarò sempre una preda.

Adesso distinguo perfettamente tutti i ragazzi, sono solo a tre passi da me. In un attimo di terrore le mie gambe si sbloccano e con il cuore nella trachea inizio a correre. Evito agilmente le coppiette che si scambiano effusioni diventando quasi un tutt'uno. Una ragazza mi colpisce al fianco, ma nonostante la botta continuo a farmi largo verso una meta sconosciuta. Mi guardo indietro, non scorgo più i loro volti da nessuna parte; sono riuscita a seminarli, mi lascio scappare un sospiro di sollievo che poi sfocia in una risata di pura felicità. Chiudo gli occhi e torno ad ascoltare le voci cristalline della cantanti, anche loro sembrano avere un tono più allegro.

Una mano mi afferra rudemente per la vita, trascinandomi indietro. In questo breve lasso di tempo sento l'aria sferzare contro il mio viso, quasi sfregiandolo. La mia schiena va a sbattere contro un corpo duro e possente, sicuramente il proprietario delle braccia forti che mi mozzano il respiro.

-Credevi di esserci riuscita, eh?- sussurra al mio orecchio per poi mordere il lobo. Serro le labbra dal dolore e scalcio inutilmente, nessuno si accorge di quello che mi sta succedendo.

-La felicità nei tuoi occhi è qualcosa d'impagabile, nulla mi dà così tanta soddisfazione, tranne avvertire la paura sotto la tua pelle- continua a parlare a bassa voce, come un incubo dal quale non puoi fuggire.

-Non ti ho fatto nulla- rispondo con la voce rotta, sto per crollare; il terrore sta per avere la meglio, i nervi stridono nella mia testa.

- E qui ti sbagli. Non sei stata molto disponibile oggi, vero?- Mi strattona con violenza, riesco solo a tenere la testa inclinata verso l'alto, nella speranza di raccogliere più aria possibile, la sua stretta è così soffocante.

-Cosa posso fare per rimediare?- le sue labbra si curvano in un sorriso che riesco appena a vedere.

-Questo tono di voce ti si addice- fa salire una mano lungo la mia gola e stringe leggermente. Il mio respiro diventa affannato e il cuore inizia a martellare con insistenza contro la gabbia toracica, nella speranza che almeno lui possa salvarsi.

-Mi concedi l'onore di questo ballo?- chiede retorico. Avvicina il naso al mio collo e respira profondamente, come se potesse drogarsi dei miei ansiti. Appoggia il suo corpo sul mio, si strofina facendomi venire i brividi. Sono il suo giocattolino, lui decide perfino quando e come devo muovermi.

Non devo perdere il controllo, non posso permettergli di avere la meglio su di me. Forse la sua distrazione può essere la mia salvezza, nonostante la mia mente stia sputando sopra la mia idea, non posso scartarla.

Ondeggio i fianchi lentamente, il mio sedere sfiora a tratti il suo ventre. Quando abbasserà la guardia, potrò scappare verso l'uscita della palestra, raggiungerò la camera e finalmente mi sdraierò sul mio letto. Immagino le coperte calde avvolgermi e rassicurarmi, sarò al sicuro lì.

La presa sul mio corpo cede, ma continua a toccarmi insistentemente; cerco di isolare i miei sentimenti da questa situazione, sarebbero solo d'intralcio, non mi è concesso provare nulla in questo momento. Le sue mani si allontanano il tempo necessario per concedermi uno scatto in avanti; corro per la mia dignità ormai agli sgoccioli. Pesto qualche piede e passo sotto braccia in movimento, la porta della palestra sembra lontana miglia. Con la coda dell'occhio riesco a controllare il mio inseguitore, se mi prende di nuovo sono spacciata.

Il mio capo si scontra violentemente e l'avvenimento mi confonde, avverto un lieve giramento di testa. Ho colpito in pieno un ragazzo; cerco di recuperare la concentrazione e mi volto di scatto, aspettando la figura del mio carnefice. I miei occhi perlustrano tutti gli angoli della sala, senza trovarlo.

