Capitolo 4
Ian
-Buongiorno- entro a passo deciso nell'aula priva di alunni, la professoressa è seduta dietro la cattedra, intenta ad annotare qualcosa sulla sua agenda.
-Salve signorino?- infastidita per essere stata interrotta alza lo sguardo per completare la frase con il mio cognome. Appena mi osserva cambia subito espressione ed atteggiamento, non sembra più stizzita.
-Mitchell, Ian Mitchell - sollevo un angolo delle labbra e senza fare troppo rumore, prendo una delle tante sedie e la poggio davanti a lei.
-Mi chiedevo quando sarebbe arrivato- ammette posando gli occhiali rossi sopra una pila di documenti. Il fatto che lei mi attendesse semplifica il mio lavoro; sa già chi sono e con molta probabilità conosce i miei voti.
- Mi scusi se ho lasciato questo corso per ultimo, ma preferivo approfondire altre materie in modo da svolgere un ottimo lavoro- le mostro il mio miglior sorriso. Sarei andato bene in questo corso anche senza le basi necessarie, ma il mio risultato sarebbe sembrato sospetto.
-Capisco, la professoressa Danley dice che sei un allievo eccezionale, nessuno riesce a superarti nei corsi legati alla psicologia- abbasso la testa in un atto di finta modestia, so già cosa pensano i professori di me e conosco pure i pensieri della donna che ho di fronte. Mi farebbe passare anche se non mi trovasse attraente, non smentirebbe mai la parola dei suoi colleghi. Evidentemente la loro cultura tende a sovrastare i suoi studi e opinioni, rendendola quasi inerme ed incapace di contrastare i loro pareri.
-Il mio corso ha come obiettivo il riuscire a raccogliere in qualche foglio l'anima di una persona- dice cercando di mantenere un tono sicuro, ma sento chiaramente il tacco della sua scarpa picchettare sul pavimento con un certa velocità.
- che tipo di soggetto vuole che io studi?- lei s'irrigidisce, la sua espressione mi conferma che i suoi pensieri si erano focalizzati un po' troppo a lungo su di me. Adesso ha la sensazione che io possa leggere i suoi pensieri, sarà ancora più nervosa.
- Una persona interessante, profonda, misteriosa. Voglio che tu scriva tutto. Il modo in cui interagisce con gli altri, i suoi stati d'animo più frequenti, cosa la infastidisce- incrocia le braccia al petto e mi osserva con i suoi occhi marroni come il legno, colgo subito il suo vano tentativo di mettersi al mio livello, di indovinare cosa passa per il mio cervello; troverà solo un muro ben costruito.
- In pratica, devo spiare qualcuno- cerco di distogliere la sua attenzione e riportarla sul nostro discorso.
- Non spiare, ma analizzare- mi corregge, i suoi occhi brillano per essere riuscita a modo suo a sottolineare chi è l'insegnate. Nonostante odi sbagliare di proposito, è necessario per arrivare al mio vero fine. Ogni conversazione che sostengo è come una partita a scacchi, ogni mia mossa è studiata e calcolata nei minimi dettagli; in modo che io possa uscirne sempre vincitore.
- Lei ha qualche idea? C'è qualcuno di cui vuole un'analisi?- se devo prendere il massimo, tanto vale che mi dica subito ciò che vuole, non voglio perdere altro tempo.
-Sì- cerca tra la pila di scartoffie, credo sia anche una scusa per non guardarmi, è troppo insicura per essere un'insegnante.
Mentre cerco di prendere una penna dalla scrivania le sfioro il polso delicatamente. Mi pento subito del mio comportamento, certe volte abuso del mio talento, tendo a giocare con i sentimenti degli altri senza riflettere alle conseguenze, questa è l'unica parte di me che sfugge al mio carattere metodico e preciso.
