Capitolo 3
Drew
Sono fortunato che mio fratello riesca a leggermi nel pensiero, in questo modo io non devo raccogliere la mia forza, sparpagliata per il camion insieme alla polvere, e dirgli che cosa provo. Non devo rimettermi in piedi per chiedergli di lasciarmi stare, non sento di star deludendo le sue aspettative. Al momento non c'è nient'altro che mio fratello vede oltre il suo dolore. Ci conosciamo abbastanza da non disturbarci in un momento così delicato, un tempo forse avrei sofferto terribilmente per il suo rifiuto, per essere incapace di aiutarlo. Ora lo avverto con chiarezza, un segnale che in realtà ho sempre percepito ma ignorato: Ian non vuole il mio supporto, non vuole una spalla su cui piangere, ha soltanto bisogno di tempo. E ho scoperto che alcune volte anche io sono così.
«Va' a dormire» se non fossi a pezzi sorriderei al pensiero che le sue uniche parole consistano in un ordine. Ian potrà pure detestare di essere il capo, ma non si libererà con facilità di questo ruolo. È l'unica cosa che può fare per soffocare il senso di colpa: se si fermasse un minuto credo che i suoi pensieri turbinerebbero su di lui, soffocandolo. Brian aveva ragione, anche io ho bisogno di fare qualcosa. Non prevedo il futuro come Alexa, ma posso vedere nitidamente le mie future giornate sepolto a letto, in piena depressione. Mi basta il pensiero di avvicinarmi allo stato emotivo di mia madre per far risalire un brivido lungo la mia schiena.
«Anche tu» sbiascico senza forze, e il mio gemello mi guarda con un'espressione che urla "neanche morto". Sono certo che andrà a rivedere ogni momento del piano per scovarne gli errori e le debolezze, poi, si cullerà con i ricordi della sua compagna, in cerca di qualcosa di abbastanza appuntito con cui ferire ogni momento passato insieme. Non c'è nessuno in grado di torturare Ian meglio di se stesso. Forse un giorno potrei chiedergli di farmi rivivere qualche ricordo con Nick, più per capire meglio il suo dolore che per la vera nostalgia. Non ho bisogno di rivivere qualche scena della mia vita per sentire la mancanza di quel ragazzino biondo, mi basta vederlo ovunque. Quando attraverso la sala centrale, di nuovo animata da lucine colorate, mi viene in mente di tutti i tentativi di descrivergli le sensazioni di una determinata tonalità di rosso o blu. Sento un solo scricchiolio del legno sotto i piedi, quando prima erano due. Perfino i nostri passi sembravano suonare in modo diverso, il suo, per quanto cieco, era molto più sicuro del mio.
«Drew! Drew! Hey!» una voce femminile mi acchiappa per il collo nel mezzo del corridoio e mi costringe a girarmi. La mia faccia esausta e provata non deve farle effetto, perché Abby scaglia contro di me le sue parole.
«Com'è andata la missione? Ha avuto successo? State tutti bene?» le domande si susseguono a raffica, talmente tanto che al termine le manca il fiato, consumato dalla preoccupazione e dalla corsa che ha fatto per raggiungermi. Stavo quasi per farcela, mi stavo per ritirare nelle mie stanze senza aver parlato con nessuno. Mi sentivo già in salvo.
«Alexa e Nick sono prigionieri alla Base, in cambio abbiamo ricevuto un ragazzo di nome Jules, non so se lo conosci» la mia voce esce piatta, asciutta come se avessi la sabbia sulla lingua.
«Come stava Nick? Lo hai visto preoccupato? Gli hanno fatto del male?» inizio a chiedermi se faccia costantemente solo domande a tre a tre. Se le avessi dato in mano un coltello e chiesto di pugnalarmi, mi avrebbe fatto meno male.
«Lo hanno solo portato via. Per il resto era il solito Nicholas, sai com'è in queste situazioni»
«Sì, lo so, finge sempre che tutto vada bene» ribatte subito, come se fosse una gara. E allora perché cazzo me lo chiedi? È quello che vorrei urlarle, e sono abbastanza stanco da essere disinibito, è la forza nella voce che mi manca. Non sopporterei una discussione in momenti di calma, figuriamoci adesso.