-Tutto bene?- la sua voce è come una secchiata d'acqua gelida, profonda come il mare che non ho mai visto; effettivamente non ho mai sentito nulla di simile, porta con sè i resti di qualcosa di lontano.

-Scusami- mormoro continuando ad osservare ogni singolo volto illuminato dalle grandi lampade poste sul tetto. Scorgo la sua giacca marrone nascondersi dietro un gruppo di persone, vuole tendermi un agguato, di nuovo. Mi viene da urlare, non riuscirò a cavarmela. Scuoto il capo, devo trovare un modo, ma le voci acute delle cantanti e quelle anonime dei ragazzi non mi aiutano. Sono sull'orlo di un attacco di panico.

- Perché sei nervosa?- ancora quella voce, perfettamente distinguibile, credevo fosse andato via. Mi volto ed osservo per la prima volta il ragazzo con cui mi sono scontrata. Ha il capo leggermente inclinato, come se i miei atteggiamenti fossero in qualche modo interessanti per lui; è molto alto, come tutti alla Base. Non riesco a scorgere bene i suoi occhi o il colore dei suoi capelli perché questo piccolo riquadro di stanza non fa parte dei punti illuminati, ma la sua bellezza si fa strada anche nel buio. Il suo aspetto fisico mi intimidisce, non perché è rude, tutt'altro, i suoi lineamenti sono eleganti e gentili. Il suo fascino mi spaventa, è qualcosa di ammaliante, dolce come il miele, capace di catturarti nella sua morsa.

Un'idea balena nella mia mente, l'unica che forse potrà salvarmi. Non mi piace pensare di dover coinvolgere altre persone nei miei casini, ma non vedo alternative.

-Reggimi il gioco- mi avvicino abbastanza perché lui possa sentirmi e con entrambe le mani porto il suo viso vicino al mio. Le sue labbra sono soffici e calde, mi aspettavo fossero fredde. Da quanto tempo non bacio qualcuno? Vago con il pensiero fino ai miei sedici anni: un ragazzo si era dichiarato e senza nessun preavviso mi aveva baciato, ricordo solo di essere tornata in camera sconvolta, le interazioni umane non erano, e non sono, esattamente il mio forte. Nonostante non ricordi, so con sicurezza che quel bacio non è nemmeno paragonabile a questo. Trattiene tra i denti il mio labbro inferiore, costringendomi ad aggrapparmi a lui per mantenere la vicinanza. Distolgo il mio cervello da ogni tipo di distrazione, incominciando da quella acustica e a malincuore anche dal ragazzo; posso percepire lo sguardo del mio inseguitore fisso sulla mia schiena, cerco di non rabbrividire al pensiero dei suoi occhi che spogliano il mio corpo. Visto che inizialmente avevo progettato che se avessi baciato qualcuno, lui mi avrebbe confuso per una ragazza qualsiasi e non sarebbe riuscito a riconoscere perfettamente il mio volto, adesso sono certa che lui mi stia fissando, quindi posso solo fare affidamento sul ragazzo alto affinché rimanga nella sua parte per il tempo necessario.

Le sue mani non sono per nulla come quelle che prima mi hanno stretto e bloccato, sono delicate ma decise, le sento lungo la base della spina dorsale. La mia lingua sfiora la punta della sua, coinvolgendomi in sensazioni complesse, vorrei poterle conservare per poi analizzarle con calma appena sarò sola.

-Mitchell, ma che sorpresa- Se la voce del ragazzo che sto baciando è acqua gelida, quella del mio inseguitore è fuoco che brucia, arde in tutti punti in cui mi ha toccato.

Siamo costretti ad interrompere il bacio, ma invece di allontanarmi rimango attaccata alla sua maglietta, quasi per ricordargli cosa gli avevo detto.

