Capitolo 18
Il signor Cox estrae le chiavi dalla tasca.
Mi lancia un'occhiata gelida.
Trattengo il fiato mentre fa entrare la chiave di metallo nella serratura.
Spero che non noti che l'apertura é stata forzata.
Con un piccolo scatto le manette si aprono e faccio uscire subito il polso. Lo massaggio delicatamente, cercando di non sforzarlo troppo, ho evitato di usare la mano destra tutto il giorno.
Adesso sento freddo. Mi manca il braccio di Ian vicino al mio, la sua continua presenza, il suo respiro sopra la testa.
Sento una mano sulla spalla.
Wow, siamo divisi da solo qualche secondo e già mi vuole riparlare.
- senti, per questa sera - sembra essere incerto su cosa dirmi.
- io credo di venire- affermo.
Dove e quando non lo so. Nicholas mi ha gentilmente invitato.
- É solo una stupida festa per un record- probabilmente non conosco nessuno, faranno tutti parte del gruppo di Ian.
- Tu non vuoi che io sia presente?- alzo un sopracciglio. Forse non dovrei insistere, non siamo più legati, non devo seguirlo ovunque va.
- No- scuote la testa - Al contrario. Solo che loro sono così diversi da te-
Loro. I suoi amici?
Che significa diversi?
- Non capisco- mormoro. Loro sono troppo perfetti? Sono più intelligenti?
- Non importa. Ne riparliamo questa sera-
Sembra più un avvertimento. Se Ian parla in questo modo dei suoi amici, non credo di poter immaginare in che modo parla delle persone che non sopporta.
- A che ora?- chiedo impaziente. Quante ore ho per prepararmi?
- All'una in palestra- mi dà un sonoro bacio sulla guancia e va via.
Guardo l'orologio da polso, sono ancora le otto. L'ansia mi ucciderà, se prima non lo fa Renee.
- Questa sera vai a una festa e io non ne sapevo nulla!?- esclama alzandosi dal letto. Io, al contrario, mi butto sopra il mio; rotolandoci sopra per far sparire l'odore di quella ragazza. Affondo la testa nel morbido cuscino bianco, mi é mancata la mia stanza.
- Alexa? Mi stai ascoltando?- chiede infastidita la mia compagna di stanza.
- No- rispondo schietta senza degnarle uno sguardo.
- Che indosserai? -
Non ho molta scelta. Una maglietta e un paio di leggins, non c'è molto altro nel mio armadio.
- La prima cosa che prendo dal cassetto- dichiaro alzando la testa dal cuscino.
- Non stai andando ad un allenamento. Poi chi ti vede penserà "ma quanto é stupida la sua compagna di stanza a farla uscire così" e io una brutta figura non la faccio-
Questa frase mi strappa una risata; non posso credere di stare davvero accettando il suo aiuto per vestirmi.
- Hai presente quella maglietta grande che abbiamo trovato nel cestino del bucato?- inizia a cercare tra la montagna di vestiti sopra la sedia.
- Quella di una taglia più grande?- domando mentre mi alzo dal letto per aiutarla nella ricerca. Non capisco cosa c'entra ora.
Lei non risponde, concentrata com'è a cercare l'indumento.
Scorgo un piccolo pezzo di stoffa blu, lo afferro e lo tiro delicatamente verso di me.
-Trovata- esclamo trionfante. É in buone condizioni, nonostante era sepolta tra gli abiti di Renee.
- Perfetto- me la appoggia addosso, per vedere come mi sta.
- Renee, é troppo grande. Mi arriva alle ginocchia. È sicuramente il triplo della mia taglia- affermo guardandomi allo specchio.
- Appunto! Sembra un vestito- dice entusiasta. Non posso credere che mi farà indossare una maglietta che mi sta grande per andare lì.
- Ora, indossala e poi pensiamo a come sistemare i tuoi capelli-
- Che hanno di male i miei capelli? Pensavo di tenerli raccolti- mentre mi guardo allo specchio, si vede chiaramente che non é la mia misura.