«Nick trova sempre un modo per cavarsela. Aveva bisogno di farlo, sarebbe stato peggio per lui rimanere qui» non faccio che ripetermelo, e quando finalmente lo dico ad alta voce suona ancora più stupido che nella mia mente. Eppure è la verità. Aveva bisogno di sentirsi utile, forse questa vita ovattata fatta di feste dove nessuno è allegro cominciava a farlo stare male. Anche a me però non ho mai pensato di suicidarmi in questo modo.
«Sì, forse è vero. Anche noi vorremmo fare qualcosa, io e gli altri atleti intendo...»
«Non credo ci sia molto da fare, potresti parlarne con Ian però» ti prego lasciami andare, voglio solo dormire. Non mi interessa proprio dei suoi problemi adesso, sono già stretto intorno ai miei.
«Figurati se Ian ha tempo per parlare con me, e poi è parecchio tempo che sembra intrattabile» si morde le labbra, forse si è pentita di averlo detto davanti a me.
«Sta soffrendo» è la mia stremata difesa. Penso che difenderei mio fratello anche con un piede dentro la fossa, non posso farci nulla. Più le persone si accaniscono contro di lui, più sento crescere in me un fastidio impetuoso, che avvolge ogni mio arto. Anche se abbiamo due corpi diversi, quando lo colpiscono sento molto più dolore che se avessero inflitto lo stesso colpo a me stesso.
«Non abbastanza da fargli smettere di dare ordini inutili» incrocia le braccia all'altezza del petto, non avevo mai veramente riflettuto su quanto fosse difficile per tutti gli altri entrare in empatia con Ian. Lo scatto di ira di Renee ne è stata l'ennesima prova.
«Gli ordini che ci dà sono il minimo indispensabile per mantenere decente questo posto. Ascolta Abby, so che siete demoralizzati e che volete solo uscire di qui, ma nessuno di noi quando va in missione si fa una passeggiata all'aria aperta. Siamo tutti arrivati al limite, e credimi, nessuno vuole la nostra libertà più di Ian» compio uno sforzo enorme per sollevare il braccio e posarlo sulla sua spalla, sfioro appena i suoi capelli rossi e arruffati.
«Parli come se fossi uno di noi» ma invece delle solite frecciatine stizzite, ricevo un lieve sorriso. C'è voluto un po' per raggiungere questo risultato, e sarebbe ridicolo non credere che una buona parola da parte di Nicholas non abbia fatto la differenza. Ogni volta che la mia mente cerca la sua figura è come se uno spillo mi si conficcasse infido nella nuca, non riesco a scrollarmelo di dosso. Abby mi saluta, lo stato d'animo più leggero rispetto a quando abbiamo iniziato la conversazione, almeno uno dei due ne ha giovato. Brian aveva insistito perché mi dessi da fare invece che farmi portare via dai miei sentimenti, non ho mai avuto motivo per dubitare dei suoi consigli. Faccio un respiro profondo e richiamo Abby, poco prima che il corridoio in penombra del Blue Glass la inghiotta.
«Se tu e i tuoi amici non avete niente da fare, domani potreste aiutarmi a liberare la sala delle slot-machine»
«A che ti serve?» mi guarda perplessa, la piantana verde le illumina la guancia destra.
«Pensavo di iniziare a tenere delle lezioni su come funziona il mondo in superficie» in questi mesi ho notato quanto poco conoscano della nostra società e delle sue regole, anche i sistemi di riferimento che credevo fossero comuni al mondo intero per loro sono sconosciuti. I concetti di soldi, stato, democrazia o dittatura, storia e monumenti celebrativi, niente di tutto questo vigeva alla Base.
«Mi sembra un'idea bizzarra» Abby non ha mai avuto peli sulla lingua, molti di loro non ne hanno in realtà. Più ci penso, e più Alexa e Ian sembrano essere delle eccezioni alla regola.
«Bé, presto usciremo di qui, no? Dovreste farvi trovare pronti ad iniziare la vostra nuova vita» qualcosa si anima negli occhi della ragazza, riesco a vederlo anche da lontano. Si agita per l'emozione, colta da questa nuova ondata di speranza. Il suo passo adesso non è solo leggero, ma a tratti saltellante. Rimango ad osservarla allontanarsi anche quando la chiazza rossa dei suoi capelli non è più visibile, sono fermo in mezzo al corridoio a chiedermi cosa mi sia preso. Forse ho avuto così tanta paura di essere consumato dal mio dolore da agire come uno sconsiderato. Non credo di averlo fatto per Abby, per i suoi amici o perché voglio un posto di spicco in questa strana società provvisoria. Voglio che tutto finisca presto, e magari mi sono illuso che il tempo sarebbe passato più in fretta seguendo il suggerimento del maggiordomo.