-Harris - il ragazzo sorride divertito, sento dal battito del suo cuore che è tranquillo. Si conoscono, non so ancora se valutare questo elemento come favorevole o meno, potrebbe succedere qualsiasi cosa. Stringo con forza un lembo della maglia nera che indossa, spero vivamente che abbia capito.

-Non credevo che lei fosse il tuo tipo- Non sta usando il mio nome, lo trovo umiliante; ma sono troppo preoccupata per la risposta di Mitchell.

-Evidentemente è anche il tuo- ribatte con una calma che fa visibilmente alterare Harris. Sussulto, nonostante non mi fidi del tutto i miei muscoli decidono di rilassarsi.

-Pensavo solo che tu aspirassi più in alto- Adesso il suo sguardo è fisso su di me, deposita la sua rabbia nei suoi occhi, me la farà pagare un giorno. Mitchell poggia un braccio sulle mie spalle, per un attimo penso che voglia intrappolarmi, invece è solo un gesto per rassicurarmi. Lui sa cosa provo, eppure la sua espressione e il suo cuore sembrano non aver mai conosciuto il terrore.

-Io credo di non poter desiderare di meglio- dice accarezzandomi piano la spalla sinistra, non credo che nessuno riuscirebbe a rincuorarmi in modo migliore, il suo tocco irradia dentro di me tante scintille rilassanti. Alzo il mento in un atto di orgoglio, sento la stessa determinazione di questa mattina balzare fuori come un animale feroce. Non sono la preda di nessuno. Il ragazzo alto mi rivolge un sorriso, scorgo una bellezza completamente diversa da quella iniziale, non più fine a sé stessa, adesso è così pura da non sembrare umana.

-Non esiste ragazza più incantevole- so che sta recitando, non ci conosciamo nemmeno, eppure sento le guance andare a fuoco; come fanno delle semplici parole ad avere questo effetto su di me?

-A quante ragazze l'hai detto?- rispondo avvicinandomi al suo viso, questo ruolo non mi dispiace per nulla. Le mie labbra ricordano ancora i suoi denti affondare nella superficie carnosa.

-A tutte ho ripetuto che tu sei la migliore- sorridiamo, entrambi consapevoli di queste stupide e sdolcinate bugie. Mi bacia con passione ed i nostri corpi istintivamente si scontrano. La sua lingua picchetta sul mio labbro inferiore e lascio che sfiori appena la mia. Lo sguardo di Harris non ha più nessun effetto, anzi desidero che mi guardi, che capisca che non sarò mai il suo oggetto. Porto i palmi del ragazzo sul mio sedere che le sue mani stuzzicano e stringono; decido io da chi farmi toccare. Ci stacchiamo per prendere fiato, non credevo sarebbe stato così intenso.

- Divertiti questa notte- gli intima con una nota amara, si volta di spalle e si dirige verso il suo gruppo. Non posso credere di averla scampata anche questa volta.

-James- il ragazzo che continua a tenermi un braccio sulle spalle lo richiama, gli lancio un'occhiata confusa, non capisco perché si stia trascinando nei guai dopo esserne appena uscito. Harris gira leggermente il capo per guardarlo, i suoi occhi gelidi si posano su di me.

-Spero che il messaggio sia stato chiaro- nonostante il suo tono non sia particolarmente alto, la sua voce è perfettamente distinguibile tra le altre, non può venire sorpassata nemmeno dalle cantanti; come se rompesse il tempo stesso. L'altro annuisce quasi ammaliato dalle sue parole per poi dissolversi tra le figure nell'ombra.

Rimango in silenzio, non so come reagire adesso che il sipario è calato. Mitchell scoppia a ridere e mi guarda con i suoi occhi indubbiamente scuri. Perfino la sua risata riesce a trasmettermi delle emozioni antiche, come se fosse un suono raro.

-Rifacciamolo qualche volta- esclama sorridendo, per lui è stato un gioco, per me la salvezza da una fine a cui non voglio nemmeno pensare.