- ogni tanto li devi tenere sciolti- spiega come se fosse un'esperta - Altrimenti si rovinano e poi..- mi arrendo. Non ho proprio voglia di iniziare un discorso sui capelli. La lascio parlare mentre vado in bagno a cercare una spazzola. Mi accorgo che c'è solo quella di Renee; mi inginocchio per controllare se la mia é caduta a terra o sotto il lavandino. L'ultima volta che l'ho vista, Ian mi stava pettinando.
- Cosa cerchi?- chiede la mia compagna di stanza, smettendo per un secondo di parlare di capelli.
- La mia spazzola. Devo averla lasciata nel bagno di Ian-
- Meglio, hai una scusa per tornare in camera sua- sembra molto soddisfatta della sua nuova idea. Mi rialzo cercando di non scivolare, ma sbatto la schiena contro la mensola. Soffoco un gemito e faccio più attenzione.
Mi siedo davanti allo specchio in modo da poter vedere Renee mentre mi pettina.
Perché insistono tutti per farlo? Sono davvero così imbranata da non riuscirci da sola?
Ma il piccolo ricordo della mano delicata e attenta di Ian sparisce, per lasciar posto a quella di Renee. Se non é il contrario, ci siamo vicini. Districa tutti i nodi senza delicatezza o accuratezza, sembra che voglia staccarmi la testa dal collo.
- Com'é andata ieri?-
Non devo mostrare troppo entusiasmo o farà altre domande, ma non posso essere indifferente, non sarebbe normale.
- Abbastanza bene. É stato difficile passare la giornata legati per il polso. Ma sono ancora qua- sorrido alla me nello specchio.
Non male come risposta.
- hai passato la notte con un ragazzo e questo é l'unica cosa che mi sai dire?-
Mi rimprovera lei.
Sospiro, non c'é nulla di interessante da raccontare.
- Non é successo niente di particolare, e a te?-
Cambiare discorso forse funziona. Renee adora parlare, sia di quello che ha fatto o semplicemente della mosca che le girava intorno a pranzo.
- la ragazza era così silenziosa, peggio di te. Non mi ha rivolto la parola per tutto il giorno e..- continua a parlare noncurante se io l'ascolto o meno. Mi guardo allo specchio.
Perché loro sono diversi?
Oppure, sono io il problema?
Renee prende delle forbici e si avvicina pericolosamente a me.
Blocca un attimo il suo discorso.
- Braccia dentro la maglia- faccio come mi dice. Lei inizia a tagliare la manica destra, sembra abbastanza sicura di quello che fa.
Le ragazze della base é da qualche anno che iniziano a crearsi vestiti. Credo che questa storia sia iniziata quando avevo quattordici anni, o meglio, quando tutte avevamo quattordici anni. Andavano tutte nella stanza di una certa Giuly Sanders, con una maglietta in mano per farla tagliare e sistemare. Io non sono mai stata interessata a queste cose, insomma, sono solo abiti.
Renee taglia anche l'altra manica. Adesso é ancora più brutta di prima. Sembra un pezzo di stoffa con due buchi ai lati. Prende una cintura nera dal cassetto e me la passa sopra i fianchi; le fa fare svariati giri prima di stringerla.
- Adesso non sembri più un sacco di patate- annuncia orgogliosa. Il risultato non é male, é un bel vestito corto. Il mio orologio segna che mancano solo dieci minuti all'una. Mi avvicino alla porta e lancio un'occhiata alla mia compagna di stanza.
- Sei carina cosí- é sempre stata molto stretta con i complimenti.
-Grazie- rispondo sorridendo. Io invece, non sono abituata a riceverli. Arrossisco infastidita, mi giro e apro la porta per uscire.
- Alexa?- mi chiama e mi volto verso di lei.
- Ho sempre sognato di vederti così-
Chiudo la porta.
So cosa intende.