Sospiro e mi dirigo verso la mia stanza, domani raccoglierò le conseguenze del mio stato emotivo traballante. Non dovrei prendere delle decisioni tanto affrettate, soprattutto se non ho la forza per sostenerle. Vorrei che Ian entrasse nella mia testa per urlarmi che sono un idiota.
Pensavo che avrei emesso un sospiro di sollievo una volta che il mio corpo si fosse scontrato contro il materasso, mi sbagliavo. Così come non avevo considerato che vedere questa camera vuota l'avrebbe resa irriconoscibile ai miei occhi. Non avevo mai fatto caso al legno marcio, alla sedia storta e dalle gambe arrugginite vicino all'armadio. La macchia umidità in un angolo sembra espandersi davanti ai miei occhi, e mi rendo conto per la prima volta di essere lontano da casa mia, da tutto quello che mi ha cresciuto. Quando Nick era al mio fianco nulla di tutto questo aveva importanza. Adesso l'evidenza mi colpisce dritta in faccia, proprio in mezzo agli occhi.
Mi stringo al cuscino per trattenere le lacrime. Ho gli abiti ancora sporchi della polvere di quel locale abbandonato fuori città, un tempo non mi sarei mai sognato di distendermi ancora vestito. Le lenzuola conservano ancora il suo odore. Mi basta chiudere le palpebre per sentire le sue mani abbracciarmi, la stoffa della coperta si trasforma subito nel tocco delle sue dita. E non faccio che rannicchiarmi, in modo che questa sensazione mi stringa per tutta la notte. Non saprei dire che colore associare al suo profumo, so solo che non riesco a smettere di annusare il suo cuscino. Mi riempio i polmoni del suo odore e ad ogni respiro mi affanno per cercarlo di nuovo, il prima possibile. Se questo è l'amore, mi renderà completamente pazzo, un giorno. Vengo inseguito dal suo viso ogni volta che cerco di dormire: lo rivedo tremare per il freddo l'istante precedente alla nostra separazione. Ho sentito il sapore delle sue labbra blu contro le mie, e i suoi brividi di allora sembrano gli stessi che si agitano dentro di me adesso. Mi sono sentito fiero di lui quando l'ho visto indossare il cappuccio e scendere al piano inferiore per confondere le guardie della Base. Sono rimasto ad ascoltare i suoi passi dall'alto, da un buco sul pavimento distrutto dell'edificio, ed è stato incredibile riconoscerli subito, talmente diversi da quelli incerti e scoordinati di chi attraversava il labirinto di specchi. Sono fiero di lui anche adesso che non c'è, che mi ha lasciato da solo con i miei pensieri. E per la prima volta oggi mi sento abbastanza al sicuro da ammettere a me stesso la verità, spigolosa e crudele come solo questo tipo di idee sanno essere. Sono quelle voci che non rivelerò mai, non a Nicholas, né a mio fratello, per quanto lui possa essere esperto di pensieri intrusivi. Non credo che sarei fisicamente in grado di dirlo ad alta voce, ma volevo che scegliesse me.
Volevo sentire un'ondata di rimorso da quel giorno in cui si è proposto. Mi sarebbe piaciuto vederlo ritornare sui suoi passi e rimanere al mio fianco. Più di ogni altra cosa volevo che fosse più egoista, forse quanto lo sono io.
Invece tutto l'atteggiamento spavaldo di Nick è solo una facciata, tiene a se stesso molto meno di quanto sembri.
Per questo speravo di vederlo rimanere per me.
Anche solo ammetterlo a me stesso mi provoca delle fitte terribili, come se il mio corpo non riuscisse a smaltire la mia cattiveria. Mi stringo lo stomaco per il dolore mentre piango a dirotto, la faccia schiacciata sul mio cuscino, non sporcherei mai il suo, né voglio contaminarne l'odore. È l'unica cosa che mi rimane di lui oltre ad una manciata di vestiti rubati. Non so cosa fare senza di lui.