-Sì, ehm ... certo- borbotto imbarazzata, il suo atteggiamento mi mette in difficoltà, è così tranquillo che una parte del mio carattere cerca di costringermi a rilassarmi. Abbassare la guardia con lui sembra così facile, tutto nella sua persona stuzzica la mia mente, accarezzandola e viziandola fino allo stremo. Si avvicina con cautela ed il mio corpo lo supplica per continuare da dove eravamo rimasti.

-Spero di rivederti presto- sussurra al mio orecchio, trattengo il respiro mentre la mia mente cerca qualcosa di appropriato da aggiungere, senza successo. Anche il suo corpo, per quanto incomparabile e splendido trova il suo posto fra la folla, diventando anonimo come tutti gli altri.

Rimango solo per un'altra canzone, poi mi faccio largo con calma, raggiungendo la porta della palestra, la mia via d'uscita. Una strana emozione mi prevade, una calma insormontabile mi costringe a scegliere il percorso più lungo per arrivare alla stanza dell'appuntamento. I miei pensieri vanno istintivamente a Renee, si sarà divertita questa sera? Sicuramente mi racconterà tutto una volta tornate, nonostante io desideri solo dormire in questo momento. Ripenso insistentemente a quello che mi è successo, ma il senso di pace non vuole abbandonarmi, come se non fosse accaduto nulla. Rinuncio alla mia impresa, la verità è che ho paura; sotto la quiete potrebbe esserci il vuoto più totale.

Penso ad Harris, il suo morboso attaccamento a quello che rappresento; per lui non sono Alexa, né Evans, neppure una ragazza, simboleggio solo la categoria più debole che lui deve dominare. Crede che sia un suo dovere mostrarmi chi sta in cima alla piramide sociale, come se non lo capissi già.

Il numero centocinquantuno si presenta a me esattamente come tutti gli altri numeri, chissà perché mi aspettavo qualcosa di speciale. Spero solo che Renee sia stanca almeno la metà di quanto lo sono io, in modo da potercene andare in fretta. Busso due volte in maniera decisa, non oso immaginare il mio aspetto in questo momento; nei pochi secondi che mi rimangono provo ad aggiustarmi i capelli con le dita.

La porta si apre e un paio di occhi scuri fanno capolino da dietro la superficie legnosa. Adesso che è l'intero corridoio è illuminato riesco a scorgerli bene, sono quasi neri, un marrone così scuro da confondersi con la pupilla.

-Non credevo che "presto" sarebbe arrivato così in fretta- commenta rivolgendomi un sorriso. I capelli corvini sono arruffati e spettinati, erano così pure alla festa? Vengo travolta da un crampo allo stomaco, se lui fosse il nuovo ragazzo di Renee? Un senso di fastidio si fa strada nella mia testa e non voglio indagare sull'origine di questa emozione. Vorrei solo tornare in camera mia e cancellare questa giornata.

-Tutto bene?- la sua voce arriva a risvegliarmi dai miei confusi pensieri. Non è la prima volta che si interessa alla mia salute, sebbene una parte di me è certa che ai suoi occhi sono una misantropa con seri problemi nel dialogo parlato (quello fisico mi è sembrato apprezzarlo), un'altra parte più consistente ne è totalmente attratta.

-Sei sempre così imperturbabile?- è l'unica cosa che riesco a dire. Il suo atteggiamento sfiora l'irritante, nelle poche ore in cui ho avuto modo di osservarlo è sempre rimasto rilassato, nonostante abbia dovuto baciare una sconosciuta per poi ritrovarsela davanti alle due di notte.

-Direi proprio di sì- ma il sorriso lascia intuire ben altro, ho quasi la certezza che questo suo comportamento celi molto di più. Concentrandomi su questo punto mi accorgo che i suoi occhi ed il suo sorriso non corrispondono alla stessa espressione. Adesso scoprire com'è davvero è diventata quasi una faccenda personale.

-Io non credo proprio- sollevo un angolo delle labbra quasi sfidandolo, voglio vedere fino a quanto posso tirare la corda. Lui alza un sopracciglio e si appoggia allo stipite della porta, chiaramente interessato all'argomento.