L'Alexa Evans di un mese fa non andava a delle feste.
L'Alexa Evans di un mese fa non conosceva Ian Mitchell.
Mi ritrovo a fissare la palestra a bocca aperta. É completamente diversa da qualche ora fa: delle maglie colorate sono state legate davanti alle lampade, in modo da creare della luce colorata. Alcuni ragazzi suonano battendo le mani sugli strumenti per gli allenamenti. La musica non é esattamente nel nostro DNA, perché l'abbiamo sentita poche volte, come ad esempio per sfondo a qualche documentario; ma non si può vivere senza.
La nostra musica é molto ritmata, e non essendoci strumenti qui, dobbiamo usare quello che troviamo. Abbiamo solo qualche melodia o canzone, che abbiamo inventato noi, tutte con un ritmo ben definito. Molte ragazze hanno inventato pure una coreografia, le più brave vengono spesso chiamate per feste come questa per ballare. Indossano pantaloncini corti e magliette colorate. Muovono il bacino rapidamente e tengono le braccia incrociate dietro la testa. Hanno gli occhi chiusi, ormai conoscono i passi a memoria. Un braccio scende all'altezza della pancia, mentre l'altro rimane dietro la testa.
- Sono brave- dice la voce di Ian fra tutte le altre. Anniusco. Ci vuole grande autostima per riuscire a ballarlo bene, cosa che sicuramente non manca a loro. Sento il suo braccio dietro la schiena e cerco di sembrare tranquilla. Ma probabilmente é solo per non perdermi tra la folla. Quante persone saranno state invitate? Cento? Di più? Non capisco bene dove stiamo andando, molti si fermano a salutare Ian, altri ci passano bruscamente accanto. I miei occhi saltano da un corpo all'altro e sobbalzo ogni volta che qualcuno mi sfiora. Inizio a sentirmi confusa, ho bisogno di allontanarmi. Velocemente trovo con lo sguardo la porta e mi dirigo lì. Quando mi chiudo la porta alle spalle rimango spiazzata dalla notevole differenza con la palestra. Qui, é tutto silenzioso, le voci non possono arrivare al corridoio, i muri riescono a trattenere le urla del signor Cox, figuriamoci una festa. Forse é meglio che vado a prendere un bicchiere d'acqua, la mensa é la prima porta a destra.
Con mio sollievo, non sembra esserci nessuno. Mi avvicino al tavolo sette, le cuoche nascondono sempre lì sotto le chiavi della cucina. Non trovo nulla. Forse le hanno usate alcuni ragazzi per prendere qualcosa per la festa. La porta non é chiusa a chiave. Abbasso lentamente la maniglia. Dentro trovo Nicholas con la schiena appoggiata al muro e il solito sguardo perso nel vuoto. Ha in mano una bottiglia di vetro contenente un liquido colorato. Mi siedo vicino a lui, anche se non credo voglia compagnia.
- Ah. Alexa, sei tu- afferma convinto.
Il fatto che riconosca le persone dall'odore mi affascina.
- Sì, sono io- confermo. Vorrei poter sentire il mio odore.
- All'inizio ho confuso il tuo odore con quello di Ian. Sono molto simili-
Come fanno due persone differenti a fare un odore simile?
- Ma noi siamo completamente diversi. Lui é alto con gli... - mi interrompe.
- Non c'entra nulla con l'aspetto fisico. Avete un odore forte, il che significa una personalità forte. Siete determinati, sicuri di sapere quello che volete-
Io voglio andare via di qua.
Ed Ian? Lui cosa vuole?
- Prova ad associarlo ad un colore. Esiste un colore dominante però anche elegante? Sono cieco dalla nascita, non conosco i colori- mormora lui.
Un colore dominante.
Rosso.
Davvero lui sente tutte queste emozioni solo sentendo l'odore della gente?
- Rosso-
-Rosso- ripete lui. - Sembra un bel colore-
Annuisco, anche se lui non può vederlo.