Uso il palmo della mia mano come se fosse un foglio ed aspetto pazientemente che lei trovi quello che sta cercando. Sebbene io voglia autopunirmi mentalmente per il mio comportamento inopportuno, i miei pensieri si concentrano tutti sul nome che a breve saprò. Potrebbe essere qualcuno che conosco, a quel punto sarebbe davvero troppo facile, mentre l'idea di analizzare in segreto una persona sconosciuta mi attira, la sfida sarebbe comunque facile, ma più interessante.
- Alexa Evans-
-Ciao Ad- non finisco la frase che il mio compagno di stanza mi salta addosso e mi butta sul letto. Cadiamo con un tonfo sordo ed iniziamo a rotolare per il pavimento, proprio come facevamo da piccoli. Cerca di prendermi per i capelli, fuggo dalle sue mani e riesco a prendergli i polsi, impedendogli di avere la meglio. Si divincola dalla mia stretta,ma sa bene che la battaglia è finita, non ha la forza necessaria per riuscire a liberarsi.
- Okay... Mi arrendo- dice con la voce affaticata e il respiro pesante. Mi sollevo con la schiena dolorante, la botta che ho preso atterrando sul pavimento è stata più intensa di quanto mi aspettassi. Trovo sempre piacevole rivivere i momenti di svago che io ed Adam ci concedevamo anni fa, nonostante non sia esattamente il gioco più costruttivo o sicuro.
- Potevi farmi finire la frase!- esclamo senza riuscire a trattenere le risate.
- No- fa una smorfia -sarebbe stato troppo leale- lo aiuto ad alzarsi porgendogli la mano, quando sento tutto il suo peso gravare sulla mia forza sciolgo la stretta, guardando divertito la sua caduta.
- Dicevi?- mormoro alzando un sopracciglio.
- Sei veramente un figlio di puttana- brontola alzandosi da solo.
- Non osare- provo ad essere serio, ma Adam mi conosce troppo bene, forse è l'unica persona che sa di me più del dovuto.
- Non puoi saperlo cosa era- mi ribecca dandomi una pacca all'altezza delle scapole, la mia schiena urla per il dolore. Con la coda dell'occhio scorgo la sua figura dirigersi verso la scrivania, ma stranamente non torna a studiare; non ho speranze di evitare questo argomento.
- Non mi importa cosa era- dico scuotendo la testa. Odio iniziare questi discorsi con Adam, non hanno mai una fine o un senso logico, si basano tutti su supposizioni.
Chi fosse mia madre non è importante; so solo che ho diciannove anni e sono sopravvissuto benissimo anche senza di lei. Eppure, ci sono giorni in cui non riesco a smettere di pensarci, è una parte di me che non voglio scoprire, ma sono inevitabilmente legato ad essa.
- Credo che la mia fosse una cuoca- sospira e torna a guardare i suoi libri.
Gli raccomando sempre di non farsi illusioni, un giorno potrebbe scoprire la verità e tutto quello in cui sta decidendo di credere si romperà in mille pezzi. Ma Adam non é come me; é creativo e molto curioso, qualità che fanno di lui un ingegnere eccezionale. Progetta le città, le case e le strade, in modo da riuscire a ricominciare dopo la fine della guerra; studia vecchi progetti per migliorare la qualità della nostra vita una volta usciti dalla Base.
- Da cosa lo deduci?-
- Qualche giorno fa mi sono intrufolato in cucina, le cuoche mi hanno accolto e mi sono sentito a mio agio lì dentro. Credo che ci sia una connessione con il mio passato- voglio chiudere la discussione qui; il suo cervello desidera talmente tanto questa opzione che tutti i suoi sensi lo portano a crederci, non c'è nulla che io possa fare. Mi siedo sul letto e mi tolgo le scarpe lentamente, Adam sta osservando il vuoto, preso da chissà quale fantasia su questo discorso.
- Probabilmente tua madre era davvero una prostituta- esclama all'improvviso; gli lancio un'occhiata confusa, non sembra scherzare.