-Sentiamo- i suoi occhi brillano in una nota d'improvvisa arroganza. Mi limito solo ad osservare il suo sguardo, è l'unico che può mostrarmi la verità. Le sue iridi scure mi ammaliano come un varco di cui la meta è sconosciuta.

-Sei un calcolatore, attento osservatore e probabilmente anche egocentrico- le parole mi sfuggono dalla bocca, trovando conferma nel suo volto sorpreso. Non credevo nemmeno io di aver intuito così tanto, è come se la sua essenza mi fosse familiare.

-Indubbiamente interessante- mormora scostandosi dall'entrata della stanza per avvicinarsi.

-Hai dimenticato stupendo - mi mostra un sorriso divertito, tutto quello che scorgevo prima è sparito, è come se si stesse proteggendo; il suo atteggiamento alla mano è la sua barriera.

-Quello era compreso in "egocentrico"- gli faccio notare sollevando lo sguardo sul suo viso. Mi rendo conto di essere stata parecchio indiscreta, ho sputato giudizi senza nemmeno conoscerlo, mi sono lasciata abbindolare dalla mia fantasia; forse è solo un modo per allontanarmi da lui, potrebbe essere il nuovo ragazzo della mia compagna di stanza, non posso assolutamente prendermi una cotta.

-Scusami, sono stata scortese, sono venuta solo per tornare in camera con la mia amica, non credevo che tu fossi..-

-La tua amica ha i capelli ricci, una spiccata dose di protagonismo e fa salto in alto?- chiede quasi retoricamente, ha descritto Renee alla perfezione. Annuisco, se fosse la sua ragazza non parlerebbe in questo modo di lei, non così apertamente.

-L'ho vista avvinghiarsi al mio compagno di stanza, non credo che torneranno molto presto- commenta sorridendo; mi sforzo per non emettere un sospiro di sollievo, il peso che sentivo nel petto sembra essersi dissolto. Eppure non riesco a lasciarmi andare completamente, continua ad esserci qualcosa in lui che mi costringe a stare attenta.

-Come fai a sapere tutte queste cose di lei se l'hai solo scorta tra la folla?- inclino la testa, se si fossero conosciuti prima Renee me ne avrebbe parlato, i suoi racconti non omettono particolari così interessanti, e Mitchell lo è sicuramente.

-Sono un attento osservatore, l'hai detto tu prima- ribatte subito; ogni sua frase sembra la cosa giusta al momento giusto, come se non sbagliasse mai.

-Comunque, entra, si gela in corridoio- si scosta dallo stipite per lasciarmi passare. Non avevo nemmeno notato il cambiamento di temperatura; i riscaldamenti nei corridoi e negli altri luoghi pubblici durano fino a mezzanotte. Sotto il suo sguardo, attraverso la soglia della stanza, venendo subito colta da un calore che si occupa di lenire il freddo che mi si era attaccato addosso. L'aria calda lambisce le mie spalle ghiacciate, che quasi pizzicano nel venir riscaldate.

La camera è come tutte le altre: larga, con due letti matrimoniali e le federe blu scuro. La scrivania è posizionata nell'angolo destro, in posizione orizzontale guardandola dall'entrata. Uno dei due comodini è pieno di libri dalle copertine colorate, mentre l'altro completamente spoglio, tranne che per la lampada.

-Ian Mitchell- esclama con voce decisa prima di porgermi la mano; raramente la gente si presenta con il cognome qui sotto.

-Alexa Evans- afferro la sua mano, è calda, come le sue labbra quando mi hanno baciato; mi chiedo da dove venga questo torpore. Rimaniamo per un po' in silenzio, le mani ancora strette, studiandoci. Nonostante il suo sguardo mi metta disagio, cerco di carpire il più possibile dal suo volto. Ha dei lineamenti delicati e non taglienti e squadrati come molti ragazzi della Base. La sua pelle pallida non sembra come la mia, appare più lucente e limpida.