Si porta la bottiglia alle labbra e ne beve un bel sorso. Non gli dico nulla, non é un bambino, ha diciannove anni come tutti, no? Non capisco perché lo dovrei trattare in modo diverso.
- Perché sei qui?- spero che la mia curiosità non gli dia fastidio.
- sono scappato dalla mia stanza. Domani, le infermiere mi troveranno qui, in uno stato pietoso- afferma bevendo un altro sorso.
Ho capito perché lo fa.
Non solo vuole attirare l'attenzione, far capire che non é diverso da noi, ma vuole anche in qualche modo punire se stesso.
- Nicholas, tu non hai fatto niente di male-
- Bé, per essere nato cieco, qualcosa di brutto devo averlo fatto- ribatte
- Sei così é per poter fare qualcosa di bello. Non sono sicura che correresti così veloce con la vista. Mi parlavi del suono della velocità e del battito del cuore, é una cosa che puoi sentire solo tu -
Lui sposta il capo verso di me e mi porge la bottiglia. Scoppio a ridere.
- E tu, perché sei qui?- afferro la bottiglia, senza pensarci la appoggio alle labbra. Il liquido amaro scende lungo la gola.
- nulla di particolare- rispondo
- No, tu stai scappando-
Ho capito, adesso é il mio turno di aver fatta un'analisi.
- Da cosa?-
- Da chi- mi corregge. Oh, andiamo. Abbiamo solo un amico in comune.
- Secondo me hai paura. Non vuoi uscire dal tuo guscio e farti avanti -
La sua voce mi entra nelle orecchie, e si ripete all'infinito.
- Io..- non so nemmeno come ribattere. Forse perché sono troppo confusa, o forse perché ha ragione. Ho paura di fare un passo troppo grande.
- Sai cosa dovresti fare?-
Scuoto la testa e in qualche modo lo capisce.
- Andare là dentro e prenderti ciò che é tuo- sorrido e continuo a scuotere il capo.
Lui non é mio.
Mi porge ancora una volta la bottiglia, la prendo incerta e mandò giù un altro sorso.
Nicholas mi dà dei colpetti sulla spalla.
- Su su. Vai da lui-
Devo davvero farlo?
Forse riuscirò a superare la mia paura.
Mi alzo ed esco dalla mensa, cercando di non sbattere tra i tavoli. Ritorno in palestra, la musica mi rimbomba nelle orecchie. Le persone mi sembrano tutte uguali. Vedo Ian, seduto su una panchina che parla con una ragazza.
Senza darle nessuna considerazione, le do le spalle e mi siedo sulle gambe di Ian. Sembra molto colpito dal mio gesto, meglio, devo superare la mia timidezza.
Gli circondo il collo con le braccia e mi precipito sulle sue labbra.
Domani mattina devo ricordarlo.
Passo le mani tra i suoi capelli scuri, cercando di stringerlo di più a me.
Mi stacco lentamente, sforzandomi per non arrossire.
Ian non sembra turbato, anzi, ha stampato sul volto il suo solito sorrisetto.
- Non so che ti hanno fatto bere per fare una cosa del genere- dice accarezzandomi la guancia. É vero, io non l'avrei mai fatto. Non così, non con questa sfrontatezza, non davanti a tutti.
- Sfidami a farlo domani - propongo.
- Va bene. Voglio un bacio quando sei sobria- dichiara giocando con miei capelli.
Porto le labbra al suo orecchio, come faceva lui con me.
- Mi piaci- sussurro.
Si volta verso di me e appoggia le sue labbra sulle mie; non come ho fatto io, in modo irruento e possessivo, ma con un gesto semplice e dolce.
- Anche tu- mi dice tra un bacio e l'altro.
D'un tratto tutto si confonde, baci, le carezze, le persone intorno, vengono tutti inghiottiti dal buio. Rimane solo la sensazione del pollice di Ian mentre tocca il mio volto, elettrizzando la mia pelle e accompagnando i miei baci.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top