I miei singhiozzi si susseguono rapidi, senza darmi l'occasione di respirare correttamente, emetto solo rantoli distorti dalla pressione del cuscino sul mio viso. La camera che tanto adoravo, che rappresentava la premessa di una vita insieme, adesso è solo una prigione scolorita e umida. C'è ancora il suo odore, quanto tempo impiegherà a sparire? Come faccio a conservarlo?
Un leggero bussare si intromette tra i miei ansiti sommessi, lo sento per caso, si è insinuato nelle pause che sono costretto a prendere per recuperare il fiato. Mi sento uno schifo. Mi chiedo se la persona dall'altro lato della porta possa sentire il mio spettacolo, le note più basse e stonate della mia vita.
«Drew, sono io» la risposta alla mia domanda arriva cristallina: Renee riesce a sentirmi così come io sento lei, perfettamente. Tiro su con il naso e mi costringo ad arrancare verso la soglia, e quando incontro la mia immagine su uno specchio incastrato in un angolo faccio qualche passo indietro. Non penso di essermi mai presentato in questo stato davanti a nessuno, tranne Brian e Nick quando ho vomitato pure l'anima.
«Dammi un momento» biascico e non so se abbia capito la mia frase, ma non aggiunge altro. Mi pulisco come posso, mi lavo la faccia e l'acqua non fa che accentuare il rossore dei miei occhi. Detesto essere stato interrotto, sento che c'è ancora molto altro dentro di me che devo sfogare, e se non lo faccio adesso mi chiedo se rimarrà incastrato dentro la mia cassa toracica per sempre. Ho ancora un asciugamano in mano quando invito Renee ad entrare, lei non sembra in condizioni migliori delle mie. Riesce a compiere appena un passo, poi si fionda tra le mie braccia, stringendomi talmente tanto che sembra voglia farmi uscire gli organi dal petto. Lascio cadere lo straccio ai nostri piedi e guido le mie mani tra i suoi capelli ricci, li avverto meno morbidi del solito.
«Non credevo sarebbe stato così difficile» mormora, non sta piangendo eppure il suo tono riesce lo stesso a colpirmi, è raro trovarla vulnerabile. Dal viaggio di ritorno in camion ho capito che avrei dovuto tenerla d'occhio, ma una volta tornati al Blue Glass sono stato sopraffatto dalle mie emozioni e l'ho lasciata sola a combattere con le sue. Rispetto a me, le abilità di Renee nella gestione dei sentimenti sono un disastro, esattamente come quelle di Ian. Non ha idea di cosa prova, e quando la situazione precipita è come se venisse attaccata da forze ignote, non le riconosce come di sua proprietà e crede di doversi difendere. In tutti questi anni non ho mai capito quanto ci si riesca a difendere da se stessi.
«Finirà presto» è una bugia, non posso saperlo.
«Sì, e a che prezzo? E se uno di noi venisse ucciso? E se commettiamo un errore e...»
«Ian non lo permetterà mai» questa ultima missione ha aperto una ferita su tutta la nostra piccola comunità. È bastato dover scendere a un compromesso, per mettere la situazione in prospettiva. Non stiamo vincendo.
«Non voglio parlare di Ian. Sei stato chiaro già una volta: tu lo difenderai sempre» eppure mi ha ascoltato lo stesso durante il suo attacco d'ira. Si allontana da me e cerca di ricomporsi in fretta, ma la sua sofferenza segue ogni suo gesto.
«Questo però non mi rende irragionevole» le faccio notare con una smorfia, per un attimo mi è sembrato che le sue labbra si curvassero in un sorriso. Sa che non sono un suo nemico, la frase che mi ha rinfacciato non riguarda solo mio fratello; era evidente allora e lo è adesso.
«Scusa se sono piombata così, è che non sapevo da chi altro andare» si stringe le spalle, quasi volesse schiacciarsi fino a sparire. Evito di farle notare che ultimamente non fa che passare il suo tempo con Maverick ed Elia, non conosco la natura del loro rapporto, e se è qui vuol dire che è più superficiale di quello che sembra. Senza contare che, mio malgrado, noi eravamo un trio. Anche dopo aver ufficializzato la relazione con Nick, non mi è mai venuto in mente di tagliare fuori Renee.
«Ti dispiace se rimango a dormire qui? Il pensiero di passare la notte da sola mi...» la sua voce trema, non ho bisogno che continui la frase per capire la sensazione. Lancio un'occhiata al mio letto, le lenzuola portano ancora i segni del mio sfogo. Se si distende lì spazzerà via l'odore di Nicholas. E poi cosa mi rimarrà di lui? Non ho nient'altro a cui aggrapparmi.