-Il tuo talento è essere bello?- sussurro quasi in trance, mi sembra impossibile aver toccato meno di un'ora fa il suo corpo. Lui ride come se avessi detto qualcosa di improbabile, poi si siede sul letto.

-Stavi cercando di farmi un complimento?- continua a sorridere, nonostante cerchi di nasconderlo, sa di cosa sto parlando.

-Qualcosa del genere- dico sedendomi vicino a lui, stare in piedi al centro della stanza mi fa sentire a disagio. Ian si distende sul materasso, la mia presenza non lo turba minimamente.

-Ho molti talenti- confessa, come se fosse normale. Sobbalzo leggermente e lui se ne accorge. Questo spiega perché lui ed Harris si conoscevano.

-Quanti?- chiedo, sperando nel minimo possibile, anche se l'aggettivo usato prima lasciava intendere ben altro.

-Una decina- alza le spalle ed io cerco di non mostrargli la mia reazione. Decisamente io e lui non possiamo andare d'accordo.

-Tu?- serro gli occhi, desidero ardentemente che Renee apra la porta salvandomi da questa situazione imbarazzante.

-Nessuno- non ho il coraggio di girarmi e vedere la sua faccia, nella migliore delle ipotesi inizierà a fare delle domande, nella peggiore eviterà di rivolgermi ancora la parola.

-Non è possibile- Non sembra deluso o sconvolto, né incredulo. La sua è un'affermazione decisa.

-Evidentemente lo è- insisto, non credo di aver voglia di parlarne, credo di essere arrivata al limite della mia determinazione.

-Tutti hanno un talento- aggiunge con il suo solito tono calmo.

-Non io- commento guardando l'armadio, trovandolo più interessante del nostro discorso. Sento le sue braccia avvolgermi la vita e tirarmi verso il materasso; la mia schiena viene a contatto con la superficie morbida. Lo osservo in silenzio, i nostri corpi sono vicini, lui fa sembrare tutto così normale. Il suo braccio scivola tra il mio corpo e il lenzuolo, per poi posarsi sul suo addome.

-Non vedo l'ora di addormentarmi- sussurra chiudendo gli occhi, di scatto sbadiglio, come se il suo stato d'animo potesse essere contagioso. La sua affermazione ha risvegliato in me il bisogno di tornare in camera che mi accompagnava per i corridoi.

-Amo dormire, è l'unico momento in cui smetto di pensare e il mio cervello si spegne- mormora sospirando, il suo petto si muove al ritmo del battito cardiaco. Lo guardo in questa sua nuova versione, sembra così fragile. Dai libri sul comodino intuisco che il suo amico, che in questo momento è con Renee, è parecchio interessato alle scienze e alla matematica; eppure anche lui mi sembra particolarmente intelligente, la sua testa deve calcolare cose inimmaginabili.

-La mia compagna di stanza mi sveglia alle cinque ogni mattina- brontolo schiacciando la guancia sul cuscino, nella vana speranza di distogliere l'attenzione dal suo viso.

- Adam mi picchia con i suoi libri se non mi alzo. Gli proponiamo uno scambio? Non credo che a loro due dispiacerebbe- sorride e mi scruta con la coda dell'occhio.

-Mi chiedi già di convivere? Non stai affrettando i tempi?- il mio tono di voce è ironico, anche se un futuro in cui posso riposare fino a tardi mi alletta parecchio.

-Io avevo detto "presto", non immediatamente. Sei tu che hai bruciato le tappe- mi ribecca sorridendo. Ho l'impressione che mi ricorderà questo dettaglio del nostro incontro abbastanza spesso, se mai riusciremo a rivederci; mi sembra tutto un gioco e qualcosa mi dice che è meglio non continuare.

Sento un brivido lungo la colonna vertebrale, la sua mano si è delicatamente posata sulla mia guancia, proprio sopra lo zigomo.

-è stato Harris, vero?- si riferisce a piccoli segni delle falangi, non credevo fosse così facile farci caso.

