Capitolo 24
Alexa
L ho lasciata per ultima.
Il pensiero di parlarle mi fa rabbrividire, forse é meglio che vado via senza salutarla, scappare senza sapere la verità. É difficile scegliere tra realtà e bugia quando hai paura della prima.
Magari si arrabbia e mi fa una delle sue solite sgridate.
Scuoto la testa, io devo essere arrabbiata.
- Ciao mamma- esclamo entrando improvvisamente, se restavo fuori sarei stata assalita da mille dubbi.
Lei sobbalza, colta di sorpresa dal mio arrivo.
- Oh..ehm- sistema delle cose sul tavolo, molto insolito dal suo modo di fare attento e ordinato.
- Ciao tesoro- sussurra di fretta.
E ora? Come continuo? Non mi ero preparata un discorso, non so da dove iniziare. Vado dritta al punto?
- Allora, come va?- chiede lei.
Ohw, sai, sto per scappare da questo posto lasciando la mia migliore amica, un ragazzo con cui mi sono baciata poco prima e una madre bugiarda.
- tutto bene- mi limito a dire. Forse é meglio andare con calma, fingere che sia tutto normale. Non riesco a guardarla negli occhi, così, mi concentro sulle boccette dietro di lei.
Su Alexa, vuota il sacco.
Le parole si bloccano lungo la gola, e nonostante mi sforzo, non riesco a tirarle fuori. Ho paura della sua reazione. Ho paura di litigare con lei. Ho paura di morire con un suo brutto ricordo.Basta avere paura Alexa
-Mamma, devo dirti una cosa- mormoro così piano, che ho paura che non abbia sentito. Lei si volta verso di me e forse per la prima volta mi ascolta. Mi tremano le mani, non so da dove iniziare.
- So tutto- non è la frase più poetica tra quelle che avevo in mente, ma credo vada bene.
- Delle pillole, il mio talento...- specifico per evitare malintesi. Lei rimane ferma, non parla e non si muove, per un attimo dubito perfino che respira.
- L'ho fatto per te- sussurra, sembra così debole, non sembra quella donna che ogni giorno sminuiva le mie capacità. Sembra una bambina colta mentre rompeva qualcosa, è stata beccata, non può fare altro che scusarsi.
- Hai detto una bugia per me?- ora che ci penso, tutta la mia vita è un'enorme bugia, prima lei, poi Ian, credono di fare il mio bene in questo modo, mi fanno costruire certezze su castelli di carta, e poi, nel momento in cui ne ho bisogno, cadono rovinosamente. Ed è peggio di una verità, per quanto pericolosa possa essere. Dicono di tenere a me, però nel momento in cui devo proteggermi, le mie sicurezze crollano perché è tutto finto. Sono stanca di vivere sulle spalle degli altri, su quello che loro mi dicono o quello che loro credono, la verità la voglio scoprire io e poi tocca a me decidere come reagire e cosa fare.
- Volevo proteggerti- continua con il suo tono di voce basso, che mi fa innervosire più di quanto potessi immaginare. Dov'è quella donna forte? Quella che non mi risparmiava mai una ramanzina.
- Da chi?- cerco di non sembrare troppo aggressiva, mi sembra così fragile, quasi ho paura di spaventarla.
- Loro. vogliono farti del male- loro? cosa vogliono farmi? E ancora una volta le parole di quel ragazzo mi tornano in mente. Scuoto la testa, forse è la volta buona per avere delle risposte.
- Di che parli?- lei si avvicina e mi prende il volto fra le mani. Ci assomigliamo, più di quanto pensassi, i suoi capelli sono castani come i miei, e i contorni del suo viso sono delicati come se fosse ancora una ragazzina. No, non potrei mai morire con un suo brutto ricordo.
- Il siero che stanno sperimentando, è pericoloso, i ragazzi una volta assunto, cambiano. Nel caso migliore impazziscono. Nel peggiore...- si ferma, quasi disgustata.
- Muoiono- completo io la frase. La mia rabbia si affievolisce pian piano, fino a scomparire quasi del tutto.
- Solo i migliori vengono scelti come cavie, perché si pensa che siano i più forti e più resistenti, ma nemmeno loro sopravvivono- Alle parole " i ragazzi migliori", tutti i miei pensieri si concentrano su una persona.