Renee coglie subito l'espressione del mio volto e arretra fino alla porta. «Scusami, magari vuoi stare per i fatti tuoi, lo capisco e...» non la sto ascoltando, devo pensare a cosa fare. Non so perché ma sembra la decisione più importante della mia vita. Mi rivedo steso sul materasso, a fingere tutta la notte che il mio ragazzino biondo sia ancora lì.
«...è stato scortese da parte mia esordire così, non volevo metterti a disagio, ma...» vorrei che la smettesse di parlare, non riesco a concentrarmi così. Il vecchio me le avrebbe concesso qualsiasi cosa, sarebbe stato talmente accomodante da risultare fastidioso. Sarei stato l'oste perfetto anche in una situazione tanto drammatica, e per quanto surreale so che è uno scenario possibile. Eppure non mi sento più quella persona. Forse dovrei delimitare i miei spazi, ricordarne la presenza. Non per questo devo essere scortese o un pessimo amico, la distanza può farci bene, soprattutto in un momento delicato.
«Credevo che forse sarebbe stato meglio rimanendo uniti» poso lo sguardo su di lei, non sta per niente bene. Non sono solo i suoi capelli arruffati e il viso abbattuto, c'è qualcosa che la turba profondamente e io non posso fingere di non vederla. Non sono lo stesso Drew Mitchell che viveva in una villa, ossessionato dal parere degli altri, ma non riuscirei a riconoscermi se voltassi le spalle ad un'amica.
«Rimani» non ho la forza per dire altro. Nicholas sosteneva sempre di essere innamorato del modo in cui mi prendo cura di chi amo. Se lasciassi Renee al suo destino questa notte, non penso che me lo perdonerei. Non è solo triste per l'esito della missione, per la partenza di Nick e per quella di Alexa, qualcos'altro deve averla sconvolta. Questa inquietudine si riflette in ogni movimento, quando sale sul letto, mentre si toglie le scarpe, appena si distende. Le chiedo solo di spostarsi dall'altro lato, lasciando a me il posto di Nick. Se devo contaminarlo con il mio odore, che almeno mi tenga compagnia per più tempo possibile.
Entrambi ci giriamo da un fianco, i nostri visi a pochi centimetri l'uno dall'altro. Non so come gestire la sua compagnia, non so se dovrei consolarla, confidarmi con lei, o fingere che niente sia successo, che questo è solo un giorno come tanti. Che Nicholas tornerà presto.
«Pensi che ci sarà un buon finale per noi alla fine di questa storia?»
«Perché non dovrebbe essere così?» non ho voglia di elencare tutto quello che potrebbe andare male nei prossimi mesi.
«Perché non credo di meritarmelo» arriccia il naso e tenta di trattenere le lacrime. Rimango a fissare il lieve rivolo d'acqua bagnarle una guancia fino ad arrestarsi sul mento. Tiene il pugno serrato e appoggiato al petto, come se si stesse stringendo attorno a un ricordo.
«Tutti lo meritiamo» Renee scuote il capo, questa volta serra le palpebre, decisa non perdere il controllo. La invito a dormire, ma non sembra darmi retta. Rimaniamo in silenzio per ore e questo in realtà mi spinge ad abbassare la guardia, sono sollevato di non dovermi sforzare di parlare. Ho finito le massime e i consigli per oggi. Rimango a vegliare su di lei fin quando il materasso non sembra inghiottirla, insieme ai suoi pensieri. Capisco che sta dormendo quando il suo respiro diviene pesante e le sue dita si aprono, rivelando il tesoro nascosto dalla sua morsa. Sul palmo giace un bigliettino ripiegato, in parte ancora protetto dalle falangi. Il vecchio Drew non si sarebbe immischiato, o comunque avrebbe provato in tutti i modi a trattenersi. Adesso non ho dubbi su cosa fare.
Sfilo con attenzione il foglietto di carta dalla sua presa e mi volto verso la lampada ancora accesa per leggerne il contenuto. Quando mi muovo l'odore di Nick mi avvolge come se fosse la prima volta, lasciandomi senza fiato.
"Ti prego, aiutami."
E sotto è stato scarabocchiato un numero di telefono per essere contattati.
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