-Come lo sai?- pronuncio queste parole in un soffio, i suoi occhi mi danno l'impressione di sapere ogni cosa, non solo su di me, ma sul mondo, sulla vita, sul tempo, su ogni persona.

-L'ho intuito- lascia scivolare le dita sulla mia pelle creando solchi invisibili, per poi chiuderle sul palmo.

-Intuisci tante cose- mi mordo il labbro, sento chiaramente la mia testa supplicarmi di allontanarlo.

-Vorrei poter capire più cose su di te- mormora avvicinandosi di più. Il mio cuore accelera, nella speranza di riuscire a catturare la mia attenzione più del cervello. Perché gli interesso così tanto?

Il suo fiato caldo mi accarezza la guancia, chiudo gli occhi aspettandomi un bacio. Il mio viso viene brutalmente colpito da un oggetto non troppo soffice. Apro gli occhi ritrovandomi il ragazzo con un cuscino tra le mani.

-Escluderei la concentrazione dai tuoi talenti- commenta senza posare l'arma. Schiudo di poco le labbra, cosa sta cercando di fare? Afferro l'altro cuscino e lo colpisco all'anca, ma lui sembra non avvertire nemmeno il colpo.

-Non sei nemmeno forte- aggiunge ridendo. Questa sua analisi ad alta voce serve solo a provocarmi. Non posso cadere nella sua trappola, una mossa sbagliata e gli servirò l'occasione per rinfacciarmelo ancora. Calcolo la direzione del suo braccio ed immagino la velocità, devo trovare un modo per schivarlo.

-Perdi troppo tempo a pensare, senza concentrarti sui dettagli fondamentali- sorride, come se fosse tutto troppo facile per lui. Noto solo adesso che nasconde un altro cuscino dietro la schiena, troppo tardi, mi colpisce sul viso di nuovo; questa volta mi costringe a rimanere distesa, con la faccia schiacciata sul cuscino. Se non fossi così sicura delle sue intenzioni, penserei che voglia soffocarmi. Solleva l'oggetto imbottito dal mio viso, rivelandosi chinato su di me; trattengo il fiato come se il soffice cotone mi stesse ancora togliendo il respiro.

-Vuoi farmi da istruttore?- chiedo sforzandomi di reagire, non voglio essere così sensibile ai suoi atteggiamenti.

-è l'unico modo in cui posso aiutarti- lascia il cuscino da parte per posare entrambe la mani ai lati della mia testa. Il mio petto viene colto da un improvviso calore, ci conosciamo solo da qualche ora, ma lui si comporta come se mi conoscesse da una vita. Cosa ti lega a me?

-Apprezzo, ma sai cosa mi sarebbe più utile? Che tu mi baciassi- incrocio il suo sguardo per fissare la mia frase nella sua mente. Sorrido, mi sento me stessa, la ragazza di questa mattina, quella che non ha ancora affrontato una giornata così faticosa e stressante. Per tutto il giorno mi sono chiesta dove si fosse rintanato il mio lato sfacciato e ironico, non credevo che si sarebbe fatto vedere prima di domani. È come se ogni giorno mi rigenerassi in una persona nuova, forte e combattiva all'inizio della mattinata, ma per una serie di conseguenze dopo qualche ora mi ritrovo succube del volere altrui. Forse il mio cervello si illude ogni giorno che la mia situazione possa cambiare, fino a quando non è costretto a fare i conti con la realtà.

Lui appoggia le labbra sulle mie di getto, cogliendo al volo la mia richiesta, anche se sono sicura che aveva intuito il mio messaggio anche quando non era così esplicito. Rischio quasi di abbandonarmi a quelle emozioni, mi basta soffermarmi un po' di più sulla morbidezza delle sue labbra per farmi perdere la concentrazione. Ian chiude gli occhi per un instante, consentendomi di afferrare inosservata il cuscino vicino a noi. Lo colpisco e il suo corpo rotola di lato, mi affretto a salire in piedi sul letto, puntandogli la presunta arma contro.