- Vengono qui più ragazze per te che per qualunque altro ragazzo- afferma convinto annuendo a se stesso. Scoppio in una fragorosa risata, sono contento che lui steso abbia deciso di fare ironia su questo argomento, lo rende più inconsistente e lontano.
-La professoressa Carter ha una cotta per me- gli rivelo prima di coricarmi sul letto.
-Tutti hanno una cotta per te- mi ricorda chiudendo definitivamente i libri, per poi girare la sedia verso la mia direzione.
-Lo so, ma ci toglieremo qualcosa come vent'anni!- porto una mano dietro la nuca, alcune volte i sentimenti che gli altri provano per me sono fastidiosi, influenzano troppo le mie capacità decisionali. Le ripercussioni delle mie azioni sono più dure da sopportare se la gente si affeziona, mi sembra di giocare con i loro punti deboli. Ma infondo so che è proprio quello il mio obiettivo. I miei sensi di colpa non bastano per annullare il mio essere, l'ho capito diverso tempo fa.
-Non ci vedo nulla di male- il mio amico alza le spalle, inconsapevole che il problema non riguarda solo la differenza di età.
-Giusto tu sei quello che a dieci anni era innamorato della professoressa di matematica- ribatto lanciandogli un'occhiata, io ricordo sempre tutto e questa è la sua maledizione.
-Nessuna ragazza della nostra età sapeva la formula di Eulero, è normale che io aspirassi a persone con i miei stessi interessi!- risponde ridendo, capisco dalla scintilla nei suoi occhi che è veramente un genio. Alcune volte vorrei fare qualcosa per aiutarlo o semplicemente sostenerlo, ma il mio talento consiste in tutt'altro.
-Comunque, alzati che questa sera dobbiamo andare ad una festa- mi tira per il braccio, cercando di sollevarmi.
-Tu che mi inciti ad accompagnarti ad una festa? Questa è nuova- dico osservando la sua espressione leggermente imbarazzata.
-Ho incontrato una ragazza qualche giorno fa, ci sarà pure lei alla festa- confessa prima di riuscire a farmi alzare definitivamente.
-E lei conosce la formula di Eulero?- lo prendo in giro mentre cerco qualcosa da mettermi; lui sa benissimo che non ha bisogno di particolari metodi per convincermi, lo seguirei ovunque.
-Crescendo ho realizzato che è meglio interessarsi a persone completamente diverse da se stessi- mormora
La verità Adam è che non troverai nessuno simile a te.
-Va bene, sei tu l'esperto- dopo essermi cambiato la maglietta guardo la mia immagine allo specchio.
-In realtà è il contrario- sottolinea dirigendosi verso la porta. Scuoto la testa sorridendo, le mie relazioni durano così poco che non sono sicuro di ricordare tutti i nomi delle ragazze con cui sono stato. Inizio a stancarmi delle persone dopo pochi giorni, una volta che scopro ogni cosa del loro carattere perdo interesse. Altre volte invece, mi sento semplicemente sbagliato, mi dico di non essere la persona giusta per chi mi sta acconto, cosa che si rivela sempre vera. Mi piacerebbe davvero provare un sentimento diverso dall'affetto fraterno che nutro per Adam, mi farebbe sentire più vivo.
L'acqua gelida scivola tra le mie mani; scorgo il nome ormai sbiadito scritto sul palmo. Non ho idea di chi sia questa ragazza, né come farò a chiedere in giro senza attirare la sua attenzione. L'idea di dover ancora giocare con i sentimenti altrui mi disturba.
Chiudo gli occhi, immagino il suo aspetto fisico; potrebbe essere bionda, con gli occhi verdi o alta con le scapole sporgenti. Ci sono talmente tante possibilità e combinazioni che nessuna riesce a prevalere sull'altra. Lascio che l'acqua porti via i miei pensieri e fino all'ultima traccia d'inchiostro.
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