- Non voglio che tu pensi che io sia una cattiva madre, o che non creda in te. Io ho sempre saputo che sei forte, volevo solo proteggerti- dice con le lacrime agli occhi.
- Oh, mamma- la abbraccio forte, come non facevo da anni. Lei crede in me. Mi accarezza i capelli mentre mi stringe, mi piacerebbe ricominciare, vivere una nuova vita, ma non sarebbe lo stesso, ora so la verità e sono costretta a scappare.
- Lui è il primo della lista- mi dice all'orecchio. Lui, chi? Confusa, sciolgo l'abbraccio e la guardo.
- Il ragazzo che è venuto qui l'altra volta, immagino sia stato lui a dirti la verità-specifica. Ian ha parlato con mia madre? Rabbrividisco.
- Devo avvertirlo- esclamo. Per quanto sia abile e bravo, non credo possa farcela. Sostituisco l'immagine di quel ragazzo con quella di Ian, non può ridursi così. Lei mi prende per il braccio, per fermarmi.
- Non fare gesti affrettati, in questo momento devi concentrarti su di te- cosa? Lei si china per prendere qualcosa sotto un lettino. Estrae un sacco nero. Il mio borsone! sto per chiederle perchè lo ha preso, ma vengo interrotta:
- Sono andata in camera tua per prendere il barattolo di pillole, e analizzarle per vedere cosa le impediva di fare il solito effetto e ho trovato questo- solleva il borsone.
- Voglio scappare- faccio un passo indietro, per paura della sua reazione. Ora mi ammazza.
- Speravo in questa frase- si limita a dire. Rimango sbalordita, non credevo che mia madre potesse diventare mia complice. Posa il borsone sul lettino, aggiunge, oltre ai miei vestiti, dei fogli di carta. Li ho visti su qualche libro, sono soldi. Dalla tasca del camice estrae una tessera, è blu, con dei disegni che non capisco a cosa si riferiscono.
- Se hai bisogno di qualcosa, mostrala- afferma, posizionandola in una piccola tasca interna. Annuisco, la mia fuga mi sembrava qualcosa di così improponibile e impossibile, mentre, da come ne parla lei sembra normale.
- Dietro questo armadio c'è una porta- indica velocemente il triste mobile grigio - Percorri il corridoio, vai sempre dritto e non ti fermare- la mia via d'uscita, è sempre stata così vicina e io non lo immaginavo neppure. Chissà quante altre sono nascoste nella base.
- Passa tra un'ora, io non sarò qui- così non possono incolparla della mia fuga, non voglio le succeda niente di brutto mentre sono via, non voglio che le mie azioni pesino sulle sue spalle. Sospiro, riuscirà a cavarsela, li ha già imbrogliati una volta.
Si avvicina a un cassetto della scrivania e lo apre decisa. Dentro c'è una pistola. Vedere mia madre con un'arma in mano mi sconvolge non poco, ho sempre pensato che fosse una donna forte, ma non in questo senso. Me la mette tra le mani e chiude le mie dita intorno all'impugnatura.
- La sai usare?- mi chiede. Guardo la pistola in ogni angolo. Ian mi ha detto che diventa pericolosa solo se la uso per fare del male.
- Alexa, rispondi- continua insistente.
- Sì- dico decisa. Se voglio uscire di qui dovrò usarla; è meglio che mi abituo da ora. Là fuori potrei trovare chissà cosa.
- Quindi, addio..- mormora mia madre. Non la rivedrò mai più. Mi afferra per il polso e mi abbraccia; di nuovo. Due in un giorno, non ci sono abituata. Conserverò il suo ricordo. Per sempre. La sua mania per l'ordine e l'interesse per la scienza. Ricorderò le nostre liti e questo momento. Ricorderò che mi vuole bene.
- Addio- le sussurro fra i capelli. Mi metto il borsone in spalla, ora più pesante, e le rivolgo un ultimo sguardo prima di uscire dalla porta dell'infermeria. La chiusura della porta è accompagnata dalla chiusura del mio passato, uscirò da qui? Diventerò un'altra persona? Li rivedrò? Mi mancherà la base? Scaccio questi pensieri, non c'è tempo per i dubbi, devo avere la mente lucida.
E ora? Vado a salvare Ian.
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