-Questa mossa come la valuti?- lo ribecco continuando a sorridere; per un attimo riesco a cogliere un barlume di sorpresa nei suoi occhi, ma so già che la sua espressione non lo tradirebbe mai.

-Adesso comando io- affermo con decisione. Il mio cuore fa una capriola, come se fosse contento di questa svolta.

-Non vedevo l'ora- solleva un angolo delle labbra, sta studiando la situazione, credo che aspetti il momento giusto per riattaccarmi, mi sembra una persona molto competitiva.

-Potresti ribaltarmi come una piuma se volessi- gli faccio notare colpendolo leggermente sul braccio, abbasserà la guardia se non mi mostro sicura.

-è divertente vederti così decisa- la sua mano si sta lentamente avvicinando ad un cuscino; fingo di non averla notata e lo guardo negli occhi. Mi siedo sul suo stomaco e blocco il polso, osservando le dita sfregare tra loro nel vano tentativo di raggiungere l'oggetto; dall'alto sarebbe stato difficile fermare il suo gesto.

-Anche adesso è divertente?- lo provoco continuando a tenere i suoi polsi, la mia stretta è così insignificante e debole che potrebbe liberarsi quando vuole.

- Impari in fretta- sussurra lentamente. Rimaniamo fermi a guardarci, il suo sguardo è penetrante, per un attimo mi chiedo cosa voglia scoprire. Mi guarda intensamente, quasi concentrandosi.

La porta si spalanca all'improvviso, rivelando la mia compagna di stanza accanto ad un ragazzo castano. Lui ha un aspetto così semplice e dolce, decisamente in contrasto con quello appariscente ed esuberante di Renee. Un brivido mi attraversa la schiena, non oso immaginare cosa stia frullando nella loro mente.

-Non è come sembra- mi mordo il labbro e cerco di nascondere il mio viso tra i capelli. Raramente sono stata imbarazzata durante la mia vita, non mi sono mai immischiata in situazioni capaci di farmi provare questo sentimento.

-è esattamente come sembra- ribatte Ian peggiorando le cose, lui sembra non provare nulla, è tranquillo come al solito. Lo colpisco con un cuscino in pieno volto, nel vano tentativo di rimproverarlo.

-Mi sta picchiando con un cuscino!- esclama teatralmente, facendo ridere l'amico dalla soglia. Cerco di mantenere la calma e prepararmi psicologicamente alle ore di tortura che Renee mi farà una volta arrivate in camera.

-Vedo che avete fatto amicizia- il tono della ragazza è sorpreso, quasi sconvolto. Come biasimarla, ha appena visto la sua introversa compagna di stanza a cavalcioni su un ragazzo sconosciuto.

-Sì, io ed Alexa siamo molto... intimi- gli arriva un altro colpo con tutta la forza che riesco ad usare. Cerco di scendere dal suo corpo, ma lui me lo impedisce.

-Smettila di mettermi in imbarazzo- gli sussurro; con la coda dell'occhio osservo il ragazzo e Renee parlare, anche se non credo siano davvero interessati ai loro discorsi.

- Riesco ad avere potere su di te pur essendo sotto- mi fa notare con un'altra delle sue morali.

-Non vincerai sempre- sembra quasi una promessa, sono decisa a dimostrargli che non ha sempre ragione.

-Alexa, andiamo?- esclama la ragazza impaziente, le sue parole quasi mi strappano via dal corpo di Ian. Scendo dal letto, sentendomi improvvisamente stanca, non credo di poter sopportare altre esperienze per oggi.

-Spero di rivederti presto- mormoro tenendo lo sguardo fisso su di lui, coglie il riferimento alle sue parole e sorride, lasciandomi questa immagine fissa nella mente anche una volta che la porta si è chiusa.

Sospiro, mi sento come se avessi lasciato la mia parte intraprendente con il ragazzo, ancora rannicchiata sul suo letto.  

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top